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Nell’ambiente naturale la figura del capo è presente in quasi tutti i branchi di animali superiori. Il capo si impone al branco per la sua potenza fisica o (nel caso degli umani) perché in grado di proporsi come guida, in virtù di una maggiore esperienza o saggezza connaturata, o acquisita, che si rivela determinante in alcune decisioni a favore del gruppo.
Il primo schema di potere si identifica con una base/massa e un picco al vertice, il capo accettato un pò per timore e un pò perché in gradi di garantire protezione e capacità di organizzazione contro eventuali nemici. Il suo potere si estende ai membri la sua famiglia. Dove c’è una base ed un vertice ci saranno inevitabilmente fasce intermedie che formeranno il “triangolo del potere”. E in realtà lo schema piramidale vero e proprio nasce quando alla figura del capo si associano individui attratti dall’interesse e che diverranno i consiglieri, persone di fiducia, (potere legislativo) e che andranno a collocarsi nella fascia successiva a quella della famiglia del capo. A causa della necessità di gestire masse sempre più vaste nasce l’esigenza del potere esecutivo, cioè di individui preposti all’attuazione pratica dei programmi del capo, che vanno a collocarsi nella fascia dopo il potere legislativo, al di sopra della massa a seconda della loro vicinanza al potere del capo. Accanto alla figura del capo va delineandosi la figura del sacerdote (destinata a contendere al capo il suo dominio) il quale, sfruttando l’innata tendenza dell’essere umano a credere nel soprannaturale, si auto impone come messaggero della volontà divina. L’innata paura dell’imponderabile conferisce alla casta sacerdotale un forte potere al punto da rappresentare una vera e propria struttura piramidale parallela al potere temporale e capace di contendere al capo il suo dominio.
Si sviluppa spontaneamente, spesso di comune accordo e spesso in modo antagonista, la suddivisione del potere esercitato sulle masse: il primo nella gestione delle cose terrene, il secondo in quelle ultraterrene. Qualunque dittatura o democrazia umana, qualunque gruppo tribale o animale, dove vengono imposte le regole del gruppo, si instaura automaticamente lo schema piramidale: non si è mai saputo di alcuna comunità organizzata ed evoluta, umana e non, che possa fare a meno di un capo ed avere la possibilità di organizzarsi per un fine comune, imporre la propria forza e difendersi da eventuali nemici.
Ma il capo non è infallibile, lui ed i suoi collaboratori possono rivelarsi inadatti perché disonesti, più inclini a curare i propri interessi che le aspettative del popolo. Questa è la causa di tensioni e contrasti interni in cui a pagarne le conseguenze sono sempre i più deboli.
Ma se il potere non è in grado o non vuole debellare il “male” (che in un certo senso è ciò che giustifica l’esistenza stessa del capo) la soluzione del problema non sta nell’eliminare lo schema piramidale ma nel fare in modo che il capo sia scelto democraticamente dal popolo, o dal gruppo, non solo per le sue qualità di stratega ma soprattutto per i suoi valori morali, per la sua saggezza, per la sua condotta irreprensibile, per la sua coscienza giusta, leale e compassionevole. Il problema della cattiva gestione del potere non è dato dallo schema a piramide ma dall’uomo che lo incarna. Non è il meccanismo che rende l’uomo giusto o malvagio, ma l’uomo che lo rende utile o dannoso il meccanismo. La soluzione di ogni problema non sta al di fuori dell’uomo ma nell’uomo. I meccanismi che nascono dall’uomo sono imperfetti come l’uomo: per questo la storia è costellata di crimini, lutti e rovine: meccanismi imperfetti gestiti da uomini imperfetti.
E’ nell’uomo che bisogna intervenire se si spera in una società migliore, altrimenti ogni pur lodevole iniziativa è inutile perdita di tempo: è come potenziare la carrozzeria di un’automobile per arginare i danni di chi guida in stato di ubriachezza.
In qualunque organizzazione, industria o fabbrica, il lavoro è suddiviso in settori per ognuno dei quali è necessario un coordinatore che acquisisce maggiore responsabilità e quindi più potere decisionale. Ma è altresì necessaria la presenza del coordinatore dei coordinatori che a sua volta ha più responsabilità e quindi più potere. In realtà l’idea di una società anarchica, a struttura orizzontale, senza picchi e senza capi, è solo un’utopia che rimanda ad un futuro lontanissimo in cui ogni umano sia in grado di autodeterminare armonicamente se stesso in relazione al gruppo/società. In un meccanismo senza capi e senza responsabili, diciamo a struttura “brancale” ognuno cerca i propri interessi indipendentemente se tornano a beneficio del gruppo: questo è ciò che preclude, e non ciò che favorisce, il progresso di se stessi e di un popolo.
Anche nelle prime comunità cristiane (come in ogni altra comunità religiosa) ogni seguace o discepolo aveva la responsabilità di un gruppo. In ogni caso, gente di tal fattezza non si improvvisa. E’ necessario invece che sia educata, formata fin dall’infanzia, al senso della giustizia, del dovere, della condivisione, dell’onestà, della bontà, della responsabilità, della collaborazione, alla sensibilità dell’animo e soprattutto al senso critico dei fatti e dei personaggi della storia.La risoluzione dei grandi problemi sociali non sta in un meccanismo più o meno perfetto: in qualunque epoca e latitudine, sotto qualunque sistema politico, l’essere umano si è comportato sempre allo stesso modo: si è macchiato degli stessi delitti e si è distinto per le stesse qualità. Le sole isole felici sono state alcune comunità religiose che, animate dalla stessa fede in un ideale superiore, hanno realizzato una società in pace, in armonia e collaborazione. Ma anche in questo caso la struttura organizzativa è sempre piramidale e il vantaggio, più o meno condiviso, della presenza di un capo sempre è dipeso dalle sue qualità morali quando poste al servizio del bene comune.