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Enologia. La Cina è vicina. Sveglia! Questi non scherzano.

By Urano Cupisti December 09, 2020 2811
 
 accostamenti tibetani

Chi mi conosce e mi segue sa che da anni studio l’evoluzione della vitivinicoltura in Cina. Più volte ho parlato dei passi da gigante in questo settore, se pur “criticato” da molti.

Non arriveranno MAI ai nostri livelli, non hanno la retrocultura millenaria, non hanno territori adatti all’allevamento dei vitigni, sono sprovveduti in tutto”. Senza riportare le frasi offensive.

Oggi registriamo che la Cina è il quinto produttore mondiale di vino. Da diversi anni ha permesso agli occidentali europei di eseguire “saggi” dei terreni a Nord (Mongolia interna) ad Est (verso la Manciuria),nel Centro (Ningxia) ad Ovest ( verso il Tibet) per identificare i micro climi ideali per l’ allevamento dei vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Pinot Nero, Petit Verdot, Merlot, Sauvignon Blanc, Chardonnay, senza dimenticare gli studi sul Sangiovese, Colorino, Canaiolo per la produzione del Chianti, autenticamente cinese 基安蒂.

In seguito hanno iniziato la produzione di vino con l’aiuto di agronomi, enologi, chef de cave francesi, italiani, spagnoli mandando, in contemporanea, i loro giovani a studiare scienze agrarie ed enologia nelle università di Bordeaux, Montpellier, Lione e far pratica anche presso le nostre aziende più blasonate.

 
 Chianti in cinese

Hanno stretto legami economici e joint venture, ovvero accordi fra aziende per realizzare determinati progetti in tempi limitati, sotto l’attenta vigilanza del governo cinese. L’accordo più significativo?

Dare da bere vino al 10% della popolazione. Ma vi rendete conto, in numeri, quanto rappresenti il 10% dei cinesi?

È di oggi la notizia del “vino che fa volare sopra le nuvole": un vino prodotto con la supervisione del Gruppo francese LVMH ai confini con il Tibet e la sua bottiglia misteriosa ed esclusiva commercializzata nella rete distributiva dello stesso colosso francese LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy, tanto per capirci).

A parlarne è Francesca Landolina su Cronache di Gusto.it del 4 dicembre.

A dire il vero ero già a conoscenza di questo investimento in quella parte remota della Cina e dopo la notizia di per sé emblematica, definita allora come allegorica, ne avevo perso traccia e sostanza.

Francesca Landolina la riprende e ne parla a seguito di una degustazione che, da quanto riportato qui sotto, l’ha letteralmente sconvolta. E i pregiudizi si frantumano.

 
 Vigne a 2.600 metri di altezza

“La Cina potrebbe diventare uno dei Paesi più importanti per la produzione di vino nel mondo? Potrebbe sfidare anche la Francia e i suoi Bordeaux?” si chiede Francesca.

“Ci sono ancora tanti interrogativi aperti, ma una cosa è certa: mentre i big già affermati nel mondo del vino sono impegnati alla conquista del mercato cinese, Ao Yun, il vino del Tibet, parte all’assalto dell’Occidente. E lo fa con un grande vantaggio: è il nato tra i prestigiosi vini dell’impero LVMH, il big del lusso di Bernard Arnault. LVMH ha puntato sull’esclusività”.

Ao Yun, un blend di Cabernet Sauvignon 74%, Cabernet Franc 20%, Syrah 4% e Petit Verdot 2%, cresce nella vallata tibetana del fiume Dza-Chu (meglio conosciuto con il nome thailandese Mekong, il fiume che percorre ben sei nazioni: Cina, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam) ad una altezza compresa tra i 2.200 e i 2.600 metri.

 
 Vino Ao-Yun

Meglio precisare il suo vero aerale, la provincia nord dello Yunnan, al confine con il Tibet.

Il territorio di quattro villaggi che presto saliranno alla cronaca mondiale come villaggi Grand Cru del vino Ao Yun: Adong, Shuori, Sinong e Xidang. E guardate che non è affatto una battuta visto che la bottiglia è in vendita intorno ai € 300,00.

Francesca Landolina sciorina numeri per far capire che non è uno scherzo: 314 parcelle distribuite su 28 ettari di terreno con l’impiego di centoventi famiglie contadine di quella provincia per una produzione da definirsi di “nicchia”: solo 21mila bottiglie.

“Aggiuungo che il risultato è stato sorprendente. Un vino raro e di ottimo livello gustativo, complesso e multi-sfaccettato”.

Analisi sensoriale eseguita da Francesca Landolina:

“Il vino ha un colore scuro e profondo. Al naso rivela freschezza, aromi di fumo, legno di cedro, frutta gialla ed esotica che si mescola ai frutti rossi, ribes nero e mirtilli. Evidenti note balsamiche e cenni di muschio bianco. Al palato è persistente ed elegante, con tannini estremamente morbidi e densi, seguiti dal lungo finale minerale sapido. Di certo un grande rosso che fa “volare sopra le nuvole”, come indica il significato del suo nome, e che fa viaggiare con la fantasia tutti coloro che in un vino cercano territori, storie, persone e avventure”.

L’enologo Maxence Dulou, da parte sua, aggiunge:

“La fermentazione malolattica si è svolta per 3 mesi in botti (32%) e vasi di argilla (68%), che aiutano a compensare la mancanza di ossigeno in altura. È seguito un affinamento per 14 mesi in botti di rovere nuove (32%) e di secondo passaggio (68%), regalando ancor più finezza al vino”.

Amici eno-scettici prendete appunti:

“A partire dal 2016, nello Yunnan, hanno cominciato ad adottare un nuovo sistema di classificazione del territorio basato sull’osservazione del suolo e la misurazione delle piante: il risultato è stata un’ulteriore frammentazione delle 314 parcelle in 900 sottoparcelle che mostravano caratteristiche simili; si è così cominciata a gestire ciascuna di queste sotto-unità in maniera indipendente”.

 
 Vigneti nello Yunnan

Ora tocca a noi imparare.

Maxence Dulou continua: “Questo nuovo sistema è riuscito a migliorare ancora di più la qualità dei grappoli. L’altitudine della Tenuta di Ao Yun, con la cantina ad Adong a 2.600 metri, è tra le più alte del mondo. A questa quota la quantità di ossigeno è inferiore del 25% e ciò influisce sulla percezione del gusto. Dopo tre annate, per la prima volta da quando è stato lanciato Ao Yun, l’assemblaggio finale della vendemmia 2016 è stato deciso a livello del mare, a Hong Kong, dove il grado di umidità dell’aria è più costante. Stiamo studiando le condizioni in cui avviene la degustazione per avere un’idea più precisa su come verrà percepito il gusto del vino in condizioni di altitudine e umidità dell’aria regolari”.

Nel chiudere l’articolo Francesca si chiede:

“solo avventura portata avanti dalla determinazione, passione e impegno di un gruppo di visionari o un attento risultato ottenuto secondo scelte scientifiche ben precise?”

e continua : “Il 100% delle operazioni sui vigneti è svolto a mano, secondi i principi della produzione biologica e della centenaria tradizione locale. Agli inizi del 2008, Estates & Wines, la divisione vini del mondo di Moët Hennessy, ha chiesto al Dottor Tony Jordan, enologo e scienziato australiano, di individuare in Cina un territorio che presentasse le condizioni ideali per la produzione di un grande vino rosso. Dopo quattro anni di ricerche è giunto nel nord dello Yunnan, dove ha trovato un microclima ideale nel villaggio di Adong. Nel 2012, affascinato dalla meraviglia di ciò che si nascondeva in questa remota parte del mondo, Maxence Dulou, enologo di Bordeaux, si è unito all'avventura di Ao Yun. Le spesse nuvole vaganti, caratteristiche della zona, sono un'eco del nome di Ao Yun, che significa proprio “volare sopra le nuvole”. Ed il vino riflette questo ideale”.

Giudicate voi.

Francesca Landolina per Cronache di Gusto.it 4 dicembre 2020

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Last modified on Wednesday, 09 December 2020 13:21
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