L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
L'attuale conflitto russo-ucraino, affonda le proprie radici in tempi cronologicamente non
distanti da oggi. Tempi che assumono tutt'altra estensione se inquadrati sotto l'ottica geopolitica da
dove si potrebbe arrivare a parlare – per assurdo – di un'era geologica fa. Il motivo di questa
“distorsione percettiva” risiede tutta nel fatto che la divulgazione offerta a partire dal tristemente
noto 20 Febbraio 2014 (massacro di Piazza Maidan a Kiev) dai mass media afferenti all'universo
del cosiddetto mainstream abbia deliberatamente seguito piste tutt'altro che convergenti a seconda
dell'obbiettivo da raggiungere nei diversi archi di tempo occorsi in questi nove anni.
L'inquinamento dei pozzi dell'informazione è solo uno degli strumenti utilizzati nell'intento di
riuscire a pilotare le menti e le coscienze della popolazione soprattutto occidentale. Infatti, non va
dimenticato che i tre quarti di mondo estranei al mainstream godano di tutt'altro regime relativo alla
teoria ed alla tecnologia dell'informazione e posseggano prospettive diametralmente opposte circa le
dinamiche che hanno condotto il pianeta sull'orlo di una guerra atomica per volontà degli stessi
occidentali sedicenti democratici.
Dunque, allo scopo di far chiarezza in questo mare di menzogne ad orologeria, ho deciso
d'intervistare Francesco Amodeo. Senza ombra di dubbio, il giornalista italiano più esperto in
smascheramenti. Sua la locuzione:
“Complottista è chi racconta cose incredibili che non può
dimostrare. Io ho dimostrato cose incredibili che non potevano essere
raccontate”.
Da questo incontro è nata la seguente intervista. Chi avrà l'opportunità di leggerla, ne uscirà
con una prospettiva scevra da qualsivoglia aspetto retorico negativo e sfavorevole. Ma soprattutto
ricaverà il dato essenziale: la capziosità dei “professionisti dell'informazione” non si arresta
nemmeno davanti alla minaccia nucleare.
D:
Il titolo del suo ultimo successo editoriale s'intitola “Perché il conflitto è NATO”. Al di là dell'acuto
gioco di parole, qual è il carattere dominante dell'opera e – se c'è – qual è la scintilla che ha acceso
l'iter delle complesse ricerche?
R:
In buona sostanza, si tratta di un esercizio che possiamo paragonare ad una sorta di imponente
riassunto. Un lavoro di emeroteca che ho inteso condurre allo scopo di sbattere la realtà in faccia a
chi, incurante dei danni provocati da una distorta informazione, si ostini a farne di nuovi ogni
giorno arrivando persino a contraddirsi pur di continuare ad assecondare i desiderata di scaltri
editori mossi da interessi spesso inconfessabili. E per riuscire in questo intento – salvo rarissime
eccezioni – ho fatto uso di fonti esclusivamente occidentali. Statunitensi in primis; ovvero quelle
provenienti dalla Nazione che più di tutte ha interesse a mantenere celati determinati aspetti per
scongiurare scomodi conflitti senza confini, per intenderci.
Poi, quando mi sono sentito sicuro e soddisfatto del materiale raccolto, non ho fatto altro
che riunire le tessere, dando così forma ad un mosaico completo intelligibile a chiunque.
La parte iniziale mi ha particolarmente impegnato. Non è stato facile ripercorrere quelle
che erano state spacciate come le ragioni ufficiali che avrebbero portato Putin a prendere le
distanze dall'Alleanza Atlantica e da altri riferimenti internazionali, e ridare forma a quello che
una forma non aveva. È il solito giochino volto a responsabilizzare solo ed esclusivamente un
soggetto per farlo apparire pericoloso, sporco e cattivo agli occhi dell'opinione pubblica. Si
definisce propaganda. Ed è proprio questa la prima vittima di cui liberarsi se si ha intenzione di
fare le cose come si deve.
Per venire alla seconda parte della domanda, rispondo dicendo che la scintilla che ha
acceso l'iter delle ricerche è riconducibile al massacro di Piazza Maidan del 2014. Anche qui,
stesso copione: da un lato la versione secondo cui il popolo sarebbe sceso in piazza al fine di
ottenere le dimissioni dell'allora Presidente ucraino Janukovyc accusato di non aver inteso
sottoscrivere determinati accordi europei perché ritenuto mero fantoccio nelle mani di Putin; e
dall'altro chi vedeva in quel bagno di sangue di innocenti un vero e proprio colpo di Stato ai danni
Francesco Amodeo |
del popolo ucraino poi costretto a nuove elezioni sotto asfissiante controllo statunitense affinché
dalle urne uscisse un premier inviso alla Russia ma ben visto dai controllori.
Stante il fatto che la verità è una solamente, mi sono messo a studiare per ricostruire con
documenti alla mano se Janukovyc fosse realmente filorusso o meno. Io stesso vengo individuato
come filoputiniano da coloro i quali sono impegnati da mattino a sera a raccontare menzogne solo
perché racconto la verità vera e non mi allineo a quella ripetuta dal mainstream.
D:
Si accennava alle diverse fonti giornalistiche occidentali. Quale, tra le molte consultate, le ha
consentito di dare il là al lavoro di recupero delle tessere del mosaico?
R:
Senza dubbio un articolo apparso sul settimanale tedesco Der Spiegel risalente al 2014. Pezzo che
ho ampiamente citato nel mio lavoro. In esso si riportava chiaramente che l'ex Presidente ucraino
non fosse affatto filo-russo e men che meno filo-putiniano. Anzi: Putin stesso – si legge sempre in
quell'articolo – “aveva disprezzo per Janukovyc” in quanto costui agisse alla costante ricerca di
stringere accordi con chiunque fosse stato in grado di garantire prosperità all'Ucraina. Per costui,
Russia o Europa non erano che interlocutori dai quale ottenere le condizioni migliori, non so se mi
spiego: stava applicando i criteri politici a vantaggio del proprio popolo, esattamente quello che
qualunque premier dovrebbe fare.
D:
Ci aiuti a comprendere più da vicino la natura di questi accordi che l'ex Presidente ucraino fosse
intenzionato a portare a casa e per quali ragioni si è poi giunti al massacro di gente innocente.
R:
L'Europa stava cercando in tutti i modi di applicare una sorta di Troika in territorio ucraino
mediante l'imposizione dell'abbassamento del prezzo del gas di un folle 40% e la svalutazione della
moneta locale del 25%. E pur di far cadere nel tranello l'amministrazione ucraina, aveva fornito
allo stesso Janukovyc grafici e prospetti inattendibili contenenti cifre sballate e relazioni
inattendibili redatte da una società privata tedesca. Ecco perché costui arrivò a parlare di
“suicidio politico” ad un passo dalla fine del proprio terzo mandato. Prova ne è che i medesimi
conteggi fatti dalla Germania sulle perdite che avrebbe avuto l'Ucraina nel chiudere i rapporti con
la Russia risultavano 50 volte inferiori rispetto alla realtà. Un'assurdità! Ed ecco spiegato il motivo
per cui egli divenne dall'oggi al domani un “tremendo putiniano nemico dell'UE”. Il resto è storia,
come preciso nelle oltre 530 pagine della mia opera.
D:
Potrebbe accennare al ruolo svolto dal Fondo Monetario Internazionale nella faccenda dei fondi da
destinare all'Ucraina in quell'anno?
R:
Il ruolo svolto dal FMI fu quello di rispondere a Janukovyc che siccome si era rifiutato di
sottoscrivere gli accordi così come presentati dall'UE e siccome si era rifiutato di attuare le riforme
di cui sopra (riduzione costo del gas e svalutazione monetaria) la sua richiesta era da ritenersi
nulla ed inammissibile. Ergo, all'ex premier non rimase che accettare l'offerta di Mosca ma così
facendo non fece che cadere nell'altra trappola che il progetto “WIN TO WIN” escogitato da EU e
USA prevedeva. In parole povere, egli non avrebbe avuto speranze di essere rieletto o comunque
avrebbe affamato il suo popolo lasciando la Nazione nelle mani del sistema cleptocratico che ben
conosciamo. Altrimenti si sarebbe ritrovato isolato e con un esercito di manifestanti orchestrati da
“fondazioni” riconducibili ai soliti “filantropi” che lo avrebbero costretto alla fuga se non a
rimanere appeso a qualche lampione.
D:
La storia che il FMI abbia rifiutato l'occasione di sfruttare una Nazione ricca come l'Ucraina suona
un po' curiosa. Thomas Sankara, martire per eccellenza, rivelò al mondo come funzionasse il
meccanismo di vampirizzazione delle risorse. Qual è la sua riflessione in merito a questo
inspiegabile diniego?
R:
Credo che sia giunto il momento di far luce sul ruolo svolto da una donna nota a pochi la cui
influenza internazionale è devastante. Sto parlando della statunitense Victoria Nuland, attuale
Sottosegretario di Stato USA. Al tempo impegnatissima sul fronte ucraino sempre con la medesima
carica, l'equipollente del Viceministro degli Esteri italiano per intenderci. Costei fece di tutto per
mandare in fumo le aspirazioni di Janukovyc di ottenere fondi dal FMI poiché intenzionata a
mettere le mani direttamente dentro ai meccanismi del governo ucraino, chiaro? A lei ed agli USA
di Obama già fiaccati dalla pessima performance in Siria in cui proprio l'appoggio russo aveva
messo in crisi Washington, non era sufficiente far rientrare l'Ucraina tra le Nazioni
finanziariamente schiavizzate ma intendevano proprio farne un loro possedimento confinante con
la nemica russa. Lei e non altri ha messo in piedi quella rivolta a Kiev. Tant'è vero che
nell'intercettazione con l'ambasciatore in loco, lei aveva già comunicato la lista dei nomi di chi
avrebbe dovuto assumere formalmente il potere, riferendo il nome del primo ministro da lei stessa
individuato nella persona di Yatsenyuk.
Quello che davvero lascia a bocca aperta è che nessuno del mainstream abbia mai mostrato
o commentato la figura di questa americana in Piazza a Kiev che si faceva riprendere sul palco
assieme ai rivoltosi che avrebbero avuto la loro parte in commedia. Tutti accompagnati dagli
slogan dell'invasato neocons McCain che arringava col microfono in mano: “Voi avete bisogno
dell'Europa e l'Europa ha bisogno di voi”. Una messinscena surreale interpretata da una coppia di
stranieri che stava ordendo piani occulti a danno di un intero popolo sino al momento in cui è
scoppiato l'inferno con ammazzamenti inenarrabili che hanno visto una sola regia.
D:
Qualcuno ha idea di chi fossero i “cecchini” che hanno aperto il fuoco sulla Polizia e sui
manifestanti? Per quale ragione non ne venne catturato ed interrogato nemmeno uno? Da chi erano
pagati e quale sarebbe stata la loro nazionalità?
R:
Rispondo attingendo ancora una volta al Der Spiegel in merito ad una intercettazione telefonica
che ho riportato nel mio lavoro. Vi erano coinvolti da un capo della linea l'allora Ministro degli
Esteri estone Urmas Paet e dall'altro l'Alta Rappresentante per la politica estera e la difesa dell'UE
Catherine Ashton; colei che venne poi sostituita nel ruolo dalla Nogherini. Ebbene, in quella
conversazione l'estone – che era appena rientrato da una visita ufficiale proprio a Kiev – affermò:
“Tanto tra le persone quanto tra i manifestanti ci sono stati morti
ammazzati da cecchini. E quegli stessi cecchini uccidevano persone su
entrambi i fronti. Ho l'impressione che dietro a questi cecchini non vi sia
Janukovyc ma qualcuno della nuova coalizione filo-occidentale”.
D:
Si è fatto un'idea sul come mai proprio in Germania i suoi colleghi giornalisti siano stati i primi ad
aver osato raccontare i fatti per come stessero?
R:
Ritengo opportuno ricordare che nel 2014 la Germania a trazione Merkel non avesse alcun tipo di
evidente frizione con la Federazione Russa. Anzi! L'accordo di fornitura del gas godeva di ottima
salute e garantiva all'industria tedesca tutto l'approvvigionamento necessario a costi pattuiti e
concordati. Nulla a che vedere con i macabri resoconti di oggigiorno. La stampa indipendente
interna stava semplicemente riportando i fatti, niente di così eccezionale. Per giunta i tedeschi
hanno una sorta di handicap nei confronti dell'uso della violenza. Una ferita tutt'ora aperta e mal
digeriscono scene come quelle occorse in Piazza Maidan per giorni e giorni.
D:
Ricapitolando, abbiamo due necons americani intenti a selezionare fisicamente i futuri burattini da
piazzare a capo dell'Ucraina; un Presidente con l'acqua alla gola ed un'intera nazione inondata di
propaganda dem-pro-nato. La domanda è: non manca nessuno all'appello o c'è ancora qualche losco
figuro dietro le quinte?
R:
C'è e risponde al nome di Gyorgy Schwartz, più conosciuto come Geroge Soros, [arcinoto
“filantropoH” con l'H finale come scienzaH, NDR]. Costui, in quel 2014, rilasciò un'intervista alla
CNN, intervista poi ripresa pure da IlSole24Ore in cui si piccava impunemente di “aver contribuito
a rovesciare il governo filo-russo”. Egli, al pari dei succitati McCaine e Nuland, era certo che non
appena gli USA fossero riusciti a sbarazzarsi del Presidente ucraino, Putin si sarebbe vendicato
entrando in guerra giustificando così il loro ingresso nell'agone militare per procedere ad
esautorare anche lui da Mosca come Janukovyc da Kiev.
Errore! Si sbagliavano di grosso. Non soltanto la Russia non ha raccolto la provocazione.
Ma ha accolto e protetto Janukovyc, non si è chiusa in un angolo come erroneamente previsto ma
soprattutto Putin sta ancora dove stava mentre Obama è stato spedito nel dimenticatoio
dall'elezione di Trump il quale per tutto il mandato ha mandato in soffitta tanto la questione
ucraina quanto quella siriana poiché intelligentemente edotto circa le insidie rappresentate dal
rafforzamento dei rapporti russo-cinesi. Addirittura il chiacchierato Biden è giunto ben oltre la
metà del proprio mandato e nulla è cambiato negli assetti interni russi.
I lobbisti americani che si riconoscono sotto la definizione di “realisti” come Henry
Kissinger per capirci, pur mantenendo l'impianto di un'America al centro del Mondo, mettono sul
chi va là i neocons: “Un conto era il 2014, un conto è oggi. La nostra leadership è minacciata
dalla Cina di Xi. Se non utilizzeremo la Russia in funzione anticinese, saremo destinati a cedere lo
scettro del potere” [cosa che è inevitabile, NDR].
Per tutta risposta i guerrafondai dem e neocons cos'hanno scelto di fare? Far combattere
una guerra per procura all'Ucraina contro la Russia e quindi sono tornati al vecchio progetto con
un ritardo di anni. Anni in cui la Russia ha stipulato accordi e rafforzato intese che non lasciano
scampo.
D:
Dunque, riassumendo il tutto, sarebbe corretto sostenere che l'attuale allargamento del conflitto
bellico da un'area ben circoscritta extra-NATO all'intera Europa con annessi e connessi – vedasi
rischio nucleare – sarebbe imputabile alle sole smanie di dominio di quel gruppo statunitense
formatosi dall'unione di parte dei neocons (che sono l'ala estremista del Partito Repubblicano) con i
dem-neorealisti (l'ala radicale del Partito Democratico) di stampo guerrafondaio legati manie piedi
al complesso militare ed industriale americano che sostanzialmente foraggia le campagne elettorali
dei candidati della sinistra USA?
R:
Esattamente così. La forte pressione dell'opinione pubblica ha comportato una naturale quanto
inevitabile spaccatura interna agli apparati statunitensi stessi i quali si sono raggruppati su due
diversi fronti. Da un lato troviamo chi ha la consapevolezza di non potersi spingere oltre quello che
è già stato fatto, dall'altro chi invece soffia sul fuoco per lasciare la patata bollente nelle mani di
un'Europa altrettanto incapace di mantenere una condotta unanime; è la cosiddetta “guerra per
procura” che comunque non potranno mai vincere. Ecco perché ora c'è chi spinge a tutta forza
affinché si riesca ad individuare una “exit strategy” [una via d'uscita NDR].
Il tempo è poco, a Washington sanno benissimo che una forzatura in tal senso, darebbe
fuoco alle polveri e ciò significherebbe catapultare gli Stati Uniti d'America in una guerra civile. E
dico di più: a causa dei rincari, la vita dell'americano medio sta peggiorando. Vedremo a breve
cosa accadrà.
D:
Ma l'Europa Unita che fa? Sta a guardare?
R:
Gli ordini che giungono dal settore d'oltreoceano, sono spesso contraddittori. Lo ripeto: non c'è
una linea comune. Oggi si afferma il contrario di ieri e domani chi lo sa. Basta gettare lo sguardo
ai quotidiani italiani ed europei per rendersene conto. Provate a farlo voi stessi, semplicemente
accedendo agli archivi delle varie testate e andate a contare quante volte, in un arco di soli trenta
giorni, abbiano mutato equilibri.
Voglio essere ancor più incisivo: l'ala dem-neocons che oggigiorno comanda in America ha
una radice del tutto diversa da chi comanda qui in Europa dove da sempre è il settore che fa capo
al Club Bilderberg a dettare legge; sto parlando di quel Bilderberg che vede in certi uomini come
Kissinger i diretti capi cui affidarsi. E Kissinger, difatti, è proprio tra quelli che tenta di frenare
l'escalation.
D:
Come mai un uomo scaltro e dotato di esperienza impareggiabile come Kissinger si spende per una
soluzione pacifica? L'età lo ha fatto rinsavire?
R:
Magari! La verità è che costui sa benissimo che se gli USA dovessero portare ancora avanti questo
conflitto, ne usciranno perdenti a tutto vantaggio del loro vero nemico numero uno, la Cina di Xi
Jimping.
D:
La vecchia volpe emana segnali distensivi per scongiurare un rafforzamento cinese in chiave
antiamericana, l'Europa non sa che pesci prendere, mentre sul Gran Palco della Corona alla Scala
Mattarella, Meloni, Larussa e la von der Leyen assistono alla Prima del “Boris Godunov”
capolavoro ottocentesco del Maestro russo Mussorgskij, Opera drammatica in cui lo Zar di tutte le
Russie muore. Che lettura ne dà?
R:
Costoro non comunicano secondo quelli che sono i canali e le modalità convenzionali. Attenzione!
Emanano segnali specifici all'indirizzo di chi sa decodificarne alla perfezione il contenuto. Non
sono un uno di questi ultimi ma so per certo che quell'istantanea, ripresa in quel luogo in cui è
andato in scena un capolavoro russo quando sino al giorno prima solo ordinare un'insalata russa
avrebbe gettato nel panico le segreterie di mezzo Continente, gli applausi di un quarto d'ora e l'eco
recuperata a mezzo stampa e letteralmente sparata nell'etere ai quattro punti cardinali, significano
qualcosa di ben preciso. Siamo alla vigilia di un cambiamento. E per dare il benvenuto a questo
nuovo ciclo, si è reso necessario ripartire dal Teatro più famoso d'Europa che sorge in una Italia
che da due mesi a questa parte ha la prima donna della storia a Palazzo Chigi.
D'altra parte, anche gli Stati Uniti comunicano a loro modo, ad esempio premiando i
cosiddetti “personaggi dell'anno”. E cosa rappresenterebbero queste premiazioni se non
l'adamantina emanazione di un segnale a tutto il resto del mondo di chi può essere considerato un
loro uomo? La stessa premiazione recentemente toccata a Draghi ha funzionato come
ufficializzazione dell'affidabilità di costui al mondo che conta: garantiamo che è dei nostri. E
questo lo hanno compreso benissimo in Germania come in Francia ed altrove. Gli hanno dato il
bollino blu come si fa coi frutti maturi e garantiti.
D:
Ricordo di aver letto in un suo libro di qualche anno fa intitolato “Il Diego rivoluzionario” che
Maradona ebbe a rifiutare denaro e premi offerti dal solito Kissinger. Vuole aggiungere un
commento?
R:
Molto volentieri. Fu proprio allo scopo di sottrarre Maradona dall'influenza di stampo castrista
che Henry Kissinger decise di rivolgergli un invito ufficiale prontamente rispedito al mittente.
Correva l'anno 1987, El Pibe de Oro lo sportivo più famoso in quel mondo aveva appena vinto i
Mondiali dell'anno precedente in Messico. Teniamo presente che al tempo il Mondo era ancora
ancora spaccato in due dalla Guerra Fredda. Nonostante il rifiuto servito, Kissinger reiterò
l'offerta in occasione dei Mondiali USA '94 (Mondiali di calcio che vedevano proprio Kissinger nel
direttivo). L'offerta fu di ben cento milioni di dollari. Ma non appena Diego Armando Maradona
apprese che le clausole contrattuali prevedessero l'impossibilità di recarsi nuovamente a Cuba e
rinnegare Castro per ottenere la cittadinanza americana, stracciò il contratto e fu così che finì nel
mirino di certi apparati fino alla squalifica. Il resto è storia.
D:
Ritorniamo ai giorni nostri. A suo avviso, esiste davvero una differente manovra propagandistica
nel bacino mediterraneo rispetto a quella che viene attuata al Nord di questa Europa politicamente
segmentata?
R:
Personalmente ritengo che la nostra informazione sia quella più sfacciatamente infiltrata rispetto a
tutte le altre. E lo affermo sulla base degli studi condotti in questi ultimi tempi in cui ho passato in
rassegna le testate di tutta Europa ed ho potuto notare questo elemento incontrovertibile. Volendo
fare un esempio, ricordo che in tempi non sospetti, la nostra stampa qualche anno fa manteneva
tutto sommato un atteggiamento non proprio imparziale ma contenuto, questo sì. Chi al tempo
parlava esplicitamente di neonazisti ucraini erano quelli che ancora oggi scrivono su La Stampa
ma non si azzardano a riproporre le loro analisi del 2014. Anzi questo articolo cui mi riferisco è
stato rimosso dall'archivio. Non so se mi spiego. Altrove, questo genere di censure non avvengono.
Poi, quando un giorno arrivi a vedere in trasmissione una Monica Maggioni ospite di Lilli
Gruber, ti cadono le braccia, per voler rimanere nell'alveo della buona educazione! La prima,
membro della Commissione Trilaterale, lobby anglo-statunitense e l'altra esponente di spicco e
presenza fissa del Club Bilderberg. E cosa arrivano a sintetizzare le due signore? Che Putin è
cattivo e l'altro è buono. Come se non bastasse, quando il giorno dopo, sempre in televisione, trovi
ospiti Enrico Letta, noto lobbista legato sia alla Trilateral sia al Bilderberg e l'ambasciatore
Massolo famoso membro del board della Trilaterale e uomo vicino ai servizi segreti i quali
triangolano con un Gianni Riotta, capisci che siamo al paradosso perché se fai parte di quel
genere di circoli decisamente atlantisti, non puoi essere attendibile nei giudizi sugli USA. Ergo non
puoi venirmi a spiegare le dinamiche geopolitiche e gli assetti del Mondo contemporaneo, perché
sei un player. O meglio, se proprio intendi farlo, almeno abbi l'onestà di inserire una equivalente
partecipazione di membri esterni a quel mondo.
D:
Secondo il suo punto di vista, quanti esperti di geopolitica possono dirsi veramente estranei
all'influenza di questi grumi di potere?
R:
Le rispondo, portando un esempio che mi ha particolarmente deluso. La mente più lucida è quella
di Dario Fabbri, ex prestigiosa firma della rivista Limes. Forbito nel lessico, acuto nelle
interpretazioni, inappuntabile nelle ricostruzioni e preparato come nessun altro. Un vero esperto
della materia che purtroppo è passato al lato oscuro da quando ha abbandonato Caracciolo per
andare a lavorare col gruppo di Stefano Feltri, interno al Club Bilderberg. Sentirlo parlare ora, fa
cadere le braccia!
D:
Prima di giungere alle conclusioni finali, sarei curioso di sapere come crede che verrà accolta dagli
italiani la stangata che si sta per abbattere sull'economia.
R:
Il problema è di ordine matematico: quando ti arriva una bolletta con uno zero in più rispetto
all'anno precedente, non c'è retorica politica che tenga. La storia che ci sia un pazzo che ha invaso
un altro Paese, non regge come spiegazione. La politica può aggrapparsi – come in effetti sta
facendo – alla qualunque, perfino arrivando a strumentalizzare le morti dei bambini pur di
giustificare le sanzioni che si collocherebbero all'origine dei rincari. Ma questa, parliamoci chiaro,
è una narrazione e la realtà è ben altra! Quando le aziende chiudono e la disoccupazione aumenta
e con essa diminuiscono i consumi a fronte di aumenti di ogni genere, il tempo a disposizione è
poco e devi agire dando soluzioni. Nel mio libro riporto un articolo de IlSole24Ore di tempo fa in
cui veniva offerta una onesta ricostruzione sulle politiche energetiche, gas in particolare. E si
sottolineava il fatto che importarne dagli USA con tutte le complicazioni che ciò determina,
sarebbe stata una scelta insensata. Siamo alle ultime battute. In pochissimi sanno misurarsi
davvero con temi come il MES. Ma quasi tutta la popolazione è in grado di afferrare la questione
del gas perché c'è poco da ricamare. Ad esempio, coi vaccini hanno capziosamente scomodato la
scienza-h ben consapevoli che la gente comune, non avendo alcuna competenza in materia,
avrebbe teso – come in realtà è accaduto – istintivamente a dare credito al primo che ne parlasse
in maniera autorevole. Ma qui – ripeto – è la matematica di base che conta.
D:
Chiudiamo dando uno sguardo al nuovo panorama parlamentare. In parecchi, all'inizio del conflitto
russo-ucraino – e mi riferisco a partire dal 2014 ovviamente – hanno, col trascorrere del tempo,
ritrattato le proprie posizioni. Se la sente di fare qualche nome?
R:
Il primo che mi viene in mente è Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera dei Deputati il
quale, nel 2017, si fece latore di una interrogazione parlamentare in sede europea riportando
l'intercettazione telefonica di cui sopra, quella tra Paet e la Ashton. Egli, dopo aver appreso che i
famosi cecchini fossero mercenari al soldo di ambienti occidentali, domandò come fosse possibile
schierarsi a favore della coalizione antirussa arrivando a negare che la Russia fosse stata vittima
di un colpo di Stati nei propri confini.
La stessa Meloni, a mio parere, è stata scelta proprio perché nel momento in cui questa
narrativa verrà a cadere, servirà una testa da offrire sul piatto dei responsabili. Una sorta di capro
espiatorio per intenderci. E se consideriamo che la sporcizia sotto al tappeto non è poca, è
questione di tempo e lo scandalo colpirà. Pensiamo al segreto militare imposto sulla fornitura delle
armi al governo ucraino. Un unicum nel panorama mondiale. Intendo dire che solo qui da noi in
Italia, il Governo si nasconde dietro al segreto militare per non rivelare al proprio popolo se sta
inviando una rivoltella o un carrarmato o cento missili. Ci sono nomi importanti dietro tutto ciò,
vicini ad ambienti in cui si scherza poco. Perfino Lucio Caracciolo ha sollevato la questione sulla
rivista che ha fondato e dirige.
Che ci sia una regia occulta, è palese. Ma prima o poi qualcuno capirà, verrà a conoscenza
dei fatti reali. E lì ci si domanderà, ad esempio, come mai non si siano spesi pochi milioni di euro
per mettere in sicurezza Casamicciola ma dissipati patrimoni immensi per le armi. Perché si tenga
bene a mente un fatto: qui paga pantalone! L'Italia paga le armi che invia e la spesa viene fatta
ricadere direttamente nelle tasche del popolo. Non sono fondi speciali europei o baggianate simili.
Ma anche questo elemento, credo non sia abbastanza diffuso e la casalinga di Vigevano o l'operaio
di Terracina non lo sanno perché il mainstream se ne guarda bene dal dirglielo.
D:
Non mi sorprende che nei salotti in cui viene offerto lo “spezzatino mediatico” di braudeliana
memoria, lei e quelli come lei non trovino spazio.
R:
Se mi invitassero, in mezz'ora, ribalterei il piano della percezione di tutta la popolazione. Sono i
trenta minuti che solitamente utilizzo quando presento il mio libro nei vari luoghi presso cui vengo
invitato. Loro lo sanno benissimo. Mi temono e non corrono il rischio che ciò possa accadere.
D:
Quanto le è costato l'aver intrapreso la carriera di giornalista d'inchiesta?
R:
Confesso che mi è costata parecchio. Ad un figlio lo sconsiglierei. Con ciò non voglio mandare un
messaggio fuorviante. Adoro il mio lavoro e adoro farlo quotidianamente con passione e sacrificio.
Dico solo che le difficoltà incontrate sono state e continuano ad essere moltissime. Se ne
presentano di nuove ogni giorno, solo perché non sono allineato. Solo perché non mi piego. Ad
esempio, di recente, mi è stata cancellata una pagina social che contava oltre mezzo milione di
iscritti. Per non parlare di tutta quella serie di angherie e sotterfugi che sistematicamente incontro
sempre nell'ambiente dei social attraverso cui mi faccio conoscere e pubblicizzo il frutto del mio
lavoro per guadagnarmi onestamente da vivere. Ebbene, il mio nome magari appare ma il link non
funziona; oppure i miei libri vengono presentati in elenco nei siti di maggior diffusione ma al
momento dell'acquisto un messaggio informa i miei clienti che l'opera non è disponibile.
Ormai ho imparato e so come aggirare anche questo genere di bassezze. Giro tutta Italia da
Nord a Sud godendomi l'incontro col mio pubblico. E questa è l'altra faccia della medaglia. È
bellissimo salire a bordo di un treno o di un aereo ed essere riconosciuto da gente che mi manifesta
un'ammirazione che mai avrei potuto immaginare. Quasi mi commuovo quando mi sento
ringraziare per il lavoro che faccio. E mi domando: ma di cosa mi dovrebbero irngraziare? Io
lavoro, faccio il mio. Mica quando vai dal fornaio lo ringrazi perché ha impastato a cotto la farina,
no? O chi ha asfaltato un tratto di strada o il benzinaio che ti fa il pieno. Sono mestieri come
mestiere è il mio. Però poi a ben pensarci comprendo che mi ringraziano perché grazie al mio
lavoro hanno compreso che per anni sono rimasti in ostaggio di una propaganda volgare che ha
impedito loro di aprire lo sguardo sulla realtà. E questo, non ha prezzo.
D:
Chi volesse acquistare i suoi libri od invitarla a presentarli, come può mettersi in contatto con lei?
R:
Semplicemente accedendo ai siti www.matrixedizioni.it o www.francescoamodeo.it od inviando una mail a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.