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Nel testo dell’Enciclica Laudato sì, una importanza del tutto particolare è accordata al concetto di interdipendenza. Papa Francesco, infatti, attingendo al Catechismo, afferma che è proprio Dio a volere che, fra le sue creature, ci sia questo strettissimo e indissolubile legame.
“Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre”. (Papa Francesco, Laudato sì, Capitolo secondo, IV, 86)
Ora, papa Francesco, dopo aver puntualizzato che simili concetti non dovrebbero, però, autorizzarci ad “equiparare tutti gli esseri viventi” (ivi, Capitolo secondo, IV, 90), togliendo all’essere umano quel “valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità”, né comportare una sorta di “divinizzazione della terra” (evidentemente ritenuta pericolosamente filo-pagana), dichiara assolutamente inautentico (e come tale inaccettabile) “un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura” che non implichi anche “tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani.” (ivi, Capitolo secondo, IV, 91)
Ma la cosa veramente rivoluzionaria è che tale asserzione venga poco più avanti capovolta, in modo tale da poter affermare che
“è vero anche che l’indifferenza o la crudeltà verso le altre creature di questo mondo finiscono sempre per trasferirsi in qualche modo al trattamento che riserviamo agli altri esseri umani. Il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a maltrattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone.” (ibidem)
Aggiungendo, subito dopo, che ogni forma di maltrattamento nei confronti di ogni creatura debba essere considerata contraria alla “dignità umana” e, quindi, come tale, impossibile da ritenersi moralmente irrilevante o semplicemente tollerabile.
E’ impossibile, infatti, secondo papa Bergoglio, che ci si possa stimare persone “che amano veramente” quando si verrebbe ad escludere dai propri interessi “una parte della realtà”.
A questo proposito, I.Kant, in una delle sue Lezioni di etica, più di due secoli fa, sosteneva che
“ l’uomo deve mostrare bontà di cuore già verso gli animali, perché chi usa essere crudele verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini. Si può conoscere il cuore d’un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie.” (I.Kant, Lezioni di etica, Laterza, Bari 1971, p.273)
“Tutto è in relazione - scrive Francesco in interessantissimo accordo con il principio dell’unità della vita, pilastro fondativo e costitutivo del pensiero ermetico-teosofico - e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi, con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra.” (op.cit., Capitolo secondo, IV, 91)
Citando poi un testo episcopale del 1987, il pontefice sottolinea che “Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse” e che, pertanto, mai andrebbero affrontate separatamente. Principio questo abbracciato e insistentemente difeso da tutti i grandi maestri della nonviolenza, da Tolstoj a Schweitzer e a Gandhi. Aldo Capitini, in particolare, in sintonia con le grandi esperienze filosofico-religiose del passato (dal jainismo al pitagorismo e al buddhismo), decise di operare la scelta vegetariana come atto politico-pedagogico di rivolta nei confronti della dittatura fascista e della sua barbarica (in)cultura, ritenendo che il diffondersi del rifiuto dell’esercizio della violenza nei confronti degli animali avrebbe reso meno facilmente accettabile la pratica della violenza nei confronti degli stessi uomini.
Il prof.Aldo Capitini |
“ Il vegetarianesimo - afferma infatti Capitini - è il rivolgersi a un gruppo di esseri non umani prendendo l’iniziativa di stabilire un rapporto di apertura, e non più di indifferenza o di crudeltà. E questo allargamento fa sì che sia a maggior ragione difficile l’indifferenza o la crudeltà verso gli uomini. Confesso che io diventai vegetariano proprio sotto il regime della violenza fascista che preparava la guerra, perché pensavo che se si imparava a risparmiare l’uccisione di animali, con maggior ragione si sarebbe risparmiata l’uccisione di uomini.” (Aldo Capitini, L’educazione è aperta. Antologia degli scritti pedagogici, Levante editori, Bari 2008, p.210)
E’ stato proprio nell’ottica (tanto cara a papa Francesco) dell’indissolubile carattere di interdipendenza di tutto ciò che vive, che Capitini, come tanti altri grandi personaggi prima di lui (dal Buddha a Leonardo da Vinci, da Mazzini ad Einstein), approdò con rigore logico alla scelta di ridurre il più possibile qualsiasi forma di
violenza nei confronti di ogni essere, ritenendo il rifiuto del carnivorismo un atto dovuto e ineludibile in vista della promozione di un mondo sempre più liberato dall’ingiustizia e dal dolore.
“Oltremodo drammatica è la realtà di tutti - scrive il filosofo perugino - perché ravvisa in noi il senso dell’insufficienza di uno stato di cui quasi ci accontenteremmo ottusi, e ci riaccende la protesta contro l’umanità-società-realtà attuale, e il dolore per ogni essere che vediamo soffrire, anche il gatto morente che ho
visto questa mattina nell’angolo di una strada che ha alzato lo sguardo dei suoi occhi celesti e ancora brillanti verso me che lo chiamavo; ma nel farci vivere profondo il dramma, ci radica il senso della liberazione, dell’autenticità della realtà in cui tutti gli esseri sono presenti.” (ivi, p.75)
Arriverà anche questo papa (come già anche non pochi cristiani prima di lui) ad operare una simile scelta, anche al fine di un utilizzo necessariamente più equo e razionale delle risorse del pianeta (assorbite in maniera abnorme dalla zootecnia) nonché di una significativa diminuzione delle forme attuali di inquinamento?
Credo che, sulla base delle rivoluzioni culturali in atto all’interno della visione cattolica della realtà, abbracciare il vegetarianesimo, con possibile ulteriore apertura verso il veganismo, dovrebbe essere considerato come un elementare gesto di coerente concretezza.
Che senso avrebbe, infatti, limitarsi a parlare dei “legami invisibili” che fanno di tutte le creature “una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (op.cit., Capitolo secondo, IV, 89) e poi continuare (tra agnelli pasquali e tacchini natalizi) a tollerare e a causare le infinite forme di sofferenza atroce a cui miliardi di creature senzienti sono sottoposte per consentirci di riempire la nostra tavola e il nostro stomaco con ciò che resta dei loro corpi ben poco fraternamente macellati?
Triste davvero sarebbe il trovarci costretti a constatare, ancora una volta, dopo pur tanti luminosi progressi, il perdurare nella Chiesa cattolica della ben collaudata strategia della contraddittorietà fra le cose “predicate” e quelle “razzolate” …
In altre parole, se il papa crede davvero in ciò che scrive e predica, ovverosia che “lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi” (ivi, Capitolo Quarto, III, 161), e che, pertanto, tutti noi (e i cristiani in prima linea) siamo invitati a praticare una conversione da lui definita “ecologica”, sforzandoci, cioè, di farci custodi virtuosi del mondo e non più suoi brutali tiranni, prendendo tra l’altro a modello Francesco d’Assisi, e instaurando così “una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona” (ivi, Capitolo Sesto, III, 218), come non procedere poi, conseguentemente, alla promozione e all’adozione di una alimentazione fondata sulla massima eliminazione possibile dello sfruttamento, della schiavizzazione, della reificazione, del massacro di miliardi di esseri viventi, fragili membri di quella “famiglia universale” in cui dovremmo vivere in uno stato di “comunione sublime”?
In definitiva, come conciliare “l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale” (ivi, Capitolo Sesto, III, 220) con il continuare ad opprimere e sterminare masse incalcolabili di animali?
Papa Francesco si riferisce anche a Gesù che, nel Vangelo di Luca (12,6) parla degli uccelli, affermando che ognuno di loro è destinatario dell’attenzione paterna di Dio, chiedendosi se “saremo capaci di maltrattarli e far loro del male” e invitando, di conseguenza,
“tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa.” (ivi, Capitolo Sesto, III, 221 )
Ecco quindi il problema che papa Bergoglio pone e che, d’ora in avanti, i cattolici che vorranno proseguire il loro pellegrinaggio in sua compagnia non potranno più facilmente eludere:
come conciliare l’aspirazione ad una vita di “sublime fratellanza” con l’intero creato continuando a mangiare spensieratamente le carni dei propri fratelli (meno intellettualmente dotati e più fragili di noi umani)?!