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PACIFISMO IERI E PACIFISMO OGGI: CONVERSAZIONE CON FRANCESCO PISTOLATO SU PROBLEMI NUOVI E ANTICHE SPERANZE

By Roberto Fantini December 15, 2017 13341

 Dalla nascita dei primi movimenti pacifisti del XIX secolo, il cammino del pacifismo si è arricchito di molteplici forme di pensiero e di straordinarie esperienze di lotta nonviolenta.

Tante, tantissime cose sono cambiate. I pacifisti, per lo più, oggi, sono trattati con moderato rispetto, non più sbeffeggiati in quanto “anime belle” malate di “panciafichismo”, ma, al contempo, senza mai essere presi veramente sul serio, né in ambito mediatico né tantomeno in ambito politico.

Le vicende balcaniche di fine secolo e l’imperante “guerra al terrorismo” del dopo 11 settembre hanno tragicamente relegato il pensiero pacifista nelle estreme periferie dell’attenzione collettiva, in una sorta di nicchia platonico-epicurea, quasi una dimensione teoretica astrattissima e metastorica. Detto in altre parole, prevale spesso la sensazione che, nel mondo brutale e spietato in cui siamo costretti a vivere, non ci sia più alcuno spazio per chi pretenda di continuare a sognare (e a costruire!) un mondo senza eserciti, con arsenali svuotati e granai riempiti.

Ma la cultura della pace e della nonviolenza è tutt’altro che estinta e tutt’altro che rassegnata a scivolare nella dimenticanza generale. E numerose sono le iniziative che testimoniano la volontà di continuare a difendere e a diffondere i valori del dialogo, dell’amicizia fra i popoli, del rifiuto della violenza in tutte le sue forme, prime fra tutte quelle istituzionalizzate.

In merito al pacifismo di ieri e a quello di oggi, nonché in merito alle reali possibilità di continuare a sperare in un mondo liberato da quello che è stato opportunamente definito “il flagello della guerra”, è nata la conversazione con Francesco Pistolato, antico e prezioso compagno di strada, fondatore del Centro Interdipartimentale “Irene” di Ricerca sulla Pace, all’Università di Udine.*

 

  • Nei testi di scuola in circolazione, dei pacifisti non si parla quasi mai. La scena del cammino storico viene occupata quasi per intero da chi la guerra l'ha voluta e l'ha fatta. Molto poco da chi l'ha subita. Quasi per nulla da chi ha cercato di impedirla. Non ti sembra che bisognerebbe ripensare in maniera sostanziale il modo di concepire, descrivere e tramandare il nostro passato?

Non si tratta solo di un discorso che riguarda il passato.

Per cecità e scarsa consapevolezza delle conseguenze che ciò comporta, noi roviniamo anche il nostro presente sommergendolo in notizie e considerazioni su ciò che di peggio avviene a livello macro, meso e micro.

È come se ci interessasse solo il negativo, come se tutta la bellezza che ancora esiste sul nostro pianeta, e al di là di esso nella meraviglia di un cosmo, che se non altro per la sua immensa vastità dovrebbe incantarci, tutto l’amore che pure è presente nel mondo – pensiamo solo all’amore di ogni madre – non solamente umana – per i suoi figli, ai legami affettivi al di là della propria famiglia, alla solidarietà che per molti non è una parola vana, ai capolavori dell’arte, al fatto di avere un corpo, di respirare, di poter comunicare con la voce, e non solo, i nostri sentimenti e pensieri e tante altre cose che il semplice fatto di essere in vita ci permette di fare, come se insomma la vita per noi non fosse di per sé un’occasione meravigliosa di apprendere e di amare, in onore a un programma propostoci e ripropostoci dagli spiriti più elevati, i quali sì che dovrebbero accompagnare sempre i nostri pensieri, anziché occuparci noi di affari meschini, di dare importanza a gente che non ha nulla da dire, di lamentarci per questo e per quello, di prendere per buone le balle che ci raccontano i media sull’economia, sulla necessità della crescita, sui nuovi despoti ai quali bisogna fare la guerra.

Insomma: se non siamo capaci di immaginare per noi stessi una vita davvero bella, se nutriamo i nostri animi di immondizia, è normale che ci raccontino la storia così, allo stesso modo in cui i telegiornali e i giornali ci inondano di schifezze.

 

  • Ma molti ci dicono che la realtà è questa, solo questa, e che sarebbe infantile cercare di baloccarsi nel sogno ingannevole di altri mondi impossibili …

Perché si racconti la storia in modo diverso, bisogna concepire la vita in modo diverso.

La diversa concezione della vita cui alludo – tra l’altro – non contempla l’opzione della guerra, se non come interruzione del processo vitale della società da parte di pochi – interruzione destinata a divenire sempre più marginale.

Mi rendo perfettamente conto che questo mio discorso può apparire uno sfogo utopistico di qualcuno che vive fuori dal mondo. Eppure l’uomo può scegliere il proprio destino, lo si insegna a scuola, l’esistenza del libero arbitrio appare essere un concetto condiviso a livello di mainstream. Possiamo anche decidere di fare un uso migliore della nostra libertà di scegliere, perché disponiamo appunto di libertà.

Chi vede sempre tutto nero, alimenta ciò che considera negativo e crea un alibi per il proprio e altrui disimpegno.

 

  • Purtroppo, però, la storia dei movimenti pacifisti  appare come una storia dolorosa, ricchissima di luce intellettuale e morale, ma costellata da continui fallimenti e sconfitte. Pensi che la situazione attuale del fronte pacifista consenta qualche ragionevole speranza o ritieni che ci sia ben poco di cui rallegrarsi ?

Le cose, per cambiare, richiedono un cambiamento del livello di coscienza generale, per il quale i pacifisti lavorano. Se i tempi sono lunghi, non credo che la cosa si possa imputare loro. Smettere di lavorare per la pace è come chiudere gli ospedali perché la gente continua a morire.

D’altra parte, fallimenti e sconfitte sono interpretazioni. Ogni serio impegno a favore della convivenza è di per sé un successo - considerate le forze che alacremente lavorano per la guerra - e porta a risultati a volte macroscopici, ma minimizzati dai professionisti dei media e dagli storici di professione. Pensiamo alla caduta del muro di Berlino, frutto di un lavoro nonviolento pluridecennale e non solo dell’implosione dell’Unione Sovietica e della RDT. Pensiamo alla stessa Unione Europea, che nel 2012 ha ricevuto il Nobel per la Pace: l’Unione è stata concepita da alcune personalità in epoche in cui le guerre imperversavano – erano anche loro pacifisti, e il loro progetto si è realizzato.

 

  •  Il pacifista austriaco  Alfred Hermann Fried, nel suo "Diario di guerra" (1914-19),** di cui hai recentemente curato la traduzione e la pubblicazione, scrive che ogni qualvolta gli capitava di sentir parlare le persone piene di odio nei confronti delle altre nazioni,  in lui si faceva strada prepotentemente  il pensiero che fosse "assolutamente necessario penetrare maggiormente nella psicologia dell'odio tra le nazioni", nella convinzione che la presenza e la forza dell'odio fossero in stretta correlazione con l'assenza di vere idee e con la latitanza della ragione.

Quanto ti sembrano travasabili nel tempo contemporaneo queste sue riflessioni?

L'attualità c'è naturalmente tutta, e i meccanismi dell'odio irrazionale sono stati studiati sufficientemente nel corso del Novecento. Per il secolo in corso e per quelli a venire proporrei una ripresa del programma mai realizzato di duemila anni fa: scoprire la presenza dell'amore nella vita umana e nella natura. Dove una luce si accende, il buio scompare. Giornali e telegiornali ci parlano delle tenebre, cioè di dove la ragione latita. Così facendo latitano anche loro nel buio e invitano noi a restarci, a rimanere nella disperazione per un mondo sempre più folle. Una ragione illuminata ci parlerebbe piuttosto del buono e del bello e così ne aiuterebbe la manifestazione in questo mondo: le persone comincerebbero a parlare di fatti piacevoli di cui hanno sentito o hanno letto, i bambini crescerebbero meno disincantati.

Vorrei ribadire questo concetto e poi venire al pratico, per non essere preso per un sognatore al limite della demenza. 

Evitare di dipingere e proporre solo il peggio di quello che succede, come fanno i media costantemente, e soffermarsi invece sul tanto di buono che c'è - e già sento, come Socrate nel Gorgia quando proponeva i re filosofi, i tanti che sghignazzano e dicono: "ma questo è un idiota, di che cosa ci sta parlando?" - è possibile, perché mai non dovrebbe esserlo? Chi obbliga i giornalisti a rovesciare addosso alla gente solo l'immondizia? Non sarebbe ragionevole e un gran sollievo per tutti parlare anche e soprattutto d'altro? Proprio non riesco a vedere perché non si possa fare a meno di propinarci tante schifezze. O meglio, so perché questo accade, e vengo al punto successivo, alla proposta pratica. 

 

  • Ma se questo oggi è il mondo dell’informazione, non sembrerebbero esserci molte possibilità per valide alternative. Forse dovremmo recuperare, dal mondo classico e dalla civiltà illuministica, un po’ della straordinaria fiducia nutrita nella autonomia della nostra ragione, nella sua illimitata potenzialità critica …

La ragione, questa facoltà splendida che ci permette di godere di tanti frutti in termini di civiltà, cultura e scienza, da sola non basta. Da sola, usata in modo unilaterale, la ragione produce esiti perversi. Esempi ne abbiamo dappertutto: in economia, ove razionalizzazione significa aumento dei profitti a scapito della forza lavoro; nella scienza, ove di fronte alla possibilità tecnica di realizzazione di un quid, magari nefasto - l'esempio della bomba atomica vale per tutti - lo scienziato non ritiene di doversi tirare indietro. Per questo nelle scienze per la pace viene introdotto l'elemento etico e negata la cosiddetta neutralità della ricerca, che è una neutralità finta, in quanto a priori c'è sempre una scelta sul da farsi e questa scelta a qualcosa si ispira, cioè non è affatto neutra. Il discorso sull'etica tuttavia è vastissimo e molto soggettivo, oltre che culturalmente determinato. 

Viviamo però in un'epoca fantastica, ove menti più avanzate, che non si nutrono dell'immondizia propinataci giornalmente, ma guardano oltre, stanno cominciando a scoprire che l'uomo è molto di più di quello che comunemente si crede e che, strutturalmente, siamo perfettamente attrezzati per elevare le nostre esistenze. Mi riferisco in particolare alle ricerche dell'HeartMath Institute - Home - HeartMath Institute e in italiano Coerenza Cardiaca - HeartMath® in Italia! Controllo dello stress, miglioramento dello stato di salute e della performance umana , laddove si vede, e si può apprendere, dato che viene spiegato a chi voglia conoscere, come il nostro cuore abbia la capacità di metterci in armonia con l'ambiente sociale in cui viviamo. Un lavoro di questo genere è realmente trasformativo e costituisce una metodologia pratica di diffusione della pace, partendo da noi stessi.

Il buon Fried, dal quale siamo partiti, viveva in un'epoca in cui tutte queste cose non erano ancora a portata di mano. Oggi lo sono, e con esse si potrebbero riempire TG e giornali.

In attesa che ciò avvenga, chi è veramente interessato alla pace, parta da queste indicazioni e inizi un percorso serio e proficuo.

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NOTE

*Francesco Pistolato, romano di nascita, insegna tedesco alle scuole medie superiori. Laureato in Giurisprudenza e in Lingue Straniere presso l’Università di Roma, ha conseguito un PhD in Sociologia presso l’Università di Granada. Nella sua vita di studioso ha privilegiato un approccio multidisciplinare, approfondendo tematiche nell’ambito della psicologia, della politica, della filosofia occidentale e orientale, della religione, della storia. Alla cultura di pace ha dedicato gran parte dei suoi sforzi negli ultimi anni.

Selezione bibliografica degli studi per la pace di Francesco Pistolato

(Ed.) Per un’idea di pace, Padova, CLEUP 2006

(Ed.)  catalogo della mostra Die verborgene Tugend / La virtù nascosta Treviso, Europrint Edizioni, 2007

Traduttore di: E. Krippendorff, Lo Stato e la guerra (Staat und Krieg, Frankfurt, Suhrkamp 1985), Pisa, Gandhi Edizioni 2008

(Ed.): Le rose fioriscono in autunno, Pisa, Gandhi Edizioni 2009

(Ed. e traduttore): A.H. Fried, La guerra è follia, Pisa, Gandhi Edizioni 2015

Nel web:

Ekkehart Krippendorff, La paz como cultura étca y libertad: http://digibug.ugr.es/handle/10481/40806

**Alfred Hermann Fried, La guerra è follia. Diario di un pacifista austriaco dal 1914 al 1919, traduttore e curatore Francesco Pistolato, Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2015

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Last modified on Saturday, 16 December 2017 09:11
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