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Dopo essere finalmente riuscito a leggere l’”Inferno” di Dan Brown, mi sono immediatamente dedicato alla visione del film di Ron Howard , curioso di verificare cosa ne fosse stato ricavato. Ora, vi prego, non tiratemi fuori il lagnosissimo ed arcilogoro luogo comune secondo cui tutti i film sarebbero inesorabilmente condannati ad essere nettamente inferiori al libro di origine (“tutta un’altra cosa!”)... Convinzione questa diffusissima, quanto falsa.Perché non mancano davvero lavori cinematografici perfettamente all’altezza di quelli letterari che li hanno resi possibili. Anzi, in non pochi casi i primi risultano essere di un livello artistico forse anche superiore. Basti pensare ai capolavori di Luchino Visconti o ad alcune delle opere di Roberto Faenza.
Ma il problema non è tanto questo. E’ ovvio che un film “tratto da” o “liberamente ispirato a” è cosa che merita di essere esaminata e valutata senza eccessivi confronti o aspettative di fedeltà assoluta ... E’ perfettamente comprensibile, infatti, che un’opera cinematografica adatti, snellisca, ometta, modifichi, elimini il “troppo e il vano”. Il problema, però, è verificare se tra film e libro ci sia almeno qualche fondata pretesa di correlazione.
Nel caso di “Inferno” noi ci ritroviamo di fronte ad un caso limite: da un libro non certamente eccelso, ma pur sempre di una certa godibilità, costruito con furbizia e intelligenza, è stato ricavato un film inguardabile, dove regnano sovrane superficialità ed approssimazione. I non moltissimi pregi dell’opera di Dan Brown finiscono per perdersi totalmente: il prof. Robert Langdon, colto ed ironico, si trasforma dolorosamente in un povero mentecatto travolto dagli eventi; le succulente curiosità storico-artistiche svaniscono quasi del tutto; lo spessore filosofico-scientifico della problematica al centro della vicenda viene mestamente impoverito; la conclusione inquietante ma anche gravida di speranza viene immiserita in chiave goffamente sentimentale ...
Mentre ad essere enfatizzati sono soltanto gli aspetti peggiori, ovvero le non poche oscurità e illogicità della trama e la fragilità dei personaggi. Il risultato è una sorta di frenetica e nevrotizzante “caccia al tesoro” mescolata ad un non ben comprensibile “guardie e ladri”, dove le vicende si susseguono senza sosta, in un groviglio sgangherato di eventi (spesso ingiustificatamente violenti) sgradevolmente ansiogeni, in cui i riferimenti a Dante, Vasari e Botticelli finiscono per apparire del tutto privi di senso.
Insomma, un film irritante e deludente per quanti, soddisfatti o meno, hanno letto il libro, fastidiosamente sfilacciato, disarmonico e strampalato per tutti gli altri.