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Chi segue da nove anni il Diario della crisi finanziaria sa bene l'importanza che attribuisco all'indicatore denominato Non Farm Payrolls, ossia il saldo positivo o negativo degli occupati nel settore non agricolo negli Stati Uniti d'America, un indicatore che secondo molti analisti dà il vero polso dell'andamento congiunturale di quella grande nazione in uno con il tasso di disoccupazione che, tuttavia, va letto con grande attenzione tenendo conto degli ingressi e delle uscite dal mercato del lavoro, due dati che vengono diffusi contemporaneamente all'inizio del mese (normalmente il primo venerdì del mese) e che hanno un grande impatto sull'andamento delle borse e dei cambi e, di riflesso, anche sul prezzo dell'oro.
L'importanza di questi due dati è addirittura aumentata durante gli otto anni di presidenza di Barack Obama, anche più dei dati relativi alla crescita del Paese e ai dati sulla produzione industriale, perché è nella crescita pressoché costante dell'occupazione mese dopo mese e nel dimezzamento del tasso di disoccupazione che risiede la vera cifra della presidenza del giovane avvocato di Chicago, anche se qualche critico, a mio avviso a ben vedere, ha obiettato che la qualità della nuova occupazione non è stata in molti casi di buona qualità rispetto ai posti persi nella prima fase della tempesta perfetta, ma, comunque, è sempre vero che a caval donato non si guarda in bocca e che un tasso di disoccupazione che oscilla intorno al cinque per cento è di un livello che in termini keynesiani indica la piena occupazione.
Ebbene, quando venerdì scorso sono stati diffusi dal Dipartimento del Lavoro statunitense i dati relativi al dato di maggio sui mercati a stelle e strisce sono state gettate secchiate di acqua gelata perché è emerso che i nuovi occupati a stelle e strisce sono cresciuti di sole 38 mila unità (il dato più basso dal settembre del 2010 anche se spiegato, per 30 mila unità, dallo sciopero della Verizon verificatosi nel mese e che ha reso temporaneamente questi lavoratori dei disoccupati) e che il tasso di disoccupazione è sceso da 5 al 4,7 per cento solo perché 600 mila americani si sono ritirati dal mercato del lavoro, dati che dovrebbero far riflettere Yellen e compagni sull'opportunità di aumentare a breve i tassi di interesse, cosa che chi mi segue sa che avevo previsto qualche puntata fa quando prevedevo che il secondo rialzo sarebbe stato posposto addirittura a dopo le elezioni presidenziali di novembre.
Almeno così la notizia è stata letta dai mercati con cali di tutti e tre gli indici azionari principali americani, un balzo dell'oro che cedeva da trenta giorni, ma soprattutto una flessione del cambio del dollaro con l'euro di quasi due punti percentuali in una sola seduta, anche se il grosso della flessione si è verificata in pochi minuti dopo che gli analisti delle sale cambi delle banche di tutto il mondo hanno avuto il tempo di metabolizzare la doppia notizia e impartire disposizioni agli operatori.