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Tre studi a cura degli allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico coordinati da Giorgio Barberio Corsetti
Uno spettacolo itinerante, nella suggestiva location di Villa Piccolomini a Roma, ripercorre il pensiero, le opere e la poetica di Heiner Müller, drammaturgo e saggista, definito "il massimo poeta di teatro vivente", tra i maggiori autori tedeschi del XX secolo, nonostante questo poco rappresentato. Fulcro delle sue opere, di impronta brechtiana, sono gli scritti shakespeariani e i classici del mito.
A completamento di un laboratorio durato tre mesi, con il prezioso coordinamento di Giorgio Barberio Corsetti, gli allievi del II anno del Corso di Regia, Tommaso Capodanno, Paolo Costantini, Marco Fasciana, dirigono e mettono in scena, con l´intera classe di Recitazione del II anno, gli allievi del Master di Drammaturgia e Sceneggiatura nella funzione di dramaturg e otto giovani attori professionisti diplomati in Accademia, tre testi di Müller che dipingono un ritratto intimo e completo dell’autore tedesco frutto di un duro lavoro di sperimentazione e ricerca.
Paesaggio con Argonauti - Foto Tommaso Le Pera. |
Paesaggio con Argonauti, regia di Paolo Costantini, è la riscrittura mülleriana del mito di Medea e del viaggio verso la Colchide degli eroi greci guidati da Giasone, così come narrato da Apollonio Rodio. Al centro una grande vasca quadrata piena d’acqua con dentro vestiti e argonauti-naufraghi, sdraiati, immobili, personaggi persi, senza una patria, senza più identità, senza dignità, al margine del paesaggio, di cui non sono più né protagonisti, né tantomeno eroi. Medea siede su un cumulo di vestiti bagnati. Un’altra figura femminile, quasi diabolica, vestita di rosso con abiti maschili, colpisce con i panni bagnati gli argonauti mentre tentano invano di alzarsi. L’acqua riveste una grande importanza e i personaggi si fondono con essa. L’azione è accompagnata da musiche elettroacustiche che creano “paesaggi sonori”, in armonia o in contrasto con i movimenti e le parole degli attori.
Anatomia Tito Fall of Rome Un commento shakespeariano, regia di Marco Fasciana, è un testo inedito in Italia, per la prima volta rappresentato dagli allievi dell’Accademia. Si tratta di una riscrittura mülleriana del Tito Andronico di Shakespeare. Sulla scena un muro
Anatomia Tito Fall of Rome - Foto Tommaso Le Pera. |
attorno al quale si svolge la storia: appaiono e scompaiono i vari personaggi, oggetti, mani, gambe, dal muro escono i nemici macellati da Tito, e a loro volta macellai. La figlia di Tito, unica vestita di bianco candido in contrapposizione ai suoi aguzzini vestiti di nero, viene violata, mutilata, per finire, ormai svuotata e derubata della sua umanità, strangolata dal padre in un ultimo abbraccio. L’azione è interrotta dalla figura di un clown-narratore, quasi una maschera funesta, col volto dipinto di bianco e gli occhi cerchiati di nero, che commenta l’opera di Shakespeare, accompagnando con movenze esasperate del corpo le sue parole, mentre ragiona sulla caduta degli imperi e sull’incursione del terzo mondo sul primo. Il tema del dominio viene reso in modo molto incisivo e provocatorio. Le parole e le immagini sono violente e brutali, colpiscono e feriscono: anatomia del corpo e dell’anima.
HamletMaschine - Foto Tommaso Le Pera. |
In HamletMaschine, capolavoro mülleriano diretto da Tommaso Capodanno, il pubblico viene catapultato all’interno di un cabaret anni ’30 e si trova a far parte di ciò che avviene sulla scena, spettatore di performance quasi macabre, ma sempre in stile varietà, popolato da personaggi surreali, tra bare e ali angeliche, vita e morte, raccontano la storia di un attore che veste i panni di Amleto, dentro e fuori la scena, tra conformismo e rivoluzione. Il dramma svela un ritratto intimo del suo autore. L’ambientazione del cabaret, arricchita da una luce rossa, è funzionale per Amleto, condannato a ripetere ogni volta la sua dolorosa storia ad un pubblico da intrattenere. Anche in quest’ultimo quadro, la musica riveste un ruolo fondamentale, quasi a trasformare il testo in uno spartito, con precise cadenze ritmiche.
Contraddizioni, sofferenza, tormento, alienazione, conflitti, correlazione tra passato e presente, tra mito e storia, tra la società di ieri e di oggi, Müller delinea un nuovo linguaggio drammaturgico non solo verbale, ma anche visivo che prende forma e si fa corpo, reso efficacemente dalla scenografia e dall’interpretazione degli attori, nel suo esasperato pessimismo e in un realismo talmente estremo da oltrepassare la dimensione del reale. Uno spettacolo, molto forte nell’impatto visivo e nei contenuti, in cui tutto è movimento e dove i tre studi si fondono in un’unica narrazione efficace e coinvolgente, dove ogni cosa è talmente lontana da noi da risultare tragicamente attuale.
Colpisce l’allestimento scenico dei tre studi, molto abili gli interpreti a rendere la recitazione energica, intensa, cinica, drammatica, il tutto sapientemente diretto da una regia che è riuscita a rendere la complessità, le diverse sfumature e le molteplici chiavi di lettura che emergono dal linguaggio del controverso autore tedesco.