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Sarebbe importante per tutti conoscere dove, quando e soprattutto come, dalla “Quarta sponda” alle nostre coste, le Istituzioni collaborano per impedire preventivamente la diffusione dell’ epidemia in Italia
La indifferenza non aiuta
Non si tratta del solito astratto pericolo connesso alla immigrazione; non si tratta neppure di ingressi giustificati o clandestini di coloro che giungono alle nostre coste dal continente africano, ma del possibile, incontrollato e probabile contagio del coronavirus.
Il contagio non riguarda il luogo originario da cui si è diffusa la malattia. Come ormai tutti sanno, la possibilità di contrarre l’infezione del corona virus, è dovuta al contatto con le persone che già ne sono affette e che si spostano in zone diverse con il loro carico virale.
Nell’epoca della globalizzazione, il contagio a cui dovrebbe essere sbarrato il passo, avviene ovunque, Africa compresa, a causa del flusso e del riflusso di una parte dei milioni di cinesi che si muovono in quel continente lungo la cosiddetta nuova “via della seta“ e di circa 100.000 africani che per le medesime ragioni, sono ospitati in istituti cinesi dove apprendono nozioni di economia di scambio.
I controlli in Africa
Gli uni e gli altri non hanno modo di essere tempestivamente individuati tra i portatori di questa malattia. E’ infatti notorio che le condizioni sanitarie per evitare i contatti umani sospetti attualmente operanti in terra d’Africa, lasciano un po’ il tempo che trovano. Il contagio tra la popolazione di quei luoghi è molto probabile che avvenga attraverso coloro che invece della “via della seta” preferiscono unirsi a quella del flusso migratorio destinato alle nostre coste.
Dopodiché Il passo è breve, non solo per il traversamento del Mediterraneo agevolato adesso dall’ attuale governo come non mai, ma per il contagio prima, durante e dopo l’ approdo degli immigrati nei centri di accoglienza del nostro Paese, oppure da quelli che per un motivo o per l’altro, si sottraggono ad ogni controllo, infiltrandosi direttamente tra la popolazione.
Qui non si tratta di solidarietà o di buonismo o di senso civico dell’accoglienza, ma della salute degli italiani per la quale è stato allestito soprattutto nei porti e negli aeroporti nazionali, un apparato sanitario eccezionale con mobilitazione di uomini e mezzi come mai prima di adesso era avvenuto.
È significativo infatti, il comunicato che viene riportato in rete da alcuni giornali in cui si legge che tra la attuale incertezza di nuovi rimedi efficaci contro il coronavirus, secondo il parere di un illustre virologo: “È fondamentale continuare nell’implementazione delle misure di isolamento, le uniche attualmente in grado di controllare la diffusione del virus”.
Quali misure
E allora? Quali rimedi e quali misure la pubblica Autorità sta usando contro la possibilità di contagio da chi arriva in Italia con il quotidiano flusso migratorio africano?
Una soluzione del genere non trova analogia nelle precauzioni adottate in altre circostanze, quando in un modo sicuramente molto più omogeneo, il rimedio era improntato sulla sicurezza generale, ossia, di tutti i cittadini.
In questo caso invece, le condizioni sono assolutamente sbilanciate tanto da far venire in mente una grande rete da pesca con strappi tra le maglie da far passare attraverso, anche le barche. Soltanto che in questo caso si tratta non genericamente di salute, ma della vita di coloro che nel nostro Paese non intendono morire.