L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Rinascimento: sono gli anni di Leonardo, Botticelli, Michelangelo, gli anni della cultura umanistica. Ma sono anche gli anni nei quali si consuma la strage delle donne, bollate come “streghe”, anni nei quali inizia la dissociazione tra corpo e psiche, tra materia e spirito che dominerà fino ai nostri giorni.
1400 e 1500: è del 1426 il rogo di Matteuccia da Todi, è del 1589 il rogo di Crezia Mariani, e non sarà l'ultima ad essere torturata e bruciata.
Tra le donne accusate c'erano molte curatrici di campagna, unici punti di riferimento medico per molte persone. Perché la Chiesa e lo Stato si sono accaniti così tanto contro di loro? Il libro “Donne senza Rinascimento” è l'unico che indaga questa questione.
Nel medioevo l'attività curativa delle donne si affianca a quella di altri operatori, ed è ancora valutata positivamente, ne sono una testimonianza gli scritti della scuola medica salernitana, tra i quali vengono riportate ricette e preparati proprie della tradizione delle mulieres.
Nel rinascimento senza donne la malattia e il corpo entrano nelle Università, subentra una visione duale: si separa il corpo dalla totalità dell'essere umano, disanimandolo, per farne oggetto di osservazione, insieme alla malattia, anch'essa oggettivata, resa atemporale, da affrontare uniformemente.
La salute è sempre stato un terreno ambito dai poteri forti: la restrizione delle molteplici figure di guaritori e guaritrici (empirici, farmacisti, speziali, litotomi, levatrici, aggiustaossa, rinoplastici, herbari...) è cominciata con le “patenti” , una sorta di licenza con la quale si poteva continuare a lavorare.
Con l'avvento delle università si delinea la figura del medico addottorato (che sa il latino) che si distingue dal pratico empirico.
Nel 1511 lo stato di Milano stabilisce che chiunque voglia medicare debba essere approvato dal Collegio dei Fisici. Ad essere colpite sono le basi dell'autonomia e dell'uguaglianza sociale.
La medicina ufficiale è galenica, si basa sulla teoria degli umori e trova come strumenti di azione soprattutto salassi e purghe, pratiche contro le quali le herbarie e le medichesse si scagliavano, perché il sangue è vita e non va disperso, preferendo rimedi dolci, come i massaggi, le tisane, gli impacchi, senza far mancare l'ascolto attivo.
Le scoperte fisiologiche e i principi dell'umoralismo del tempo reintroducono e riconfermano il topos dell'inferiorità femminile: il corpo femminile è più cagionevole perché formato da elementi meno dinamici e privi di calore che implicano il prevalere, a differenza dell'elemento aereiforme e ligneo dell'uomo, di quello terracque che significa staticità, passività, freddezza, e soprattutto incapacità di procedere oltre l'intuizione.
La donna risulta “interessante” solo come strumento di riproduzione. Il corpo femminile si fa oggetto di conquista, e il primo passo è quello di “eliminare” le sapienti levatrici (pensiamo al Lucia Bertozzi, definita dagli stessi inquisitori “strega eccellentissima”). La ginecologia entra a far parte del settore specialistico controllato dagli uomini, la mollities fisica femminile va sostenuta perché impossibilitata a gestire il proprio corpo.
Nel frattempo la magia si va accostando al demoniaco, portando con sé tutte quelle pratiche di cura che non rientrano nei dettami istituzionali.
I roghi fanno comodo ai physici perché tolgono di mezzo avversarie spesso particolarmente efficienti, come accade nel caso di Crezia Mariani di Lucca, donna che curava con erbe, massaggi, unzioni, ma anche con parole e segni, caso storico che il libro indaga in dettaglio.
Una donna come Crezia, del sottoproletariato contadino, viene facilmente relegata tra gli scarti della storia (..) ma essa può anche servire quale testimonianza ed esemplificazione di una medicina empirica popolare un tempo a protagonismo femminile che ormai si è deteriorata e appare scomoda, anche perché presupponeva l'impossibile: che nel gruppo di riferimento e nel corpo sociale le donne mantenessero spazi in cui veder riconosciuto e rispettato un loro modo autonomo di operare, di fare.
Chiaramonte Enrica, Frezza Giovanna,Tozzi Silvia
Donne senza rinascimento
Eleuthera edizioni, 1991
Quando pensiamo ad una iniziazione ci viene in mente il passaggio dall'adolescenza all'età adulta o l'ingresso in una setta o in un culto misterico. Il percorso iniziatico nel nostro immaginario è connesso all'ingresso di un io (individuo) all'interno di in un noi (collettività).
I confini del mondo sfata questi presupposti parlando di un modo strettamente personale di superare se stessi e di diventare nuovi.
L'iniziazione passa attraverso differenti fasi: allontanamento dal consueto, impreparazione, paura, mascheramento, potenziamento dell'attenzione, morte rituale, rinascita.
Il merito di Sibaldi, come esegeta, è quello di invitare a ri-scoprire l'insegnamento di alcune parti della bibbia e dei vangeli attraverso l'etimologia ebraica, capace di dischiudere riflessioni fuori dal comune e profondamente attuali.
Un libro sull'iniziazione non poteva, quindi, non partire dalla Genesi, da Adamo, o meglio dall'adam, termine ebraico che indica l'umanità, ma anche, sciogliendo i significati delle singole lettere ebraiche: la potenzialità, le braccia del delta di un fiume e lo spazio circoscritto. Adam è la circolazione psichica delimitata, un limite che la psiche stessa non può vedere perché se ne potrà accorgere solo quando il confine sarà superato. L'iniziazione prevede che l'involucro venga infranto, che l'adam incontri l'adamah, l'invisibile.
Dio differenzia due facoltà dell'adam: ys cioè l'apparato razionale e l'isah, la donna, la moglie, che nelle lettere ebraiche assume il significato di capacità di conoscere l'invisibile. È l'isah a guidare l'ys fino all'albero della conoscenza.
In realtà e' all'adam che YHWH vieta la conoscenza non all'ys. Dio rimprovera l'adam, per la disobbedienza, e non l'ys.
Il messaggio iniziatico si ritrova anche nelle fiabe classiche.
L'autore ci accompagna nella ri-scoperta di Aladino, dove l'isah è rappresentata dal Genio, e l'allontanamento dal consueto passa attraverso l'atto dell'accorgersi. È l'accorgersi che interrompe il dialogo interiore e tutta la realtà che esso permetteva di vedere, e che diventa poca.
Cappuccetto rosso indossa l'adam in testa, nel cappuccio, e lo abbandona lasciando la casa della madre, ma anche passando attraverso la maschera della nonna-lupo e la morte rituale all'interno del felino.
L'iniziato saprà allora che la nonna non è e non è mai stata soltanto la nonna, bensì una sacerdotessa che ha voluto presentarsi come nonna prima e come Lupo poi; e scoprirà ben presto che il Cacciatore è quel che lui stesso ha imparato a diventare, nel buio del ventre del Lupo.
L'iniziazione di Cenerentola presuppone l'abbandono del focolare e del grembiule.
Cenerentola, cenere, il rischio del rogo. È una che conosce i segreti: è una strega.
La nostra capacità di conoscere le cose invisibili poggia un piede nel mondo noto, l'altro piede è scalzo, perché cammina in un'altra dimensione.
La bara di Biancaneve è anche la bolla/specchio dalla quale aveva guardato il mondo finora; la sua iniziazione è favorita dai sacerdoti-nani.
Pinocchio è una favola cabalistica iniziatica piena di simboli e “botole” semantiche da aprire, a partire dal suo principio ”C'era una volta un pezzo di legno” (tz ebraico è il legno ma anche l'albero-crescita).
Amleto, il Conte di Montecristo, Jekyll e Hyde sono le altre storie che l'autore indaga e svela da un punto di vista iniziatico, tornando poi indietro nel tempo al mito egizio di Thot-Hermes.
Un libro che si pone come coraggioso esempio di revisione e riscoperta di nuovi inaspettati significati all'interno del conosciuto, per aprire la strada all'altro, all'oltre, all'inaspettato.
IGOR SIBALDI
I CONFINI DEL MONDO:STORIE E DINAMICHE DELL'INIZIAZIONE PERSONALE
ARTE DI ESSERE 2015
La nostra biografia, cioè le esperienze che plasmano la vita, diventa la nostra biologia.
Le relazioni, gli eventi traumatici, gli atteggiamenti, le fedi e le superstizioni vengono codificate e immagazzinate dal sistema cellulare. I pensieri entrano nel corpo sotto forma di energia. C'è equivalenza tra energia e potere: il potere fa da mediatore tra il nostro mondo interiore e quello esteriore, comunicando attraverso il linguaggio del mito e dei simboli.
Denaro, sicurezza, bellezza, autorità, lavoro: ognuno si costruisce simboli di potere, ai quali è associata una controparte biologica; è necessario identificare quali sono i nostri simboli di potere e il linguaggio metaforico che utilizziamo per descrivere il loro effetto su di noi. L'ascolto del corpo e dei suoi messaggi è già una strumento per comprendere a fondo le questioni mentali ed emotive sulle quali dobbiamo lavorare.
La cura è passiva, mentre la guarigione è un processo attivo. La guarigione non può prescindere dal recupero del potere personale e da un re-indirizzamento di tale potere. Questo potere è dato dalla nostra capacità di scegliere in ogni momento quali sono le direzioni da prendere.
Ogni essere vivente vibra di energia carica di informazioni; queste informazioni possono essere percepite dall'intuizione ed espresse in modo simbolico.
Dalla tradizione orientale proviene il sistema dei 7 chakra o centri energetici: a questi l'autrice collega i 7 sacramenti cristiani visti nel loro ambito simbolico: battesimo, comunione, cresima, matrimonio, confessione, ordine ed estrema unzione. Caroline Myss dipana questi 7 centri di potere all'interno delle 10 sephirot dell'albero cabalistico. Le dieci sephirot sono le qualità del divino che costituiscono anche l'archetipo dell'essere umano. Chakra, sacramenti, cabala: 3 sistemi di pensieri si incontrano per fornirci strumenti di guarigione spirituale
Fondere le tradizioni induista, buddhista, cristiana ed ebraica in un complesso ordinato e dotato di verità sacre comuni significa creare un potente sistema di orientamento capace di elevare la nostra mente e il nostro corpo, e di mostrarci come gestire lo spirito del mondo.
Il primo livello riflette il nostro attaccamento alla tribù, intesa come famiglia o gruppo originario, il secondo livello amplia la sfera energetica alle relazioni personali e alla comunità, il terzo livello ci indica il livello di autostima e di rispetto di sé, il quarto livello esce dalla sfera concreta per iniziare un percorso nel divino.
Ricerca dell'approvazione, rabbia, incapacità di perdonare, persone che sentono il bisogno di controllare, sentirsi legato a qualcuno o qualcosa ci rendono acquisitori di potere dall'esterno togliendo energia dal campo magnetico corporeo per indirizzarla all'esterno.
Il libro offre domande per comprendere gli schemi di pensiero associati ai 7 livelli e delle meditazioni quotidiane per auto-valutare la propria condizione energetica.
La cosa importante non è tanto il tipo di cambiamento quanto la decisione di modificare quegli aspetti della nostra vita che ci impediscono di guarire.
Caroline Myss
Anatomia dello spirito: I sette livelli del potere personale
Anima edizioni 2011
Asclepio è il dio, o meglio il semidio della medicina. Secondo Pindaro è figlio di Apollo e Coronide e fu istruito all'arte della cura dal centauro Chirone, a sua volta figlio di Zeus e della ninfa Filira, poi tramutata in tiglio. La medicina nasce incorporata alla sfera religiosa per distaccarsene con Ippocrate. Nel nome Ascelpio è contenuta la parola epios che significa “dolcemente”, poiché dolce era la sua cura.
Salute e malattia erano emanazione diretta delle divinità, che, inviandole, premiavano o sanzionavano i comportamenti degli uomini.
La medicina antica integrava in sé l'aspetto rituale, caratterizzato da gesti, preghiere, incantesimi. Una medicina legata ad Apollo ma anche ad Atena e alla gorgone Medusa. Fu la dea a trasferire in Asclepio le vene di Medusa, quella adibita a guarire e quella adibita alla morte; la superbia del dio fu quella di utilizzare la vena che guarisce anche per resuscitare i morti, riuscendo a superare persino il padre Apollo.
In suo onore furono costruiti templi, detti Asklepieia, nei quali i sacerdoti apportavano la guarigione praticando la chirurgia e la fitoterapia; nella parte del tempio detta abaton i visitatori dormivano a terra nella speranza che il dio stesso comparisse loro, in sogno, a consigliare il rimedio. Nel tempio circolavano liberamente cani, serpenti e oche, animali a lui cari.
Chi beneficiava della cura lasciava scritto nel tempio quali rimedi erano stati seguiti e quale parte del corpo era stata coinvolta.
Sia Plino il Vecchio che Strabone riportano la notizia secondo la quale Ippocrate avrebbe ricopiato i documenti che i visitatori lasciavano negli Asklepieia, documenti che riportavano il rimedio suggerito loro dal dio, per poi dar fuoco al tempio, in modo da istituire una forma di medicina detta clinica.
Secondo Celso fu Ippocrate a staccare la filosofia dalla medicina che venne divisa, così, in differenti branche: diaiteike (cura attarveros il cibo), pharmaka (cura attraverso le erbe) e chirurgia.
Il saggio di Squillace passa in rassegna anche i botanici antichi e i medici di corte, per poi approfondire i medicamenti.
Olio, vino, aceto e miele erano utilizzati sia per le estrazioni dei principi attivi delle piante, sia come rimedi di per sé. La farmacopea era composta da vari tipi di rimedi,: frizioni, colliri, decotti, cataplasmi, fomenti, malagmi, impiastri, unguenti, pessari...
La parte finale del libro indaga le piante utilizzate, e un capitolo a parte riguarda la cosmetica, dal verbo kosmeo che indica il “mettere in ordine”, portare il cosmo nell'aspetto esteriore.
Le numerose immagini tratte dell'arte antica, fanno de I balsami di Afrodite un'opera preziosa.
Giuseppe Squillace
I balsami di Afrodite: Medici malattie e farmaci nel mondo antico
Aboca 2015
Dicembre ( e giugno) sono mesi solstiziali.
I solstizi sono le due porte dell'anno: “la porta degli Dei” è il solstizio d'inverno, la “porta degli uomini” è quello estivo. Il dio delle porte nella religione romana era Giano, da Iunua (porta) sembra derivare non solo Giano, ma anche Giovanni: due sono infatti i “Giovanni” celebrati nella tradizione cristiana: Giovanni Battista (Il 24 Giugno) e Giovanni Evangelista (IL 27 Dicembre).
A dicembre si festeggia la nascita della luce, secondo tradizioni che spaziano nel tempo, ma anche nello spazio.
Il libro di Nino Modugno ci accompagna nella scoperta dei riti collettivi che ancora oggi sono celebrati in Italia e nel mondo.
Ecco qualche accenno ai riti praticati nei primi giorni del mese:
Il 5 dicembre si festeggia San Nicola, celebre sia per aver salvato dalla prostituzione tre ragazze senza dote, ma anche per aver salvato tre ragazzi da un oste che voleva cucinarli: così a San Nicola sono associati sia riti collegati al matrimonio, come quelli che accadono a Fermo, o a Bari, sia riti legati all'infanzia:in Croazia i bambini appendono alla finestra calze che il giorno dopo San Nicola riempirà di dolci, mentre i bambini di Sutrio o di Lublino (Polonia) lasciano le scarpe fuori dalla porta con la stessa intenzione.
Spostandoci verso Nord, Nicolaus diventa Claus (Babbo Natale) e l'asinello diventa renna. Ma in alcuni paesi in provincia di Belluno, Treviso, Gorizia si porgono ancora attenzioni all'asinello che trasportava San Nicola e all'animale si lasciano pane, o farina, o fieno, sale o carota. Per il santo, invece si lascia un bicchiere di vino o grappa, un panino, una frittella, o una fetta di formaggio.
Il 7 dicembre nelle Canarie e in America Latina, il diavolo è libero di circolare in modo che possa essere calpestato dalla Madonna il giorno successivo. Il giorno di Maria, nell'Italia centrale, ci si veste con un abito nuovo “ chi si cambia di Maria scampa la malattia”.
il 13 dicembre (Santa Lucia) a Sorrento si bacia il suolo, a Palombara Sabina ci si lava gli occhi con acqua benedetta. I riti proseguono scandendo il ritmo del mese di passaggio.
Ritmo è armonia, rito è religione nel senso di re- ligio, ri-legarsi al vivente.
Nino Modugno: Il mondo magico di Dicembre
Fefè editore 2009
Il primo approccio che si ha con Persefone non le rende giustizia: la si immagina fanciulla ingenua rapita e sofferente, nell'attesa del rincontro con la madre in primavera, quando per la gioia di tale unione la terra ricomincia a pulsare di vita. La si immagina violata e passiva, quasi suddita del dio degli inferi: questo testo di Elda Fossi è necessario per capire il messaggio di trasformazione profonda che Persefone sa trasmetterci.
Ho capito, crescendo, e vivendo spesso in contato con il dolore o il disagio psichico, quanto importante fosse Persefone sotto il profilo psicologico. Sarà poi lo studio e la comprensione dei misteri orfici a collocare Persefone centrale anche nel percorso spirituale.
Persefone è la parte di noi che porta alla crescita attraverso il contatto con le oscure regioni dell'inconscio.
Un percorso iniziatico che segna il passaggio da Kore, che significa semplicemente “fanciulla” a Persefone, Regina della luce, un percorso che trascende l'identità di genere.
Un libro che è oime e oimos, racconto e viaggio.
Ade con il suo rapimento ha salvato Persefone, facendola diventare quella che è.
La dimora di Ade è abitata dalle ombre che ci stanno addosso, ci chiedono di rinascere alla luce, ma che noi respingiamo, perché è troppo doloroso o troppo vergognoso, o troppo rischioso per farle vivere con noi nel mondo dei vivi. Ogni volta che cadono speranze e progetti, che viviamo tristezza o depressione, Ade viene a trovarci per chiederci di integrare questi momenti, per chiederci una nuova e più matura identità.
Il passaggio da Kore a Persefone avviene come atto traumatico che necessita di elaborazione sia nella madre che nella figlia, per tornare ad essere individui e non dividui, completi, e non mancanti. Una connessione che avviene attraverso Hermes, la comunicazione, la terapia verbale, il sintomo psicosomatico che scioglie il simbolo.
Accetto il nome che fa di me una donna, non più fanciulla senza nome.
Il suo compito nell'Ade è il più importante: dirigere le anime sulla via destra, verso la fonte di Mnemosine, come spose d'amore verso lo sposo promesso, per la comunione col divino o verso la via sinistra, quella del pioppo bianco, dove le anime torneranno a incarnarsi, dentro la ruota delle Moire.
È attraverso la Charis, la grazia, la cui luce illumina la legge della Retribuzione, che Persefone fa la sua scelta.
Ora che Persefone ha accettato il suo ruolo di regina, può fare la sua scelta personale: mangiare i chicchi di melograno che Ade le offre sul palmo della mano, per restare con lui per una parte dell'anno.
E Demetra? Con la maternità è divenuta doppia, Demetra e Kore, riversando nell'oblio la sua precedente sacralità. Demetra è la madre che non accetta che la figlia diventi altro da sé, che compia il suo cammino, è una madre che sa essere divorante e distruttiva.
Le madri sono porte per la venuta dei figli, non possono essere le loro case.
Quando si rincontrano per la prima volta la figlia non è più Kore, ma Persefone. E davanti alla domanda se Ade l'ha forzata a mangiare, Persefone risponde col silenzio, cosciente che i passi della separazione non possono che essere graduali.
Stava ripercorrendo, con il respiro, il ricordo di chi era stata, e i grandi poteri per cui era onorata. Poteri più grandi di quelli di Zeus, suo fratello, più antichi di quelli degli dei creati da Chronos, nel suo mondo ordinato, ma privo della Madre.
Una grande e profonda attualità è questo saggio di Elda Fossi, attraverso la vena poetica e narrativa arriva ad offrirci uno strumento di comprensione personale delle ombre che ci vivono e ci rendono vivi.
Elda Fossi
Persefone
La luce del buio
Moretti e Vitali 2010
di Silvia Pietrovanni
Il pensiero simbolico, afferma Eliade, precede il ragionamento discorsivo. I simboli collegano, e nel farlo, possono aprire feritoie/ferite, che necessitano di essere integrate.
Il rito del serpente a Cocullo si colloca in questa cura simbolica; esso affonda le radici nell'inconscio collettivo, e drammatizza archetipi quali l'Ombra, l'Eroe e la Grande Madre.
Con l'addomesticamento del serpente si attua un processo terapeutico che innalza l'uomo al di sopra della sua condizione elementare.
Il serpente, in quanto simbolo archetipico, conquista lo spettatore, poiché il rito esprime processi paralleli nel suo inconscio che possono così essere reintegrati nella coscienza.
La festa sembra risalire al XVII secolo, ed è un tentativo di cristianizzazione del culto della Grande Madre Angizia, la dea dei serpenti, i cui caratteri sono stati assunti da San Domenico che visse tra il X e l'XI sec, incarnando a pieno l'idea di semplicitas benedettina. Sono suoi attributi la cura dei morsi di serpenti, dei lupi, dei cani idrofobi, del mal di denti.
Angizia sembra derivare dall'indoeuropeo Ang, col significato di “soffocamento”, e da anguis, “serpente”. In terra greca all'interno del culto di Esculapio, che nell'iconografia è accompagnato da un serpente attorcigliato al bastone, i serpenti circolavano all'interno dell'Asklepeion, e venivano in contatto con gli ammalati durante il sonno risanatore.
I Marsi erano chirurghi, farmacisti, maghi, medici, taumaturghi e incantatori di serpenti, (anche detti ciaralli); discendono, secondo la leggenda, da Marso, figlio di Circe e si stanziarono attorno all'ex lago Fucino. Erano devoti della dea Angizia, negli stessi luoghi era presente anche il culto di Ercole.
Le dee antiche erano spesso accompagnate da animali selvaggi, sottolineando in questo modo la natura istintuale e selvaggia della psiche che la Dea sa comprendere.
Il nome “ciarallo” deriva dal corno con il quale i Marsi addomesticavano gli ofidi, secondo una leggenda che molto si avvicina alla favola del pifferaio magico. I ciaralli dediti al culto di San Domenico erano in rivalità con i Sanpaolari, anche loro immuni al morso delle serpi. Dal “male”, dal veleno, si estraeva la cura- antidoto.
La festa si svolge il primo giovedì di maggio, nelle settimane precedenti i “serpari” raccolgono i serpenti che vengono riversati nella statua del santo il giorno della processione. La statua è seguita da due ragazze che portano sulle testa ceste con cinque ciambelle e pani rituali.
All'interno della chiesa la gente raccoglie la terra della cappella del santo e tira una catenella collegata ad una campana con i denti.
Il serpente urobotico si ricollega alla Grande Madre nei suoi due aspetti: dispensatrice di vita e dispensatrice di morte, Mater Terribilis che soffoca il figlio prigioniero. Stessa ambivalenza si riscontra nel serpente: come animale ctonio si lega agli abissi, a loro volta portatori di saggezza o di follia.
Il percorso dell'Eroe ci ricorda l'importanza di avere il coraggio di affrontare la paura di vivere un'esistenza autentica, un percorso individuale, senza temere la morte del nostro uomo sociale, o la solitudine che spesso deriva da scelte indipendenti.
Barbara Collevecchio
Il male che cura
Persiani, 2011
Malefica è la fata cattiva. È arrabbiata perché non è stata invitata al battesimo di Aurora, la figlia del Re, e per vendicarsi scaglia la sua maledizione sulla bambina appena nata. Questo ci racconta la fiaba della Bella Addormentata. Ma dove nasce questa rabbia? Il personaggio di Malefica merita che la storia venga raccontata dal suo punto di vista.
La rabbia di Malefica è antica, come ci racconta l'autrice, Maura Gancitano, una rabbia che muove dal dolore e dalla sconfitta del femminino sacro.
Il film Maleficent, uscito sul grande schermo nel 2014 (regia di Robert Stromberg e sceneggiatura di Linda Woolverton) ripercorre la storia della fata Regina della Brughiera, una fata felice che cura gli alberi spezzati, scherza, vola con le sue ali. Possiede le ali, come ogni fata, ma ha anche corna e unghie, che la rendono un trickster, una creatura di confine,un po' fata, un po' donna, un po' bestia, e come ogni figura limite non può che portare ad un'iniziazione, ad un cambiamento.
Prima di diventare cattiva, Malefica era un' Artemide completa nel suo habitat, finché non incontra Stefano, (il cui nome significa “Corona”) ragazzo che ambisce al castello, al potere, al regno. Malefica mostra a Stefano le meraviglie della Brughiera, territorio selvaggio mai esplorato, del quale gli uomini avevano timore.
Oggi è Malefica chi non accetta di appiattirsi, di aderire a un'immagine ad una dimensione, di obbedire e ascoltare. Chi non segue le norme, il quieto vivere,gli schemi. Chi accetta di vivere in autonomia, senza appoggiarsi a qualcun altro, imparando a fare ciò che ancora non sa fare, andando oltre i propri limiti, in piena libertà.
Stefano e Malefica si baciano, quel bacio per lei è il dono totale di se stessa, per Stefano, invece, è l'inizio della fuga da ciò che quel bacio-spiraglio gli aveva mostrato.
Stefano addormenta Malefica, la inganna, le strappa le ali, simbolo del movimento, della libertà. Agisce per la corona, per non indossarla solo nel nome.
La sconfitta, il tradimento, la rabbia avvicina Malefica a Lilith, prima compagna di Adamo, la quale aveva chiesto parità e accettazione, a Medea, tradita da Giasone, alla sumera Inanna, che vede il compagno Dumuzi salire al trono durante la sua assenza per incontrare (integrare) la sorella oscura. Un incontro, quello tra maschile e femminile che da un certo momento in poi è diventato paura, asservimento, rabbia, sconfitta.
Come fare per tornare a volare? Occorre riprendere possesso di sé, del proprio potere personale. Quel potere che ha fatto tanta paura a Stefano (patriarcato/Chiesa/società) tanto da portarlo a tradire Malefica.
Uno dei passi è quello di recuperare l'istinto naturale dell'aggressività che è stato soffocato dalla donna per riemergere e canalizzarsi in nevrosi (come afferma Marina Valcarenghi nel libro “L'aggressività femminile”), un istinto represso che porta, spesso, le donne carcerate a farsi a loro volta carceriere di altre donne, affermando la stessa logica di dominio patriarcale.
Perché manca un ordine simbolico al quale far riferimento, un ordine simbolico che necessita di essere creato.
E questo è il messaggio finale del libro (e del film): un’ unica terra, una nuova “Aurora” che integri i due mondi, femminile e maschile, Animus e Anima.
Dopo aver sciolto la rabbia ed essere diventate Regine, abbiamo il dovere di aiutare l'uomo nel suo cambiamento, senza allontanarlo e senza svilirlo. Si tratta di qualcosa ancora in embrione, che non tutti gli uomini sono pronti a fare. Ma è una trasformazione in atto, quasi una speciazione.
Maura Gancitano
Malefica: trasformare la rabbia femminile
Edizioni Arte di essere, 2015
“Gioisci, Maria” è la traduzione di quel Khaire che in latino diverrà un semplice saluto romano. Meravigliati, Maria, non ostacolare la gioia, né lascia che altri la ostacolino.
Maria di Nazareth siamo noi, è una potenzialità dell'individuo che aspetta di essere liberata.
Il Signore è mediante te, non con te, come hanno riportato le traduzioni.
E quel figlio è l'Io, il futuro che Maria potrà essere nelle sue infinite possibilità.
Chi comprende questo messaggio fino in fondo non può che essere “oltre” il sistema condiviso, e così è la traduzione di MeRiY, che significa “disobbedienza”.
Ogni libro di Igor Sibaldi riesce a porre una cesura, ad alimentare la disobbedienza verso ciò che altri hanno sempre raccontato. È un percorso di conoscenza che apre nuove e inaspettate strade.
Così è questo libro, di cento pagine, dove viene interpretata secondo nuovi punti di vista niente di meno che l'annunciazione. L'arcangelo invita, quindi, alla disobbedienza e indica come farlo, indica le vie di diserzione verso chi vuole imporre qualcosa agli altri, ciò che la tradizione chiamerà ossimoricamente “comandamenti”: questi vengono riletti semanticamente attraverso la filologia ebraica e greca.
Possibilità, molteplicità, futuro...così D-Io crea l'uomo, che può, però, anche scegliere di limitarsi, di ridurre il diametro delle sue ali, fin quasi a farle scomparire. Come? Creando uno e più insieme di tanti: famiglia, stato, religione, razza e così via, nei quali l'Io è in un ingranaggio senza splendore, nei quali il passato è più importante del futuro, perché è certo, perché è stabile, perché è storia.
Cosa fa Maria? Riesce ad incarnare il suo nome? Riesce l'Io nuovo di Maria a scavallare il passato, a salvarsi dal mondo (invece che salvare il mondo), a sfidare i poteri e i sistemi?
In questa seconda annunciazione l'Arcangelo ripete il messaggio, ma con parole nuove, e dà una nuova opportunità alle Marie di oggi, perché abbandonino il passato e ciò che sul passato ha creato ragnatele di potere e si lascino avvolgere dal buio della possibilità piuttosto che dalla luce che viene da un'unica sorgente.
Ed è lì, in quel buio, che tu sati concependo, ora, in tutte le dimensioni di quel che comincia ad avvenire. Sempre comincia. Vivilo, e reggi alla gioia che ti do, non ne fuggire, Mery.
Silvia Pietrovanni
IGOR SIBALDI: LA DISOBBEDIENZA
ANIMA EDIZIONI 2015