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Renato Porfido: un attore poliedrico

By Rino R. Sortino October 18, 2024 334
Renato Porfido Renato Porfido

Ha 47 anni ed è originario di Bussoleno, in Val di Susa (TO), di padre campano e madre abruzzese. Dal teatro alle serie tv, passando per gli spot pubblicitari ed il cinema, negli ultimi dieci anni Renato Porfido di strada ne ha percorsa parecchia. Dal momento che la recitazione è sempre stata la sua grande passione, partecipò a dei corsi amatoriali, anche quando lavorava nell’ambito della sua impresa edile. L’attore, Renato lo iniziò a fare nel 2012 dopo aver studiato al teatro Nuovo di Torino ed essersi diplomato nel 2011. Poi fece un anno di spot pubblicitari a Milano e ad un certo punto sentì l’esigenza di trasferirsi a Roma (la capitale del cinema), nel 2012 proprio per fare l’artista a tempo pieno. E’ definito un attore poliedrico perché è capace di spaziare da ruoli comici a ruoli drammatici

Renato Porfido lo abbiamo incontrato per conoscerlo più da vicino. Come tanti giovani che intendono affrontare il set cinematografico. Probabilmente all’inizio hai dovuto affrontare dei sacrifici, vero?

Si, i primi tempi non sono stati facili. A Roma dormivo su un camper con un amico, un aspirante attore. Al Teatro Nuovo di Torino mi sono diplomato, e mi ritengo fortunato di aver  ricevuto gli insegnamenti di grandi professionisti e registi che sono stati molto importanti per la mia formazione. In seguito mi trasferii a Roma proprio per cominciare a lavorare. Con il tempo riuscii a realizzare i miei obiettivi e tra il 2012 e il 2014 partecipai ai seguenti film e fictions: “Provaci ancora prof 5” al fianco di Paolo Conticini e Pino Amendola, “Squadra Antimafia 5 e 6”, “Il peccato e la vergogna 2”, “Furore”, “Gli anni spezzati”, “Kara Para Ask 6”, “Un’altra vita”, “Don Matteo 9”, “Universitari” di Federico Moccia, “Il comandante e la cicogna” di Silvio Soldini, “L’infiltrato” di Cristiano Barbarossa e altri ancora.

Ad un certo punto hai deciso anche di scrivere anche un libro

 Si. Dal momento che c’erano tante persone che mi chiedevano dei consigli, avvertii l’esigenza di scrivere un libro sulla base delle mie esperienze. Lo scrissi nel 2019 e nel “manuale dell’aspirante attore” ho cercato di spiegare che la recitazione si deve affrontare con impegno, senza scendere a compromessi. Come in qualsiasi altro ambito è necessario studiare e prepararsi bene, perché nonostante si sia predisposti, anche se si ha l’indole per la recitazione, alla fine si ha l’esigenza di studiare. Lo ritengo un testo molto utile perché nel 2012, se potevo disporre di un manuale simile, probabilmente avrei capito come destreggiarmi in quell’ambiente in un modo più naturale, invece le esperienze le ho dovuto fare sulle mie spalle.

In sintesi cosa potresti consigliare ai giovani che si accingono a diventare attori?

 L’esperienza la si acquisisce non soltanto sui libri, ma soprattutto facendo pratica su un teatro o su un palco di una compagnia amatoriale. Solo con la pratica si può riuscire ad avere la tranquillità di stare sul set .  Un attore non può limitarsi ad aspettare una chiamata da casa, si deve dare da fare, all’inizio, con le comparsate e i piccoli ruoli. Chi confonde le idee sono i reality, perchè chi li guarda è portato a pensare che sia possibile recitare senza studiare. Il problema è che quando ci si ritrova davanti ad una macchina da presa, iniziano le difficoltà. Nel nostro lavoro è importante essere sempre presenti, pertanto carico dei video da mettere sui social. Con Simona la mia compagna ho creato tanti sketch comici, oltre a video clip che inserisco sul mio canale you tube. Apparire sui social è utile perché poi le agenzie e i casting director riescono a seguirti e vedono il materiale che pubblichi.

Come vivi la tua dimensione di attore?

Questo lavoro io lo intendo fare a 360°. Ho fatto anche dei cortometraggi e collaboro anche come aiuto organizzatore delle scene di massa sul set (AOSM). Mi occupo anche di risolvere le problematiche del personale che opera nel cinema. Si, in un certo senso svolgo le funzioni del Sindacalista. Questa mattina ero ad un incontro al cinema Aquila dove l’argomento era quello delle ore di straordinario, dal momento che la giornata lavorativa si sa quando inizia, ma non quando finisce. I nostri avi, i nostri nonni lottarono per le otto ore giornaliere, le 40 ore settimanali ma a volte sui set si fanno 15,16,17 ore, quindi stiamo cercando di sistemare un po’ di situazioni. C’è una disgregazione anche tra i sindacati figuriamoci con le parti datoriali, però negli anni qualcosa abbiamo risolto. Io ho partecipato personalmente alla stipula del nuovo contratto nazionale degli attori generici, quelli che un tempo si chiamavano comparse.

Ci puoi raccontare le ultime tue partecipazioni sul set?

La veggente di Casavatore è un film di Marco Salieri nel quale interpreto il ruolo di un prete, Don Enrico De Rosa, che vive in un ambito veramente desolante. La protagonista, con le stigmate alle mani, ogni lunedì del mese aveva degli incontri con la  Madonna  e poi sosteneva di compiere miracolose guarigioni. In realtà si trattava di una ciarlatana imbrogliona che come spesso accade, riusciva ad approfittare dell’ingenuità e dell’ignoranza dei devoti. Inoltre dietro le guarigioni si nascondeva tutto un sistema di nefandezze dove persone fragili venivano indotte a prostituirsi attraverso la struttura della chiesa. Si tratta di un bel film che farà parte di una  serie, ma ancora non conosco i canali dove sarà trasmesso. Vorrei inoltre rammentare l’ultima mia partecipazione sulle scene che è quella di Ari Cassamortari un film che è andato in onda su Amazon Prime per la regia di Claudio Amendola.

 

 

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