L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Turchia: accentramento e cooptazione

By Carlotta Caldonazzo May 24, 2016 10004

Nominato il nuovo primo ministro e presidente del Partito Giustizia e Sviluppo, la Turchia si avvia verso un nuovo sistema costituzionale e tenta di affermare il proprio ruolo di “interlocutore chiave” in Medio Oriente

 

L'insediamento del nuovo primo ministro turco Binali Yıldırım non è il primo segnale dell'accentramento di poteri ai vertici di Ankara, ma l'uscita di scena di Ahmet Davutoğlu segna la fine di quel minimo di dialettica politica interna al governo e al partito Giustizia e Sviluppo (AKP). Già quest'ultimo fatto è indice di un cambiamento avvenuto: la fine del sistema parlamentare e l'instaurazione di un sistema presidenziale de facto. La riforma costituzionale è ancora solo nelle intenzioni del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, ma quest'ultimo, già nel suo simbolico trasferimento di residenza da İstanbul ad Ankara dopo la vittoria alle prime presidenziali della storia della Turchia, aveva dato un segnale chiaro: la sua prima tappa era stata una preghiera personale alla moschea Eyüp Sultan, meta di pellegrinaggio dei musulmani turchi ma anche il luogo in cui i sultani ottomani erano soliti pregare prima dell'ascesa al trono.

Con lo stesso spirito, lo scorso 22 maggio, al congresso straordinario dell'AKP per la nomina del nuovo presidente, Erdoğan non ha partecipato in prima persona perché la costituzione turca stabilisce l'imparzialità del presidente della Repubblica. Tuttavia, “virtualmente” la sua presenza era forte e non solo per la nota scritta che ha mandato e di cui è stata data pubblica lettura. La sala era piena di manifesti con la sua immagine e in apertura il ministro della giustizia Bekir Bozdağ, che presiedeva il congresso, ha ribadito chiaramente (e in barba alla costituzione vigente) che “l'AKP resterà il partito di Tayyip (Erdoğan n.d.r.) finché la nostra gente dirà che è il partito di Tayyip... l'AKP ha solo un leader, il nostro presidente Recep Tayyip Erdoğan”. Quindi, la lettura della nota scritta del “Presidente”, che auspica l'abolizione di “questa strana regola che obbliga il presidente a recidere i legami con la dirigenza del partito”. Come dire che il problema principale di Palermo è il traffico. In un momento in cui vi sarebbero diverse questioni urgenti da affrontare, il neoeletto presidente dell'AKP Yıldırım indica esplicitamente la priorità massima della Turchia: “la cosa più importante che abbiamo da fare oggi è trasformare una situazione de facto in una situazione ufficiale, per porre fine alla confusione, e il modo per farlo è una nuova costituzione che instauri il sistema presidenziale”.

Infatti Yıldırım, ingegnere navale, è da sempre un alleato fedele del presidente turco, sin dal suo esordio negli anni '90 come direttore della compagnia dei traghetti di İstanbul, quando Erdoğan era sindaco della città. Co-fondatore dell'AKP, di formazione conservatrice, da ministro dei trasporti, degli affari marittimi e delle comunicazioni ha portato a buon fine i grandi progetti che dovrebbero rappresentare la “grande Turchia”, la “nuova Turchia”. Uno fra tutti, il terzo ponte sul Bosforo (i lavori sono stati affidati all'italiana Astaldi e al gruppo turco Ictas), la cui inaugurazione è prevista per agosto. Nominato presidente dell'AKP con un plebiscito, in un congresso che è stato, secondo le sue stesse parole, “un esempio di vera lealtà”, ha ricevuto 1405 voti su 1411 (i restanti sei voti sono stati dichiarati non validi). Nella stessa seduta, Davutoğlu ha lasciato ufficialmente la carica di presidente del partito (e di primo ministro), che deteneva dall'agosto 2014, quando Erdoğan aveva ottenuto la presidenza della Repubblica. Nella sua dichiarazione conclusiva, ha esortato i suoi colleghi a tenersi alla larga dalla corruzione politica, precisando che le sue dimissioni sono state una mossa necessaria per evitare spaccature nel partito. “Nessuno è insostituibile”, ha aggiunto, “ma l'AKP ha sei valori insostituibili: la tutela della dignità umana, il seguire la propria coscienza, la condivisione del sapere, la giustizia, la solidarietà nazionale e la volontà popolare. Per questo uno dei traguardi più importanti della nuova era sarebbe stato avere una costituzione libera e democratica”.

Tuttavia, il cammino verso la democrazia per Ankara (e non solo) è ancora lungo. Secondo il presidente del Partito repubblicano del popolo (CHP) Kemal Kılıçdaroğlu l'ultimo congresso dell'AKP è stato un vertice “sul modello coreano”, in riferimento al regime di Pyongyang. Intanto, dal Partito democratico dei popoli (HDP, filo-curdo e impegnato sul fronte dei diritti umani) arriva un allarme sull'uso politico dell'abolizione dell'immunità per i parlamentari indagati. Solo il suo presidente Selahattin Demirtaş ha 41 inchieste aperte a suo carico, con capi d'accusa che vanno dall'insulto al presidente al sostegno a un'organizzazione terroristica (con riferimento al Partito dei lavoratori del Kurdistan – PKK). Gli ultimi sviluppi (come se ce ne fosse bisogno) hanno destato preoccupazione nelle cancellerie europee e a Washington. La cancelliera tedesca Angela Merkel, ad esempio ha espresso i suoi timori riguardo alle condizioni della minoranza curda e per la mancanza di democrazia. “Uno stato democratico ha bisogno di un sistema giudiziario indipendente, di una stampa indipendente e di un parlamento forte”, ha detto a Erdoğan durante il vertice mondiale sui diritti umani che si è tenuto nei giorni scorsi a İstanbul. Dal canto suo, Erdoğan ha più volte esortato l'Unione Europea a rispettare i termini dell'accordo sul ricollocamento di migranti e rifugiati e ad accelerare le pratiche per l'abolizione dei visti per i cittadini turchi in area Schengen. Un invito velato di minaccia: se non si procede verso l'integrazione della Turchia, gli accordi bilaterali con l'UE potrebbero saltare.

La situazione che ora viene additata dalla comunità internazionale come motivo di apprensione è frutto di anni di scelte politiche del partito di governo (l'AKP), soprattutto dal 2014. Eppure al momento di stipulare l'accordo sul ricollocamento dei migranti e rifugiati nessuno ha sollevato obiezioni sulla definizione della Turchia come “paese terzo sicuro”. Basti pensare, a proposito di democrazia e di una costituzione che impone al presidente della repubblica l'imparzialità, che sarà Erdoğan a presiedere la prima riunione del nuovo governo formato da Yıldırım. Lo stesso presidente turco ha assicurato che gli ultimi emendamenti alla legge anti-terrorismo, che hanno suscitato critiche in UE (in quanto pretesto per la repressione del dissenso politico), non sono negoziabili. Similmente, Ankara non mostra l'intenzione di rivedere la sua politica dei visti nei confronti dei cittadini greco-ciprioti, altro punto incluso nelle 72 condizioni che Bruxelles ha chiesto alla Turchia di rispettare in cambio della libera circolazione dei suoi cittadini in area UE. Ma ora Erdoğan ha dalla sua una maggioranza compatta, come ha detto Yıldırım all'ultimo congresso dell'AKP: “la tua passione è la nostra passione, la tua causa la nostra causa, il tuo cammino il nostro cammino”. Frasi che rievocano pagine oscure della storia europea.

Le mire accentratrici di Erdoğan, nondimeno, hanno anche risvolti tragicomici: durante il World Humanitarian Summit dei giorni scorsi, il presidente turco ha salutato il primo ministro greco Alexis Tsipras, domandandogli in un misto di turco e inglese dove fosse la sua cravatta e ricordandogli che in una precedente occasione gliene aveva regalata una lui stesso. Altro che la questione di Cipro! Tsipras è senza cravatta. Ma il re, anzi il sultano, è nudo.

Rate this item
(0 votes)
Last modified on Wednesday, 25 May 2016 18:00
© 2022 FlipNews All Rights Reserved