L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
“Mantova e Sabbioneta, terre gustose! Salami, grana, tortelli di zucca, risotto alla pilota, agnoli, luccio in salsa, stracotto con la polenta, sbrisolona ed il lambrusco mantovano. I pilastri di una cucina dalle antiche tradizioni, raffinata”
Già sapevo, dal programma ricevuto, che Sabato 6 giugno sarei stato ospite a Sabbioneta, presso il palazzo Ducale, di una rievocazione storica. A cena invitato da Lui: il Duca Vespasiano Gonzaga.
Naturale quindi nell’ammirare le varie sale sia a Mantova che a Sabbioneta soffermarmi sui particolari riguardanti i fastosi banchetti. Prepararsi ad essere a tavola con il Duca non è poca cosa.
Il mio approccio con la “Piccola Atene” avviene in un assolato tardo pomeriggio. Raggiungo Sabbioneta non con una carrozza trainata da cavalli ma con un modernissimo e confortevole bus “trainato” da un altro tipo di equini, quelli dell’ultimo secolo, gli HP (Horse Power di razza Mercedes).
Cercare l’ombra all’interno della splendida cittadina è la necessità primaria, assoluta ed “infilarsi” nelle fresche sale dei Palazzi, il miglior rimedio approfittando così di capire i fasti e la colta sensibilità dei Gonzaga.
Percorrendole ed ammirandole ritornano alla mente le reminescenze scolastiche giovanili intorno al Rinascimento, ai grandi e potenti casati e quando da queste parti si raggiunse l’alto prestigio grazie ad un Gonzaga. Vespasiano riuscì a trasformare un piccolo borgo contadino in una capitale culturale di eccellenza. Ed oggi, la rinomata “piccola Atene”, continua a vivere con lo spirito del fondatore.
Sintomatico è constatare storicamente che iniziò a costruire il Palazzo Ducale quando ancora non era Duca. Il predestinato. E mentre attraverso le varie sale ammirando i soffitti lignei che rievocano la sua cultura classica, faccio strani incontri che mi riportano indietro nel tempo. Figuranti, che incontro “per caso”, ricordano come poteva essere la vita in quei luoghi nella seconda metà del cinquecento e il tutto diviene preparatorio all’evento serale.
Rimane ancora un po’ di tempo prima dell’appuntamento conviviale e la visita al Teatro all’Antica è dunque d’obbligo.
Un’autentica rivoluzione per quei tempi la costruzione ad opera dell’architetto Vincenzo Scamozzi, vicentino di nascita degno erede di quel tal Messer Andrea di Pietro della Gondola (conosciuto come Andrea Palladio) padri entrambi dello stile “neo-classico”. Messer Scamozzi colui che affermò che “l’Architettura è scienza”, riuscì nell’intento rivoluzionario se pur con visione “antica” a far ricoprire alla sua opera la funzione di teatro stabile nel periodo storico ricordato dove imperversavano i teatri girovaghi. Fu costruito per rispettare i canoni dei teatri antichi: statue che adornano il peristilio, gli affreschi, il pavimento inclinato del palco. Un gioiello come connubio di tradizione e modernità.
Un paggio, inviato dal Gran Cerimoniere di corte, mi ricorda che il momento conviviale è arrivato. Salgo la scalinata del Palazzo e scendo quella che conduce nel giardino interno dove la corte mi attende come ospite. Musici, damigelle e loro, gli alabardieri a significare la “potenza” del Duca. Mi sussurrano che avremo la gradita presenza di un altro personaggio storico cinquecentesco: il Cardinale Federigo Borromeo.
Il Gran Cerimoniere di Corte (oggi lo chiameremmo “presentatore della serata”) inizia “la chiama” degli invitati. Ci sono tutti. La Sabbioneta del tardo cinquecento è tutta presente. Infine arriva Lui, il Duca Vespasiano Gonzaga con tanto di consorte e cardinale (quest’ultimo non lo ricordo, dai quadri dell’epoca, grassoncello con pancia e pizzetto stile fine-ottocento. Via non stiamo attenti a questi dettagli). Che la libagione di benvenuto abbia inizio.
La serata continua tra canti, poesie, danze e…le portate a ripetizione dei cibi cucinati alla “gonzaga”.
Antichi sapori costruiti per rivivere atmosfere e sensazioni del passato attraverso questo banchetto. E poco importa se poi, alla fine, il cibo si è discostato abbastanza da quello che imbandiva le tavole dei Gonzaga. Poco importante se sono mancate le selvaggine, le anatre ruspanti cucinate allo spiedo dai bravi “rosticceri del Duca”. In compenso le brave cuoche e cuochi del duemila hanno comunque raggiunto l’eccellenza unendo la tecnologia alimentare di oggi con la bravura della lavorazione fatta a mano attenendosi rigorosamente alle proporzioni indicate nei 'sacri testi” come 'L'arte di ben cucinare” di Bartolomeo Stefani, edito a Mantova nel 1662 e i racconti tramandati da nonni e bisnonni.
Questa la dovuta chiave di lettura della rievocazione. Non limitarsi a rideterminare i confini storici dell'arte culinaria, bensì partecipare ed essere parte attiva della rivisitazione in chiave moderna dell'uomo del Rinascimento nella sua interezza per il quale non esisteva soluzione di continuità fra cucina, arte, musica e poesia.
I “miei” HP mi attendono fuori dalle mura. Saluto l’Eccellenza e l’Eminenza, ringrazio la Corte con un inchino cinquecentesco e mi commiato. Sono contento, felice per l’esperienza.
Adesso è mezzanotte e mi ci vuole una bella e fresca birrrra! Ritorno al futuro.
Ho partecipato a questo evento grazie all’invito ad intervenire ad un programma “Educational” denominato: “Mantova e Sabbioneta patrimonio mondiale: il banchetto degli Dei” promosso dalla Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori della Lombardia unitamente ai Comuni di Mantova e Sabbioneta. Un caro saluto a tutti i colleghi giornalisti che hanno partecipato con me alla tre giorni mantovana.