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Fernando Botero: quando l'arte difende i diritti umani

By Roberto Fantini September 17, 2023 1160

Confesso di aver commesso a lungo un grossolano peccato di sciocca superficialità:

ho guardato, cioè, alla produzione artistica di Botero (con tutte le sue ciccione e con tutti i suoi ciccioni), come ad una sorta di pittura ingenuamente naiffeggiante, gradevole e simpaticamente buffa sì, ma non certamente degna di essere troppo presa in considerazione.

Poi, vennero le decine di opere da lui dedicate, con un intensissimo lavoro di circa un anno (2005), alle vicende orribili relative alle foto provenienti dal carcere iracheno di Abu Ghraib, che ritraevano soldati e soldatesse statunitensi esercitare, con ostentazione e festoso compiacimento, indegni atti  di tortura nei confronti di prigionieri nemici, imbavagliati, incappucciati, denudati, ammucchiati come sacchi e fatti oggetto di derisione.*

 Di fronte a quell’orgia di carni sanguinolente, in cui la dignità della persona veniva fatta a pezzi con tanta vergognosa quanto inconsapevole ferocia, il mio rapporto con il pittore colombiano è mutato radicalmente.

In lui ho scoperto qualcosa di molto simile allo spessore concettuale e alla serietà morale che tutti quanti noi riscontriamo nella Guernica di Pablo Picasso, la stessa voglia divorante di urlare al mondo il proprio dolore, la stessa volontà di servirsi del proprio linguaggio pittorico per far viaggiare, nello spazio e nel tempo, un durissimo messaggio di condanna verso la follia della tortura e della guerra, nonché delle loro cause culturali:

 assolutizzazione santificante delle ragioni e delle azioni del “noi” e delegittimazione e disumanizzazione viscerale di tutto quello che riguarda il “loro”.

Ora che Botero ha lasciato questo mondo, da lui tanto amato ed entusiasticamente cantato per le sue infinite meraviglie, il mio pensiero è un pensiero di sincera gratitudine per la lezione di eticità che ha saputo donarci: per averci ricordato che, di fronte alle ingiustizie di questo mondo, siamo tutti chiamati a scegliere da che parte stare, siamo tutti obbligati a non restare ammutoliti e indifferenti, bensì chiamati a contemplare, a denunciare, a combattere (per quanto in nostro potere e con le armi, piccole e grandi, in nostro possesso) la violenza di tutti gli aguzzini e di tutti i massacratori, dei loro innumerevoli ben celati complici, dei loro mandanti, dei loro istigatori e difensori, dei loro diretti ed indiretti grandi istruttori.

Forse, chissà, come qualcuno ha detto, fra cento anni, il mondo si ricorderà ancora di Abu Ghraib solo grazie al ciclo pittorico creato da Botero …

 

*Le fotografie dei soldati statunitensi intenti ad umiliare e terrorizzare prigionieri inermi nel carcere iracheno di Abu Ghraib, diffuse nel corso del 2004, hanno scioccato il mondo intero. Ma le azioni riprese dalle fotocamere non erano aberrazioni isolate. Già nei due anni precedenti, infatti, Amnesty International aveva denunciato casi del genere non soltanto in Iraq, ma anche in Afghanistan e a Guantanamo Bay, e altrettanto ha fatto negli anni successivi. Le ricerche condotte hanno spinto, pertanto, a concludere che le torture che hanno avuto luogo ad Abu Ghraib non abbiano costituito un semplice episodio di anomala crudeltà, ma abbiano, al contrario, fatto parte di un preciso modello coerente implicante l’utilizzo di tecniche ben programmate, quali: incappucciamento, privazione sensoriale, isolamento, costrizione a posizioni dolorose, denudamento forzato, impiego di cani, ecc. Su una piccola parte di simili casi sono state aperte inchieste, conclusesi nella maggioranza dei casi con lievi condanne penali e amministrative ai danni di militari di basso grado. Solo nel caso di Abu Ghraib (probabilmente per l’amplificazione  determinata dai mezzi di informazione), sono state comminate pene detentive di un certo rilievo.

Nessuna delle indagini governative ha messo l’accento sulle responsabilità dei vertici militari e politici che, di fatto, avrebbero autorizzato, o per lo meno tacitamente avallato certe pratiche e certi metodi che rappresentano gravissime inaccettabili violazioni dei diritti umani.

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Last modified on Sunday, 17 September 2023 17:01
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