L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Perchè gli esseri umani sono così attratti dal narrare?
È una domanda a cui risponde Jerome Brune nei suoi libri, soprattutto ne “La mente a più dimensioni” e nel “La fabbrica delle storie”.
Jerome Bruner, psicologo stantunitense, è stato un pioniere della psicologia cognitiva e culturale, andando ad integrare e ampliare le ricerche di Piaget e Vygotskij e divenendo interprete dello strutturalismo pedagogico.
Essere un “animale narrativo” ha consegnato alla specie umana un vantaggio evolutivo e Bruner nei suoi libri ci spiega perchè.
Narrare deriva etimologicamente dalla radice gna-, che significa “rendere noto”, “consapevole”- ma può anche includere la definizione “Chi sa in un determinato modo”[1] a cui si aggiunge il suffisso -zione, connesso all'azione. Narrare quindi presuppone consapevolezza e punto di vista, ed è, quindi, un'operazione mai innocente, ma che ingloba sempre dei fini più o meno espliciti.
In La mente a più dimensioni, Bruner descrive due modalità cognitive diverse e complementari: la comprensione paradigmatica e la comprensione narrativa.
La prima organizza la conoscenza in modo geometrico: categorizzando, mettendo in relazione la causa con l’effetto, comparando, calcolando: può essere definita una forma di conoscenza di tipo scientifico che, seguendo un tracciato lineare basato sul criterio logico, consente una sola rappresentazione alla volta della realtà, utilizzando, per la validazione dell’esperienza, il principio fondato sul binomio vero/falso. Il suo linguaggio è disciplinato dai requisiti della coerenza e della non contraddizione.
Diversamente la modalità narrativa consente una pluralità di ricostruzioni/rappresentazioni contemporanee, avvalendosi non della logica causa-effetto ma dei diversi e numerosi piani di realtà che conducono il pensiero verso rotte infinite, come infinite sono le interpretazioni e le logiche possibili. Il pensiero narrativo interpreta i fatti umani mettendoli in relazione fra di loro e costruendo storie connesse al contesto, che non possono presciendere dalll' intenzionalità (voler fare qualcosa) e dalla soggettività (il proprio punto di vista) dei protagonisti.
In La fabbrica delle storie, Bruner offre un’interessante lettura comparata della relazione tra il Sé e la narrazione:
il Sé è teleologico, pieno di desideri e di aspirazioni, intento a perseguire scopi ed è di conseguenza sensibile agli ostacoli, risponde al successo o al fallimento: ed è vacillante nell’affrontare esiti incerti; il Sè ricorre alla memoria selettiva per adattare il passato alle esigenze del presente e alle attese future ed è orientato su “gruppi di riferimento” e su “altre persone importanti” che forniscono criteri culturali mediante i quali giudica se stesso; può rendere ragione e assumersi la responsabilità delle parole con cui formula se stesso e prova fastidio se non trova le parole; è capriccioso, emotivo, sensibile alle situazioni ma tende a ricercare e difendere la coerenza, evitando la dissonanza e la contraddizione mediante procedure psichiche altamente evolute.
Sul piano narrativo, le stesse peculiarità del Sé possono diventare regole per scrivere un buon racconto, coscienti del fatto che un racconto vuole una trama e per avere una trama interessante sono necessari ostacoli per il conseguimento di un fine; gli ostacoli fanno riflettere le persone e dotano i propri personaggi di alleati e relazioni.
Una storia apre porte, sprona a riflettere su infinite possibil interpretazioni, instilla il dubbio laddove la logica, consolidata dall’abitudine, condurrebbe sempre alla stessa risposta: crea disordine dove c’è ordine; infrange regole e si sviluppa nelle crepe dell’ovvio e del prevedibile. Una storia è vita.
Bruner J. La fabbrica delle storie, Laterza, pg 31