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Dopo i restauri finalmente riapre la Chiesa di Santa Maria Antiqua al Foro Romano

Come è difficile riconoscere l’antica Roma nelle rovine del Foro Romano, del Palatino, dei Fori Imperiali.

Come è difficile ricostruire con l’immaginazione i grandiosi edifici, seppure a partire dalle poderose e imponenti murature che ne restano.

Come è difficile capire che Roma antica non si limitava a questo cuore congelato nel tempo, ma vive sotto le trafficate strade di oggi, sotto le chiese e le case.

La Roma antica come la vediamo ora nel Foro, non è mai esistita, è una creazione degli scavi del XIX e del XX secolo.

Nel 1900 viene distrutta la chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro e riemerge la chiesa di Santa Maria Antiqua, identificata dall’archeologo Giacomo Boni. Oggi considerata raro tassello medievale nel cuore antico della città, in realtà, testimonianza della continuità della storia millenaria della capitale.

Con l’imperatore Costantino arrivano la libertà di culto per i cristiani e le prime basiliche, dislocate lungo le vie consolari o, comunque, lontano dal polo politico-religioso pagano. Tanto che il cristianesimo, una volta affermato, creerà la basilica di Santa Maria Maggiore che, insieme ad altre limitrofe, sarà d’appoggio alla basilica di San Giovanni in Laterano per la creazione di un nuovo e alternativo polo religioso.

Nel VI secolo la trasformazione di alcuni dei templi pagani del Foro in chiese, è, per il cristianesimo, un avvicinamento a quello che, in passato, era il centro politico e religioso della città. Per gli edifici pagani, ormai in disuso, è occasione di trasformazione, ma anche di restauro.

Costantino aveva spostato la capitale a oriente, ma la memoria di Roma è ancora viva: la chiesa di Santa Maria Antiqua è frutto e testimonianza di tutto questo.

L’imperatore Caligola nel I secolo d.C. espande la residenza imperale del Palatino nella valle del Foro, vicino al tempio di Castore e Polluce, alla Basilica Giulia e al tempio di Augusto. In seguito anche Domiziano utilizzò e mise mano a questi edifici. Alle spalle del tempio di Augusto c’era una biblioteca, identificata, da una parte degli studiosi, con le murature che delimitano l’atrio della chiesa. Nel presbiterio e nelle due cappelle laterali, sopravvivono lacerti di decorazione pittorica di età adrianea e tracce di quella in opus sectile, realizzata con marmi policromi intagliati.

Parte dei brani di affresco nella navata centrale e nel presbiterio risalgono al 649-653 quando papa Martino I commissiona la decorazione. Ma l’intervento più importante è quello di Giovanni VII, che, educato nell’ambiente dell’amministrazione bizantina stabilitasi al Palatino, trasferì il patriarchìo, sede papale, dal Laterano, nella ex residenza imperiale. Tra il 705 e il 707 fa realizzare le pitture nel presbiterio e nella cappella dei Santi Medici, testimonianza della lotta iconoclasta e della continuità d’uso. Infatti proprietà curative erano attribuite, in epoca pagana, alla fonte di Giuturna, vicina alla chiesa e, nella cappella, continuava la pratica dell’«incubatio». Il malato poteva dormire sul pavimento della nicchia dei Santi Medici, nella speranza di svegliarsi guarito, così come accadeva, in precedenza, nei santuari pagani. Non bisogna dimenticare che nei pressi della chiesa si trovava una diaconia, istituzione religiosa per la cura dei poveri, dei malati e dei pellegrini.

L’altra cappella è dedicata ai Santi Quirico e Giulitta dal donatore Teodoto, funzionario di papa Zaccaria 741-752, che spostò dalla corte bizantina, verso quella dei Franchi, gli interessi del papato.

L’ultimo intervento decorativo dell’abside, insieme ai cicli di Antico e Nuovo Testamento nelle navate laterali, risale a Paolo I e agli anni 757-767.

Nel 772-795 Adriano I fa realizzare il ciclo pittorico nell’atrio, ne è esposto un frammento staccato negli ambienti della rampa imperiale che, dal fianco della chiesa, giungeva al Palatino e che, in parte, è stata riaperta al pubblico qualche mese fa.

Nell’847 il terremoto distrugge la chiesa che viene abbandonata. L’icona della Vergine, insieme al titulus, vengono trasferiti alla chiesa di Santa Maria Nova, attuale chiesa di Santa Francesca Romana al Foro, dove, la più antica icona romana, tornerà dopo l’intervallo della mostra.

Nell’XI secolo nell’atrio di Santa Maria Antiqua, fu creata la chiesa dedicata a S. Antonio di cui sopravvivono brani pittorici nelle murature.

La comprensione della complessa storia di Santa Maria Antiqua e la ricostruzione delle decorazioni è efficacemente supportata da video e dal video mapping delle cappelle e della zona absidale. I sette strati della famosa parete palinsesto sono illuminati progressivamente distinguendo le fasi cronologiche (utile anche il sito della Soprintendenza).

Le opere selezionate per la mostra servono a contestualizzare l’edificio tra queste: all’ingresso le sculture raffiguranti Amalasunta figlia di Teodorico o l’imperatrice Ariadne; i brani di mosaico da Santa Maria in Cosmedin e da Orte, ma originariamente nel distrutto oratorio di Giovanni VII presso la basilica costantiniana di San Pietro.

Tra i sarcofagi stabilmente nella chiesa, va ricordato quello di Giona nella navata di sinistra.

Accompagna la mostra, curata dalla professoressa Maria Andaloro con Giulia Bordi e Giuseppe Morganti, un corposo catalogo edito dalla Electa.

All’esposizione si accede con il biglietto di ingresso al Foro Romano negli stessi orari di apertura

per informazioni consultare il sito .

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Last modified on Thursday, 24 March 2016 08:04
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