L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
E 'da poche settimane in libreria l'ultimo lavoro di Gabriella Gagliardi, Coronavirus. La paura il coraggio l'impegno. Frammenti di emozioni e pensieri (Armando Editore), un libro, nonostante la sua tematica, dalle tinte delicate, suggestivamente emozionante e capace di suggerire riflessioni sottili. Un libro che, senza pretendere di spiegarci tutti i perché della tragedia in cui stiamo vivendo, si offre di guidarci, con passo cadenzato e lieve alimentato da saggezza antica, a scrutare il nostro mondo interiore denso di fragilità e paure, ma anche di tanta voglia di coraggiosa reazione e serietà di impegno.
Un libro che, mentre ci troviamo immersi in una campagna vaccinale ipnotizzante e sottoposti, ancora una volta, a durissime misure di libertà individuali e collettive, divisi e contrapposti tra coloro che invocano e apprezzano tali misure, considerandole necessarie e doverose per la tutela pubblica, e coloro che, invece, le intendono come le ulteriori mosse di un piano volto a seminare paura e povertà per un vantaggio esclusivo di una mega cupola mondiale, ci può aiutare a metterci con onestà e fiducia di fronte a noi stessi, favorendo uno sguardo più penetrante e consapevole sulle nostre dinamiche psicologiche e favorendo, altresì, una meditata capacità di fronteggiare le nostre ansie dinnanzi agli interrogativi presenti e futuri delle nostre vite.
Con Gabriella, collega di tempi lontani ed amica ritrovata, è nata la conversazione che segue.
* Hai dedicato il tuo libro agli anziani e ai giovani. Perché?
Forse perché sono quelli che più si sono trovati a vivere in una condizione di forte cambiamento, di grandi rinunce, di lacerante deprivazione socio-affettiva?
- La dedica è una cosa importante che sorge dal profondo.
Sì, mi sembrano loro i più esposti e, soprattutto gli anziani, i più inermi. Ma c'è, nella mia dedica, anche un motivo autobiografico.
Io ho avuto il privilegio di poter vivere accanto a mia madre la sua vecchiaia, provando una tenerezza infinita. Lei era talmente delicata e gentile che, se appena le rispondevo con un tono di voce leggermente più alto, lei diceva: “scusa!”. A me quello “scusa” mi risuona sempre, non senza un sentimento quasi di colpa o di dispiacere. A tutti raccomando quindi di non sminuire mai il proprio amore per i nostri vecchi.
Anche i giovani sembrano particolarmente esposti a mancanze e privazioni. Essi sono stati definiti la generazione "senza padri e senza maestri". Ma hanno però un vantaggio, una forza inalienabile: la vita! E quindi il futuro e il coraggio. Sono perciò i protagonisti della storia a venire.
Ne parlo in conclusione del libro.
Per questo motivo ho la speranza viva per loro. Ne ho conosciuti molti veramente degni, seri e valorosi.
E 'per questa ragione che ho dedicato a entrambi il mio lavoro.
Agli anziani per la loro silenziosa saggezza.
Ai giovani per la loro fragorosa potenza di azione.
* Nella fase conclusiva del tuo libro, ci esorti a non essere risucchiati né dall'ottimismo “degli sciocchi”, né dal pessimismo “degli stolti”, a non lasciarci, cioè, ingabbiare e paralizzare all'interno dell'antinomia del “tutto andrà bene ”e del“ tutto andrà sempre peggio ”.
Ora, a distanza di diversi mesi, con uno scenario angosciante di enorme impoverimento di larghe fasce di popolazione, con attività scolastiche, culturali, artistiche e sportive quasi totalmente azzerate e, soprattutto, con una immensa difficoltà ad intravedere concreta possibilità di vera ripresa e di prospettive lavorative per i nostri giovani, quanto, mi chiedo e ti chiedo, è e ancora sarà possibile mantenere desta una realistica fiducia nel prossimo futuro?
- Anch'io oggi vacillo un po '. I problemi sono tanti e di grossa entità, e certo non si può pretendere di risolverli dall'oggi al domani; in più, proprio mentre scrivo, ci troviamo nel mezzo di una difficile crisi politica. Sembra un paradosso: una crisi nella crisi! Una vera alienazione della ragione.
Tutt'intorno c'è silenzio. Gli intellettuali tacciono. Sento solo le voci del Papa e del Presidente Mattarella (a vuoto!) ...
Di fronte a questo scenario, io stessa resto perplessa e provo momenti di scoraggiamento ...
Ma, tuttavia, la vita scorre e ci richiama a sé con la sua forza. A me bastano poche cose per riprendermi dallo smarrimento.Le poche cose sono piccole cose: una giornata di sole, il volto di un bambino, un affetto, la lettura di un libro con la scoperta di nuove verità, e tante altre occasioni di gioia. Ed è per esse che mi soffermo sempre su una riflessione, anche nei momenti estremi. La riflessione è semplice: è un avvertimento di me a me stessa. E 'come se io mi dicessi: so bene che certi princìpi alcune persone non li capiranno mai e che, pertanto, la lotta fra Eros e Thanatos per l'affermazione del Bene non avrà mai fine. Come dico nel libro, non ho certezze al riguardo. Ma io non posso, solo per questo, cedere all'inerzia del nichilismo. Se perdo l'impegno, perdo la speranza. E, se perdo entrambi, perdo la vita.
Che significato avrebbe la vita senza un senso da dare ad essa! La lezione di Camus ne La Peste risulterebbe vana e neanche io (e non solo certi politici) l'avrei appresa, allora!
Quindi, la mia risposta è SI '... è ancora possibile. Deve esserlo.
E, se non sarà una fiducia del tutto salda e realistica, sarà almeno una calma e impegnata attesa rispetto al futuro e anche una speranza, un orizzonte utopico per aiutarci a camminare.
* Molto dense di filosofiche riflessioni sono le pagine centrali che tu hai dedicato al tema della paura, giudicata come "l'emozione più grande". Sfortunatamente, la paura continuiamo ad incontrarla quotidianamente per strada, negli occhi di chi cammina diffidente, barricato dentro una o più mascherine, magari anche in un parco semideserto o in riva al mare ... ma questa paura, considerando l'assillante martellamento praticato dalla grancassa mediatica 24 su 24, credo che assai difficilmente possa essere considerata casuale o “naturale” ...
Ricordi Antonio Albanese con il suo orrendo personaggio del Ministro della Paura?
“IO SONO IL MINISTRO DELLA PAURA, E, COME BEN SAPETE, SENZA LA PAURA NON SI VIVE! UNA SOCIETA 'SENZA PAURA E' COME UNA CASA SENZA FONDAMENTA: PER QUESTO IO CI SARO 'SEMPRE NEL MIO UFFICIO BIANCO, CON LA MIA SCRIVANIA BIANCA DI FRONTE AL MIO POSTER BIANCO ... AAH CHE PAURA! CI SARO 'SEMPRE CON I MIEI ATTREZZI DEL LAVORO, LA MIA PULSANTERIA, PULSANTE GIALLO, PULSANTE ARANCIONE, PULSANTE ROSSO RISPETTIVAMENTE POCA PAURA, ABBASTANZA PAURA, PAURISSIMA. "
Insomma, dietro alla paura dilagante, non credi sia possibile scorgere una vera e propria (efficientissima)" industria della paura "?
- Magari fosse!
Purtroppo la paura è reale e il pericolo anche: tutt'altro che fantasioso.
Paura di morire (da soli) e paura di ammalarsi (da soli). E Morte reale e malattia reale coincidono. Entrambe non mi sembrano fabbricate o prefabbricate.
Diversa, semmai, è la speculazione sulla paura. Sì, quella può esserci, come indicato simpaticamente dalle parole di Albanese. Ma questa, purtroppo, è sempre esistita. Basti pensare soltanto, per esempio, ai populisti di tutto il mondo, che soffiano sui timori della gente per interessi di altro tipo. Anche quelli sono “pandemici”.
Ma, allora, anche in questo caso, sia pur ammettendo tutto quello che tu sembri supporre, tanto più risulta valida la mia risposta precedente in merito all'impegno.
Tanto più si insidia il Bene, tanto più dobbiamo mobilitarci per esso. Tu, che da tempo ti occupi di difesa dei diritti umani, lo sai sicuramente meglio di tanti altri.
* Nel tuo libro, da ex docente di filosofia e, soprattutto, da eterna studentessa eternamente innamorata della filosofia, tendi a sottolineare l'importanza del fare filosofia, in particolare modo di fronte alle grandi domande e sfide che la vita ci presenta. Non pensi, però, che il fare non dovrebbe avere una finalità eminentemente di carattere quietivo o consolatorio, ma risultare, bensì (come i grandi maestri soprattutto dell'Ottocento ci hanno insegnato), fonte inesauribile e spregiudicata di coltivazione del dubbio, di esercizio del sospetto e di attività di smascheramento?
E non ti sembra che, salvo rare eccezioni, di tutto ciò, in questo doloroso periodo, ci sia stato ben poco?
Non ti sembra che ad occupare la scena siano altri soggetti (politica, scienza, tecnologia, ecc.) E che, nelle varie scelte sostenute ed attuate dai vari governi mondiali, si possa scorgere (soprattutto per come sono state drasticamente limitate le libertà di infanzia , adolescenza e senilità) un doloroso deficit di approccio filosofico, ma anche di sensibilità e competenze psicologiche e psicosomatiche?
Gabriella Gagliardi |
- Alla filosofia si attribuiscono tanti diversi significati, ruoli e definizione. Io, ispirandomi ad Aristotele, per il quale essa nasce dal dolore e dalla meraviglia, la definisco: “Curiosità e dolore”.
Perché la filosofia è l'uomo, quindi gioia e dolore, felicità e pianto; è l'uomo pensante.
Il pensiero è l'uomo stesso, l'elemento divino dell'uomo, come diceva Pico della Mirandola.
In quanto pensiero, dunque, è tutto quello che tu dici. Contiene dubbio, prima di tutto, consolazione, smascheramento e, perché no, come conseguenza, forse anche sospetto. Ma con le dovute differenze e distinzioni, a seconda delle circostanze.
Oggi, davanti alle grandissime difficoltà, è, più che altro, aiuto: ci soccorre e ci consola, come la preghiera.
Dubbio e sospetto li attribuirei ad altre situazioni. E, comunque, fra dubbio e sospetto, farei una distinzione. Il primo ha una connotazione più razionale ed è ermeneutico. E 'senz'altro positivo. Il secondo contiene un elemento emotivo, in quanto comporta la paura dell'inganno, ed è sì lecito, ma una condizione che non venga trasformata in certezza, perché, in questo caso, diventerebbe il contrario del dubbio.
Il dubbio è sempre aperto. Il sospetto esige la verifica. Se le prove non possono essere certificate, può finire per affermare certezze marmoree quanto quelle ufficiali.
Vorrei aggiungere, fuor di allusioni e fraintendimenti, che io, comunque, nel mio libro, non affronto il tema delle politiche mondiali messe in atto per fronteggiare il virus, ma mi limito ad analizzare gli stati d'animo, le emozioni, i pensieri e le diverse reazioni dell'essere umano rispetto a tutto ciò che lo minaccia. E lo faccio per un particolare interesse verso la profondità del nostro io. In definitiva, è un saggio (non triste) sull'uomo di fronte alle prove della vita.
* Fra le cose più belle presenti nel tuo lavoro, credo meriti una particolare menzione la poesia di una bimba sul tema dell'Infinito, definito come "il nostro più fidato amico e la nostra più temuta paura". Perché questa tua scelta?
- Quando scrivo di cose serie, mi piace intervallare e alleggerire il discorso con qualche notazione di altro genere. Così è capitato con la poesia della bambina che ha introdotto una nota di freschezza nella trattazione. L'ho fatto anche nelle pagine successive, con un'altra storiella molto speciale che riguarda due gatti, Mao e Dybala, ed un loro soccorritore. La poesia me l'ha inviata Sara, una bambina che ama leggere e comunicare, con cui mi diletto a dialogare.
Ho notato come una bimba, proprio in un clima di clausura, ha sentito la spinta a parlare di infinito. Trovando quindi, una evasione da momenti difficili. Ho avuto la conferma che l'infanzia è creativa per antonomasia, e ho fatto un paio di considerazioni:
* anche nelle situazioni più difficili può nascere un momento di gioia;
* la cultura è importante sempre e tutte le età, anche per i piccoli, perfettamente in grado di sorprenderci.
Quindi, vorrei offrire al lettore per chiudere la nostra chiacchierata, in anteprima e per intero, questo piccolo componimento.
L'infinito si estende tra di noi;
l'infinito non è paragonabile;
esso percorre le nostre vite
ed i nostri pensieri;
Lui è il nostro più fidato amico
E la nostra più temuta paura.
Non lo ha mai capito nessuno.
E 'l'incognita più grande e oscura
E finché la morte vivrà
Mai nessuno lo capirà.
Gabriella Gagliardi
Coronavirus. La paura il coraggio l'impegno. Frammenti di emozioni e pensieri
Editore: Armando Editore
Gabriella Gagliardi, nata a Salerno, laureata a Napoli in Filosofia Morale, vive da molti anni a Roma dove ha insegnato Filosofia, Pedagogia e Psicologia nell'indirizzo sperimentale pedagogico di un Istituto Magistrale. Fra i suoi libri, ricordiamo: Psicologia del malato oncologico. Non muore il desiderio, Armando Editore, Roma 2019
(https://www.flipnews.org/component/k2/psicologia-del-malato-oncologico-non-muore-il-desiderio.html)