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SOLIDARIETA’ CON LE VITTIME DEL TERREMOTO: CON L’AMATRICIANA ... MA ANCHE SENZA

By Roberto Fantini September 01, 2016 9734

In questi giorni, fra le tante generose iniziative a favore delle popolazioni terremotate di Amatrice e dintorni, si è fatta notare la campagna incentrata sulla “pasta all’amatriciana”, piatto promosso nei ristoranti al fine di devolvere in raccolta fondi una piccola parte del relativo guadagno.
Ora, credo che la cosa richieda qualche breve riflessione.

E’ certamente fuori di dubbio l’encomiabilità dello spirito dell’iniziativa, a cui, tra l’altro, numerosi ristoratori delle più disparate località hanno dato immediata adesione. Essa rientra, in modo esemplare, nel novero di quelle tante piccole cose di facile realizzazione che si possono attuare per dare concretamente aiuto al prossimo, senza richiedere gesti particolarmente impegnativi.
Ma la proposta presenta dei limiti non indifferenti che occorrerebbe cercare di valutare e di superare, al fine di allargare al massimo le possibilità di un felice esito.
La “pasta all’amatriciana” (o “matriciana” che dir si voglia), infatti, comporta l’impiego (seppur in quantità contenute) di carne suina.
Questo implica (e stupisce davvero che non sia stato opportunamente considerato dai promotori e sostenitori della campagna) l’esclusione di una buona parte della popolazione mondiale, quella, cioè, che, per varie ragioni, rifiuta la carne suina o qualsiasi tipo di alimento carneo. Parliamo, insomma, di tutti coloro (buddhisti, induisti, teosofi, nonviolenti, ecc ...) che praticano il vegetarianesimo o il veganismo e di tutti coloro che rispettano regole alimentari ebraiche e islamiche.

kjlA questo punto, allora, perché non cercare, in nome della necessità di creare il massimo consenso intorno all’iniziativa, di allargare il ventaglio delle opzioni in ottica sanamente pluralistica? Ovvero, perché non prevedere di proporre, accanto alla “pasta all’amatriciana”, dei piatti alternativi accettabili anche dalle suddette categorie di individui? Piatti rustici, cioè, che abbiano ugualmente forti legami con la ricca tradizione culinaria delle zone colpite, quali potrebbero essere “tonnarelli a cacio e pepe” o “penne all’arrabbiata”?!
Ricordarsi dell’esistenza delle diversità culturali (e quelle gastronomiche non sono certo irrilevanti o secondarie), provando a rispettarle il più possibile costituisce sempre la strada migliore per poterci sentire veramente vicini fra tutti quanti noi, miseri abitanti di questo irrequieto e sventurato pianeta.
Soprattutto quando ci sentiamo più in pericolo. Soprattutto quando siamo particolarmente immersi nel dolore.
Magari ponendoci anche seriamente il problema se sia giusto o meno, in nome di qualsiasi fine (più o meno nobile) continuare a produrre altra sofferenza nei nostri fratelli minori, eterni dolcissimi bambini ... gli animali ...

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Last modified on Friday, 02 September 2016 09:15
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