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Il giardino delle rose |
armonia, estetica e poesia dai suoi pennelli, le risposte di un artista.
I suoi quadri sono cartoline di una Firenze che incanta. Tetti rossi, tramonti e albe dai colori caldi e avvolgenti. I protagonisti che dipinge hanno anima e movimento; niente è statico, perfino i sorrisi e gli sguardi di ogni personaggio hanno vita.
Osservando i suoi lavori si percepisce l'amore e la passione per ciò che immortala su tela. Immagini su immagini che sono poesie di dipinti. I particolari della sua pittura sono così ben definiti da lasciare affascinato l'osservatore.
Andrea Gelici ha pubblicato anche due libri di poesia.
“Ragione al tempo”( 2018) per A&A di Marzia Carocci edizioni e “Dove dir di Luna” (2020) per A&A di Marzia Carocci edizioni.
Conosciamolo meglio:
Andrea Gelici nasce a Firenze il 2 marzo 1956. Sempre attratto dall'arte in tutte le sue forme ottiene il diploma di specializzazione tecnica artistica presso l'Accademia Sprone di Firenze nell'anno 1980 sotto la guida del maestro Otello Scacciati. Dedicatosi al disegno e al ritratto fino all'inizio degli anni 90 si evolve attraverso l'olio e l'acquerello fino alla tecnica mista su tavola. "FIRENZE DEI MIEI GIORNI DIPINTI" Una città di antichi ricordi, fatta di vicoli e scorci, rivive nei colori
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Il mae dentro |
e nella luce di un'epoca sospesa tra il vecchio e il nuovo. Ed è un mondo che appartiene a quei ricordi, ad anni vissuti intensamente, nel segno dell'impressione e della figura dipinta come in una storia che regala sulla tela il gusto di ogni giorno. Un'epoca romantica, specchio di un'
Quattro chiacchiere con l'artista:
Ciao Andrea, grazie per avermi dato la possibilità di intervistarti.
La prima domanda che vorrei porti è piuttosto consueta ma servirà per conoscere ciò che non tutti sapranno:
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La città del fiore |
D- Come hai scoperto questa tua passione per la pittura?
R- Leggendo.
Avevo dieci anni e mio padre mi portato a casa un fumetto, ricordo le sue parole:_Questo lo leggevo da ragazzo, forse piacerà anche a te._
L'albo era quello di Flash Gordon, i disegni del grande Alex Raymond. Rimasi stupido.
Le tavole erano eccezionali, saranno stati i colori, il tratto, le inquadrature, la storia, fatto sta che la prima cosa che mi venne in mente fu quella di prendere un foglio e provare a quella meraviglia.
D- Qual è stato il tuo primo dipinto e che tipo di emozione hai provato?
R- Avevano portato dei fiori ad una parente che abitava al piano superiore. Mi ritrovai davanti ad un vaso di vetro con dei gigli.
Usavo le tempere, quelle che adoperavamo in classe nell'ora di disegno.
Disegnai un giglio, in primo piano, e una strada immaginaria che si perdeva dietro una curva.
Le tempere come acquerelli, non avevo nessuna conoscenza delle tecniche, solo una grande voglia di raccontare.
D- Quali sono state le più grandi soddisfazioni che hai vissuto grazie a questa tua forza
artistico?
R- Le mostre sono state certamente una grande soddisfazione. Soprattutto quelle dove mi hanno invitato. La possibilità di proporsi. La capacità di sostenere un'intervista con la telecamera che ti guarda, il saper esprimere con le parole quello che hai dipinto, ma soprattutto, il più grande piacere, per me è il cogliere nelle persone che vedono i tuoi dipinti quel senso d'intesa , di condivisione, quello che un paesaggio o un ritratto possono suscitare, ricordare e rivivere.
D- Quali delusioni se ce ne sono state?
R- Non riuscire a completare che un quadro, rendersi il giorno prima eri contento di quello che stavi facendo e il giorno dopo non capire il perché. Entra in quello stato particolare in cui tu sei i colori che stai mescolando sulla tavolozza e poi, niente, non ci sei più. È come essere colpiti da un'immagine bellissima, che poi svanisce lasciandoti un senso di sconfitta e di vuoto.
Delirio, perdita di idee, incapacità nel proseguire.
Uno straccio sulla tela, a cancellare quella parte di te per ricominciare. A volte mi è capitato, ed è comunque una piccola ferita, una ruga, che si aggiunge e ti aiuta a pensare.
D- L'arte è qualcosa di sublime, per farla conoscere vi è senza dubbio necessità di
esporre. Quali tipi di difficoltà hai incontrato?
R- All'inizio, negli anni settanta dipingevo solo per mettermi alla prova. La matita era però il mezzo che preferivo. Chiaroscuro, tratteggio, carboncino. Fu in un negozio di cornici dove lavoravo, che il titolare prese in mano un mio lavoro e mi consigliò di portarlo a far vedere ad un pittore famoso. “Questo è bello puoi fare strada.” Parole che galvanizzavano. Mi sentivo come se avessi salito un gradino importante. Non ci fu nessun incontro. Il giorno dopo una cartolina azzurra lasciai il lavoro, la casa, e partii
per la caserma di Viterbo.
Tutto ricominciò negli anni ottanta l'accademia dello Sprone di Firenze, il diploma.
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Quasi una fantasia |
I primi approcci con il mondo dell'arte. La prima mostra, curata da Roberto Cellini. Tanta emozione, gli amici che hanno ricevuto a congratularsi con te, facce note e meno note, sconosciuti che ti esaltavano, qualcuno anche troppo.
Poi altre mostre, dove ho conosciuto tanti pittori, gente del "giro" critici, artisti e non.
Ed è lì che ho capito molte cose. Vuoi esporre in gallerie importanti? Devi essere importante, quotato, ci vuole un promotore, e, soprattutto molti soldi. Devi creare uno stile, più o meno sempre gli stessi soggetti, lo stile è importante tanto da prevaricare il talento. È difficile esporre, specie a Firenze, la città dell'arte e anche se sembra un controsenso è così.
Il problema è che sono cambiati i termini. Negli anni cinquanta, mi hanno raccontato, che erano le gallerie che acquistavano i lavori dai pittori, pagandoli poco, sì, ma permettendo a chi aveva talento di emergere e farsi un nome.
Oggi è diverso, gli "artisti" sono moltiplicati sono una marea, e su questa, e non sugli acquirenti si basa sulla gran parte del lavoro degli "addetti".
Nella posta elettronica ho tutti i giorni richieste di partecipazione a quella mostra, a quel concorso, tutti importanti, come i cataloghi dove ti vogliono iscrivere, presentare, recensire. Poi vai a leggere bene il tutto e su dieci richieste non più di una sono serie. Credo di parlare a nome anche di tanti altri valenti artisti che conosco. Se vuoi entrare a far parte di una certa élite fare con l'adulazione, il tuo adattamento a richieste richieste, alla moda, a quel senso del mercanteggio e della compiacenza che non mi ottenere.
Le mostre più belle sono quelle dove mi hanno invitato, dove mi hanno cercato e dove sono andato felice di incontrare persone vere.
D- Hai opere esposte in varie zone d'Italia. Vuoi farci conoscere alcune località di
queste?
R-Ho esposto al museo Kunstart
A Bolzano con la galleria Gaudi di Madrid, a Parigi, Pantin,con il Centro d'arte Modigliani, a Napoli a Castel dell'Ovo, a Palazzo Rospigliosi nel museo del giocattolo, a Genova alla mostra d'arte contemporanea, a Firenze alle Giubbe Rosse, e alla galleria FirenzeArt e poi tante personali in toscana e collettive in Italia. Alcuni miei quadri sono anche andati più lontani, ad Amburgo, in Germania, nel nord Carolina in USA, in Brasile.
D- Sei un artista dalle grandi capacità espressive sia per quanto riguarda l'arte figurativa
che quella poetica. I tuoi dipinti e le tue liriche hanno in comune l'introspezione e la
nostalgia. Vuoi parlarci di entrambe?
R-Sono passati molti anni da quando ho iniziato a dipingere.
Ai tempi della scuola, durante le lezioni mi piaceva ascoltare e nello stesso momento disegnare, qualsiasi cosa, che mi passava per la mente.
Il tratto, il segno, mi hanno sempre seguito. Poi il colore.
Ancora oggi cerco sempre l'ultimo colore, quello che ispira la luce, il ricordo.
Anni fa ne usavo meno nei miei quadri, di colore. Erano per lo più immagini soffuse, ovattate.
Oggi no, sto cercando la luce, quella più vivida. Amo i contrasti e le visioni istantanee.
Scrivo qualcosa, ogni tanto, l'ho sempre fatto da quando avevo sedici anni, ma lo tenevo per me. A volte una frase può racchiudere un pensiero importante, poche parole un concetto fondamentale, così provo a metterle sulla tela, e il risultato, spesso, mi lascia interdetto, trovo sempre qualcosa di diverso dall'idea originale, a conferma della nostra impermanenza.
D- In genere gli artisti amano l'arte in genere ma non tutti gli stili e tutte le varie correnti.
Hai preferenze di pittori classici? E contemporaneo?
RI pittori che amo di più sono gli impressionisti ei macchiaioli.
Vado spesso nell'ultima sala di Palazzo Pitti quella più in alto.
E resto a guardare, come fossi in un altro mondo, proprio quel mondo che è stato ed è, per me, il vero senso della pittura. Si impara tanto a guardare. Si riesce a sentire tutta la voglia di raccontare ed esprimere ciò che fino agli anni antecedenti era stato nascosto.
Fattori, Cabianca, Segantini, Banti, Lega, Boldini, Borrani, Gioli, Signorini, Lloyd e tutti gli altri di cui adesso non ricordo i nomi, e poi , Monet, Manet, Renoir, Van Gogh, ci vorrebbe un giorno per elencarli tutti .
Uno che mi colpì da giovane e che non fa parte della categoria è il grande pittore olandese Johannes Vermeer, i suoi dipinti ti assalgono con una luce straordinaria.
Amo un po' tutta la pittura in genere, l'arte americana prima dell'avanguardia, tra tutti, Hopper. Ci potrebbero le potenzialità per poter fare un lungo discorso su tutto questo, ma potrei essere tacciato come conservare incapace di comprendere e apprezzare l'arte moderna, specie quella contemporanea. Non è così una banana attaccata ad un muro lì ci sono sicuramente dei grandi, solo che il mio gusto personale non riesce a così un muro animale ucciso lì ci sono sicuramente dei nastri attaccati con del adesivo e tanto meno un palo nero bruciato con pseudopodi scarnificati nella più bella piazza del mondo.
D- A questa intervista sono accusati alcuni tuoi dipinti, vuoi inserire anche un paio delle tue liriche?
R- Come ho detto prima, scrivere è l'altra mia passione.
Lascio qui due pensieri, uno scritto quando avevo diciott'anni, l'altro adesso.
IMPRESSIONI (1974)
Vi conosco
siete i miei libri
i miei quadri
impressioni
della mia vita
siete i colori
che spando su questa tela
senza soluzione.
Il mondo mi libera
e fermandosi
la mia passione
s'avvinghia al domani
Se terrete così il mio vivere
sempre
nelle vostre vostre richieste
costruita una terra
un porto
in premio alla mia fatica
Oggi non guardo
perché non voglio immaginare
ma il domani s'avvicina
prende i colori dal mio viso
ed io rimango
stanco
assolo
inutilmente
Disegno dai contorni
di matita scura
che si schiude per ridere
un po' di sé
per non morire
veramente
QUESTE POCHE PAROLE (2020)
Sono volute di fumo
non volute da me
Queste poche parole
abbandonare alla sera
rincorrono strade
con lo sguardo che era
quello sguardo per te.
In spirali di fumo
fra i riflessi di un vetro
sulla linea di un muro
una sedia dov'era la figura di ieri
dondola vuota
non è il vento che spira
ad alzare la mira al ricordo
di dove ho nascosto
quel lume che indicava il cammino
due piccole lune
una eclissi sul fiume
un sorriso arlecchino
si è contratto in un grumo
in volute di fumo
Non voluta da me.
D- Chi conosce le mie interviste sa che lascio una parte “bianca “ all'artista.
Uno spazio dove l'autore si senta libero di scrivere ciò che sente, nel bene e nel male del
proprio ambiente. Noi amiamo la libertà di stampa e di pensiero per tanto Andrea sentiti
libero di esprimerti come vuoi su questo meraviglioso mondo dell'arte che
indubbiamente, come tutto, ha i suoi pro ei suoi contro
Grazie di cuore Andrea, grazie di ciò che sai darci attraverso la bellezza.
R-Penso di aver già fatto capire cosa penso di questo mondo.
Come in tutte le cose, c'è chi vive PER l'arte e chi vive CON l'arte. Le due cose, a volte si mescolano, e, da lì può sortire fuori un genio o un impostore.
Forse è il bello dell'avventura, alcuni hanno capito come andrà a finire, altri no.
Io sono tra quelli che resta nel dubbio, non ho avuto mai certezze assolute, l'unica a cui mi rivolgo e chiedo ascolto è quella di non acquistare un quadro, una scultura, per il valore del mercato, o perché ci sta bene con il mobile ed il divano, ma perché ti ha colpito, ti ha incuriosito, fa nascere un ricordo, o semplicemente perché ti piace.
Grazie Marzia, grazie dal cuore.
La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di colui che l’ascolta
(Khalil Gibran)
Il nostro paese, è ricco di arte, di cultura, di emozioni. Nel fronte musicale abbiamo diversi cantanti e componitori italiani di tutto rispetto. Vorrei puntare sul cantautorato che arricchisce ancora di più il panorama della musica: comporre musica e parole è arte pura, cantare i propri costrutti, ancora di più. Riuscire a farlo per sé, per gli altri e farlo bene è già un successo ma se questo viene fatto in punta di piedi, con delicatezza, umiltà, professionalità e impegno, si arriva alla vetta.
Mariella Nava è tutto questo-
Maria Giuliana Nava, Mariella Nava per tutti, nasce a Taranto dove inizia a studiare con profitto al pianoforte. Scrittrice da sempre come da sempre estremamente sensibile.
Questa attività la porta dopo consigli di amici di fare leggere le sue composizioni e così inizia la strada di un grande talento. Fu con Gianni Morandi che iniziò i suoi primi successi con la canzone “ Questi figli”. Segue il contratto discografico con la RCA, l’apparizione al Festiva di Sanremo nel 1987 e poi innumerevoli meritati successi. Ha collaborato con illustri nomi della musica, ha scritto per Eduardo De Crescenzo, per Renato Zero, per Andrea Bocelli. Ha duettato con Mango, Amedeo Minghi, Dionne Warwick… Riceve premi per l’attività di scrittura, riconoscimenti al suo lavoro cantautorale e tantissime altre soddisfazioni che ha meritato appieno. La sua emotività e sensibilità l’hanno portata spesso ad essere presente in occasioni di beneficenza in eventi solidali.
Cerchiamo di conoscerla attraverso le sue parole che gentilmente mi ha concesso-
D- Ciao Mariella, intanto grazie per la gentilezza nell’avere accettato l’intervista:
ci piacerebbe conoscere il tuo imprinting con la musica. Quando è stato il primo momento nel quale hai compreso questo amore?
R.: Non ne ho una percezione temporale esatta ma credo che la musica si sia palesata a me come interesse insostituibile nel momento in cui entrò in casa mia un pianoforte verticale.
Sarebbe dovuto essere oggetto di studio per mia sorella di qualche anno più grande di me e quindi più pronta a iniziare ma invece mi ci appassionai io, fu una specie di folgorazione da cui non sono mai guarita. Avevo 7 anni.
D-Hai collaborato artisticamente con grandi nomi della musica? Vuoi parlarci di queste tue emozioni?
R.: grandissime emozioni tutte le volte e tutte diverse.
Le assimilo ad una scala piena di gradini da salire. Ogni volta era per me come un respiro nuovo ed un test importante da superare che insieme mi onorava ma mi metteva alla prova con me stessa. Anche perché il più delle volte era una richiesta che mi arrivava da artisti affermatissimi e non un mio propormi. Tutte le volte aggiungevo un valore alla mia scala e componevo la mia piccola storia. Era come dire: “ Ce L’ ho fatta anche questa volta!”
Ci sono state alcune occasioni in cui mi sentivo troppo inesperta per tenere testa alla domanda di collaborazione ma poi venivo esortata proprio da chi me la chiedeva a mettermi al lavoro con fiducia con il fatto di poter essere benissimo all’ altezza.
Questo è successo con RENATO Zero con “Spalle al muro“ nel 1991 o con Dionne Warwick nel 2004 con “It’s forever”.
D- Hai duettato con diversi artisti, vuoi dirci chi ti ha particolarmente coinvolto? Perché?
R.: Tutte le volte ho provato un grande coinvolgimento.
Ricordo “ Crescendo” con Renato Zero di cui girammo anche un bellissimo videoclip diretto da lui e poi ancora Amedeo Minghi con “ Futuro come te “ portata insieme al Festival di Sanremo del 2000.
Nel cuore ho anche il bellissimo ricordo di Pino Mango con cui cantammo “ Il mio punto di vista”. Due timidi che si incontrano puoi immaginare? Una tenerezza infinita se ci penso!!!!
Però quel giorno intero in studio a registrare e nostre voci insieme resta dentro me come uno dei momenti più emozionanti e belli.
D- La canzone “Vecchio” presentata a Sanremo nel 1991 è stato un enorme successo di Renato Zero e tuo. Quanto è contato per te l’incontro con il carismatico Renato?
R.: L’ ho sempre raccontato. Devo a lui moltissimo per come ha accolto nel suo repertorio questa mia creatura musicale.
Non sarebbe diventato il successo che è se non avesse goduto di quella insuperabile interpretazione su quel magico palco dell’ Ariston.
Tutto era perfetto per scrivere storia.
Io devo a lui il piacere di avere potuto partecipare a quel brillante momento della storia della musica leggera italiana.
Poi tutto il resto. Tutto quello che si può capire e imparare da un grande della nostra scena musicale.
D- L’ambiente della musica come di ogni altro mondo artistico è indubbiamente un cammino tortuoso, difficile e non sempre sinonimo di meritocrazia. Quanto ti sei sentita compresa? Quante altre volte hai avuto la percezione di insoddisfazione?
R.: posso dirti la verità? Incompresa molte volte. Nonostante la stima guadagnata essere donna in musica è davvero complicato.
Ho versato molte lacrime ma posso dirti oggi che sono state proprio la mia forza. Perciò benedico quei no. Benedico tutte le porte in faccia. E ad ogni delusione ricevuta corrisponde la mia crescita interiore e una mia canzone nuova che poi mi ha dato le più grandi soddisfazioni. Oggi sono molto più consapevole delle mie possibilità, del mio posto e non ho più paura di essere quello che sento e che voglio.
Un artista ha bisogno anche di questo per formarsi.
D- Sei una “scrittrice di vita” e porti in musica incanti di emozioni, hai la qualità di saperti esprimere in modo ottimale con la parola, la metafora e l’espressione emozionale. Quanto è contato tutto questo nella tua carriera? Quale è stata la tua prima importante collaborazione?
R.: è arrivata con una canzone sul rapporto genitori figli. La inviai a Gianni Morandi che come vedi è sempre pronto a voler scoprire e cantare nuovi generi musicali ancora oggi.
Lo lessi su di un giornale che avrebbe cantato volentieri nuovi autori.
Era il 1985. Così gli spedii una cassetta con su una canzone registrata voce e piano in diretta.
In una lettera di accompagnamento dicevo di essere di Taranto, studentessa e un numero di telefono di quelli fissi perché non c’ erano ancora i cellulari.
Rispose mia madre a quel telefono che squillò inaspettatamente in un pomeriggio ed era lui che mi cercava. Pensai che fosse uno scherzo ma era vero. Tutto iniziò da lì.
Cantò per primo le mie note e le mie parole.
Il brano si intitolava “ Questi figli”.
D- Mi piacerebbe che tu ti esprimessi liberamente su quanto è cambiata la musica, gli stili e la richiesta del pubblico.
R.: La richiesta del pubblico ? E chi la ascolta più? Con quale metodo? Se la ascoltassimo almeno una volta potremmo sapere qualcosa in più, per esempio perché non si compra più la musica mentre una volta si correva in un negozio a prenotarne il disco in uscita, perché non la si vuole più possedere ma ascoltare e basta? Ormai sono saltati molti parametri e se ci fermassimo a fare domande semplici avremmo moltissime sorprese.
Come in politica…
La musica è quella che sentiamo perché è quella che gira e forse quella che si sa fare con più facilità da molti ( forse troppi?) in questo momento.
La si “ compone “ con dei campionamenti e il più delle volte il vestito supera di gran lunga il nucleo della canzone, il contenuto, ammesso che ci sia. Spesso la linea musicale se la analizziamo è inconsistente, costruita su una nota sola, a volte due, se si arriva a tre si festeggia, scherzo naturalmente, però è vero che diventa insopportabile, troppe volte ripetuta e monotona.
Tutte le produzioni si assomigliano, in una sorta di overdose di brani poco distinguibili e destinati a non lasciare molto ricordo di sé dopo poco tempo.
Con questo non voglio dirti che tutto quello che si produce non sia valido, anzi, ci sono cose concepite e realizzate molto bene ed anche affascinanti nei nuovi generi, ma generalmente arrivano dall’ estero, dove hanno imparato a scrivere meglio di noi le canzoni che un tempo ci invidiavano.
Però, per farti un esempio, se un esperto musicista compositore si chiudesse in uno studio e capisse come si creano le canzoni in voga adesso, credo che con un po’ di impegno imparerebbe presto e ne potrebbe fare tante.
Il difficile è invece L’ esperimento contrario, scrivere le canzoni, trovare passaggi musicali unici, con cognizione di causa, parole inconfondibili, insomma scrivere quelle canzoni che riescano a rimanere nel tempo e parlare a più generazioni, quelle che non si scrivevano a chili per le stagioni, ma che venivano pensate con cura prima di vestirle con giusti strumenti, quelle che nascevano prendendo una chitarra e cantando come faceva Battisti con Mogol o Modugno o De Andrè, oppure sedendosi ad un pianoforte come faceva Burt Bacharach, tirando fuori un giro di accordi e di melodia di ineccepibile bellezza.
D-Hai qualcosa che vorresti dire ai nuovi talenti?
Si, di essere veri, soprattutto veri , di non scimmiottare mai nessuno e di scriverle loro le mode, non di seguirle!
D- Cosa ne pensi dei Talent che si aprono ai giovani?
Non mi dispiacciono, L’ ho detto già tante volte ma farei qualche cambiamento sui giudici scelti, altrimenti diventa puro show televisivo non al servizio della musica.
D- Una domanda di pura curiosità che rivolgo spesso a ogni tipo di artista: “La tua passione è nata in autonomia o nella tua famiglia vi era già il seme artistico?”
No in realtà è nata da me anche se mia madre, che era insegnante, ha sempre gradito
un’ educazione all’ arte per i suoi tre figli. La riteneva fondamentale per il nostro crescere e la nostra sensibilità e non posso darle torto.
D- Cara Mariella, è mia abitudine lasciare uno spazio bianco a qualsiasi artista perché sono convinta che l’arte non debba avere alcuna catena e limite d’espressione. Mi piacerebbe un tuo pensiero sul panorama musicale e dicendo panorama musicale, intendo spaziare a 360°.
Sentiti libera di dire che…
R- ho già un po’ detto tutto per cui mi limiterò a lanciare un annuncio:
Sappiate che la bella musica c’ è, non morirà mai, basta andare a cercarla.
il libro è a cura del Prof. Pejman Abdolmohammadi (PhD) – professore di Storia e Politica del Medio Oriente presso la Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento e Ricercatore Associato dell'Istituto Italiano di Politica Internazionale (ISPI) – e del Prof Giampiero Cama – professore ordinario all'Università degli Studi di Genova, dove insegna Relazioni Internazionali e Scienza Politica –.
Lo scopo dell'opera è quello di esaminare la politica interna ed estera dell'Iran, evidenziando il suo ruolo strategico nel Medio Oriente e la sua identità libro complesso e contraddittoria tra tradizione e modernità. L'Iran ha il potenziale per svolgere un ruolo cruciale nella stabilità del Medio Oriente per una serie di ragioni. In primo luogo, l'Iran ha un potenziale significativo per agire come mediatore e ponte tra il Medio Oriente e l'Occidente grazie alla sua posizione geografica strategica, essendo situato tra il Mar Caspio e il Golfo Persico, tra l'Asia el' Europa . In secondo luogo, l'Iran è una delle maggiori potenze mediorientali in termini di risorse economiche e militari.La sua politica estera e il processo decisionale strategico potrebbe essere gli equilibri di potere nella regione. In terzo luogo, in quanto principale stato islamico sciita in Medio Oriente, l'Iran svolge un ruolo importante nelle risorse simboliche e può di conseguenza un'influenza significativa nelle aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti. A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante.influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti. A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti.A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti.A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti.A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti.A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante. influenza importanti in aree strategiche come Libano, Yemen, Bahrain, Siria e Iraq, che sono affiliate al Repubblica islamica in vari modi. In questi paesi i punti di vista di Teheran sono importanti.A livello regionale e internazionale, il ruolo guida dell'Iran all'interno del mondo sciita, unito alla questione nucleare, ai suoi rapporti contraddittori con gli Stati Uniti e alla sua alleanza con Cina e Russia, fanno del Paese un argomento di studio stimolante e interessante.
A livello interno, l'Iran rappresenta un importante laboratorio di innovazioni politiche e di modernizzazione, che in alcune occasioni hanno ispirato movimenti e trasformazioni anche in altre parti della regione. Alcune di queste trasformazioni hanno portato alla democratizzazione e alla liberalizzazione, mentre altre hanno visto l'adozione di nuovi modelli di sistemi autoritari. Ad esempio, la rivoluzione costituzionale iraniana del 1906 {Enghelab-e Mashrouteh) ha rappresentato uno dei primi movimenti sorti dalla base e ha chiesto la liberalizzazione dei sistemi politici in Medio Oriente. Un altro esempio è la rivoluzione islamica del 1979, che ha rappresentato un punto di svolta per tutti i paesi islamici, e può essere paragonata alla rivoluzione russa del 1917.
La Repubblica islamica è diventata una fonte di stimolo e di speranza per molti movimenti politici islamisti. Nel 2009, è stato il Movimento Verde iraniano a scatenare la prima grande protesta pubblica da parte dei giovani in Medio Oriente vista nel ventunesimo secolo. Una nuova generazione iraniana ha chiesto più democrazia, laicità e libertà, utilizzando la tecnologia moderna, in particolare i social media come Twitter e Facebook e la comunicazione satellitare; questo ha in parte ispirato il movimento della "primavera araba" in altre parti della regione. Anche se il Movimento Verde è stato represso, ha presentato le nuove generazioni iraniane come tra le più progressiste del Medio Oriente. È possibile sostenere che nella reazione e nella critica all'uso politico dell'Islam si siano viste in Iran le prime tracce di sostegno a una società post-islamista in Medio Oriente. Il paese stato stato uno dei primi paesi del Medio Oriente a istituire un moderno islamico nel, ma dopo quattro decenni ha iniziato a frequentare una scuola tendenze post-isla, volte a promuovere valori più laici. Per comprendere più in profondità queste tendenze, è importante e rilevante esaminare la società iraniana e le interazioni tra diversi gruppi sociali e culturali all'interno della Repubblica islamica. Questi sviluppi in corso in Iran sono in contrasto con le principali tendenze in molti altri paesi del Medio Oriente. Turchia, Qatar, Marocco e Yemen stanno promuovendo, sia pure con interpretazioni diverse, l'ascesa dell'islam politico.Questo libro ha adottato un approccio multidisciplinare.
Politiche interne ed estere contemporanee dell'Iran
Abdolmohammadi, P. & Cama, G.
Spesso accade che nella ricerca della novità a tutti i costi o quella cucina alternativa solo perché alla moda, si perda di vista coloro che fanno ristorazione di prima qualità, con scrupolo e tanta dedizione nonostante i tempi
non facili.
Come al Ristorante Cotto , nel cuore di Roma, in via Torino, 124 tra la Stazione Termini e il Quirinale, a due passi dal Teatro dell'Opera.
Un locale moderno e classico, con un ottimo servizio, dove si mangia veramente bene. Uno di quei locali che mette d'accordo un po' tutti. Il suo successore?
Il passa parola incessante, i consensi unanimi e così il locale diviene il posto ideale per una pausa tranquilla, che sia una colazione di lavoro o un incontro fra amici o ancora un rilassante t ê te at ê te.
Il menù preparato dallo chef messinese Giuseppe Arena ; la carta dei vini predisposta per aiutare a orientarsi anche nella scelta dei piatti.
Già il menù, biglietto da visita del locale, combina sapori classici e contemporanei, con piatti gustosi e ricercati sia di pesce che di carne. Anche scelte per vegani e vegetariani.
Piatti interessanti e ben fatti grazie all'estro del bravissimo Giuseppe, attento a rispettare gli ingredienti, preciso nelle cotture, fantasioso quanto basta per rendere il tutto accattivante.
Una vera “chicca” nel cuore di Roma. Il lusso della semplicità.
Anche se è una frase un po' abusata, il Ristorante Cotto incarna il buon gusto, l'ospitalità e la buona cucina, il mix del suo successo. Un locale da consigliare.
Urano Cupisti
Il comando biblico “Crescete e moltiplicatevi” potrebbe portare l'umanità al punto di non ritorno. Il conseguente pericolo di questo assunto biblico dimostra che nessun principio, nessuna dottrina, nulla di ciò che viene sancito nei testi religiosi, come in ogni legge laica, ha valore imperituro.
Durante l'anno zero, cioè la nascita di Cristo, la popolazione mondiale era di 350 milioni di anime. Si calcola che nel 1800 la popolazione fosse di 700 milioni e che nel giro di un trentennio sia aumenta di un terzo fino a raggiunge un miliardo di unità nel 1830. Un secolo dopo sulla terra si contano 2 miliardi di esseri umani e nel 1975 4 miliardi . Oggi, 2021, la popolazione mondiale è di circa 7,8 miliardi di persone e si prevede che un fine secolo sarà di 100 miliardi. Ma molto prima sarà superato il numero
massimo di esseri umani tollerato dal pianeta.
Thomas Robert Malthus all'inizio dell'800 già affermava che se la moltiplicazione del genere umano non fosse stata regolata sarebbe stata causa di carestie e fame nel mondo ed il motivo della sua stessa rovina.
Anche se l'incremento demografico venisse arrestato e la fertilità umana diminuisse, la tendenza all'affollamento rimarrebbe. Alcuni esperti sono concordi nell'affermare che anche riuscendo a stabilizzare le nascite a livello zero (uguale a quello dei decessi) la popolazione mondiale raggiungerebbe ugualmente 16 miliardi di individui prima di una assestamento definitivo, cioè il doppio della popolazione attuale.
Se in un ascensore per capienza di 4 persone ne entrano 8 tra i gli occupanti si manifestano segni di insofferenza, di ansia, di paura e qualunque incidente degenera in aggressività. Allo stesso modo, se una tavola è imbandita per nutrire 10 persone, a mano a mano che si aggiungono nuovi commensali le porzioni diventano sempre più piccole e quando l'esigua porzione non è più sufficiente a sfamare nessuno dei presenti, si manifestano azioni di forza e di violenza secondo la legge mors tua vita mea. Questo è quanto succederà al genere umano se responsabilmente non si impegnerà a contenere l'incremento demografico.
Il maschio supremo dell'uomo sta nella sua indifferenza verso gli effetti che hanno prodotto le scelte individuali. Mettere al mondo un essere, per realizzare se stesi o appagare il proprio desiderio di essere genitori, è puro egoismo.
Anche quando la procreazione è concepita per la gioia di avere un figlio da amare, è sempre l'egoismo che ci muove. La sola cosa che può giustificare la messa al mondo di un nuovo essere è l'amore per la vita, la volontà di chiamare un nuovo essere al bene dell'esistenza, la volontà di dare al mondo un elemento armonico e positivo per il bene di tutti; non per propria soddisfazione, non per assicurare a se stessi la propria discendenza, non per avere sostegno nella fase della vecchiaia, nè per lasciare il proprio patrimonio finanziario o immobiliare, ma nell’intento di contribuire a rendere migliore questo mondo.
Donare la vita è l'esperienza più meravigliosa dell'universo (e nello stesso tempo più pericolosa e drammatica), per questo è grande la responsabilità verso chi (forse) non chiede di esistere.
La realtà antropologica mostra che quanto più una popolazione vive nella povertà e nell'ignoranza tanto più tende a moltiplicarsi, mentre quanto più c'è civiltà e benessere economico più si restringe il numero dei componenti familiari. Ma tutto è interconnesso e solo da una volontà politica generale intesa a favorire la prosperità e la cultura anche delle popolazioni indigenti può nascere il vero piano di contenimento delle nascite e scongiurare inquietanti prospettive future.
Le aggressioni israeliane in corso nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, contestuali alla brutale repressione delle proteste dei cittadini israeliani arabi, mostrano i limiti degli accordi Abramo, che avevano di fatto estromesso la questione palestinese dalla diplomazia; intanto, l’esercitazione a guida USA Defender-Europe, quest’anno particolarmente imponente, aumenta le tensioni con la Russia, aprendo un fronte tra i Balcani, il Mar Nero e l’Asia centrale; sul piano interno, nelle “democrazie neo-liberali” l’emergenza sanitaria globale ha favorito una militarizzazione progressiva delle società, e non solo per via della terminologia caratteristica della narrazione della pandemia
Dejà-vu?
Il riaccendersi del conflitto israelo-palestinese è in apparenza un déja-vu geopolitico. Lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, reazione sproporzionata e aggressiva dell’esercito israeliano, i soliti vani inviti della comunità internazionale alla cessazione delle ostilità. In realtà, sono almeno tre gli elementi nuovi di questa crisi: il primo è l’apertura, per Tel Aviv, di un fronte interno in diverse città finora caratterizzate dalla coesistenza pacifica tra arabi ed ebrei, sia pure fondata sulla disponibilità dei primi di godere dei pochi benefici sociali che si potevano trarre da una cittadinanza di serie b. Ora, le proteste mostrano una maggior intraprendenza civile e politica delle giovani generazioni di cittadini arabi dello Stato di Israele, per i quali la crisi sociale innescata dall’emergenza Covid-19 ha solo aggravato una condizione di oppressione già dominata dall’espansionismo dei coloni israeliani e da espulsioni ed espropri forzati. Dinamiche consolidate, negli ultimi quattro anni, dall’ex presidente USA Donald Trump e, soprattutto, dal suo alto consigliere per il Medio Oriente, il genero Jared Kushner. Uomo d’affari del settore immobiliare, storico sostenitore delle campagne elettorali dei democratici, nel 2016 cambiò bandiera, sostenendo l’elezione del suocero sia dal punto di vista finanziario, sia con una febbrile attività di marketing politico attraverso le reti sociali.
Tra Tehran e Ankara: il pendolo di Washington
Premiato con una nomina di profonda sensibilità strategica, Kushner è stato dunque l’artefice della politica mediorientale dell’amministrazione Trump, riassumibile nella linea della massima pressione sull’Iran (fino alle pretese di un cambiamento di regime), mediante il ritiro di Washington dagli accordi denominati Piano di azione congiunto globale (JCPOA) e la creazione di un solido e agguerrito fronte anti-iraniano che aveva tra i suoi pilastri il premier israeliano Benyamin Netanyahu, l’Egitto di Mohamed Abd-al-Fattah a-Sissi e le petro-monarchie del Consiglio di cooperazione del Golfo (ai cui regimi la diplomazia petrolifera frutta sempre meno), in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Un fronte consolidato dagli accordi di Abramo, che hanno favorito l’instaurarsi di una cooperazione tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Ne è rimasta fuori, invece, l’Arabia Saudita, che, da un lato preferisce non contrariare l’opinione pubblica in gran parte filo-palestinese, dall’altro non ha alcuna necessità di aumentare o rivedere il suo rapporto di collaborazione con Tel Aviv. Gli Accordi di Abramo, insieme ad altri accordi bilaterali di normalizzazione tra Israele, Egitto e Sudan, hanno stabilito un assetto geopolitico diverso da quelli nei quali si erano inserite le precedenti aggressioni israeliane contro i territori palestinesi, in particolare nella Striscia di Gaza. Il secondo elemento nuovo del conflitto in corso, è, appunto, il quadro geopolitico stabilito da questa rete di accordi, che hanno coinvolto, lo scorso anno, anche la Serbia (storicamente alleata del popolo palestinese) e il Kosovo, primo paese musulmano (il cui statuto, peraltro, non è unanimemente riconosciuto dalla comunità internazionale) ad aver aperto un’ambasciata a Gerusalemme.
Un’altra eredità dell’era Kushner, è infatti il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico e dal conseguente trasferimento delle sedi diplomatiche dalla capitale amministrativa. Una mossa che ha estromesso la questione palestinese dal dominio della diplomazia, legittimando implicitamente la colonizzazione israeliana e favorendo, così, l’ascesa delle forze politiche più intransigenti. Complessivamente, dunque, durante i quattro anni di mandato di Trump, Washington ha adottato la linea dura nei confronti di Tehran, lasciando, di contro, che gli altri attori regionali, Turchia, Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, accrescessero il proprio peso geopolitico. Al contrario, l’amministrazione di Barack Obama era caratterizzata da un approccio più costruttivo nei confronti dell’Iran, ma più diffidente nei confronti di Ankara. Lo stesso approccio, almeno finora, adottato dall’attuale inquilino della Casa Bianca, con il quale Kushner, nell’editoriale del Wall Street Journal del 14 maggio, si è congratulato per l’astuzia strategica della sua decisione di riaprire il dialogo con l’Iran. In altri termini, quelle che sembrano virate strategiche altro non sono che strumenti per portare avanti la stessa strategia, tipica degli USA in Medio Oriente (e non solo), divenuta particolarmente evidente a partire dalla guerra del Golfo del 1990 e delle sue devastanti conseguenze. Una sua variante, osservabile nell’ex sfera di influenza sovietica, risponde al principio (simile, ma calato in un approccio più interventista da parte di Washington) per cui gli alleati di oggi sono quelli che bombarderemo domani.
Movimenti di truppe tra Oriente e Occidente
In generale, nell’ultimo mese, si sono acuiti gli attriti tra potenze mondiali e regionali nelle zone di maggior frizione tra Russia e Stati Uniti. Meno interessata al fronte mediorientale, Mosca guarda infatti con inquietudine lo svolgimento in corso di Defender-Europe 21, l’esercitazione militare annuale congiunta, condotta dalle forze armate USA in coordinazione con i paesi partner della regione, non necessariamente appartenenti all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico Nord (NATO). Le operazioni previste quest’anno interessano 16 paesi e coinvolgeranno un totale di 28 mila soldati. Tra i paesi partecipanti figurano, a titolo di esempio, l’Italia e il Kosovo, mentre tra le aree maggiormente interessate (dall’esercitazione principale e da altre ad essa correlate) ci sono i Balcani, il Mar Nero, il Baltico e il Maghreb. Per descrivere la portata di questo pantagruelico apparato, la cui grandiosità spicca sullo sfondo del disastro sociale provocato dall’emergenza sanitaria, il generale statunitense Tod Walters, a capo del comando USA in Europa, ha citato il D-Day, lo sbarco degli anglo-americani in Normandia nel 1944. I sospetti russi riguardano in particolar modo due delle regioni che ospiteranno le operazioni: i Balcani, zona di attrito tra Russia e USA dagli anni ‘90 del secolo scorso, e il Mar Nero. Quest’ultimo costituisce per Mosca una minaccia di non poco conto, soprattutto considerando la concomitanza temporale di Defender-Europe 21 con altri due fatti. Primo, il recente riacuirsi, in aprile, del conflitto russo-ucraino, che ha indotto Mosca a schierare truppe vicino al confine con l’Ucraina. Secondo, il progetto folle di Kanal İstanbul, il nuovo canale sul Bosforo, annunciato dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nel 2011. I lavori, ha dichiarato lo stesso Erdoğan, inizieranno l’estate prossima e si concluderanno, prevedibilmente, nel 2028.
Un nuovo fronte sul Mar Nero?
A parte le mire neo-ottomane di Erdoğan, Mosca guarda con inquietudine a questi sviluppi, in particolare da quando si sono acuite le tensioni con l’Ucraina. Queste ultime, infatti, hanno fatto riemergere la questione storica della Crimea, e più in generale del Mar Nero, che da secoli costituisce un fronte caldo tra Russia e Turchia. Infatti, lo scorso gennaio, il presidente turco ha dichiarato che il nuovo canale non sarà vincolato ai termini della Convenzione di Montreux, firmata nel 1936 da Francia, Bulgaria, Grecia, Romania, Jugoslavia, Turchia, Regno Unito, Unione Sovietica, Giappone e Australia per regolamentare il transito di navi da guerra attraverso gli stretti dei Dardanelli e del Bosforo, la cui gestione fu affidata alla Turchia. Il trattato prevede, in tempo di pace, la libera circolazione delle imbarcazioni civili e restrizioni per le navi da guerra dei paesiche non si affacciano sul Mar Nero. Norme, quindi, che garantiscono la sicurezza non solo della Russia, ma anche della stessa Turchia: escludere Kanal İstanbul dalla giurisdizione della convenzione di Montreux sarebbe dunque un azzardo, soprattutto con la crisi delle relazioni russo-ucraine non ancora risolta. Ankara, infatti, si è schierata con Kiev, muovendo un ulteriore passo verso il deterioramento delle relazioni con Mosca, già messe a dura prova dal conflitto libico (nel quale le due potenze sono rivali).
C’è il rischio di un cesarismo regressivo
Contro il progetto folle di Erdoğan, si sono espressi, all’inizio di aprile, anche 104 ammiragli turchi in pensione, con una dichiarazione pubblica firmata costata a dieci di loro l’arresto con l’accusa di “attentato all’ordine costituzionale”. Le loro critiche, secondo il presidente turco, sono “allusioni a un golpe”, anche se la loro posizione è simile a quella manifestata qualche giorno prima da 126 ambasciatori: la Convenzione di Montreux protegge gli interessi turchi. L’arresto dei dieci ammiragli sarebbe, pertanto, l’ennesimo atto dello scontro tra Erdoğan e i militari kemalisti (laici), oppure il tentativo di Ankara di gestire gli equilibri tra le componenti del suo stato profondo, in particolare tra quella più allineata con la NATO e quella cosiddetta “eurasiatica”, cui appartiene Cem Gurdeniz, uno dei militari fermati e l’ideologo della teoria della “Patria blu” (Mavi Vatan).
È forse possibile che la militarizzazione della narrazione (e, in alcuni paesi, della gestione) dell’emergenza sanitaria, diffusa attraverso l’omnipervasiva Rete (in particolare mediante le reti sociali), abbia mutato la percezione che le opinioni pubbliche delle democrazie neoliberali hanno delle guerre vere e proprie e degli apparati militari? Sarebbe prematuro dirlo, ma in due paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Francia e USA, le forze armate hanno recentemente, per così dire, esortato i rispettivi presidenti a prendere le redini delle rispettive società, prima che le tensioni sociali diventino incontrollabili senza l’indispensabile intervento degli eserciti. In Francia, peraltro, l’appello firmato da 20 generali in pensione conteneva il riferimento a un potenziale di pericolo nelle minoranze musulmane. Inoltre, vale la pena osservare che il testo è stato pubblicato dal settimanale di destra Valeurs actuelles lo scorso 21 aprile, anniversario del tentato golpe messo in atto ad Algeri contro il generale Charles De Gaulle. Negli USA, invece, più di 100 generali in pensione hanno indirizzato una lettera aperta al presidente Biden, accusandolo di cercare di instaurare “una forma marxista di governo tirannico”. Due episodi che, se isolati, dimostrano l’emergere di forze (nelle società civili e negli apparati istituzionali) che guadagnano consensi strumentalizzando il timore e la collera di tessuti sociali dissestati dalla tirannide del mercato. E degli imperi.
Il mio primo contatto, una specie di innamoramento, con Franco Battiato è stato con Fetus, il suo primo disco di musica elettronica che ha fatto da colonna sonora a notti insonni, passate a dipingere acquerelli astratti quanto le sue “melodie”.
Quando è passato a scrivere canzonette l'ho vissuto come una specie di tradimento. Tra i miei amici si diceva che si fosse “venduto al mercato”, che fosse “passato dall'altra parte”; frasi rigorosamente in bianco e nero, prive delle sfumature della vita, in un'epoca di schieramenti a priori.
Solo più tardi ho capito cosa stava facendo, forse; stava scrivendo i mantra del XX secolo; il praticante canta i mantra ignorando le parole di sanscrito di cui sono composti, la Parola di Dio è solo suoni; sono proprio quei suoni che risuonano in certi punti del corpo, stimolano certi centri e favoriscono certe risposte. Il praticante non lo sa, canta e basta. Le canzonette del suo periodo pop , con le loro allusioni ei loro deliziosi nonsense svolgono la funzione di moderni mantra; l'inconsapevole fan le canta ei chakra cantano e risuonano con lui, danno delle piste, aprono possibilità.
Potrebbe essere una delle tante spiegazioni di un essere umano inspiegabile, come tutti i misteriosi personaggi che hanno illuminato il XX secolo e che sono sfuggiti alle definizioni banali, all'essere da una parte o dall'altra, soprattutto dalla parte dei potenti.
Non diremo che Franco Battiato ha letto Gandhi, Silo o Martin Luther King, non lo tireremo dalla nostra parte come si suol fare con i morti che, di norma, non hanno più la possibilità di smentirti. Lo lasceremo in pace .
Semplicemente salutiamo l'essere umano, lo studioso di Gurdjieff, dei mistici e del Libro Tibetano dei Morti, il musicista poliedrico e mai soddisfatto, lo studiooso e praticante sempre alla ricerca del prossimo passo dell'ascesa. Nel Suo ultimo lavoro Fondamentale Attraversando il Bardo, Sguardi sull'aldilà, libro e documentario e Capisce Che il percorso verso il DOPO fosse Già tracciato e conosciuto.
Forse gli accadimenti degli ultimi anni, gli incidenti, le dicerie sulla malattia erano l'ultima dissimulazione per partire con la dovuta calma e consapevolezza. Senza inutili distrazioni.
Dunque, buon cammino e arrivederci, Franco. Felici di aver condiviso insieme qualche istante del misterioso viaggio come Esseri Umani.
per gentile concessione dell'agenzia di stampa PRESSENZA
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Non sembra ma è uno scontro che dura da secoli. Il mondo come una scacchiera. Le parole nordiche da sempre prediligono la “bionda”. Quelle comprese tra il 30 ° e 50 ° parallelo sia Nord che Sud più propense verso il “nettare di Bacco”. Poi le eccezioni in tutte e due le fasce.
Ma è nata prima la birra o il vino?
Confrontando le datazioni di cui siamo certi si potrebbe affermare che la birra sia più antica , tuttavia nessuno ne ha la
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abbinamento con ostriche |
certezza.
Anche perché a far ruotare l'ago della bilancia a favore del vino pesa il processo di produzione della birra che generalmente è “meno spontaneo”.
Altri dati, temi della contesa:
- la birra rappresenta la bevanda meno nobile, il vino più ricercata, sofisticata;
- la birra è prodotta con i cereali di diversa natura, il vino è solo oggetto di fermentazione del mosto, la pigiatura dell'uva;
- la birra da sempre è prevalentemente pagana ( ad eccezione degli studi e produzioni dei monaci francesi, belgi e tedeschi), il vino bevanda sacra legata “al sangue di Cristo”. E via, via, via.
Una cosa è certa; nel mondo in cui viviamo ambedue le bevande sono oggetto di continui studi, produzioni diversificate, volte e invadere i territori reciproci cercando di primeggiare sui mercati.
Ecco che la vite esce dai propri confini e colonizza territori nuovi come la Gran Bretagna, i Paesi Bassi, la Svezia. Esplode il fenomeno in Cina e nei paesi asiatici, raggiungendo anche limiti di altitudini mai pensate (allevamenti di Malbec a 3.150 mslm nella regione andina del Salta-Argentina) o latitudini equatoriali come in Brasile,
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fruit Beer con i dessert |
nello stato del Par á .
La birra, dal canto suo, con il confermare sempre più le "sue" zone di competenza, invade i tradizionali territori vinicoli "sdoganandosi" e sostituendosi con prodotti più ricercati e attenti soprattutto ai gusti giovanili, giocando in particolare sulla bassa tenuta alcolica ea tutto quanto ne consegue.
Avete notato che nei film di produzione americana si beve meno vino, champagne e superalcolici e più birra? Direttamente dalla bottiglia risparmiando il lavaggio dei bicchieri? Più “fico e green”.
E non parliamo dell'attuale sfida lanciata su uno dei “dogmi” fondanti della Scuola del Vino: l'abbinamento con il cibo.
Minata la figura del sommelier che deve reinventarsi una cultura birra-cibo per la crescente richiesta di questa bevanda.
Non solo pizza e birra ma carne, pesce, verdure e, udite udite, abbinamenti con la cucina vegana .
Accanto alla Carta dei Vini anche quella delle Birre.
" L'abbinamento di cibo e birra è un elemento fondamentale per raggiungere una perfetta armonia tra tutte le sensazioni percepite durante la degustazione, quindi la migliore valorizzazione delle caratteristiche organolettiche di entrambi gli alimenti". Così ho trovato scritto in una Carta di un noto Ristorante stellato.
Sapidità, tendenza dolce, grassezza, tendenza acida, tendenza amarognola, untuosità, succulenza, persistenza gusto - olfattiva , non sono più appannaggio della scienza dell'abbinamento cibo-vino.
Abbinamento per contrasto e abbinamento per concordanza si insegnano anche ai Corsi della Birra sempre più frequenti.
Una volta, ricordo, costituivano materia di una sola lezione durante i tre livelli per ottenere l'attestato di sommelier. Oggi sono Corsi mirati, maggiormente conoscitivi della materia della “bionda”.
Di seguito un elenco dei piatti abbinati a stili di birra:
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ALE LEGGERO: Tramezzini, formaggi a media stagionatura
BRITISH BITTER: Sandwich, tramezzini, formaggi freschi
ALES SCOZZESI: Carni rosse, arrosti e stufati, se dolce adatte ai dessert
PALE ALE: Primi piatti, carni leggere, salumi, formaggi
INDIA PALE ALE: Primi piatti con verdure, ortaggi, carciofi ed asparagi
ALTBIER: Primi piatti saporiti, formaggi, selvaggina, se dolce adatte ai dessert
MARRONE ALE: Carni rosse, arrosti e stufati, formaggi a media stagionature
NEWCASTLE BROWN ALE: Carni rosse, arrosti e stufati, formaggi a media stagionature
ALES FORTI: Carni rosse, formaggi a media e lunga stagionatura, anche erborinati
PORTIERE: Carni rosse
STOUT: Carni rosse, selvaggina e formaggi a lunga stagionatura
ALES FRANCESI: Primi piatti, carni leggere, salumi, formaggi
ALES BELGA: Primi piatti saporiti, formaggi, selvaggina, se dolce adatte ai dessert
FORTE ALES BELGA: Arrosti e spezzatini, salumi, molluschi e pesce alla griglia, formaggi a lunga stagionatura e caprini
SPECIALITÀ BELGA ALE: Carni rosse, arrosti e stufati, formaggi a media stagionature
WEIZEN: Carni di maiale, pesce
EUROPEAN LIGHT LAGER: Antipasti, insalate, pomodori ed ortaggi aciduli, pizza, formaggi a pasta filata
AMBRA TEDESCA: Carni rosse, arrosti, formaggi a media stagionatura, salumi
LAGER SCURO EUROPEO: Carni rosse, arrosti, formaggi a media stagionatura, salumi, se con residuo zuccherino adatte ai dolci
BOCK: Primi piatti, carni leggere, salumi, formaggi
FARO: Fuori pasto o con alimenti a forte tendenza dolce (riso e pasta al burro)
GUEUZE: Alimenti a tendenza dolce, anche con dessert alla frutta se aromatizzate
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Ora et labora |
Parlare di birra e molluschi può sembrare un po 'audace. Ma non è così.
Birra e cozze è un grande classico, lo stesso tra birra Stout e ostriche (per gli amanti del vino non è solo una bestemmia, è una assurdità, sovversiva e scandalosa).
Abbiamo finito di mangiare, è il momento del dessert. Moscati, passiti, spumanti dolci. Il classico abbinamento per concordanza.
Ecco che si fanno strada le Fruit Beer , premuroso l'abbinamento più classico. Addirittura si va oltre: se abbiamo una torta a base di frutta, possiamo creare equilibrio con l'amarezza di una Porter, se prevalgono gli agrumi invece, meglio una Blanche. A seguire le Sour, Berliner Weisse, Gueuze, Italian Grape Ale o Lambic dal sapore secco e vinoso.
La guerra è in corso. Comunque la si pensi, sottovalutarla è un errore. Chapeau!
Urano Cupisti
Tempo che soffre e fa soffrire,
tempo che in un turbine chiaro
porta fiori misti a crudeli apparizioni.
(Mario Luzi)
Il tramite della poesia rimane l'uomo, l'uomo con la sua mentalità, intelligenza, scaltrezza, l'uomo con le proprie esperienze, sensazioni e cammini emotivi.
Senza alcun dubbio Mario Luzi è stato fra i maggiori esponenti della poesia ermetica anche se incanalarlo solo in uno stile poetico è a dir poco riduttivo e insufficiente.
Mario Luzi era molto di più; era una persona attenta, sofferente di un mondo ai suoi occhi immorale, scorretto dove l'essere umano è l'artefice di tanta nullità. Era un viaggiatore ma sopratutto un trasformatore della parola mosaico ogni terminologia trasformando con gli anni la sua poetica di ari passo con i tempi e le concezioni del momento cambiando spesso le strutture strutturali del proprio stile.
Fin dall'esordio con "La barca" (1935), il giovane Luzi, inizia la metamorfosi del suo lungo dire passando da una sospensione metafisica, seguendo poi con i settori emetico-cattolici fino ad arrivare a una visione simil-fotografica degli ambienti e luoghi fino ad arrivare poi alla contestualità della morte e della sofferenza.
Il suo versificare sul dolore, sulla certezza dell'incomunicabilità, la serrata sensazione dell'inquietudine, l'ansia come insopportabile resa di un'epoca sorda e sterile, lo rendono un meraviglioso uomo pensante e non un ennesimo scrittore di poesia elegiaca. Già dopo il 1943 Luzi si stacca dal suo essere ermetico intraprendendo un cammino di neorealismo sia poetico che letterario che abbandonerà in seguito per uno stile del tutto personale addentrandosi su tematiche di una società moderna e post moderna. Un continuo evolversi del poeta che non si sofferma e un cliché forzato ma che si lascia trasportare da un'interiorità complessa di riflessi emotivi da spingerlo liberamente verso una ricerca liberatoria del sé svincolato da stili, correnti o forme poetiche “obbligate”.
Nella raccolta “Nel magma” (1963), il poeta ormai adulto, diventa coscienza e scrutatore di vita e di morte rimanere libere le parole di “agire” e formare ciò che la propria mente partorisce costruendo così testi e conversazioni di stile prosastico, lontani da creazioni ermetiche ma simbiotici alla vita. Una silloge di impronta eliotiana dove l'ombra filosofica-metafisica aleggia fra simbolismi e tracciati di vita reale.
In queste poesie alloggia nel poeta il ricordo, l'ansia, la nostalgia, la spiritualità, la costruzione, l'arresa, l'invitabilità e il tutto abbracciato in quell'inquietudine che in questa raccolta intera vibra.
Mario Luzi crea la poesia dai fatti, dalla speranza fra avvicinamenti e distacchi dove il tutto convola fra l'etereo e la materia dove sempre perdura quell'ansia sconvolgente creata dall'assenza del valore umano.
Fu traduttore, giornalista, professore universitario, scrittore, opinionista, collaboratore di riviste, autore di monologhi di pezzi teatrali. Nominato Senatore a vita della Repubblica Italiana; fu un grande letterato che mai dimenticò di essere UOMO. Nessuno più di lui dimostrò tanta umiltà, sempre disponibile a interviste, dialoghi, conferenze. Amava tardare con gli studenti anche ben oltre i normali orari di lezione. Molti ragazzi venivano da tutta Italia per incontrarlo e lui dimostrò sempre molta attenzione e ascolto per ognuno di loro dando sempre la propria disponibilità.
Ci sono uomini che lascino di sé i loro operati, ma ci sono anche uomini che oltre ai doni da loro elaborati, lasciano ricordi e orme indelebili del loro passaggio grazie al loro enorme senso morale e civile. Questo e molto di più era Mario Luzi.
Mario Luzi nasce a Castello allora frazione di Sesto Fiorentino adesso è in provincia di Perugia il 20 ottobre 1914 e muore a Firenze il 28 Febbraio 2005.
Marco Taddei , è un dinamico e intraprendente giovane, conosciuto come il blogger di Simply Mr. T , una piattaforma italiana focalizzata prettamente sullo stile maschile, luxury e travel.
Dopo aver maturato un'esperienza di quattro anni in Showroom , Marco decide di seguire la sua inclinazione nel panorama del mondo della moda , così intraprende il percorso del web , spinto dalla passione per la ricerca di brand capaci di raccontare la storia e la tradizione dell 'Italia , patria del Made in Italy. Questo giovane ed effervescente designer , riesce ad esprimersi con forte energia ma anche seguendo con naturale entusiasmo ciò che gli viene 'da dentro', con grande naturalezza. Durante la manifestazione del Pitti Uomo, a Firenze nel mese di giugno e di gennaio , è sempre al centro degli obiettivi dei fotografi di tutto il mondo, e ormai rappresenta un vero punto di riferimento dell'eleganza maschile da parte di molti giovani.
Il suo blog - curato personalmente, con attenzione e scrupolo - si caratterizza proprio per il suo gusto italiano, raffinato, artigianale ed estremamente ricercato: mai banale . Dai suoi scatti è possibile leggervi la storia dell'Italia, oltre al forte carattere identitario di Marco che non propone mai una moda da vetrina e da manichino, ma una moda identitaria che rivela il suo carattere, la sua personalità.
Marco Taddei, coglie ogni occasione utile per affermare il proprio orgoglio di lavorare con aziende che hanno più di cento anni di storia : atelier sartoriali di alta gamma, e-commerce, hotel di lusso e ristoranti di spessore internazionale, che egli con gioia a far apprezzare nel mondo.
Alla vigilia di un importante evento a Milano, in programma il 13 maggio 2021 - che potrete seguire al link https://virum.it/trunk-show-milano-virum/ -, tra una prova e un'altra, siamo riusciti a ottenere una breve intervista da Marco: utile presentazione di sé stesso e del lancio della nuova linea: Urban Safari ( per visionarla, https://virum.it/categoria-prodotto/abbigliamento/giacche-sartoriali/urban-safari/ ).
Bentrovato, Marco… può dirci qualcosa di più di questo evento?
L'evento nasce per presentare la collezione di giacche Urban Safari disegnata da me in esclusiva per la sartoria Virum di Napoli . Nel corso della presentazione, verrà mostrata la collezione nelle varianti colore, mentre i più esigenti potranno procedere anche a ordini personalizzati, ordinandole su misura . L'evento avrà luogo nell'elegante cornice di un esclusivo salotto di Milano , sede del Lanificio F.lli Cerruti 1881 : prestigioso brand del Made in Italy di spessore internazionale che, oltre a ospitare l'avvenimento, è partner attivo del progetto, in quanto le giacche sono realizzate con un loro nuovo tessuto denim / seta chiamato Genova , in onore del luogo d'origine del Denim .
Cosa l'ha ispirata?
Il progetto Urban Safari prende ispirazione dall'eleganza classica del passato. Mi sono ispirato dalla consultazione di vecchi cataloghi di abbigliamento maschile e di vecchie pellicole, nelle quali le giacche sahariane proposti in molte versioni. E 'un capo molto versatile che, prima di esordire in ambiti civili, era parte integrante delle divise dei soldati britannici nella seconda metà del XIX Secolo, in piena epoca coloniale. Il modello di sahariana proposto oggi, possiede tutte le caratteristiche delle classiche giacche del passato, ma è realizzato in un tessuto più urbano come il denim. Per questo il nome Urban Safari .
C'è anche un messaggio, attraverso questo evento?
Certamente: ed è un messaggio di energica positività. Mi auguro che l'evento rappresenti una boccata d'ossigeno in un momento che si spera comunque transitorio, e che possa rappresentare un nuovo inizio dopo questo lungo periodo di incertezze sociali e sanitarie.
Marco… in prospettiva, come vede il futuro?
Difficile avere oggi una visione chiara di quelli che potranno essere gli scenari futuri. Il futuro prossimo sarà certamente digitale e credo che questo sia comunque un dato certo. Che si tratti di commercio o di comunicazione, la direzione sembra ben delineata. Cambieranno diverse dinamiche fino ad oggi date per scontate ma non si perderà il desiderio di vivere la realtà e il gusto per il bello.
Qualche anticipazione su future iniziative?
Sicuramente rinnoveremo l'evento in estate a Milano e probabilmente accresceremo la Comunicazione on-line sulla Urban Safari. I diversi modelli sono già in vendita e la cosa che già mi gratifica molto è sapere che in poco tempo sono arrivate molte ordinazioni non solo dall'Italia ma anche da diversi paesi della Comunità Europea.
Grazie, Marco Taddei, per questa intervista flash e 'buon tutto' !. Per chi volesse seguire le idee e il work'n'progress del giovane stilista, consultando il link https://instagram.com/marcotaddeiofficial?igshid=222kv3hjas6f potrete restare sempre informati.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
La “famosa” luce in fondo al tunnel sembrerebbe raggiungibile. Per il momento a far sperare e respirare tutto il confronto eno-gastronomico sono le parole del Presidente del Consiglio pronunciate nell'ultima conferenza stampa. Anticipando le misure che dal 26 aprile sono in atto finalizzate ad alcune aperture graduali con il ritorno della zona gialla in tutta la penisola, il presidente Mario Draghi ha parlato di un "rischio ragionato" . Ma è davvero così? Una cosa è certa; l'affermazione ha scatenato da subito tutta una serie di possibili e probabili attuazioni di manifestazioni, al momento congelato, da effettuare un breve per una "bisognosa ripartenza" che i più hanno definitonecessaria . Qualcuno già da tempo ipotizzava questa decisione (se pur non definitiva) fissando i dati precisa ed avviando le macchine organizzative (Milano Wine Week). VeronaFiere (Vinitaly) subito con la diffusione di una dichiarazione circonstanziata ( ad ottobre Vinitaly in presenza ), Champagne Experience inviando un post con scritto TUTTI PRONTI , le Anteprime Toscane a dire “ci siamo anche noi” e via, via, via. Date ritenute impossibili, logisticamente parlando, che vengono definite “con la buona volontà possono essere possibili”. Personalmente assisto a questa grande confusione che più di una ripartenza ragionata sembra essere il tipico “assalto alla diligenza”.E i “poveri” vignaioli?
Frammento n. 1
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Giovanni Mantovani |
Vinitaly ad ottobre in presenza.
“Rischio ragionato docet”. Il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, cogliendo la partecipazione ad un convegno di Coldiretti, ha dichiarato: "Dopo un anno di assenza di eventi vinicoli, Veronafiere sarà operativa con una programmazione straordinaria proprio sul brand Vinitaly. Dal 17 al 19 ottobre (in piena vendemmia ndr) torna Vinitaly con una special edition in presenza ”. Fantastico, dal 2 al 10 Milano Wine Week, poi si smontano gli stand e via a Verona dal 17 al 19. Nel bel mezzo anche Champagne Experience a Modena (10-11 ottobre) Avanti c'è posto per qualcos'altro !!!
Frammento n. 2
Champagne Experience, Modena 10-11 ottobre
Tutti Pronti, torna Champagne Experience, la quarta edizione. Nel padiglione A di ModenaFiere. Sicuramente il più importante appuntamento italiano dedicato al “perlage” più famoso al mondo: lo champagne. Biglietteria on line già aperta.
Frammento n. 3
Acque agitate a Montalcino
Di più a Firenze (Assessorato regionale all'Agricoltura). Il contendere? L'invio dei giornalisti da parte della Regione al Benvenuto Brunello. Il Consorzio di Montalcino è per una selezione di persone e testate che garantiscano ritorni comunicativi effettivi ed inoltre richiede lo spostamento a novembre dell'evento (non più febbraio). “Indietro non si torna anche se siamo aperti ad un confronto per trovare soluzioni” ha dichiarato Fabrizio Bindocci, Presidente del Consorzio.
Frammento n. 4
Concorso Nazionale Sauvignon Blanc.
Non solo Pinot Nero e Riesling ma anche Sauvignon Blanc. I tre concorsi nazionali organizzati in Alto Adige. Ottantacinque campioni provenienti da diverse regioni italiane si sono confrontati quest'anno a Kurtatsch (Cortaccia) nella Bassa Atesina. Questo il podio: 1) Ansitz Waldgries Myra, 2) Weingut Franz Hass, 3) Kellerei Tramin Pepi . Andreas Kofler e Peter Dipoli, rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Comitato organizzatore, alla fine di questa edizione, hanno constatato l'elevato valore della competizione stessa. Prossimo appuntamento sempre in Alto Adige per la manifestazione Sauvignon Experience , dedicata al pubblico degli appassionati e momento di approfondimento sul Sauvignon Blanc.
Frammento n. 5
Arriva la menzione Pieve in etichetta.
Il Vino Nobile di Montepulciano si arricchisce, in etichetta, di una nuova menzione: riscopre le Pievi . “Una terza tipologia, quella che metterà insieme nella stessa bottiglia, passato presente e futuro del nostro vino”. Così il commento di Andrea Rossi, Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. Nobile, Riserva e Pieve, ovvero sottozone come unità geografiche aggiuntive. Considerati i tempi di affinamento che sono di 36 mesi, la prima annata con scritto Pieve dovrebbe essere messa in commercio nel 2024.
Frammento n. 6
Effetto SuperLega anche nella Birra!
Qualsiasi provvedimento che appare diretto a privilegiare solo alcuni, viene etichettato con il paragone della SuperLega calcistica e l'invito all'insurrez
ione del tipo "fans inglesi del Chelsea", auspicato con proclami. Così anche nel mondo della Birra !!! È bastato un provvedimento di tipo finanziario che agevolerebbe solo otto “grandi” birrifici artigianali a scatenare l'ira dell'UnionBirrai . “Un provvedimento che rappresenterebbe un duro colpo per i piccoli birrifici indipendenti che da circa un anno fanno i conti con grossi cali di fatturato, causa pandemia. No alla SuperLega della Birra !!! " ha tuonato Vittorio Ferraris, direttore generale UnionBirrai.
Osservo, scruto, assaggio e… penso. (urano cupisti)
I TRE PRINCIPALI OSTACOLI AL PROGRESSO CIVILE, MORALE E SPIRITUALE DELL'UOMO
Tre sono i principali ostacoli al progresso che apre alla cultura del bene, dell'intelligenza critica positiva, dell'etica universale: i mezzi di informazione di massa al servizio delle grandi lobby agroalimentari / zootecniche / chimico / farmaceutiche, la medicina sintomatologica e l ' insensibilità umana originata dalla visione antropocentrica. Tutti e tre contribuiscono a frenare l'evoluzione integrale dell'uomo.
I mass media condizionano la mente della popolazione rendendo indispensabile ciò che è sempre stato superfluo, spingendo la gente a consumare prodotti propagandati come necessari e benèfici mentre sono un vantaggio solo delle grandi lobby e spesso causano danno alla salute delle persone e del pianeta. I mezzi di informazione che dovrebbero contribuire al vero progresso culturale, morale e spirituale della popolazione, sono improntati a dare al popolo quello che il popolo (condizionato) chiede, non quello di cui ha realmente bisogno, favorendo la società dell'apparenza, dell 'esteriorità, dell'immagine, del cattivo gusto, della volgarità. Propongono violenza, sesso, arrivismo, edonismo, senza curarsi del danno che procurano. Quanto più un popolo è ignorante, affamato e bisognoso di protezione tanto più è vulnerabile e facilmente manovrabile. La medicina sintomatologica considera la malattia un fatto ineluttabile; interviene sui sintomi; non cerca di rimuovere le cause e autorizza implicitamente a persistere nei cattivi stili di vita e negli errori alimentari assoggettandolo passivamente alla cure farmacologiche che spesso causano effetti iatrogeni (naturalmente senza disconoscere il grande contributo dalla medicina in tutti i casi di urgenza ed in fatto di chirurgia ). Un meccanismo che asseconda le aspettative del popolo inerte e bisognoso di avere buone notizie sulla propria cattiva condotta; un popolo che esige dal medico la pillola che consente di non rinunciare alle abitudini indotte dal sistema. Il medico tende a sottovalutare l'importanza dell'alimentazione mentre questa è in grado di condizionare non solo la salute del corpo ma della mente e della coscienza.
Il vero medico dovrebbe operare per prevenire più che curare, correggendo gli errori e gli stili di vita delle persone. La mancanza di sensibilità umana, che trae la sua origine nella cultura antropocentrica e autorizza l'essere umano a dispone di un suo vantaggio di ogni altra forma di vita; lo inclina alla logica della supremazia del forte sul debole, al fine che giustifica i mezzi, al deprezzamento del valore della vita e delle differenze in natura, e all'indifferenza verso la condizione dell'altro; questo preclude i valori di compassione e condivisione imprescindibili per una società umana giusta, civile e solidale.
Quel che succede nel mondo è la sommatoria del livello evolutivo dell'intelligenza e delle coscienze individuali. Se ciò che rende l'uomo capace di compiere il male, di usare violenza e commettere ingiustizie di qualsiasi natura, è la mancanza di compassione, l'incapacità di immedesimarsi nella vittima e di condividere le esigenze vitali; questo lo abitua all'accettazione passiva della guerra, alla morte per fame e malattie di milioni di persone ogni anno nel mondo, all'uccisione di miliardi di animali nei mattatoi, nei laboratori di vivisezione, nei boschi, nei mari… rallenta, ostacola il vero progresso integrale dell'uomo.