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Accordi di cambio e speculazione: gli sforzi per realizzare una valuta unica dei BRICS e il caso dello yen giapponese

By Marco Sarli September 23, 2024 241

Ho da poco riletto il mio articolo su "Accordi di cambio e speculazione: spunti per un nuovo approccio" (Rivista bancaria-Minerva Bancaria n°5 settembre-ottobre 1993) e ho realizzato che l'approccio ivi individuato è perfettamente applicabile al percorso lungo e faticoso che dovrebbe, il condizionale è d'obbligo, portare alla nascita di una valuta unica dei paesi BRICS (i cinque originari più i sei che hanno successivamente aderito) e alla preventiva nascita di una banca centrale adeguatamente fornita di riserve auree e valutarie.

Per chi non ricordasse gli sconvolgenti eventi del giugno-luglio 1992, ricordo che, in conseguenza dell'attacco del finanziere George Soros e della flotta di operatori che a lui si erano accodati, la lira italiana e la lira sterlina furono, dopo una strenua difesa delle rispettive banche centrali, costrette a svalutare e ad abbandonare temporaneamente il Sistema Monetario Europeo, salvo rientrarvi successivamente ad un allargamento del margine di fluttuazione che venne fissato al 15 per cento.

Fu proprio quella svalutazione, unita ai movimenti al ribasso conseguenti alla accentuata instabilità politica del 1995 a mettere in discussione la possibilità dell'ingresso della nostra valuta nel gruppo di partenza dei paesi che avrebbero dato vita sin dall'inizio all'euro e che, comunque, influirono fortemente sul valore della lira al momento della fissazione delle parità fisse e irrevocabili tra le singole dodici valute partecipanti e l'euro.

Nei miei quattro articoli sui danni provocati dall'ingresso "prematuro" nell'euro pubblicati sul Nuovo Giornale Nazionale non intendo tornare se non per dire che si trattò dell'ultima e significativa svalutazione della nostra moneta e che la gestione politica della transizione (Governo Berlusconi) determinò per tutti coloro che subivano e non determinavano i prezzi un significativo e mai recuperato impoverimento.

Mentre tutto quanto sovra menzionato è Storia, un importante gruppo di Paesi, Russia, Sudafrica, Cina, India e Brasile più altri cinque nuovi aderenti ed altri in lista di attesa si accingono, almeno nelle intenzioni dichiarate, a percorrere l'impervia via che porta alla realizzazione di una banca centrale unica e all'emissione di una valuta, con l'assistenza dello stesso esperto statunitense che si occupò della realizzazione dell'euro.

Ora sono a tutti evidenti le maggiori diversità tra i Paesi partecipanti rispetto a quelle esistenti tra le nazioni che dettero vita all'euro, nazioni che avevano alle spalle decenni di convivenza nelle istituzioni economiche e politiche nate negli Anni Cinquanta e valute che da lungo tempo coesistevano più o meno pacificamente nei sistemi monetari via via succedutisi, anche se ritengo che le differenze sul piano dei rispettivi sistemi politici pesino di gran lunga di più di quelle relative ai dati economici.

Nel frattempo, questi Paesi non sono stati con le mani in mano e attraverso la banca cinese AIIB hanno sviluppato un sempre più intenso volume di interscambi regolati in prevalenza sotto la forma del baratto di merci ma non escludendo scambi espressi in valuta.

Lasciando questo gruppo di Paesi alle prese con il lungo percorso che potrebbe concludersi nella nascita di una vera e propria banca centrale e di una valuta comune, assistiamo sul mercato dei cambi dominato, almeno per ora, dal dollaro, dall'euro, dallo yen e dalla sterlina inglese ad un difficilmente sostenibile clima di tensione dovuto al fatto che ci si trova in una situazione di avanzi e  disavanzi strutturali che non viene appieno riflesso nelle quotazioni delle valute dei rispettivi paesi e questo richiama, in particolare, alla mente uno dei più noti accordi di cambio, quello denominato del Plaza (dal nome dell'albergo di Manhattan dove si svolsero gli incontri) e che portò il Giappone ad accettare una rivalutazione dello yen sino a quota 100 nei confronti del dollaro statunitense.

Lo scivolone estivo dello yen sino ed oltre quota 160 va evidentemente in tutt'altra direzione e, anche sotto il profilo dei rispettivi tassi ufficiali di interesse, è facile notare che in presenza di un taglio dei tassi statunitensi di mezzo punto percentuale e all'annuncio de facto di ulteriori tagli per almeno un punto complessivo si è assistito al rafforzamento dello yen nei confronti del dollaro e dell'euro, un movimento certamente sgradito altre principali aree valutarie e che non va certo in direzione di una maggiore stabilità e prevedibilità del mercato dei cambi. È dovuto alla inazione della banca centrale giapponese che non adegua i tassi ad una inflazione che tocca ormai il tre per cento.

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