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Pressata dalla sorveglianza europea della BCE, Banca Carige ha tenuto ieri l'assemblea ordinaria dei soci che, guidati dall'azionista di riferimento Vittorio Malacalza, hanno approvato il molto discusso bilancio 2015, giubilato il precedente presidente e l'amministratore delegato, Pierluigi Montani, chiudendo di un colpo l'era del possibile ma mancato risanamento che doveva fare seguito alla disastrosa e pluridecennale gestione Berneschi.
Alla guida della Banca è stato chiamato Giuseppe Tesauro, già presidente della Corte Costituzionale dopo essere stato il numero uno dell'Antitrust, mentre Malacalza si è ritagliato per sé il ruolo di vicepresidente, mentre al posto di Montani è stato chiamato Guido Bastianini, ex Capitalia che ha proseguito a lavorare per Matteo Arpe nella creatura finanziaria realizzata dall'antico antagonista di Cesare Geronzi.
Ma la notizia che tutti si aspettavano era relativa alla posizione dell'azionista di maggioranza relativa nei confronti dell'offerta del fondo statunitense Apollo Capital Management che, come ho scritto in questi giorni, ha offerto 625 miliardi di euro per i 3,5 miliardi di sofferenze nette di Carige (meno del 20 per cento del valore al netto degli accantonamenti), per poi partecipare con 500 milioni di euro a un aumento di capitale della banca, più 50 milioni riservati agli attuali azionisti.
La mossa più discutibile di Apollo non sta nelle condizioni offerte che, seppur molto dure, fanno parte del gioco non sempre elegante della finanza, quanto nel fatto che è stata fatta filtrare una sorta di approvazione da parte della vigilanza della BCE che il legale di Malacalza smentisce duramente come destituita di ogni fondamento.
Quale è il piano alternativo della banca nella nuova era dominata dai Malacalza, sì sono più d'uno, viene delineato nello stesso intervento del legale incaricato di parlare per conto dell'azionista di maggioranza, quando non esclude un ricorso al Gasc il nuovo meccanismo messo in piedi dal Ministero dell'Economia e che ha avuto il via libera da parte dell'Unione europea, anche perché si potrebbe spuntare un prezzo più alto di quello offerto da Apollo e si potrebbe operare per tranche senza giungere nell'immediato a perdite per molte centinaia di milioni.