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“Nel caso di Peltier si sono verificate enormi anomalie giudiziarie. Leonard Peltier è una persona piena di umanità e per questa ragione io sarò accanto a tutti coloro che lo sostengono finché non lo vedremo libero.”
Rigoberta Menchù
Dopo innumerevoli raccolte di firme, messaggi, lettere e appelli, il presidente Biden, giunto al termine del suo mandato, ha deciso di commutare la pena di Leonard Peltier*, consentendo all’anziano e malato nativo americano, difensore dei diritti umani, di uscire finalmente dal carcere e di potersi recare agli arresti domiciliari.
Di ciò hanno dato notizia i principali organi di informazione statunitensi, e l’atto di “Executive Grant of Clemency” è visionabile sul sito www.freeleonardpeltiernow.org.
Peltier, esponente di spicco del Movimento degli indiani americani, venne condannato all’ergastolo nel 1977, in relazione all’omicidio di due agenti dell’Fbi, verificatosi due anni prima, in seguito ad un processo palesemente iniquo, condizionato pesantemente da pregiudizi di ordine razzista.
Tra l’altro, dopo cinque anni, ripetuti esami balistici approdarono alla conclusione oggettiva che i proiettili che causarono la morte degli agenti non appartenevano all’arma di Leonard, e molti testimoni ammisero che le accuse avanzate nei suoi confronti erano frutto delle minacce subite da parte dell’ Fbi.
Nel 2021, lo stesso procuratore capo del processo, James H. Reynolds, si rivolse a Biden con le seguenti inequivocabili dichiarazioni:
“Scrivo oggi da una posizione inconsueta per un ex pubblico ministero, per supplicarvi di commutare la pena di un uomo che ho contribuito a mettere dietro le sbarre.
Con il tempo e col senno di poi, mi sono reso conto che il procedimento giudiziario e la lunga incarcerazione del signor Peltier erano e sono ingiusti.”
Nel corso di questo mezzo secolo di ingiusta detenzione, si sono espresse a favore della liberazione di Peltier associazioni umanitarie come Amnesty International** e il Movimento Nonviolento, istituzioni internazionali come il Parlamento Europeo e l’ONU, nonché importanti figure della cultura e del mondo religioso, da Nelson Mandela a madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama a Papa Francesco, da Desmond Tutu ad Howard Zinn. In Italia, merita di essere segnalato l’assiduo ed ammirevole impegno portato avanti dal “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” della città di Viterbo.
Recentemente, il prestigioso quotidiano The Guardian ha dedicato a Leonard Peltier un ampio articolo, ricostruendo sinteticamente la sua vicenda, dichiarando, in particolare quanto segue:
“È ampiamente noto che il governo federale ha incastrato Peltier in prigione trattenendo e falsificando le prove, costringendo i testimoni e forzando un cambio di giurisdizione, tra gli altri atti di cattiva condotta e malizia dell'accusa. Il procuratore degli Stati Uniti James Reynolds, il cui ufficio ha gestito l'accusa e l'appello di il caso, ha rilasciato delle scuse pubbliche nel 2021, riconoscendo che il governo federale non è riuscito a "dimostrare che il signor Peltier abbia commesso personalmente alcun reato nella riserva di Pine Ridge". Da allora Reynolds ha chiesto a Biden di rilasciare Peltier.
La dichiarazione di Reynolds da sola avrebbe dovuto essere motivo per concedere a Peltier la libertà vigilata e, in ultima analisi, la clemenza. Eppure, nonostante le molteplici suppliche nel corso di molti decenni, Peltier, che ha appena compiuto 80 anni e soffre di molteplici crisi di salute, tra cui diabete, malattie renali, problemi cardiaci e quasi cecità, continua a languire in una prigione di massima sicurezza in Florida chiamata Coleman 1.” Gli arresti domiciliari non rappresentano certamente una vittoria né per Leonard né per quanti lo hanno sostenuto in tutti questi anni. Ciononostante, immensa è la gioia al pensiero che l’ultimo tratto di strada in questo mondo potrà risultargli più lieve e sicuramente più felice.