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Conversazione con Viviana Isernia, per provare a non perdere la ragione e il senso della realtà
Nel nostro Paese, in questi ultime settimane, a proposito della questione-immigrazione, si sono verificati episodi assai inquietanti.
In più circostanze, gruppi di cittadini, più o meno infiltrati e/o capeggiati da organizzazioni di estrema destra, hanno manifestato, con grande risonanza mediatica, la loro opposizione all'insediamento di migranti sul proprio territorio, previsto da direttive governative.
Cosa dobbiamo pensare a proposito di tali episodi?
Spontanea esplosione di rabbia popolare in zone in cui già le condizioni di vita quotidiane risultano particolarmente difficili?
Fenomeni di isteria collettiva prodotti da un allarmismo politico-mediatico che ingigantisce e deforma la realtà, in maniera inesorabilmente ansiogena?
Squallide manovre politiche per generare ulteriore esasperazione popolare e gettare fango sulle forze governative e sulle stesse istituzioni democratiche?
Abbiamo sottoposto questi nostri interrogativi a Viviana Isernia, cultrice di studi arabo-islamici e responsabile della circoscrizione Lazio di Amnesty International.
- Viviana che tipo di lettura proponi in merito agli episodi di “rivolta popolare” di fronte ai nuovi arrivi di immigrati nel nostro territorio?
Sicuramente esiste poca informazione sui dati reali dell'immigrazione in Italia (e nel mondo) e la non conoscenza è un ottimo focolaio per organizzazioni/associazioni che influenzano i singoli cittadini ad avere paura della presenza degli immigrati, senza pensare che questi ultimi sono degli esseri umani come tutti noi e che, per tale semplicissimo motivo, debbono veder garantiti i loro diritti.
Gli episodi di incitamento all'odio di queste ultime settimane sono relativamente pochi rispetto agli episodi di accoglienza e solidarietà. Purtroppo i primi risultano più popolari. Bisognerebbe iniziare in primis a "educare" i giornalisti stessi contro stereotipi e pregiudizi.
- In che senso parli di mancanza di adeguata conoscenza del fenomeno?
Innanzitutto è necessario "combattere" gli stereotipi e pregiudizi nei confronti dei migranti che arrivano nel nostro Paese. Le comunicazioni date dagli organi di informazione danno una sproporzionata attenzione agli arrivi in mare, associandoli alla criminalizzazione dei migranti, suggerendo un nesso logico tra l'ingresso irregolare, il soggiorno irregolare e la criminalità.
In uno degli episodi di intolleranza scatenatosi in un quartiere a nord di Roma, alcune persone hanno dichiarato: "Devo difendere i miei figli affinché non vengano stuprati". Queste frasi, se fomentate dagli stessi organi di informazione, possono causare solo altro odio. La paura della criminalità crea un senso di insicurezza e diffidenza nei confronti dell'Altro.
Tra i "luoghi comuni" più comuni (scusa il gioco di parole) nei loro confronti, è che siano tutti irregolari, che costituiscano un costo eccessivo per lo Stato, che rubino il lavoro ai nostri figli e che siano tutti di religione musulmana.
In realtà, la maggior parte di loro è di religione cristiana o ortodossa, i contributi e le tasse che pagano fanno guadagnare allo Stato miliardi di euro, molti svolgono lavori che oramai un italiano mette all'ultimo posto come risorsa (es. nelle campagne dove vengono sfruttati e sottopagati).
Infine, va tenuto presente che la maggior parte degli stranieri è entrata in Italia con regolare documentazione, scivolando poi, per diversi motivi, nella condizione di “irregolarità”.
- E in che senso occorrerebbe “educare” il mondo dell’informazione? E chi dovrebbe/potrebbe farlo?
L'"educazione" del mondo dell'informazione dovrebbe essere svolta in primis dalle Istituzioni con l'aiuto di organizzazioni e associazioni che ogni giorno svolgono indagini, ricerche e sono al fianco dei migranti quando sbarcano sulle nostre coste.
In che modo? Partendo dal basso. Partendo dall'uso della giusta terminologia (esiste, ad esempio, un glossario-vademecum delle parole messe al bando, adottato dall'Ordine dei Giornalisti dell'Emilia Romagna, in cui viene spiegato perché quel dato termine non deve essere usato in quanto discriminante e, successivamente, viene fornita l'alternativa).
Poi, basta solo documentarsi un po' di più. E non solo da parte degli organi di informazione, ma anche da parte della cosiddetta gente comune.
- In un suo recente rapporto, Amnesty International afferma che: "Ciò che continua a spingere rifugiati e migranti a intraprendere la rischiosa traversata del mare è dunque una combinazione di più fattori: l’insicurezza, che costringe le persone a lasciare il proprio paese d’origine o i vicini paesi ospitanti, la chiusura delle frontiere terrestri da parte dei governi europei e la mancanza di volontà di offrire sufficienti percorsi legali e sicuri. I governi europei, le cui politiche hanno progressivamente contribuito a generare questo genere di flussi, non possono sottrarsi al loro dovere di salvare le vite di coloro che, spinti dalla disperazione, decidono di tentare comunque la traversata."
(http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/pdf/rapporto-europa-affonda-vergogna.pdf)
- In che senso le politiche europee avrebbero contribuito nella generazione dei flussi migratori? E cosa concretamente dovrebbero fare i governi europei per salvare le vite in pericolo dei migranti?
Consiglio di leggere tutto il rapporto di Amnesty sopra citato e utilizzarlo come strumento di "educazione/informazione", ripensando alla domanda precedente.
Le alternative che i governi europei offrono per i migranti sono molto limitate. Vi mostro alcuni esempi: sono scarsamente previste azioni di reinsediamento tanto quanto sono limitati gli ingressi per motivi umanitari. In molti Paesi sono chiuse le vie di accesso via terra, aumentando quindi il flusso migratorio ( e le morti) via mare. Sono abituali i respingimenti in Macedonia, Grecia, Bulgaria contro persone che necessitano di protezione internazionale. L'ingresso in Spagna sul territorio marocchino è sbarrato da un muro alto metri e metri con filo spinato e recinzione elettrica.
I governi europei, per salvare le vite dei migranti, dovrebbero lanciare con urgenza una operazione umanitaria multinazionale con l'unico obiettivo di salvare le vite nel Mare Mediterraneo; la Commissione Europea dovrebbe garantire a Italia e Malta, ovvero i Paesi con più alta percentuale di sbarchi, un sostegno finanziario e logistico; infine, bisognerebbe aumentare i progetti di reinsediamento.
Ma il problema, a mio avviso, non è solo causato dalle politiche europee, bensì dalle politiche di ogni Stato del Medio Oriente e Nord Africa da cui donne, uomini e bambini, scappano ogni giorno.
Ci chiediamo mai seriamente perché queste persone rischiano la vita di loro stessi e dei propri cari, sborsando ingenti quantità di denaro per un viaggio illegale?
Viviana Isernia