L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Giulia Bertotto |
Giovane filosofa con spiccate simpatie in ambito gnostico-manicheo e in ambito patristico, Giulia Bertotto è autrice di due originali raccolte poetiche, In caso di Apocalisse del 2019 e Dolce Stil Muoio del 2022, nonché del saggio Westworld la coscienza in serie. Da anni, con passione e competenza, si dedica alle interviste per la testata online Quotidianoweb, mentre per L’Antidiplomatico cura la rassegna Cultura e Resistenza.
Dal nostro incontro, favorito da comuni interessi relativi al pensiero mistico di Plotino e di Giordano Bruno, e dallo stesso amore per un giornalismo senza padroni e nemico di tutte le menzogne, è nata la seguente conversazione.
- In uno dei tuoi componimenti all’interno della raccolta Dolce Stil Muoio (Robin 2022), sei riuscita, in pochi versi, a rivelare in modo molto suggestivo le tue principali simpatie filosofiche: Seneca, Cusano, Epicuro, Bruno.
Cosa ti avvicina al loro pensiero? E perché li consideri particolarmente utili per aiutarci ad affrontare una vita in cui (come tu stessa affermi altrove) “Nessuno ha ancora risposto al Male del Mondo”?
Colui che (finora) ha risposto in maniera più efficace al dilemma del male nel mondo è Agostino d’Ippona. La triangolazione tra coscienza umana, necessità del peccato originale e del male (a garanzia della libertà umana) e onnipotenza buona di Dio, nel suo sistema si reggono sul libero arbitrio; un dispositivo geniale.
La figura filosofica in cui mi rispecchio di più è Simone Weil: giornalista, militante, poi anarchica e mistica. Nel suo caso l’anarchia era già ricettacolo ascetico, una forma di distacco dal mondo terreno.
Di Seneca consiglio di leggere la Consolatio ad Marciam,breve trattato in cui la filosofia ha un ruolo consolatorio al lutto più duro che c’è: la perdita di un figlio. Non è una consolazione sentimentale ma ontologicamente fondata su una coerente metafisica. Cusano ha espresso un meta-concetto, qualcosa che va oltre la mente cognitiva, qualcosa che anticipa la fisica quantistica e recupera la filosofia orientale: la coincidenza, quindi il superamento, degli opposti. Epicuro non è in realtà tra i miei “preferiti” ma certo non era un edonista del qui e ora come viene descritto. Giordano Bruno è un portento: poche intuizioni come il suo panenteismo (Dio è sia nella natura sia la trascende) mi hanno emozionata nella vita. Ci tengo a ribadire, come ho scritto in un articolo per la Gazzetta Filosofica, che la vulgata atea che fa di questo filosofo una bandiera dei positivisti è forzata e faziosa: è una visione decontestualizzata, facilona, che non tiene conto dell’epoca.
Il Nolano non era un martire del pensiero scientifico contro quello mitico, anche se fu un violento eretico anticlericale. Era un frate, un mago, un cabalista, il suo eroico furore era un impeto verso il divino.
Prima assolutizzavo ogni teoria, mi innamoravo di ogni pensatore, quando lo scoprivo dicevo: “Ecco questo ha capito tutto”! Ora sono nella fase in cui hanno tutti ragione. Un mio amico mi ha detto che rischio il relativismo, il cui disorientamento porta alla pazzia come è accaduto in Nietzsche, e un altro, invece, che potrebbe essere una specie di conciliazione mistica, quasi un guardare le cose con gli occhi del Divino. Secondo me, hanno entrambi ragione (e ti pareva!), ma non diventerò né pazza né una santa.
Ovviamente, in questo “hanno tutti ragione”, ho dei limiti: i sostenitori della neutralizzazione del maschile e del femminile che vogliono farne sovrastrutture culturali, quando invece sono archetipi bio-spirituali, e i sostenitori dell’utero in affitto -il più grave crimine contro l’umanità- non hanno ragione punto e basta.
- Nei tuoi componimenti intrisi di letture filosofiche, mi sembra emerga una visione del mondo alquanto oscillante: da una parte, un cupo sentimento tragico dell’esistenza; dall’altra una percezione gioiosa del vivere alimentata dalla consapevolezza della meraviglia dell’Essere (“Il miracolo è ora”).
In una tua poesia, poi, arrivi a chiederti (e a chiederci):
“Se avessimo davvero sbagliato direzione?
Se Mani, Leopardi e Schopenhauer avessero ragione.
Se l’estinzione fosse la Resurrezione?”
Quindi? Quale dovrebbe essere la “giusta” direzione?
C’è un grande filone di filosofi che dà per scontato che vivere sia cosa buona e giusta, lo si deve fare per la verità, il bene, Dio … Ma c’è una corrente nascosta, clandestina quasi, di pensatori che non la vedono così. Il loro pensiero è insopportabile, ma coraggioso e affascinante. Sono i manichei di Persia (Mani fu il loro profeta), i loro eredi gli gnostici ellenistici, poi i catari europei, e poi Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Cioran, Mainlander, Peter Zapffe. Secondo loro, non dobbiamo indugiare qui sulla terra, ma aspirare ad un’altra dimensione, oppure trasformare la nostra stirpe umana. Possiamo dirlo in termini induisti e buddhisti: dobbiamo estinguere il Samsara.
Non si dovrebbe avere tale imbarazzo e tabù di questo concetto, non è propaganda malthusiana, può essere un nichilismo lucido e metafisicamente argomentato, come per gli gnostici o i catari medievali. Tuttavia, per nessuno di loro il suicidio è un’uscita di sicurezza valida. Se ti piace la serie True detective, li devi conoscere.
In una formula: “Dolce stil e Muoio”. Non è una pacificazione, ma un dilemma. Una tensione a cui non cerco più una soluzione, proprio nel senso etimologico di sciogliere la polarizzazione e la dualità. Dolce Stil Muoio non è licenza poetica, ma affezione profonda, biografia energetica, deriva dalla mia infanzia, dal mio attaccamento ambivalente. Scusa, so che non è una seduta di psicoterapia, ma, secondo me, se decidi di parlare di te stessa, poi ti devi dare. Se ti dai, gli altri sentiranno che ti sei consegnata.
- E anche il tuo rapporto con la dimensione del divino appare piuttosto problematico. Cosa intendevi dire dicendo che sia la sofferenza sia la gioia sarebbero manifestazioni della nostra “nostalgia di Dio”?
Rispondo con un passo della già citata Simone Weil: “Nulla può avere come sua destinazione altro che la sua origine. L’idea contraria, l’idea del progresso, è veleno”. Il versante di me che sente lo Spirito Uno (non saprei come altro dirlo), che è certo della Vita infinita, sa che veniamo dal luogo al quale dobbiamo tornare. Quello che accade in terra sono solo chiacchiere.
- Nonostante le tue meditazioni metafisiche ed aspirazioni mistiche, tu hai scelto di dedicarti al giornalismo “per stare nel mondo”, e lo fai indubbiamente con grande entusiasmo e militante passione. Ma quanto credi sia davvero ancora possibile continuare a fare giornalismo libero, non inquinato e manipolato da interessi politico-economici, in un momento storico come il nostro?
Questa domanda me la faccio quasi ogni giorno e mi terrorizza. Il senso di impotenza è schiacciante. Ci sono élites dominanti che hanno il controllo della finanza e, quindi, dei media e dei social, della politica e della magistratura. Altro che complottismo, è una condizione evidente. Non credo di essere mai stata ingenua, ma la gravità di questo stato di cose l’ ho davvero capito in ritardo.
E’ una lotta impari, per dirla con Marx, sono dei rapporti di forza mostruosamente squilibrati.
- Sul giornale online sul quale scrivi, stai contribuendo a portare avanti una iniziativa decisamente preziosa ed encomiabile, quella, cioè, di cercare di dare voce a coloro che ritengono di aver subito danni rilevanti dalla inoculazione dei sieri “antiCovid” (impropriamente definiti “vaccini”). Perché questa scelta? E che risultati state raggiungendo?
Sì, con Quotidianoweb stiamo portando avanti un’inchiesta della massima importanza per la verità, la democrazia e la giustizia nel nostro paese. Raccogliamo le testimonianze di coloro che hanno subito gravi effetti collaterali dopo la campagna vaccinale antiCovid. Queste persone sono tante, tantissime. La rubrica si chiama “Fuori dal silenzio”.
E’ davvero surreale ascoltare per ore persone disperate, pentite, furiose, invalidate, colpite da patologie neurologiche e autoimmuni, che vengono ignorate dallo Stato, fatte passare per matte dallo stesso sistema medico, e poi trovarmi a preparare la cena o fare un aperitivo con un’amica, come niente fosse. Come se in questo paese non fosse in corso una strage. Questo ci fa tornare alla domanda sul male. A volte, nessuna risposta, neppure quella del dottore della Grazia, mi sembra efficace.
- Voglio chiudere la nostra conversazione facendo riferimento ad una delle tue poesie a me più cara, quella in cui parli della “fracassante” emozione provata nel tuo incontro con un infelice e spaventato passerotto. Hai scritto:
“Tenere nella mano un passerotto
caduto dal nido.
Quel cuoricino che impazza nel mio palmo
il mondo intero
al petto
mi fracassa”.
E’ forse questo, mi chiedo, il significato più bello della vita? Raccogliere e proteggere chi è caduto?
Un po’ ti conosco, e ti ho beccato, ahahhaha … questo credo sia il tuo! Io non sono così rivolta all’altro. Non faccio volontariato, ma se un cucciolo cade nel mio giardino significa che, per qualche ragione, quella faccenda tocca a me. Quel passerotto lo salverei ancora e ancora.
Per me, ciò che c’è di più entusiasmante è capire, provare a comprendere, tentare di far quello che gli scettici come Pirrone ritengono impossibile; afferrare qualcosa di questo assurdo Mistero che è esistere. Anche se io, a differenza di Pirrone, non sono affatto libera dalle passioni. Sto bene da sola, ma, tutto sommato, adoro anche stare con gli altri. Da bambina ero triste e volevo stare con mamma o sola, soltanto dopo c’è stata la scoperta degli altri.
L’umanità è orribile … l’umanità è meravigliosa.