L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Maria Montessori in India |
Maria Montessori, in una conferenza del 1937, ci descrive l’uomo contemporaneo, come un uomo “male sviluppato”, generato da un sistema sociale e scolastico autoritario e deresponsabilizzante, una sorta di “omuncolo” immerso in un mondo in cui dominano confusione e contraddizioni, all’interno del quale non sa neppure “se è ricco o povero, se è sano o malato”.
In lui regna l’ansietà, o addirittura l’angoscia propria del malato: la cosiddetta “ansia della vita”, ovvero, l’assillante interrogativo del “Come vivrò?”.
“Per questo fine ansioso, che ripete l’ansia dei nevropatici” - prosegue la pedagogista - l’uomo è disposto anche a tutto sacrificare. E, mentre gli uomini del passato, di fronte agli enigmi del vivere, si rifugiavano nel “Dio provvede”, e nel loro mondo “c’era ancora spazio per l’uomo povero in mezzo ad uomini poveri, e l’individuo era pronto a sacrificare se stesso per il bene di un suo simile”, nel nostro tempo l’ansia divorante di vivere sarebbe simile alla “disperata volontà di salvarsi da un incendio”.
Pur di soddisfare la propria ansia di vita, l’uomo dei nostri giorni sarebbe pertanto pronto a rinunciare segretamente a qualunque cosa, anche a mettere in soffitta i propri principi, anche ad assassinare la propria coscienza, fino a dare le “dimissioni” dalla stessa dimensione umana.
Vittime di un’organizzazione socio-culturale che idolatra il successo, la competitività e l’arrivismo, gli “uomini di oggi vanno pel mondo inariditi e isolati” e dalla loro unione non può scaturire nessun vero progresso né tantomeno una qualsiasi “elevazione morale”.
Essi sono come granelli di sabbia nell’immensità del deserto: “tutti ammassati e tutti separati”. Ognuno rinchiuso nella propria dimensione egoica, e, nello stesso tempo, parte indistinta di una massa sterile e anonima, indifesa di fronte all’azione della furia dei venti. La vera minaccia incombente sull’umanità – ci dice, a pochi mesi dall’inizio del secondo conflitto mondiale – è costituita dalla ”disperata aridità” interiore.
E il vero pericolo dell’umanità è rappresentato da quello che efficacissimamente viene definito “il vuoto delle anime”. Perché la natura non tollera il vuoto e perché le anime vuote, di conseguenza, in tutti i tempi, sono destinate a venire facilmente riempite, senza opporre resistenza, dalle ideologie più irrazionali, dai sentimenti più perversi, dagli impulsi più folli e distruttivi.
Da grande educatrice e da terapeuta dell’anima, le sue parole non si limitano, però, ad una allarmistica diagnosi, intrisa di pessimismo schopenhaueriano e velata da sussulti nostalgici:
questa umanità passiva, pavida e malata può essere curata, guarita, liberata.
Se il problema è l’aridità del suolo, infatti, quello che occorre è “un po’ d’acqua spirituale” capace di far crescere “un poco di vita”: perché grazie ad essa la sabbia potrà sempre trasformarsi in terreno fertile.
Maria Montessori, con il figlio Mario e G.S. Arundale (Presidente mondiale della Società Teosofica) con la consorte Rukmini Devi |
Nella Formazione dell’uomo (opera apparsa dopo il suo importantissimo soggiorno in India, negli anni terribili della guerra, presso la sede internazionale della Società Teosofica in Adyar), Montessori riprende questo tema, con rinnovata fiducia nell’avvenire.
La diagnosi di partenza sulle condizioni dell’umanità si riconferma dolorosamente cupa:
“La schiavitù – scrive – va crescendo rapidamente e prende forme che non emersero mai nel passato” e la condizione di “impotenza umana” ha raggiunto livelli massimi.
“Nessuno ha sicura la vita: può essere intimata una guerra assurda dove tutti – uomini giovani e vecchi, donne e bambini – sono in pericolo di morte. Si bombardano le abitazioni e le genti devono rifugiarsi in sotterranei, come gli uomini primitivi si rifugiavano nelle caverne per difendersi dalle belve feroci. L’alimento può sparire e milioni di uomini morire di fame e di pestilenza. (…) Le famiglie si dividono, si spezzano; i bambini restano abbandonati e girano a torme come selvaggi. Questo - sottolinea - non è solo per i popoli vinti nella guerra: è per tutti.
E’ l’umanità stessa che è vinta e fatta schiava.”
Ma ad una realtà in cui l’immoralità, la viltà e la violenza sono divenute “forme consuete dell’ esistenza”
è pur sempre possibile ribellarsi, mettendo da parte rassegnazione e illusioni consolatorie.
L’umanità è chiamata (forse destinata?) a liberarsi, “guarendo dalla sua follia e diventando conscia del suo potere.”
“Bisogna – scrive – che l’uomo raccolga tutti i suoi valori vitali, le sue energie, che le sviluppi, si prepari alla sua liberazione.
Non è più il tempo di combattersi gli uni con gli altri, di cercare di sopraffarsi;
si deve guardare all’uomo solo con lo scopo di elevarlo, di spogliarlo dei legami inutili che si sta creando e lo spingono verso l’abisso della demenza.
La forza nemica sta nell’impotenza dell’uomo rispetto ai suoi stessi prodotti, sta nell’arresto di sviluppo dell’umanità.”
Quello che ci può salvare, è l’avvento di una vera e propria “rivoluzione universale”.
“Come si aiuta un malato nell’ospedale, perché ritrovi la salute e possa continuare a vivere, così oggi si tratta di aiutare l’umanità a salvarsi. Noi dobbiamo essere degli infermieri in questo ospedale, vasto come il mondo.”
Due strade - ci spiega - sono possibili: quella dell’uomo che possiede e quella dell’uomo che ama.
La prima è quella dell’uomo schiavo del desiderio di possesso e dell’odio.
La seconda è quella dell’uomo che ha conquistato la sua indipendenza interiore e che ha imparato ad associarsi con gli altri in modo armonioso, coltivando il sentimento d’amore verso tutti gli esseri viventi, facendo vivere dentro di sé speranza e luce.
L’umanità dell’inizio del nuovo millennio, dopo quasi un secolo, non sembra ancora molto diversa da quella descritta dalla meravigliosa maestra di Chiaravalle.
Forse, soltanto facendoci tutti noi consapevoli e volenterosi “infermieri” capaci di seminare e coltivare amore nel grande corpo malato del mondo, sarà possibile salvarlo dal precipitare nell’ “abisso della demenza”.
Un’evoluzione pacifica della società umana potrà scaturire soltanto dall’affermarsi nella coscienza collettiva del sentimento dell’armonia cosmica e dalla fiducia nell’esistenza di quello che, nella sua esperienza indiano-teosofica degli anni ‘40, Montessori chiamerà l’ “occulto comando che armonizza il tutto” e che “tende a creare un mondo migliore”, basato sulla “collaborazione di tutti gli esseri, animati e inanimati” (Educazione per un mondo nuovo).
A suo avviso, nonostante la drammaticità della situazione del mondo contemporaneo, già nel suo tempo era possibile scorgere segni evidenti dell’avvento di una nuova umanità:
“dalle tenebre del dubbio e della paura che gravano sul genere umano, ormai s’intravede la luce che le dissiperà perché è già iniziata la società nuova.”
Impossibile non augurarsi che, al di là delle apparenze oltremodo inquietanti, la “nuova umanità” e il “nuovo mondo”, annunciati da Maria Montessori nei suoi ultimi anni di vita terrena, siano davvero realtà viventi oggettivamente in costruzione e non soltanto il sogno nobilissimo della sua personale evoluzione mistica, non soltanto la generosa proiezione del suo luminoso sperare.
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*PER APPROFONDIRE:
- Paola Giovetti, Maria Montessori. Una biografia, Mediterranee, Roma 2009.
- Maria Montessori, Educazione per un mondo nuovo, Garzanti, Milano 2018.
- Roberto Fantini, Maria Montessori, Teosofica maestra di Pace, Efesto, Roma 2020.