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È difficile anche con la fantasia arrampicarsi sugli specchi per sostenere a lungo il tentativo. Auspicato l'intervento della Regione Toscana
Le zecche italiane
Nel 2011 oltre 60 studiosi di tutto il mondo contribuirono con la loro scienza numismatica a ‘costruire’ due ponderosi volumi per un totale di 1664 pagine che - citiamo da IBS - “raccolgono la documentazione relativa a tutte le zecche italiane dal V secolo d. C. fino all'unità d'Italia. Si tratta di una ingente massa di dati ampiamente documentati, qui raccolti per la prima volta in un'unica opera, che offrono una comprensione ampia e comparativa delle attività delle zecche italiane... Non esistono lavori simili in ambito europeo”. Tale opera, che uscì con il titolo “ Le zecche italiane fino all’Unità”, fu pubblicata dall’Istituto Poligrafico dello Stato e fu curata dalla Prof.ssa Lucia Travaini dell’Università di Milano, considerata a ragione, dovunque, un’autorità in fatto di numismatica e di sedi di zecche, ma di Marciana non se ne fa menzione.
Orbene: nel mese di novembre 2017 intervistai la Prof.ssa Travaini sulla storia delle zecche. L’ ultima domanda riguardò la discussa veridicità della zecca di Marciana, ubicata in un ipogeo che il Comune ha dotato di allestimento museale, aprendolo a pagamento al pubblico.
La risposta bocciò ampiamente e con decisione, l’ipotesi di una zecca a Marciana. La stessa intervista fu pubblicata in significative riviste di archeologia e numismatica nazionali ancora reperibili on line, oltre alla sintesi, pubblicata come resoconto sulla stampa on line dell’Elba, affinché ne fosse informato anche il Comune di Marciana.
L’ aspettativa in primo luogo, era che il Comune, proprio perché allo scopo aveva speso qualche decina di migliaia di euro, verificasse le affermazioni contenute nell’intervista sentendo la Prof.sa Travaini o comunque esperti diversi da quelli locali a suo tempo retribuiti per il progetto zecca; in secondo luogo gli amministratori di questa suggestiva cittadina, che non ha bisogno di attrarre visitatori con invenzioni storiche perché trasuda di storia ‘vera’ da ogni casa che si osserva e da ogni via che si percorre, prendesse le determinazioni opportune.
L’eccesso di sicurezza
Niente però di tutto questo è avvenuto. Il museo della zecca è stato riaperto nella stagione estiva senza verifiche scientifiche. Il Comune continua a diffonderne le notizie sul suo sito ufficiale. La pubblicità non si è fermata; i turisti hanno continuato a entrare a pagamento seguendo l’insegna di “una zecca che non c’è mai stata”.
Nel caso che, come sembra, i finanziamenti per il progetto zecca di Marciana provengano anche dalla Regione Toscana, considerata l’ insensibilità sul tema da parte del Comune, si renderebbe necessario l’intervento della Stessa Regione per chiarire come stanno le cose. Proseguendo infatti, su questa via, non si fa un bel servizio né a Marciana, né all’Elba, né alla Toscana, né agli ignari visitatori di un museo fondato sulla pubblica credulità di questa fantasmagorica zecca e tanto meno al nostro Paese che vive della autenticità del proprio patrimonio artistico e della credibilità del mondo intero.
Dal generico al concreto
Ecco cosa scrive nel suo sito ufficiale il Comune di Marciana che però, non disponendo di alcun supporto storico che possa dimostrare quanto sostiene, con le sue affermazioni conduce a un travisamento della realtà.
“La Zecca di Marciana venne fatta realizzare dalla famiglia Appiani intorno agli ultimi anni del Cinquecento. Il paese di Marciana infatti, fu utilizzato dai Principi di Piombino come residenza estiva, collocata nell’attuale “palazzo Appiani”. Le motivazioni della scelta di Marciana anziché in altro centro dell’isola sono molto verosimilmente da ricercarsi nella relativa vicinanza con Piombino, nell’esistenza, in prossimità del palazzo, di una struttura fortificata e nell’essere Marciana l’unico paese elbano in contatto visivo con Piombino. Originariamente la Zecca era composta da tre ambienti adibiti alla coniazione di monete emesse nel Principato di Piombino, in cui si apriva un cunicolo scavato nella roccia granodioritica usato come probabile deposito monetario.”
E’ appena il caso di osservare che:
- non esiste alcun documento che comprovi la realizzazione della zecca a Marciana alla fine del XVI secolo o in qualsiasi altro momento;
- a Marciana non esiste un palazzo Appiani, ma solamente la casa di Grimaldo Bernotti, majordomo degli Appiani;
- Marciana non era sicura, come dimostra il fatto che il pirata Dragut la devastò intorno alla metà del Cinquecento: la sua ‘ struttura fortificata” (la Fortezza) non era adatta a sostenere i terribili attacchi barbareschi;
- da nessuna parte c’è scritto che la zecca era composta da tre ambienti e da un cunicolo usato come deposito monetario: non è assolutamente credibile che il Principe di Piombino fosse tanto “illuminato” da far scavare nel duro granito un’opera ciclopica per impegno e fatica al fine di realizzare un luogo di coniazione di monete in mezzo al mare, ossia all’isola d’Elba, poiché in caso di attacco piratesco il ricorso liberatorio più rapido e conveniente sarebbe stato solo…….. quello del pianto;
- la narrazione di questa fantasmagorica zecca riesce ancora a stupire con fantasie come questa del cunicolo ad uso di cassaforte. Usando però la stessa moneta della fantasia, si potrebbe aggiungere che il cunicolo (e le due camere adiacenti) potrebbero essere state ispirate alle “camere della morte” di qualche tonnara della vicina costa piuttosto che al tipico ambiente della zecca. Una morte per affumicazione sarebbe stata più che certa per qualsiasi malcapitato destinato per qualche minuto, in stanze sotterranee, a quel genere di lavoro;
- non c’è alcuna motivazione per la quale una piccola zecca, com’era quella di Piombino, gravata peraltro da seri problemi, dovesse creare una succursale a Marciana;
- nessuno ha mai visto o descritto, per il semplice fatto che non esistono, le monete coniate a Marciana.
“Tutti gli uomini del Presidente”
A supporto della indifendibile ostinazione a favore di questo genere di zecca, il Comune ricorre infine ad una citazione mirata, chiamando in causa un numismatico del Settecento:
“Guido Antonio Zanetti, nel volume Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia (1779), così la descrive riferendosi ai Principi di Piombino” : «Questi le fecero coniare nella propria Zecca che avevano fatto erigere sì in Piombino in luogo vicino alla Cittadella, ove ancora si conserva la fabbrica sebbene negletta, che in Follonica, come pure nell'Isola d'Elba oltre Rio, ed anche in Marciana restando oggidì denominata una stanza di ragione della Casa Bernotti la Officina della Zecca”..
Il fantasioso numero di zecche cosparse nel piccolo Principato di Piombino (Follonica, Rio e Marciana) non regge il confronto con la reale disponibilità monetaria della Famiglia Appiani.
A tale proposito è sufficiente riportare il parere della Prof.ssa Travaini che così si esprime: “Vorrei però ricordare che questa trattazione sulle monete di Piombino dello stesso Zanetti fa parte di una grande dedica dell'intero volume all’eminentissimo e reverendissimo Principe Cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi dei principi di Piombino eccetera eccetera. Benché lo Zanetti fosse uno studioso di grande serietà, il fatto di aver inserito questa nota in chiusura della sua trattazione sulle monete di Piombino (posta in apertura al volume e da lui redatta) può lasciar pensare a una lieve sfumatura di ostentazione nell'enfasi elogiativa”.
Non tutto è evanescente
Un’altra citazione dello stesso Comune Marciana ricorda che: “il Museo della Zecca di Marciana è stato inaugurato nel 2014 su progetto degli architetti Silvestre Ferruzzi e Luciano Giannoni”.
A questo punto, per meglio capire come sono andate le cose, si rende opportuno chiedere a terzi in causa per quale motivo ufficiale sono stati richiesti e ottenuti dalla Pubblica Amministrazione i fondi utilizzati per la progettazione e l’allestimento di quel luogo a dimostrazione di zecca. Tale domanda si reputa legittima in quanto questo Museo oltre ad aver sottratto al patrimonio archeologico del nostro Paese un luogo di notevole valore storico e rappresentativo dell’epoca etrusca a cui viene attribuito, i fondi utilizzati per l’altra finalità rappresentano una distrazione di pubblico denaro a scopo (senza entrare in dettagli) non certo previsto dalla legge.