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TEATRO: Due chiacchiere in camerino con Marco Predieri

By Marzia Carocci November 11, 2023 1583

 

 “Quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare… è stata tutta una vita di sacrifici. E di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto!”  (Eduardo De Filippo) 

 

Marco Predieri, classe '77 attore, drammaturgo,  giornalista, produttore, esperienza in radio e in politica.

Formatosi giovanissimo all’Accademia dei Piccoli con il maestro Dino Paretti

Oltre a lavorare in teatro dal 2007 partecipa alla registrazione di fiction radiofoniche e docu-fiction per Radio Tre Rai e Rai International . Ricopre anche incarichi come dirigente provinciale Acli, Consigliere d'Amministrazione Firenze dei Teatri, Direttore Artistico associazione culturale Altrove e Direttore artistico del Premio Stelle delle Spettacolo.

 

D-Buongiorno Marco, la tua attività di attore è ormai consolidata da tempo. Il Teatro è una tua grande passione fin dagli esordi.

Vuoi parlarci di questi?

 

R: Rispondere a questa domanda è semplice in apparenza. Potrei dire che da oltre 25 anni ormai calco il palcoscenico, con alterne vicende all'inizio, come tutti, e come tutti i teatranti sempre in cerca di nuove occasioni. Non so come sia nata in me questa passione, nel senso che, da che ho memoria di me stesso, c'è sempre stata. Io la sento come una vocazione, che poi è quella di raccontare, attraverso le mie possibilità; corpo, voce, sensibilità, la nostra storia umana, il nostro essere animali sociali nel bene e nel male, il nostro scorrere nel tempo. Questo fa sostanzialmente il teatro e infatti è qui che la risposta si complicherebbe. Ma per restare su un binario lineare e più personale posso raccontarvi di quando da bambino facevo la messa in salotto per mia nonna, che non usciva più. Lei pensava forse tipo di vocazione più "canonica", ma io sapevo già che stavo facendo teatro, la mia prima recita. Può apparire blasfemo, anche se è normale che un bambino non distingua, ma a guardare bene non lo è neppure da adulti. Il teatro rappresenta la sacralità della vita; per secoli è stato inteso proprio come un atto religioso collettivo, e anche in epoca cristiana le sacre rappresentazioni, per esempio, hanno svolto un ruolo apicale nella formazione popolare. Oggi mi considero in viaggio, nel senso che ogni nuovo spettacolo è una nuova prima volta, un nuovo tassello nel mio studiare da attore e in questa scuola spero di essere sempre un ripetente. 

 

D Hai lavorato con tanti attori e con numerosi registi. Nonostante la tua giovane età, hai avuto moltissime esperienze teatrali e non solo. Cosa ti ha entusiasmato di più e perché?

R: Grazie per la giovane età ... anche se tanto giovane ormai non sono più. Beh come detto mi entusiasma la possibilità di imparare sempre qualcosa di più, di giocare con me stesso e i miei strumenti, sperimentarli in nuove esperienze, siano nuovi ruoli o nuovi colleghi con i quali condividere la scena o da dirigere da regista, o dai quali farmi dirigere. Una delle cose meravigliose del teatro e dello spettacolo dal vivo è che non esiste una routine che ti invecchia nello svolgere il mestiere e se mai questa dovesse sopraggiungere allora vorrebbe dire che è arrivato il momento di mollare, perché non si potrebbe trasmettere più nulla di vero al pubblico. Mi entusiasmano gli incontri umani che questa vita un po' randagia ti pone di fronte, certo possono non essere sempre positivi, ma anche in quei rari casi offrono elementi di conoscenza e di crescita. Mi entusiasma poi, questo veramente tantissimo, ora che appunto non sono più di primo pelo, incontrare i ragazzi, lavorare con i giovani e giovanissimi e se ne ho modo, diventare io un po' sostegno per le loro gambe all'inizio del cammino. Personalmente non ne ho trovato molto quanto ho cominciato, per questo è per me un egoistico atto di amore, se e quando posso, mettere a disposizione quel poco di esperienza che ho, professionale e umana, per chi sta iniziando a percorrere questo sentiero. Poi dai ragazzi anche noi un po' più agè abbiamo sempre tantissimo da imparare o da ricordare di noi stessi. 

 

D Molti giovani vorrebbero approcciarsi al teatro; tu che consigli gli daresti?


R: Avere pazienza, costanza, nessuna fretta di arrivare, essere curiosi della vita, oltre la scena, e di tutto sulla scena, senza porsi pregiudizi o preclusioni di generi (cosa che spesso le scuole, mediocri, ti inducono a fare). Essere prima di tutto spettatori avidi e attenti, perché il più si impara osservando, carpendo e rubando dalle emozioni, ma anche dalla noia, che può trasmetterci un attore o lo spettacolo che stiamo vivendo dalla platea. Ricercare il passato, i grandi attori che sono scomparsi, anche nel bianco e nero, dove ancora si trovano i maestri da cui poi noi, contemporanei, abbiamo copiato e stiamo copiando tutto. Non farsi scoraggiare né da chi non li capisce, per esempio a scuola dove spesso chi ha interessi e orizzonti diversi  dal branco, rischia di trovarsi di fronte a episodi spiacevoli di bullismo, né dalle prime porte sbattute in faccia, perché tante se ne incontrano su questa strada. Il tempo alla fine è galantuomo e quello che non si considera mai da giovani, è che in realtà è il nostro primo alleato, perché davanti se ne ha tantissimo, per imparare, per sbagliare, per correggere il tiro e formarsi, costruire basi solide che sono fondamentali. Ovviamente tentare la strada delle scuole, ma di quelle serie e accreditate, che possono offrire anche possibilità di lavoro. Non ricercare mai il successo last minute o immediato, concetto oggi, nel mondo social assai complicato. La gavetta in sostanza resta il pane più nutriente di questo mestiere. Poi vorrei dire sia ai ragazzi che ai loro genitori di parlarsi apertamente, perché molti genitori vivono la vocazione allo spettacolo con preoccupazione e hanno ragione, è un mestiere instabile, ma se un ragazzo ce l'ha dentro di sé, non ci puoi fare nulla: cercare di impedirgli la strada non lo indurrà a cercare altro, anzi. Oggi tra l'altro la stabilità non esiste spesso neppure tra i lavori "canonici", pertanto, se ci sono i mezzi, il mio consiglio è sostenere sempre, se sincere e fondanti, le aspirazioni artistiche dei figli e a questi dico di parlare sempre molto apertamente con i loro genitori in tale senso, senza timori. 

 

D Quali sono le difficoltà nel portare la gente a teatro? Quali difficoltà si incontrano a livello organizzativo nell'ambiente artistico/teatrale?

 

R: Ho visto i dati Agis recenti e sinceramente sono molto preoccupanti. Lo spettacolo dal vivo dalla ripresa post pandemica ha perso il 25% del pubblico, un quarto di quella platea, già minoritaria, che andava a teatro. Questo non è preoccupante solo per gli addetti ai lavori, che ovviamente vivono di questo, ma anche per la società in generale. Il teatro è un momento di socialità pulita, una forma di comunicazione che stimola le emozioni, anche collettivamente, oltre che del singolo spettatore, induce a riflessioni, apre la mente e aiuta a consolidare o a formare l'indipendenza del pensiero e delle opinioni in chi ne usufruisce. In teatro ogni spettatore è allo stesso tempo regista di ciò che vede e partecipe di un'azione reale, che avviene lì tra esseri umani. Questo non è sostituibile da Netflix o dalla realtà virtuale, da internet, da quelle forme di intrattenimento che impigriscono e atrofizzano muscoli e mente. Non che siano negative a prescindere, per carità non dico questo, danno lavoro a loro modo, raccontano storie, ma non sono sostitutive e non lo saranno mai. Il covid ha mutato molto la mentalità del pubblico, lo ha reso sedentario, se si esce lo si fa per andare a mangiare, poi si rientra a casa a vedere un film in salotto: Oggi il teatro lotta anche contro questa nuova abitudine.  Bisogna anche ammettere che non sempre nelle ultime stagioni la qualità dell'offerta è stata eccelsa, a livello generale, il che non aiuta, ma questo va anche di pari passo a una contrazione delle risorse economiche o a un loro spreco, in certi casi evidente. A livello organizzativo non si sfugge da ciò che che complica ogni libero professionista o esercente di qualsivoglia genere, la burocrazia, a cui vanno aggiunti i costi di esercizio. nel caso di uno spettacolo i costi di tournée che non sono pochi, trasporti, alberghi, facchini. E' tutto aumentato, tranne le paghe degli attori e dei tecnici e, giustamente, per non scoraggiare il pubblico, i prezzi medi dei biglietti, che sono rimasti ai livelli del 2019/2020. Ma non voglio essere pessimista, Albertazzi diceva sempre che il teatro è un eterno moribondo da che è nato ma che non è mai morto perché non può morire. Io la penso come lui.

 

D Hai interpretato numerosi personaggi, spesso per farlo dobbiamo entrare in simbiosi con chi dobbiamo interpretare. A quale sei più legato? Perché?

 

R: Quei pochi che mi conoscono hanno già risposto ... Cyrano. Un personaggio in cui mi rispecchio anche come essere umano, nella vita di tutti i giorni. Perché? Io purtroppo sono così, e lo sono da prima di aver letto il libro e poi  di aver visto l'opera da ragazzo. La prima volta che l'ho incontrato, ed ero ben lungi dal fare l'attore, ci siamo capiti subito benissimo e siamo diventati ottimi amici, era destino che poi un giorno lo portassi in scena. Ma ogni personaggio ha il suo fascino, permette a chi lo veste di ricercarne dentro di sé gli aspetti più profondi, le pulsioni che lo spingono ad agire. Di un personaggio devi comprenderne il percorso umano per poterlo trasmettere in modo credibile al pubblico e in questo è molto utile il vissuto stesso di chi lo interpreta, per questo penso che ogni età abbia il suo personaggio giusto. Da giovani per esempio non si potrebbe mai interpretare Frate Lorenzo ma Romeo si, per fare un esempio concreto. Poi ci sono i cattivi, che sono forse i ruoli più belli  anche se io non ne ho

     Marco Predieri

interpretato nessuno,  non vedo l'ora che accada, magari Iago ... 

 

D Come in tutti gli ambienti artistici vi è spesso una difficoltà nel farsi conoscere, amare, approvare. Hai mai avuto personalmente momenti critici a causa anche di incomprensioni, di ostacoli anche a livello burocratico o organizzativo?

R: Momenti critici? Continuamente. Ultimamente non passa settimana in cui non pensi di smettere, credo sia la prima volta che lo confesso apertamente. Sono sempre molte le delusioni, sia professionali, lavori che saltano o non arrivano, difficoltà a intercettare il pubblico, che delusioni a livello  umano, magari con collaboratori o colleghi; non sempre è facile farsi capire o comprendersi a vicenda, forse però è così in ogni ambito, quello che le aggrava in questo è la totale precarietà e incertezza economica e non si può prescindere dalle necessità materiali della sopravvivenza. Però quando il tuo non è un lavoro ma una vocazione diventa difficile, se non impossibile, persino mollare, alla volontà si contrappone una forze più prepotente che ti induce ad andare comunque avanti, ma è una lotta faticosa, che spesso sfianca e serve equilibro in certi momenti per non "dare di matto", per usare un termine colloquiale. Come già detto la burocrazia sì ... ci si mette anche quella. Attenzione però, mi rendo conto che può sembrare mi contraddica, rispetto al consiglio di non ostacolare il percorso di un giovane che vuole fare questo mestiere. Non è così. Quello che racconto fa parte del bagaglio. Sono momenti, e quella forza prepotente che ti spinge è poi anche quella che ti salva e ti fa trovare le soluzioni. Fa tutto parte del gioco, se lo accetti non c'è ragione per non farlo il viaggio. Che poi qui, in questo contesto, rispondo a una domanda sulle delusioni, ma ci sono anche le soddisfazioni e magari sulla bilancia a conti fatti pesano di più e ci sono anche gli angeli che poi incontri e ti ritirano su.

 

D Qual è il pubblico migliore? sembra una domanda retorica e me ne rendo conto ma in realtà penso  che un pubblico non sia mai come un altro...

R: Il pubblico non è mai uguale, non lo è nella stessa città e lo è ancora meno viaggiando. Non esiste però un pubblico migliore e un pubblico peggiore, purché sia un pubblico educato. Lo spettacolo si fa sempre in due, chi sta sopra il palco e chi davanti, è uno scambio simbiotico, l'attore prende molto anche da ciò che gli trasmette la platea e lo usa, lo condiziona, nell'atto di recitare. E' sempre un incontro unico. Poi ovviamente oggi capita, neppure tanto di rado purtroppo, di trovare qualcuno che anziché guardati ti riprende, perché poi vallo a sapere, oppure che durante lo spettacolo risponde ai messaggi WhatsApp mentre l'attore sputa l'anima in scena e parlo anche da spettatore, oltre che da attore in questo caso, poi ci sono quelli che scartano caramelle di continuo... Sono atteggiamenti irrispettosi, sia di chi è in sala, che di chi sta lavorando, non solo disturbano ma sono indicatori di un diffuso malcostume, incapace ormai di distinguere l'uso privato del telecomando nel proprio salotto, dall'assistere un momento unico dal vivo  insieme ad altre persone e potendo avere di fronte il professionista che dona se stesso nel fare di tutto per provare a darti emozioni. Che poi, svelo un segreto ... chi sta in scena la luce del cellulare che illumina il muso da ciuco, mi si consenta la battuta, di chi si fa i cavoli suoi col cellulare, lo vede eccome, pure se miope!

 

D- A cosa stai lavorando in questo momento? Vuoi dircelo?

 

R: Ho tre spettacoli che si intrecciano. Sto per debuttare in un nuovo lavoro, con musica dal vivo e una compagna di scena formidabile, una grande artista, a livello internazionale, Donatella Alamprese, per la quale ho scritto un copione dove avrò anche l'onore di dirigerla, "E la musica va", la storia di un vecchio locale che sta per chiudere definitivamente, perché il gestore non c'è più e il suo erede, che in scena interpreterò io, è decisamente più interessato a vendere le mura che a proseguire l'attività. Mentre si stanno facendo gli scatoloni e si valutano le offerte, la cantante del nightclub proverà a convincere il nuovo proprietario che non è affatto necessario tagliare i ponti con il passato. Ovviamente non posso raccontare di più, se non che in scena ci sarà un band live e le musiche sono molto molto belle. Poi con Francesca Nunzi, altra straordinaria collega (quest'anno mi sono circondato di dive, ma sopratutto di persone bellissime), sto portando in giro "La governante di Cavour", una brillantissima farsa che racconta un Camillo Benso decisamente inedito, alle prese con il progetto dell'Unità d'Italia, tra stress, vizi e pasticci, dove poi sarà l'intervento di Mena, la sua Tata a sbrogliare le carte e portare a destinazione la nave dell'irredentismo. Uno spettacolo dove si ride moltissimo, con il contributo anche di un giovanissimo artista, a cui tengo molto, che ci ha prestato la voce e ci sostiene in molti modi, Giorgio Andolfatto, con una Nunzi pazzesca e dove però c'è anche tutta la storia, per come poteva andare e per come realmente è andata. Sempre con Francesca, con la sua regia, riprendo "Il Costruttore di valigie", un testo molto più personale che sta andando molto bene, due stagioni a Roma, dove si ritrovano molte tematiche che affronto in questa intervista, raccontando di teatro, aneddoti, di tenacia ma anche di figure delle grandi opere, come lo stesso Cyrano, accostate a me e alla nostra contemporaneità. Ci sono poi piccole cose che sto facendo per la tv ... e altri impegni in via di definizione. Chi vorrà potrà trovarmi in giro per teatri, un po' meno a Firenze quest'anno però, ma è bene non inflazionarsi troppo, altrimenti si rischia di venire a noia, che per un attore è sempre la cosa peggiore.

 

Lascio sempre uno spazio "bianco" ad ogni mio intervistato; uno spazio dove non vi è una mia domanda ma dove c'è la possibilità di comunicare, spiegare, annunciare tutto ciò che l'artista desidera.

Inizia da qui...

 

R: Ehhh il futuro di un artista è sempre un libro bianco, mentre il passato una catena di romanzi. Io mi considero un viaggiatore e davanti spero di avere tanti nuovi bagagli da riportare con me. Tanti sono i desideri, uno l'ho detto e lo rilancio come appello: interpretare un grande cattivo in teatro, mentre in cinema o in una fiction, vorrei interpretare il ruolo di una professore, che è la mia carriera mancata, se non avessi tentato la strada dell'arte. Poi mi servirebbero alcune cose si, altro appello, se qualcuno magari può "soccorrermi" ne sarei felice: mi manca un agente, ne avevo uno ma purtroppo non c'è più ... e non è facile trovarne di validi, vorrei mettere a disposizione la mia esperienza per aiutare i più giovani a camminare, se a qualcuno servisse un docente mi chiami, ne sarei molto felice, perché non credo riuscirò mai ad aprire una mia scuola, per altro troppe ce ne sono e non tutte troppo serie, poi non saprei da che parte cominciare anche solo burocraticamente. A molti artisti mancano spesso le figure tecniche di rifermento, commercialisti, organizzatori, chi si occupa di bandi e comunicazione ... produttori, ma anche solo esecutivi, non necessariamente che mettano i soldi, poi ovviamente anche quelli, dei mecenati. Ecco io concluderei con questo appello. Diciamo che i miei desiderati non sono successo, gloria, fama, ma possibilità di lavoro in serenità e sicurezza, il resto è fuffa, per carità se arriva si prende, purché arrivi però con l'amore del pubblico.

 

 

 

 

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