L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Diceva Norberto Bobbio, qualche decennio fa, che parlare di pena di morte oggi, in un mondo assillato da questioni di enorme spessore e della massima urgenza (corsa agli armamenti, pericolo nucleare, terrorismo, ecc.), potrebbe suscitare non poche perplessità, anzi, apparire niente più che
“un ozioso passatempo dei soliti dotti che non si rendono conto di come va il mondo”.
Ma arrivava poi a concludere, al termine di una ricchissima e ben ponderata trattazione, che l’abolizione della pena di morte avrebbe dovuto essere intesa e ricercata in quanto obiettivo di importanza centrale nel capovolgimento della concezione del potere dello stato, al fine di favorire in maniera tangibile l’interruzione della tragica concatenazione che, da sempre, ha fatto sì che da violenza si sia prodotta altra violenza. (Il dibattito attuale sulla pena di morte, in L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990).
E spesso, nel tempo, in questa grande battaglia di civiltà, in mezzo a tanta indifferenza e a tanta ottusa ostilità conservatrice, si è venuta a creare una bella sinergia fra filosofia, letteratura ed arte, dando anche vita, tra l’altro, ad opere cinematografiche di grande livello, da Monsieur Verdoux di Charlie Chaplin a Porte aperte di Gianni Amelio e al Non uccidere di Krzysztof Kieslowski. Ma anche il teatro ha costituito e può ancora continuare a costituire una risorsa importante al fine di promuovere e rafforzare sempre più una chiara e ferma consapevolezza abolizionista. E’ questo il caso del dramma di Reginald Rose, La parola ai giurati, che esordì a Londra nel lontano 1964 e che, nei prossimi giorni, verrà rappresentato a Roma dalla Compagnia amatoriale “Attori per caso”, diretta da Ignazio Raso. E proprio a lui abbiamo voluto rivolgere alcune domande, al fine di meglio comprendere il senso della scelta operata.
- Cosa ti ha spinto ad occuparti di pena di morte, e quali obiettivi speri di poter conseguire con la tua proposta teatrale?
L’esigenza di trattare questo tema nasce da un percorso intrapreso con gli allievi della mia classe di recitazione. Purtroppo, per quanto un argomento molto attuale, se ne parla sempre troppo poco e di conseguenza si offrono sempre meno spunti di riflessione riguardo all’importanza dei diritti umani. “La parola ai giurati” è un testo molto particolare, perché traduce tutta la rabbia dell’essere umano in una decisione veloce da prendere nei confronti di un ragazzo che non deve godere gli stessi diritti per il colore della sua pelle. L’approccio a questo testo nasce per poter dare al pubblico la possibilità di tornare a casa e anche solo per un momento riflettere sull’importanza di tenere sempre vivi temi che riguardano i diritti umani.
- Non credi che, tutto sommato, la questione pena di morte possa, oramai, ritenersi quasi risolta, o, comunque, in via di definitiva risoluzione?
Credo che si sia fatto tanto, che siano stati compiuti tanti passi avanti per arrivare a risultati importanti. Ma molte volte l’essere umano è pigro nell’informarsi e nel capire profondamente problematiche reali come la pena di morte.
- La pena di morte, pur se in via di diminuzione, costituisce una diffusissima quanto dolorosa presenza all’interno della storia dell’umanità. Come ti spieghi questo fatto?
Purtroppo il gene della sopraffazione è insito nell’essere umano e ha caratterizzato secoli di storia. L’essere umano nell’arco della storia è stato, però, progressivamente educato a rispettare “in primis” se stesso e, di conseguenza, il prossimo.
- Come pensi che potrebbe reagire il grosso dell’opinione pubblica del nostro paese di fronte ad una eventuale proposta di reintroduzione della pena capitale?
Innanzitutto mi auguro che tutto questo non avvenga mai e l’ulteriore augurio è quello che, se dovesse succedere, il popolo abbia la volontà di ribellarsi ad un sistema che prevederebbe la violazione massima dei diritti umani.
di Reginald Rose
regia di Ignazio Raso
sabato 12 gennaio, ore 21
domenica 13 gennaio, ore 18
Info e prenotazioni: 063223432 - This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Tribunale di New York. Una giuria popolare composta da 12 membri è chiamata a decidere se condannare alla pena di morte un ragazzo accusato di patricidio. La legge richiede l'unanimità La strada per il verdetto travolge i suoi stessi attori tra prove inconfutabili, testimonianze, dubbi e pregiudizi. Colpevole o non colpevole?
Lo spettacolo è dedicato ad Amnesty International. L'incasso sarà devoluto a sostegno delle campagne promosse in difesa dei diritti umani.
*IGNAZIO RASO
La versatilità come attore, testimonial e conduttore e un talento naturale davanti alla telecamera e sulle scene accompagnano dagli esordi il cammino artistico di Ignazio Raso. Nel suo carnet spiccano ruoli importanti nei cicli di fiction di maggior successo (La squadra, Distretto di polizia, Don Matteo, Un posto al sole), in film e cortometraggi premiati dalla critica, in prove teatrali nel circuito dei palcoscenici romani più legati alla sperimentazione dei linguaggi e all’avanguardia (dal Cometa Off all’Orologio).
Il pubblico più largo lega il suo volto alla pubblicità di marchi molto noti (Tim, Whiskas, Toyota), in un caso girata al fianco di un’icona dello star-system internazionale quale Naomi Campbell, ma soprattutto a programmi cult su MTV Italia.