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La mitologia sumera ha avuto le sue prime traduzioni a partire dal 1950, il mito di Inanna viene tradotto solo nel 1979, per questo motivo, forse, sono tutt'oggi poco conosciuti. Andrebbero riscoperti perché raccontano di un tempo non ancora frammentato nelle sue componenti emotive, un tempo gilanico, e la mitologia rispecchia questo equilibrio delle polarità maschile/femminile.
Si può pensare che la mitologia mesopotamica rappresenti l'ombra delle nostre radici ebraico - cristiane: tutto quello che non si è voluto vedere per millenni e millenni , e forse, non è un caso che la sua riscoperta sia stata così tardiva rispetto ad altre culture. (Cit)
Paola Palmiotto introduce i miti sumeri attraverso un excursus iconografico sulle raffigurazioni neolitiche della Grande Madre: statuette dal ventre gonfio e dal seno prosperoso, simboli di fertilità e rigenerazione, studiati dall'archeologa Marja Gimbutas.
L'autrice colloca geograficamente e cronologicamente i racconti mitici per poi andare ad esplicitare la visione del mondo che è alla base della narrazione.
Già la cosmogonia rivela un substrato di pensiero profondamente differente rispetto ai miti di origine greci e babilonesi: la separazione tra cielo e terra è un evento necessario e la nascita della vita è un atto d'amore e di bellezza; per i Greci, invece, fu un gesto di violenza, la castrazione di Urano, a dare origine alla vita e all'amore (dalla castrazione e dalla spuma nacque Afrodite). Solo pochi anni dopo gli assiri raccontano un'origine ancora più cruenta: il mondo nasce dal cadavere di Tiamat, la Madre-abisso, uccisa e fatta a pezzi dall'eroe Marduk.
La nascita dell'uomo ha lo scopo di alleviare la fatica degli dei minori, ed Enki, oltre a crearli si schiererà in più occasioni dalla loro parte: correggendo il loro destino e salvandoli dal diluvio contravvenendo ai divieti degli altri Dei.
Enki è “colui la cui parola è giusta”, è Enki che fa rinascere Inanna, è il maschile del pre-patriarcato, un maschile solidale e creativo, in grado di portare in superficie le acque fecondanti. Ciò che lo caratterizza non è il conflitto, non è lo scontro, ma piuttosto la saggezza, l'integrazione di parti diverse, la capacità di trovare soluzioni altre. (cit).
Da un punto di vista psicoanalitico Enki è la coscienza vivificata dal Sé, come sostiene Jung “ogni parte di inconscio che affiora alla coscienza porta nuova energia creativa” (Jung, 1946).
Il corteggiamento tra Inanna e Dumuzi offre squarci di seduzione erotica e tenerezza, sempre nell'ottica della bellezza e della fertilità vegetale: Inanna tentenna, ma poi si convince e sposa il suo pastore dando origine all'antico rito del matrimonio mistico: ogni nuovo re, infatti, doveva accoppiarsi con una sacerdotessa di Inanna per offrire alla città abbondanza e prosperità ; con l'avvento del patriarcato il matrimonio mistico così ritualizzato si trasformerà nella “meretrice di Babilonia” citata nel Nuovo testamento (Apocalisse di Giovanni).
Ma il mito che più di tutti si presta ad un'interpretazione junghiana di incontro e integrazione dell'ombra è quello della discesa di Inanna negli inferi per abbracciare la sorella oscura Ereshkigal. Non sappiamo perché la dea voglia scendere nell'oltretomba contravvenendo alle regole divine secondo le quali nessuno torna vivo dal regno dei morti (sono molti i frammenti andati perduti).
La sua discesa prevede che la dea si spogli dei 7 “me”, rimanendo nuda davanti all'ira della sorella. Inanna verrà trasformata in cadavere e appesa a un gancio e la sua salvezza verrà riposta nelle mani dell'ancella Ninsubur che pregherà prima il nonno paterno, Enlil, poi il padre, il Dio della luna Nanna, per trovare infine ascolto e comprensione solo in Enki. Sarà Enki a modellare con lo sporco le due figure che faranno da coro al lamento di Ereshkigal riuscendo ad ottenere in cambio di tale compassione il corpo della Dea, che risorgerà con il cibo e l'acqua divini. Ma per ogni corpo che esce vivo, i giudici infernali chiedono una nuova vita. Chi non abbasserà il capo, chi non avrà il dono dell'umiltà sarà il prescelto nella sostituzione: Dumuzi rimane sul trono davanti ad Inanna risorta, sarà lui, dunque, a prendere il suo posto dopo una fuga e 2 trasformazioni. Ma Inanna ascolta i lamenti della sorella di Dumuzi e così verrà deciso: Geshtinanna, la sorella, prenderà il posto di Dumuzi nell'oltretomba per 6 mesi, e per il resto dell'anno sarà il pastore a scendere nel regno dei morti. Un mito che spiega le stagioni, molto differente da quello greco di Demetra e Persefone: Persefone arriva passivamente negli inferi, qui chi scende è sia un maschile che un femminile. Gestinanna è il nuovo femminile, Dumuzi è il nuovo maschile.
Torna Enki nelle ultime pagine del libro, torna come difensore dell'umanità condannata alla sparizione attraverso il diluvio, e la simbologia animale, in questo caso, si presta a interpretazioni alchemiche: a far ritorno sulla nave, infatti, non è una colomba bianca come nel mito biblico ma un corvo nero, animale notturno collegato alla morte.
“E forse è proprio questo che dovremmo imparare, siamo abituati ad aspettare la colomba col il suo ramoscello d'olivo, invece dovremmo imparare ad apprezzare il corvo, perché è lui che ci aiuta a far emergere una nuova terraferma dal mare del nostro inconscio”. (Cit.)
PAOLA PALMIOTTO
Il pre-patriarcato nella mitologia sumera:
una lettura simbolica secondo la psicologia analitica
Persiani editore 2009