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Si avvicina il 9 giugno, la data fissata per il consiglio di amministrazione di Unicredit che dovrebbe scegliere il nome del nuovo Chief Executive Officer della banca più internazionale d'Italia che sta attraversando un momento molto difficile dopo che vigilanza della Banca Centrale Europea ha chiesto di innalzare l'indice patrimoniale dal 10,5 per cento attuale al 12,25 giudicato più adeguato per fronteggiare i rischi che per il gruppo milanese non sono solo quelli comuni alla maggioranza delle banche italiane, Non Performing Loans e stato dei conti, ma sono anche quelli propri di una banca globale con presenze significative in Germania, Austria, Polonia e altri paesi dell'Est Europa, Turchia e via discorrendo.
Molti hanno giudicato originale che le dimissioni di Federico Ghizzoni non fossero state precedute dall'individuazione del suo successore, ma in verità il problema è molto complesso, perché dal nuovo del nuovo numero uno operativo di Unicredit si capirà anche molto delle strategie che sottendono a quello che potrebbe rivelarsi come l'inizio di un riassetto ai piani alti della finanza italiana, un riassetto che potrebbe riguardare anche quella Mediobanca che ha Unicredit come primo azionista e le Generali che hanno a loro volta Mediobanca come primo azionista, con la presenza alquanto ingombrante di Vincent Bolloré in tutti e tre questi soggetti e che spinge fortemente per un riassetto che potrebbe nascondere molti dei problemi di cui tutte e tre queste istituzioni finanziarie soffrono da tempo.
Certo, il momento è molto propizio per un'operazione così complesse che comprende tre campioni della finanza italiana con un elevato standing internazionale e uno degli elementi più favorevoli è dato dai corsi di borsa di Unicredit che mercoledì scorso ha toccato un nuovo minimo storico a 2,74 euro e che favorirebbe un integrazione con Mediobanca molto spostata a favore degli azionisti dell'istituto di piazzetta Cuccia e l'accresciuto peso dell'entità risultante in Generali renderebbe il gioco ancora più facile.
Ma quale sarà il segnale che dalle parole e dai progetti più o meno riservati si intende passare ai fatti? Potrebbe venire proprio dalla nomina a nuovo amministratore delegato di Unicredit di Alberto Nagel, attuale numero uno di Mediobanca, un uomo molto determinato che ha fatto fuori tutti gli avversari nella storica banca di affari milanese e uno dei massimi esperti di complesse operazioni societarie come si prospetta quella che ho appena descritto.
Cosa può fare l'azionista di Unicredit? Purtroppo poco o nulla, perché uscire in questo momento rappresenterebbe una perdita certa, mentre può attendere che un'operazione che si prospetta come una delle più strombazzate sul mercato italiano consenta, in prospettiva, la possibilità di realizzare un profitto da cogliere al volo per non rimanere impantanati in una serie di operazioni che raramente vengono realizzate nell'interesse degli azionisti!