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Mais spinato |
Lascio Bergamo e, orientandomi verso nord, percorro la strada provinciale 35 della Val Seriana direzione Clusone. A metà via devio sulla 42 per la Val Gandino meglio conosciuta come Le Cinque Terre della Val Gandino. Cinque terre per altrettanti borghi valligiani: Cazzon Sant’Andrea, Leffe, Casnigo, Peia e Gandino.
Perché mi trovo qui. Per la storia delle camice rosse garibaldine o per la scoperta della coltivazione del mais?
La storia delle “camice rosse” è legata alla Tintoria degli Scarlatti di Prat Serval deputata alla tintura del pregiato “scarlatto di Gandino”, un rosso acceso che affascinò Garibaldi.
La scoperta della coltivazione del mais ha ben altre radici. Si perde nel tempo, nel lontano 1632, quando questo cereale arrivò per la prima volta in Lombardia ad opera di un tal Benedetto Miari, nobile proprietario terriero che, sulle proprie terre nel Veneto, aveva già sperimentato dal 1617 questo tipo di coltivazione.
È proprio così; mi trovo nelle Cinque Terre della Val Gandino alla ricerca di questo prodotto di eccellenza. Riscoperta di tutte le qualità del Mais Spinato di Gandino.
Profuma di cultura, storia, tradizione la ricerca di questa riscoperta di antichi sapori di un territorio valligiano dell’alta bergamasca.
Riscoperta perché la coltivazione dei campi aveva subito l’abbandono degli stessi verso più facili guadagni nello sviluppo industriale e turistico. Inevitabile la scomparsa di coltivazioni ritenute, durante il boom economico degli anni sessanta, improduttive.
L’industria tessile, se pur presente fin dal medioevo sotto forma di piccole botteghe artigianali, ha tutt’ora una importanza di primo piano annoverando nel territorio aziende di rilievo internazionale.
Oggi però affiora la forte volontà di riscoprire quel mondo agricolo parte integrante del territorio.
Grazie ad un progetto per la salvaguardia, caratterizzazione e valorizzazione della varietà locale di mais denominato Spinato di Gandino.
Mediante un approccio sistemico sono stati coinvolti il settore agricolo, commercianti, scuole, istituzioni locali, provinciali, regionali e i cittadini.
Nel 2008, il ritrovamento di due pannocchie e di alcuni semi, dette inizio alla ricerca, all’attenta selezione genetica arrivando così alla loro purezza originaria.
Oggi gli abitanti di Gandino vanno fieri per la conservazione di alcuni di questi semi presso il CRA di Bergamo, la Banca del Germoplasma di Pavia e perfino nel Global Seed Vault. Quest’ultimo è un deposito sotterraneo per la conservazione mondiale dei sementi sito in Norvegia, precisamente nell’isola maggiore dell’arcipelago delle Svalbard, a poco meno di 1200 km dal Polo Nord.
Mais, Granoturco, Formenton, Meliga ed altri nomi ancora riconducenti al nome botanico Zea Mays L.
Tutti con una logica storica e, in alcuni casi, leggendaria come il granoturco. Nome attribuibile alla consuetudine generica nel XVI secolo di chiamare tutto quanto proveniente dalle colonie d’oltremare, come prodotti turchi.
La varietà Spinato trae origine dalla forma della granella con la punta a spino, rostro oppure rampino.
Nel corso degli ultimi anni gli abitanti di Gandino e dei borghi delle 5 Terre hanno dato vita ad una vera e propria filiera del gusto che vede protagonista il Mais Spinato come elemento di riferimento.
Oltre alla classica farina per polenta e le Spinette (gallette) sono i prodotti da forno come i Biscotti Melgotto, le Chiacchiere salate, il Pan Spinato, il Melgotto salè, i Frollini ad essere preparati contenendo come prodotto base li mais spinato.
Non si possono dimenticare le varie paste (ravioli Camisòcc, Perle di Gandino, Creperie) fino alla produzione di gelati (gelato Melgotto) e birre artigianali (Scarlatta).
Mais Spinato di Gandino, prodotto di eccellenza di una terra un po’ sconosciuta dove la Storia ha consegnato il seme dell’antica civiltà precolombiana olmeca, ne ha fatto cultura e ultimamente come riscoperta della coltura.