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Storia di una degustazione comparativa al Vinitaly 2016, padiglione Enolitech
In contemporanea con il Vinitaly, il Salone internazionale del vino e dei distillati, si svolge anche Enolitech, il Salone internazionale della tecniche per la viticoltura, l’enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie “dove è in mostra il know-how che permette all’Italia di essere leader nella produzione e nell’export di vino, olio e di tutti gli strumenti e gli accessori per la conservazione e il servizio”. (fonte:press office Vinitaly).
Un Salone nel Salone, visitato dagli addetti ai lavori, vignaioli in cerca di novità, curiosi delle nuove tecnologie. Meno pubblico di massa, più pubblico qualificato. E puoi gradire, apprezzare e gustare in tutti i sensi i risultati di ricerche, studi e, perché no, riscoperte di usi, strumenti persi nella Storia.
Cammino tra i corridori del Padiglione Enolitech perché atteso ad una degustazione importante, unica: capire l’evoluzione di alcuni vini prodotti in contenitori antichi rivisitati con tecnologie all’avanguardia.
Del cocciopesto, del suo riutilizzo in enologia ne ho parlato in altro articolo pubblicato nel marzo 2015 dal titolo Il Cocciopesto. Ritorno al passato ma…con tecnologie nuove: l’evoluzione della Specie. La differenza fatta da i vasi vinari di questo materiale; la derivazione dall’impasto crudo composto da frammenti di laterizi macinati (coccio), sabbia, legante cementizio e acqua.
“Si attende l’asciugatura e alla fine di tutto il processo produttivo si ottiene un materiale che mostra una notevole microporosità che esalterà sia la vinificazione che il successivo affinamento. Una semplice evoluzione della Specie”. Parola del Dott. Enzo Brini, enologo e uno dei convinti progettisti di Drunk Turtle.
Un conto è osservare, fotografare e comunicare la notizia. Altro è assaggiare, degustare, capire il vino prodotto in questi contenitori.
Ad attendermi Moreno Chiarugi, responsabile artistico, uno degli ideatori e il già citato Enzo Brini, enologo e responsabile tecnico.
La visita allo stand inizia con il ricordare le tappe fondamentali del progetto: il principio, l’evoluzione, le prove.
Il principio. “Valutare le caratteristiche dei contenitori in relazione alla permeazione di ossigeno, alla possibilità di cessione di elementi, in particolare metalli e all’effetto sensoriale dei differenti vasi vinari sul vino”. Inizia così Enzo Brini nel racconto. “Prove di permeabilità e cessione di metalli in diverse cantine con vini diversi tra loro e i dati risultanti ad oggi costituiscono un importante step del protocollo di studio”.
L’evoluzione. Il contenitore in cocciopesto è un vaso vinario rispetto a quelli presenti sul mercato in cemento, acciaio, legno e terracotta, più ecosostenibile. Viene prodotto in diversi formati (10,17 e 25 ettolitri). A questa edizione del Vinitaly sono state presentate due versioni che vanno a completare le richiesti di molti vignaioli: la Opus 3, un anfora da 300 lt. e la Opus 5, la più chiacchierata per l’utilizzo a cui è destinata. Studiata per i vignaioli che hanno bisogno di procedere con lunghe macerazioni e follature soffici e manuali.
Le prove. La degustazione dei primi vini prodotti in cocciopesto dalle Aziende La Biagiola di Sovana (Gr) e il Conventino di Montepulciano (Si) è stato sicuramente il momento maggiormente atteso per capire le aspettative. Degustazione di due campioni, un vino bianco e uno rosso, in comparazione con altrettanti vini prodotti con percorsi diversi. Vediamoli nei dettagli:
- Bianco Sovana 2015, Pinot bianco e Vermentino, percorso in inox. Buono voto 83/100
Bianco Sovana 2015, Pinot bianco e Vermentino, percorso in cocciopesto. Buono voto 85/100
- Sangiovese il Conventino 2015, percorso in inox Buono voto 84/100
Sangiovese il Conventino 2015, percorso in inox e affinamento per circa 2 mesi in cocciopesto. Ottimo voto 87/100
“ È arrivata da poco la certificazione alimentare, rilasciata dalla Società PH, sul nostro cocciopesto a garanzia del materiale utilizzato adatto alla conservazione di generi alimentari senza bisogno di vetrificazione (necessaria invece per i contenitori e vasche in cemento)”. Orgoglioso del risultato Enzo Brini mentre mi omaggia di una copia della certificazione.
Fantastico, ho continuato a ripetermi nel lasciare il padiglione Enolitech. Incredibile prova gustativa dopo l’approccio un po’ scettico. L’aspetto visivo pulito, la percezione dei floreali e dei fruttati più netta, la sensazione di morbidezza accentuata. La mia convinzione che un vino prima di tutto debba essere buono ancora una volta ha superato la prova. Chapeau alla tartaruga ubriaca.