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L’Italia ha aderito a numerosi strumenti internazionali in cui il divieto di tortura risulta perentoriamente espresso: la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto sui diritti civili e politici, laConvenzione dell'Onu contro la tortura, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura.
Fra tutti questi documenti, la condanna nei confronti della tortura è argomentata con particolare cura e categoricità dalla Convenzione dell'Onu contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti *, che l'Italia ha ratificato nell’oramai lontanissimo novembre del 1988 e che non si limita a mere enunciazioni di principio o a ottimistiche esortazioni, ma impone agli stati l'obbligo di considerare la tortura in quanto reato.
In palese contraddizione con le direttive discendenti dal diritto internazionale, però, il nostro ordinamento continua a non possedere una norma che recepisca tale disposizione.
Dal primo disegno di legge, infatti, presentato dal senatore Nereo Battello il 4 aprile del 1989 (subito dopo la ratifica della Convenzione) e da quello immediatamente successivo, presentato il 19 febbraio 1991 da Franco Corleone, numerosi sono stati i tentativi di introdurre il reato di tortura attraverso proposte di leggeche purtroppo, per diversi motivi, non sono mai giunte all'approvazione definitiva.
Nella XVI legislatura ci sono state addirittura ben 12 proposte di legge, senza che nessuna di esse riuscisse ad approdare neppure al dibattito in uno dei due rami del Parlamento.
L'attuale legislatura,la XVII, ha visto sin da subito interessanti proposte di legge in tema di reato di tortura. La discussione dei diversi testi è iniziata al Senato il 22 luglio 2013, per poi dar vita a un testo unificato presentato il 17 settembre alla relativa commissione Giustizia e approvato definitivamente in assemblea il 5 marzo 2014 con voto quasi unanime. **
Ma problemi su problemi sono continuati a sorgere e, ancora una volta, dopo alterne vicende e dopo tante speranze, tutto sembra destinato ad impantanarsi.
In merito alla situazione venutasi a delineare, ci siamo rivolti nuovamente a Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione sempre in prima linea in questa civilissima battaglia.***
- Patrizio, benché sia le Nazioni Unite che il Consiglio d’Europa abbiano definito la tortura “crimine contro l’umanità” e benché, solo in quest’ultimo anno, sia le Nazioni Unite, durante la Revisione Periodica Universale, sia la Corte europea dei diritti umani per il caso Diaz**** ci abbiano chiesto di colmare tale mancanza, questa legge, tanto attesa, e che, fino a poco fa, sembrava in "dirittura d’arrivo", appare ancora sospesa nella più grande incertezza.
Come ci dobbiamo spiegare questa nuova battuta d’arresto?
- Oramai siamo abituati a un pericoloso ping pong parlamentare. Aspettiamo questa legge dal 1988. Siamo nel 2015. La melina è prodotta da un senso di paura da parte delle forze politiche di inimicarsi il “partito” della Polizia. Purtroppo vi è ancora un forte condizionamento o meglio un auto-condizionamento. Il Prefetto Pansa, capo della Polizia, non si è infatti opposto alla codificazione del reato. Esiste però chi vuole scavalcarlo nell'interpretare i desiderata dei poliziotti. Il reato di tortura consentirebbe di distinguere chi si muove nel solco della legalità da chi, invece, commette un crimine sanzionato dalla comunità internazionale.
- E come giudicare le recenti affermazioni di Salvini (subito supportate da altri esponenti della destra nostrana), secondo cui le forze d polizia dovrebbero sempre godere di "libertà assoluta"?!
- Si tratta di dichiarazioni espressione di un populismo penale ben noto. La teoria delle mani libere è quella che ha prodotto Abu Ghraib o Guantanamo. Non è deterrente rispetto alla commissione dei reati. La sperimentò Rudolph Giuliani. Divenuto nel 1993 sindaco di New York, Rudolph Giuliani, un passato da procuratore e poliziotto, è stata la nuova icona della amministrazione della sicurezza pubblica nelle città. Sindaci e ministri, di destra e di sinistra, americani ed europei si sono ispirati alla sua dottrina delle mani sporche, non diversa da quella anti-terroristica, post attentato alle Torri Gemelle.Rudolph Giuliani è il politico che ha fatto della “tolleranza zero” una filosofia di comportamento pubblico. Ha usato il linguaggio per rompere con la tradizione sociale e solidale liberal-democratica e cristiana. Un linguaggio che ha avuto una sua traduzione mondiale e che si è posto in discontinuità con un uso delle parole moderato, sobrio, dolce e soprattutto politically correct, tipico delle democrazie post-belliche. La sua politica “zero tolerance” fu realizzata nel corso degli anni ‘90 insieme a William Bratton, promosso a capo della polizia newyorkese proprio dal sindaco Rudolph Giuliani. Essa si ispirava alla teoria dei “vetri rotti” (broken windows) messa a punto nei primi anni ’80 dal Manhattan Institute, secondo la quale era necessario ribattere colpo su colpo alla criminalità e alla devianza di strada. Veniva criminalizzato colui che per strada chiedeva l’elemosina, viveva o suonava all’aperto, lavava i vetri, si ubriacava o faceva graffiti sui muri. In sostanza, veniva criminalizzata la povertà al fine di rassicurare la classe media newyorchese e ridimensionare le sue paure. Furono allontanati i mendicanti e gli homeless dalle zone centrali e residenziali della città e furono deportati con la forza verso le aree più periferiche. Nei confronti di chi dava fastidio sociale non ci fu un contrasto di tipo giudiziario ma un contrasto fisico. I poliziotti erano addestrati a un corpo a corpo violento. La polizia si metteva al servizio della politica che in questo modo cercava facile consenso. Tra il 1993 e il 1997, le denunce di reato a New York calarono complessivamente del 45%. I sostenitori della “zero tolerance” gridarono al successo dell’azione di polizia. In realtà, nello stesso periodo la criminalità diminuiva anche là dove erano state adottate strategie di prevenzione della criminalità molto meno aggressive (Los Angeles) o finanche di tipo comunitario (Boston e San Diego). Si trattava di un trend generale. Solo a New York, invece, le denunce per violenze di polizia aumentarono del 75%. Violenze o, ancora più precisamente torture, visto che si trattava di reazioni di polizia sproporzionate rispetto ai fatti contestati, sganciate da ogni responsabilità penale ed esclusivamente finalizzate alla esaltazione del potere punitivo in nome della guerra alla paura e alla insicurezza. Non è un caso che, quando Rudolph Giuliani si candidò alle presidenziali nel 2008 contro John McCain, in riferimento alla legittimità della pratica del waterboarding, durante i lavori di un forum che si teneva nella città di Davenport, disse che lui, tutto sommato, apprezzava e condivideva la tecnica degli interrogatori aggressivi nei confronti delle persone sospette di terrorismo. La teoria delle mani libere, dunque, non previene i reati e tracima verso la tortura.
- E cosa occorrerebbe rispondere alla tesi sostenuta dal SAP (Sindacato Autonomo di Polizia)*****, secondo cui il fatto che la legge possa contemplare anche"sofferenze di natura psicologica", rappresenterebbe un colossale regalo ai delinquenti e a coloro che desiderano "dare una lezione" alla polizia?!
- Ma, allora, che dire di quelle sofisticate forme di tortura quali la deprivazione del sonno, la minaccia di morte ai familiari, l'isolamento sensoriale?
Distinguere la sofferenza fisica da quella psichica è anti- moderno, a-scientifico, scorretto.
RIFERIMENTI
*****http://www.sap-nazionale.org/flash_speciale.php