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Rinasceranno al Colosseo le tre città colpite dal terrorismo islamico: è stata presentata ieri presso la Sala Stampa Estera a Roma, la mostra che, dal 7 ottobre all’11 dicembre 2016, sarà allestita nel consueto spazio dedicato alle mostre temporanee, nel secondo anello del Colosseo.
Intitolata Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud e Palmira, presenterà le ricostruzioni in scala 1:1 del Toro androcefalo alato di Nimrud distrutto dall’ISIS nel 2015; dell’Archivio di Stato di Ebla, ritrovamento determinante per la scrittura cuneiforme di documenti a partire dal 2300 a.C. avvenuto tra il 1974 e il 1976, attualmente il sito è in un preoccupante stato di degrado e di metà del soffitto del Tempio di Bel a Palmira, distrutto dall’ISIS sempre nel 2015.
Numerose, variegate e di non facile risposta le questioni aperte in merito all’iniziativa.
Dal punto di vista tecnico, uno studio preparatorio: documentario, storico e archeologico, è stato seguito dalla realizzazione, con moderne tecnologie, quali la stampante 3D. Un materiale leggero come il polistirolo ha fornito la base alla copertura di superficie, realizzata con polveri di marmo per rendere, in modo mimetico, la realtà dell’originale. Tre le aziende italiane, una per ognuna delle opere, assistite da un team di esperti e studiosi.
I problemi realizzativi, legati soprattutto alla sperimentazione di nuovi mezzi, erano forse quelli più semplici a cui dare risposta, diversamente da quelli più teorici e di difficile risoluzione quali l’opportunità della ricostruzione. É lecito ricostruire qualcosa di totalmente distrutto, creando una sorta di falso storico? É giusto che delle opere, patrimonio dell’umanità, vengano distrutte e non si faccia nulla per riempire il vuoto che lasciano? É giusto compensare il vuoto culturale di un popolo, frutto di una violenza unilaterale, con delle copie?
A queste domande cerca di rispondere la mostra in oggetto. Ci si è appellati alle ricostruzioni di intere città a seguito delle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, un esempio per tutte, Dresda. Proprio le esperienze di guerra hanno portato alla redazione di carte e all’istituzione di organismi mondiali, volti alla protezione del patrimonio culturale, come l’Unesco, che patrocina la mostra.
Paolo Matthiae, l’archeologo “scopritore” di Ebla e curatore della mostra, ha ribadito la volontà di non forzare la ricostruzione dall’esterno, con spinte politiche, ma che è dall’interno che deve partire la spinta e il recupero. L’Europa, ha ribadito Francesco Rutelli, Presidente dell’Associazione Incontro di Civiltà, promotrice dell’iniziativa, realizzata con il contributo economico della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduta da Emmanuele F.M. Emanuele, avendo già subito più volte nei secoli distruzioni dello stesso genere, può fornire l’esempio e l’incoraggiamento alla ricostruzione.
Sky Arte HD sta realizzando il documentario che accompagna la mostra e illustra il processo di realizzazione delle ricostruzioni.
Le opere ricostruite non andranno a sostituire gli originali perduti, ma saranno protagoniste in altri eventi espositivi. La mostra si presenta anche come opera di denuncia e come mezzo per attirare l’attenzione su problemi ed eventi non a sufficienza comunicati, come la morte degli archeologi che stanno cercando di opporsi alla distruzione.