L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

La politica dell’Unione europea su migranti e rifugiati tra errori ed inganni - Gli allarmi e le richieste di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere

By Roberto Fantini June 24, 2016 10076
 Nel giro di pochi giorni, due fra le principali associazioni umanitarie internazionali (Amnesty International e Medici Senza Frontiere) hanno usato parole di fuoco contro le scelte attuate o progettate dall’Unione europea a proposito del problema migranti.

Ma, come spesso accade, le loro denunce e le loro raccomandazioni non sembrano aver goduto di adeguata attenzione e considerazione.


Amnesty International, in particolare, ha definito assai preoccupante l'intenzione dell’Unione europea di estendere per un altro anno l'operazione navale di contrasto ai trafficanti di esseri umani denominata "Sofia" e di offrire, su richiesta del nuovo governo di Tripoli, formazione e informazioni alla guardia costiera libica.


E ulteriori preoccupazioni sono state suscitate dall’annuncio del 7 giugno in merito a ulteriori piani per rafforzare la cooperazione con paesi terzi della zona nordafricana (tra cui la Libia) considerati strategici per arrestare il fenomeno migratorio.


Amnesty International ha prontamente dichiarato che il progetto dell'Unione europea di cooperare più strettamente con la Libia in materia d'immigrazione rischia di favorire i maltrattamenti e la detenzione in condizioni terribili e a tempo indeterminato di migliaia di migranti e di rifugiati.

jjLa Libia, infatti, nonostante l’ assenza della legge e il dominio della violenza, continua a essere la meta di centinaia di migliaia di migranti e di rifugiati diretti in Europa, provenienti soprattutto dall'Africa sub-sahariana, persone che fuggono a causa della guerra, della persecuzione o della povertà estrema, da paesi come Eritrea, Etiopia, Gambia, Nigeria e Somalia.

Altre persone, inoltre, si trovano in Libia da anni, ma cercano di lasciare il paese perché, prive di protezione da parte di qualsiasi autorità, vivono nel costante timore di essere fermate, picchiate e rapinate da bande armate o dalla polizia.


"L'Europa - ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International - non dovrebbe neanche ipotizzare accordi con la Libia in tema d'immigrazione di fronte a queste conseguenze, dirette o indirette, sul piano delle violazioni dei diritti umani. L'Unione europea ha più volte mostrato l'intenzione di impedire le partenze di migranti e rifugiati quasi a ogni costo e trascurando l'aspetto dei diritti umani".

"Mentre – ha aggiunto la Mughrabi - è ovviamente necessario migliorare la capacità della guardia costiera libica di cercare e soccorrere vite umane in mare, quello che ora accade è che la guardia costiera intercetta migliaia di persone in mare e le riporta nei centri di detenzione dove subiscono la tortura e altre violazioni. È indispensabile che qualunque forma di assistenza da parte dell'Unione europea non alimenti e perpetui le orribili violazioni dei diritti umani ai danni di cittadini stranieri in Libia dalle quali questi ultimi cercano disperatamente di mettersi al riparo".

Agghiaccianti sono le violenze e gli abusi anche di natura sessualeall’interno dei centri di detenzione libici documentati negli ultimi anni dall’organizzazione e le testimonianze più recenti confermano che le cose non accennino a migliorare.


Solitamente,i detenuti stranieri rimangono nei centri per mesi senza poter incontrare familiari e avvocati e senza vedere un giudice. Non possono contestare la legittimità della loro detenzione né chiedere protezione, data l'assenza di un sistema nazionale d'asilo. Leespulsionisono eseguite senza alcuna tutela,né esame individuale.

Ex detenuti - tra cui persone intercettate in mare e cittadini stranieri fermati in strada - hanno riferito che venivanopicchiati ogni giorno con bastoni di legno, tubi di gomma e cavi elettricie venivanosottoposti anche a scariche elettriche


I detenuti venivano inoltre obbligati adormire all'aperto senza alcun riparo dalle temperature estreme, e le guardie spargevano anche acqua sul pavimento per costringerli a dormire sul bagnato.

 Charles, 35 anni, proveniente dalla Nigeria, ha denunciato di essere stato fermato in una strada di Tripoli, nell'agosto 2015, e di essere stato trasferito in cinque centri di detenzione:

"Ci picchiavano tutti, sempre, ogni giorno. Una volta mi hanno rotto il braccio a bastonate, mi hanno portato in un ospedale ma non ho ricevuto alcuna medicazione. Per colpirci usavano bastoni e pistole, a volte anche la corrente elettrica".

Quando le guardie hanno minacciato di espellerlo, ha urlato:"Qualunque cosa sarà meglio di questo inferno!"

Un uomo di 28 anni originario dell'Etiopia, arrestato insieme alla moglie a un posto di blocco, ha trascorso quattro mesi in un centro di detenzione di Kufra, nel sud-est della Libia. Ha denunciato di essere stato picchiato regolarmente, chiuso in un box, frustato e ustionato con acqua bollente. Stessa sorte per la moglie, picchiata insieme ad altre detenute dal direttore del centro. Alla fine la coppia ha pagato una somma di denaro ed è stata rilasciata.

Questa è la testimonianza di un diciannovenne eritreo detenuto a Kufra:

"Se dicevamo che avevamo fame, le guardie venivano a picchiarci. Ci costringevano a stare a pancia in giù e ci picchiavano coi tubi di gomma. Una volta hanno sparato a un detenuto del Ciad, senza alcun motivo. Lo hanno portato in ospedale, poi di nuovo in cella ed è morto. Ufficialmente, è morto a seguito di un incidente d'auto. Lo so, perché mi facevano lavorare, gratis, nella stanza degli archivi".

Ex detenuti hanno anche denunciato l'assenza di cibo e di acqua potabile, le scarse cure mediche e lo squallore delle celle, così come la mancanza d'igiene, causa della diffusione di malattie della pelle.


"L'Unione europea non può ignorare questi racconti di orrore puro sullo scioccante trattamento inflitto ogni giorno ai cittadini stranieri in Libia. Prima di delineare qualsiasi piano o politica, dovrebbero esserci solide garanzie sul pieno rispetto dei diritti dei migranti e dei rifugiati in Libia: cosa estremamente improbabile nel breve termine"- ha commentato Mughrabi.

Le testimonianze raccolte hanno portato Amnesty International a concludere che l'unica speranza che i detenuti hanno di essere rilasciati risiederebbe nella fuga, nel pagamento di una somma di denaro o nella cessione ai trafficanti. Molti subiscono estorsioni, vengono sfruttati o costretti a lavorare gratuitamente, all'interno di centri di detenzione o all'esterno, da persone che pagano le guardie. 

In alcuni casi, i detenuti sono fuggiti o sono stati rilasciati dalle persone per cui lavoravano all'esterno, che li hanno anche aiutati a imbarcarsi in cambio del loro lavoro gratuito. In altri casi, i trafficanti hanno negoziato il rilascio di detenuti - spesso corrompendo le guardie - così da avere altre persone da imbarcare al costo di circa 1000 dollari ciascuno. In un caso, i trafficanti si sono presentati alla guardie con "automobili zeppe di prodotti" in cambio dei detenuti. 

"L'Europa non può continuare ad abdicare alle sue responsabilità in questa crisi globale dei rifugiati senza precedenti. Per evitare di rendersi complice del ciclo di abominevoli violenze che stanno subendo migranti e rifugiati in Libia, l'Unione europea dovrebbe concentrare i suoi sforzi nell'ottenimento di garanzie che la guardia costiera libica porti avanti le sue attività nel rispetto dei diritti umani, che nessun rifugiato o migrante sia sottoposto a detenzione illegale e che, soprattutto, vi siano alternative ai viaggi pericolosi. Questo significa aumentare enormemente il numero degli insediamenti in Europa e garantire visti e ammissioni per motivi umanitari" - ha concluso Mughrabi.

Medici Senza Frontiere, invece, qualche giorno fa ha annunciato che, a livello internazionale, rifiuterà fondi da parte dell'Unione Europea e dei suoi stati membri. Ciò come atto di protesta contro le loro dannose politiche di deterrenza sulla migrazione e i sempre maggiori tentativi di allontanare le persone e le loro sofferenze dalle frontiere. Questa decisione avrà effetto immediato e si applicherà ai progetti di MSF in tutto il mondo.*

A tre mesi dall'accordo tra UE e Turchia, salutato come un successo dai governi europei, le persone bisognose di protezione ne starebbero pesantemente pagando i costi. Più di 8.000 persone, tra cui centinaia di minori non accompagnati, sono bloccate sulle isole greche come diretta conseguenza dell’accordo. Hanno vissuto in condizioni disastrose, in campi sovraffollati, a volte per mesi e, essendo ancora prive di assistenza legale (loro unica difesa contro un’espulsione collettiva), ora temono un ritorno forzato in Turchia. La maggior parte di queste famiglie, che l'Europa ha stabilito di tenere fuori dal proprio campo visivo, sta fuggendo dai conflitti in Siria, Iraq e Afghanistan.

Per mesi MSF ha denunciato la vergognosa risposta europea, concentrata sulla deterrenza invece che sulla necessità di fornire alle persone l’assistenza e la protezione di cui hanno bisogno”, dichiara Jerome Oberreit, segretario generale internazionale di Medici Senza Frontiere. “L'accordo UE-Turchia è un passo avanti in questa direzione e ha messo in pericolo il concetto stesso di ‘rifugiato’ e la protezione che offre”.

All’inizio del mese, la Commissione europea ha presentato una nuova proposta per replicare la logica dell’intesa UE-Turchia in oltre 16 paesi in Africa e Medio Oriente. Gli accordi imporrebbero tagli commerciali e agli aiuti allo sviluppo per quei paesi che non si impegneranno ad arginare la migrazione verso l'Europa o che non faciliteranno i rimpatri forzati, premiando invece quelli che, al contrario, lo faranno. Tra questi potenziali partner ci sono la Somalia, l'Eritrea, il Sudan e l'Afghanistan - quattro dei primi dieci paesi di origine dei rifugiati.

Tutto ciò che l’Europa ha da offrire ai rifugiati è costringerli a restare nei paesi da cui cercano disperatamente di fuggire? Ancora una volta, l'obiettivo principale dell’Europa non è proteggere le persone, ma tenerle lontane nel modo più efficace”, prosegue Jerome Oberreit.

L’organizzazione umanitaria sottolinea con grande preoccupazione che l'accordo UE-Turchia potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per altri Paesi che ospitano rifugiati, inducendo a ritenere che prendersi cura di chi è costretto ad abbandonare la propria casa è cosa facoltativa e che sarà possibile “comprarsi” un’alternativa al fornire asilo. Si veda, a questo proposito, quanto verificatosi in Kenia il mese scorso, dove il governo ha citato la politica europea sulla migrazione per giustificare la decisione di chiudere il più grande campo profughi del mondo, Dadaab, rimandando in Somalia chi ci vive. Allo stesso modo, l’accordo UE-Turchia non fa nulla per incoraggiare i paesi che confinano con la Siria, che già ospitano milioni di rifugiati, ad aprire le frontiere a chi ne ha bisogno.

Il tentativo dell'Europa di esternalizzare il controllo della migrazione sta avendo un effetto domino, con frontiere chiuse lungo tutto il tragitto fino in Siria. Le persone non hanno più alcun posto dove andare e questa situazione peggiora sempre di più”, aggiunge Jerome Oberreit.

"La situazione di oggi ad Azaz, dove 100.000 persone sono bloccate tra il confine chiuso e la linea del fronte, diventerà la regola invece che una pericolosa eccezione?

Ciò che MSF trova inaccettabile è l’uso strumentale che viene fatto degli aiuti umanitari. Il pacchetto finanziario dell’accordo UE-Turchia, infatti, che prevede un sostegno economico di ben un miliardo di euro, rischia di diventare una sorta di ricompensa per l’impegno nel controllo delle frontiere, piuttosto che rappresentare uno strumento efficace e coerente per affrontare positivamente le reali esigenze delle persone.

Le politiche di deterrenza vendute al pubblico come risposta umanitaria hanno solo esacerbato la sofferenza delle persone in stato di bisogno. Non c'è nulla di lontanamente umanitario in queste politiche. Non possono diventare la norma e devono essere messe in discussione”, conclude Jerome Oberreit.

MSF non prenderà più finanziamenti da istituzioni e governi le cui politiche nuocciono così tanto alle persone. Chiediamo ai governi europei di rivedere le priorità: invece di massimizzare il numero di persone da respingere devono massimizzare il numero di quelle che accolgono e proteggono”. 


NOTE

* MSF fornisce assistenza alle persone che attraversano il Mediterraneo verso l'Europa dal 2002. Solo negli ultimi 18 mesi i medici di MSF hanno assistito circa 200.000 uomini, donne e bambini in Europa e nel Mar Mediterraneo. L’organizzazione si sta attualmente prendendo cura di rifugiati e migranti in Grecia, Serbia, Francia, Italia e nel Mediterraneo, così come in decine di paesi in Africa, Asia e Medio Oriente.

Le attività di MSF sono finanziate per il 92% da fondi privati. Tuttavia per programmi specifici l'organizzazione ha anche alcune partnership finanziarie con donatori istituzionali. Nel 2015, MSF ha ricevuto 19 milioni di euro dalle istituzioni comunitarie e 37 milioni di euro dagli Stati membri. MSF ha inoltre utilizzato 6,8 milioni di euro ricevuti dal governo norvegese. Nel 2016, oltre ad ECHO, MSF aveva avviato delle partnership con nove paesi membri dell’Europa: Belgio, Danimarca, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito. In Italia MSF non accetta fondi istituzionali e raccoglie esclusivamente fondi privati da individui, fondazioni o imprese.

PER APPROFONDIRE:

www.amnesty.it

www.medicisenzafrontiere.it

Rate this item
(0 votes)
Last modified on Saturday, 25 June 2016 08:41
© 2022 FlipNews All Rights Reserved