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Anche con l'inizio del Ramadan, continuano le Polemiche contro la gestione della Grande moschea di Roma, condotta in modo monarchico dal responsabile Abdellah Redouane.
Inaugurata nel 1995 dopo più di venti anni di progetti e lavori, finanziata e voluta direttamente da re Faysal dell'Arabia Saudita, la Grande moschea di Roma è ancora oggi il più grande centro di culto islamico in Europa. Un luogo dalle potenzialità religiose e culturali vastissime, eppure, a detta dei fedeli e di alcuni dei dipendenti, da ormai venti anni rovinato dalla gestione monarchica esercitata dal suo responsabile, il Segretario generale Abdellah Redouane. Una dittatura tale da spingere uno degli storici responsabili dell'amministrazione del luogo di culto, Aziz Darif, a scrivere una lettera di protesta nientemeno che al sovrano Muhammad VI, re del Marocco.
Nella sua lettera Aziz, che da sempre è molto attivo anche nell'aiutare i musulmani a svolgere numerose attività, dopo i consueti e rispettosi saluti al re del Marocco, spiegando più in dettaglio il suo ruolo all'interno del Centro culturale islamico, passa a descrivere la gestione praticamente dittatoriale che Redouane, già diplomatico dell'ambasciata marocchina di Roma, svolge da quasi venti anni nello storico luogo di culto.
Abile nell'uso dei moderni social network, Aziz Darif ha anche scritto una sorta di lettera aperta in arabo su alcuni giornali del Marocco, poi diffusa su Youtube e Facebook, chiedendo alla comunità marocchina in particolare, e ai fedeli musulmani ed amici italiani, di intervenire con commenti e opinioni.
Subito si è creato intorno ad Aziz un nutrito gruppo anti-Redouane, dal momento che le sue opinioni sembrano essere condivise dall'85% (e forse ancora di più) dei musulmani che risiedono in Italia, dissidenti che hanno anche provato a rivolgersi a varie istituzioni italiane, che però preferiscono non intervenire nelle vicende interne di quella che, in fondo, rimane comunque un'associazione culturale, gestita oltretutto da altri paesi.
Con la sua immediata reazione Redouane ha subito allontanato Darif dall'amministrazione del Centro culturale islamico, e un altro collaboratore, dice sempre Aziz Darif nella sua protesta, si è di recente dimesso a causa dei forti contrasti con il Segretario generale.
Lo stesso Redouane, che fino al 2010/11 era direttore del Centro culturale, gestisce la Grande moschea in modo fortemente autoritario e del tutto personale, privilegiando di fatto solo gli individui e le associazioni a lui più fedeli, a danno dei musulmani appartenenti ad altri gruppi o comunità, anche italiani.
Una pessima gestione che ormai coinvolge anche gli impiegati del Centro culturale, che non vengono pagati da mesi, e i lavori di manutenzione della moschea, che ha urgente bisogno di ristrutturazioni per i quali Redouane lamenta una continua mancanza di fondi. Persino la macellazione rituale della carne halàl (lecito in arabo), che secondo i precetti islamici deve essere preparata seguendo norme ben precise, viene ormai danneggiata da questa difficoltà economica, vera o presunta che sia.
Una situazione, questa, che ha provocato la nascita di numerose situazioni, moschee spesso private e centri culturali che si dissociano dalla gestione effettuata da Redouane, oltre a un senso di disagio in più dell'85% del totale dei musulmani e arabi presenti in Italia, la maggior parte dei quali ormai frequenta la Grande moschea solo per pregare di venerdì, senza partecipare ad altre attività culturali o religiose. Non per pigrizia o scarso interesse, ma semplicemente perché non ne sono a conoscenza e non ne vengono assolutamente coinvolti, né vengono informati delle iniziative e degli incontri presso il centro culturale islamico di Roma, tranne le occasioni in cui vengono invitati dall'ambasciatore dell'Arabia Saudita, che continua, lui sì, a desiderare di aprire la moschea a tutti i musulmani ed arabi.
La sala conferenze, inoltre, è da sempre chiusa, trascurata e maleodorante e la stessa biblioteca, ci ricorda ancora Aziz Darif, contiene tra i 30 e i 40 mila libri senza che i fedeli lo sappiano. Il sito della moschea di Roma e del relativo Centro culturale non è poi molto chiaro nell'esporre le attività culturali e religiose, tranne in casi come visite turistiche, rari convegni e qualche corso di lingue.
Redouane, ora, se proprio non deve essere cacciato da influenze esterne di qualsiasi tipo, non può nemmeno proseguire nella sua attuale politica dittatoriale, gestendo la moschea e il Centro culturale in modo monarchico e autoreferenziale e agendo, in definitiva, da emissario del governo del Marocco.
Tanto per dirne una: nel primo Think Tank musulmano italiano, il famoso Ihsan ufficialmente presentato alla stampa l'11 aprile di quest'anno, su 35 membri effettivi ne conta ben 15 composti da marocchini e gli altri amici di Redouane, frequentatori dello stesso Centro culturale islamico.
Una situazione completamente lontana da ogni equilibrio, in cui qualsiasi persona, sia araba, musulmana, italiana, marocchina o altro, che parli o promuova iniziative a favore del dialogo tra religioni e culture, viene prontamente censurata da Redouane solo perché non ha messo la sua decisione finale o il cappello, per così dire, sulle varie iniziative proposte. Come già accaduto nel 2007, con l'impegno di alcuni esponenti della comunità musulmana in Italia, specialmente di Roma, per smorzare le polemiche sorte con il Vaticano, in seguito al discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.
In definitiva, il Segretario generale sembra accettare solo quelle iniziative che comunque possono portargli vantaggi e visibilità personali o metterlo al centro dell'attenzione, attaccando chiunque la pensi in modo diverso da lui e allontanando tutte quelle personalità arabe e i musulmani che non condividono il suo modo non democratico di gestire il Centro islamico che, ricordiamo, appartiene a tutti e non è di sua esclusiva proprietà.
Di recente, il dissenso nei confronti di Redouane si è spinto fino a provocare manifestazioni di protesta davanti alla Grande moschea da parte dei fedeli musulmani. L'80% dei musulmani italiani , non dimentichiamolo, vive l'islam in modo completamente laico e aperto alla società civile e alle leggi italiane. Figuriamoci se questi fedeli accettano senza combattere una gestione della moschea e del Centro culturale tanto chiusa e monarchica.
Sarebbe anche necessario nominare un nuovo direttore, stavolta italiano, dal momento che il Centro culturale islamico rimane un ente regolato dal diritto del nostro paese. Una proposta, questa, più volte fatta a Redouane, che sembra aver rifiutato qualsiasi consiglio per timore di perdere il suo potere e il suo ruolo.
“Al re del Marocco, che è anche capo del Consiglio delle comunità marocchine all'estero” continua Aziz Darif “Redouane non ha mai inviato alcun rapporto sui problemi della comunità marocchina in Italia. L'incredibile paradosso, poi, è che Redouane, essendo dipendente dell'ambasciata marocchina e ricoprendo il ruolo di ministro della carriera diplomatica, a rigore non fa neanche parte di questa comunità, quantomeno non potrebbe votare. In me, forse, ha visto un potenziale rivale, l'uomo che in futuro potrebbe scalzarlo. In fondo, c'è la prospettiva dell'immiserimento, dei ghetti, della disgregazione urbana. Proprio quel che è accaduto in Francia e in altri paesi europei, con conseguente fallimento del multiculturalismo”.
Una situazione, quindi, complessa e difficile, risolvibile forse solamente con l'elezione democratica del segretario generale da parte di tutte le comunità ed associazioni musulmane oppure con le dimissioni dello stesso Redouane. Rimane fondamentale ed urgente un intervento diretto delle ambasciate dei vari paesi arabi in Italia e della lega araba, o comunque di religione musulmana, e del Ministero degli interni che deve ascoltare tutte le realtà rappresentative in Italia e non continuare a coinvolgere, come fa ormai da anni, solo quelle poche persone o sigle che assolutamente non rappresentano tutti i musulmani in italia religiosi e laici, che più volte hanno rivendicato di avere un ruolo nel rapporto con le istituzioni italiani, considerando anche il momento delicato a livello internazionale, con terrorismi e fanatismi che mirano ormai a provocare una guerra tra religioni.