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Il 20 di dicembre del 2014 ci ha lasciato un amico caro: una bella persona, come si dice nel linguaggio corrente. Lo conobbi frequentando il corso di filosofia presso l’Università Salesiana e conseguimmo insieme il diploma superiore. Studiammo insieme tutte le materie e condividemmo idee e principi filosofici che ci aprirono orizzonti sconfinati. È stata un’esperienza indimenticabile perché ci fece trascendere il grigiore della vita quotidiana. La sua cultura era straordinariamente eclettica e tutto il suo scibile confluiva nella scrittura delle poesie. Era autore di diversi libri: “sogno dopo sogno” , “c’era un domani” , “gorgheggi d’amore”, “pioggia di cenere” e ultimo “bussano i tempi” dove condensò in versi tutto ciò che avevamo imparato durante il corso di filosofia. D’altra parte fu Heidegger che diceva che il miglior modo per esprimere la filosofia era proprio la poesia. Un comune amico, Roberto, ha detto nella sua lettera di commiato delle cose che condivido pienamente e qui riporto : “Avevi una vena nostalgica e intimista. Poesie eleganti, belle, passavi dall’amore, alla storia, all’attualità politica. Sullo sfondo le suggestioni dei nostri studi liceali, il mondo dei miti greci, Omero, Virgilio, Seneca, Sant’Agostino, l’antica Roma, la filosofia con le sue risposte insoddisfacenti, lo smarrimento di fronte all’Entità suprema, al mistero. Avevi talento, profondità, ragione e sentimento. Il verso, elegante, facile, armonioso. Eri una persona per bene, un uomo onesto, un signore. Ti indignavi per le ingiustizie, per le squallide figure dell’Italia di mezzo, avevi una tua idea personale per cambiare, aderire al “partito del non voto”.” E ancora il comune amico di cui, ripeto, condivido il pensiero e il profondo sentire nei confronti di Gianmanlio così continua : “ …. Con il tuo modo ironico e signorile dicevi che quando fossi morto, finalmente la gente avrebbe apprezzato la tua opera letteraria. Avevi in mente Foscolo, i grandi che vivono anche dopo la morte. Protagonista di questi tuoi messaggi era proprio la morte, avvertivi che si avvicinava, la chiamavi “la luminosa signora”, quella morte in cui tutto si ricompone e che a tutto infine da senso. Mi brucia la tua perdita. Ho perso un compagno di viaggio, un confidente senza segreti, un fratello d’elezione, ti voglio bene e mi mancherai. Roberto” .
Sposo in pieno i sentimenti e i pensieri del comune amico e aggiungo che mi mancherà soprattutto la sua garbata ironia con la quale sapeva prendere le distanze dalle miserie di questo mondo e quando ero triste e arrabbiato, con una battuta, mi faceva cambiare subito di umore. Ci siamo scambiati centinaia di sms dove si prendeva in giro rispettosamente la condizione umana. Dopo la morte di mia mamma, caro Gianmanlio, sei stato uno delle persone a me più vicino e mi hai aiutato a superare, con la cultura e l’ironia, quel momento difficile. Mi piace citare anche il pensiero di don Mauro Mantovani, ex-decano della Facoltà di Filosofia e ex decano della Facoltà di Comunicazione Sociale, ora Rettore Magnifico della Università Pontificia Salesiana, che, ha sempre apprezzato i contenuti altamente filosofici delle sue poesie e nella prefazione di “Bussano i tempi” dice : “ I tempi veramente bussano: per essere capaci di aprire loro, dobbiamo educarci ed educare a saperci aprire a nostra volta: in profondità, attorno a noi, in avanti ed in alto.” Rimane da pubblicare postuma una raccolta di Gianmanlio “Dio ed io” dove il nostro caro amico ci lascia il suo testamento spirituale ed estrapolando solo pochi versi di questa raccolta inedita, mi piace citare questi : “Dio tu sei vertice di ogni prospettiva/di te si farebbe bene a tacere/solo pregare ciò che si può fare /senza neanche la certezza/che tu sia lì disposto ad ascoltare./ Quel minimo che da te mi aspetto/lo sai mio Dio è la beata nullitudine/ quel tornare racchiuso in Te/sgombro d’ogni perché/ignaro persino di me stesso/in Te completamente perso/bimbo ancora dentro la sua mamma…/.
In questa raccolta c’è condensata l’idea che ha caratterizzato tutta la vita di Gianmanlio: il desiderio di Dio e la difficoltà a raggiungerlo. Esperienza questa che, peraltro, è comune a tanti uomini. In quest’opera Gianmanlio Gianturco ha sintetizzato un po’ le tematiche che avevamo svolto durante il corso di Metafisica dell’Assoluto e fondamentalmente questo desiderio di conoscere Dio, i suoi attributi e cioè la Bontà insieme alla Bellezza, l’Unità e la Verità. Questa tensione veniva fuori spontaneamente dai suoi versi tesi principalmente a togliere quel velo con cui la materia avvolge l’invisibile. In queste righe introduttive mi sembra significativo citare un ampio stralcio del discorso del nostro amato Papa Emerito Benedetto XVI, quello che pronunciò mercoledì 7 novembre 2012 in Piazza San Pietro in occasione dell’apertura dell’Anno della Fede. Non ci sono migliori parole per esprimere ed esemplificare il concetto del desiderio di Dio iscritto nel cuore dell’uomo che Gianmanlio Gianturco, in questa raccolta ha dimostrato ampiamente : “….Dunque, l’esperienza umana dell’amore ha in sé un dinamismo che rimanda oltre se stessi, è esperienza di un bene che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza.
Considerazioni analoghe si potrebbero fare anche a proposito di altre esperienze umane, quali l’amicizia, l’esperienza del bello, l’amore per la conoscenza: ogni bene sperimentato dall’uomo protende verso il mistero che avvolge l’uomo stesso; ogni desiderio che si affaccia al cuore umano si fa eco di un desiderio fondamentale che non è mai pienamente saziato. Indubbiamente da tale desiderio profondo, che nasconde anche qualcosa di enigmatico, non si può arrivare direttamente alla fede. L’uomo, in definitiva, conosce bene ciò che non lo sazia, ma non può immaginare o definire ciò che gli farebbe sperimentare quella felicità di cui porta nel cuore la nostalgia. Non si può conoscere Dio a partire soltanto dal desiderio dell’uomo. Da questo punto di vista rimane il mistero: l’uomo è cercatore dell’Assoluto, un cercatore a passi piccoli e incerti. E tuttavia, già l’esperienza del desiderio, del «cuore inquieto» come lo chiamava sant’Agostino, è assai significativa. Essa ci attesta che l’uomo è, nel profondo, un essere religioso.”
E dopo questa ampia estrapolazione ringraziamo Gianmanlio Gianturco che ha saputo tradurre in versi ciò che Benedetto XVI ci ha spiegato nel Suo discorso. Siamo sicuri che Gianmanlio sta già contemplando il volto di Dio e ci sta preparando un posto in paradiso.
Gian Manlio Gianturco, poeta e scrittore, nacque a Santa Maria Capua Vetere (CE) il 10 settembre 1945 ed è tornato alla Casa del Padre il 20 dicembre 2014 a Roma.
Raccolta di poesie “DIO ED IO”
– Edizioni Screenpress 2015