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veri custodi del vino come espressione diretta del territorio e della sua cultura - Piacenza 26-27 Novembre 2016
FIVI acronimo di Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti.
Parlare bene di questa realtà mi mette a disagio perché, alla fine, risulto “parziale”, “di parte” per i numerosi amici viticoltori che ne fanno parte. Ma non ne posso fare a meno vuoi per le grandi qualità che questi vignaioli hanno, vuoi per la fierezza che traspare da ogni loro atteggiamento, vuoi per quella “indipendenza” che tramandano di generazione in generazione.
E sfatiamo un luogo comune. Vignaioli Fivi non significa essere “per forza” naturali, biologici e/o biodinamici anche se molti associati appartengono a queste dichiarate realtà.
“Il Vino prima di tutto deve essere buono”. Quanto mai vero.
“Il vignaiolo coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta.
Il vignaiolo rinuncia all'acquisto dell'uva o del vino a fini commerciali. Comprerà uva soltanto per estreme esigenze di vinificazione, o nel caso di viticoltura di montagna per salvaguardare il proprio territorio agricolo, in conformità con le leggi in vigore.
Il vignaiolo rispetta le norme enologiche della professione, limitando l'uso di additivi inutili e costosi, concentrando la sua attenzione sulla produzione di uve sane che non hanno bisogno del maquillage
di cantina”. Ecco chi sono e come si comportano.
L'acquisto dei vini
È la visione del contadino al passo con i tempi, l’atra faccia della sana produzione vinicola, di coloro che decidono in piena autonomia per dare al vino la propria impronta personale.
Ma il vino non si produce e basta; bisogna anche difenderlo e venderlo. Di qui la necessità di fare squadra.
“La missione dei Vignaioli Indipendenti Italiani è:
Difendere gli interessi dei propri aderenti in ambito morale, tecnico, sociale economico e amministrativo.
Partecipare alle politiche di sviluppo viticolo a scala locale, nazionale ed europeo.
Proporre misure economiche e norme legislative nell'interesse dei Vignaioli Indipendenti.
Proporre e promuovere un'organizzazione economica del vino sostenibile e razionale.
Dialogare con i poteri pubblici con l'obiettivo di esprimere le problematiche specifiche dei Vignaioli Indipendenti.
Coordinare e rinforzare le azioni delle delegazioni locali attraverso il contributo dei delegati di zona e promuovere la creazione di nuove realtà territoriali”.
Tutto questo lo si può toccare con mano partecipando alla Mostra-Mercato che tutti gli anni si svolge, alla fine del mese di Novembre, a Piacenza, nell’area espositiva fieristica.
Giunta alla sua sesta edizione si presenta, di fatto (anche se gli organizzatori non vogliono questa etichetta), come alternativa al “mastodontico Vinitaly” e al “patinoso Merano Wine Festival”. Niente è scritto nei loro comunicati ma a un cronista di “vecchio pelo” o, come amo definirmi “eretico del vino”, non possono sfuggire gli atteggiamenti, il presentarsi, i comportamenti, i mezzi-sorrisi che compaiono sui loro volti al minimo accenno, al pronunciare Vinitaly e/o MWF.
Meno maliziosità e più concretezza.
È una manifestazione completamente diversa, la più grande di questo genere in Italia. A Piacenza infatti non solo si potranno conoscere più di quattrocento vignaioli, “sentire dalla loro viva voce racconti, storie dei territori di provenienza e degustarne i vini”, partecipare a degustazioni tematiche, conferenze, approfondimenti ma, con 400 carrelli predisposti dall’organizzazione, acquistare i vini direttamente agli stand dei produttori, “veri custodi del vino come espressione diretta del territorio e della sua cultura”.
Meno male che c’è la FIVI. Lunga vita alla FIVI.