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Carlotta Caldonazzo
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La questione del referendum è una questione complessa, analizzando i dati e le percentuali attribuite al "si" e al "no" possiamo capire che non si tratta di uno schieramento compatto e ben diviso tra l'elettorato dei vari partiti, ma piuttosto di un voto trasversale che raccoglie in misura diversa le percentuali di coloro che sono a favore e coloro che sono contrari alla firma di un accordo specifico.
Dopo mesi di contrattazione, come sapete, il governo greco si è trovato davanti all'imposizione di dover firmare un accordo tale e quale a quello presentato a Samaras nel precedente governo, con addirittura l'aggiunta di alcuni punti peggiorativi. Questi mesi sono passati tra un
incontro e l'altro, tra una speranza di accordo annunciata e poi smentita. In maniera organizzata, ogni possibile accordo veniva fatto fallire per volere del governo tedesco oppure dal Fondo Monetario Internazionale o comunque da uno dei tre componenti della exTroika.
A niente sono serviti gli enormi passi fatti dal governo greco per arrivare ad una firma.
Tutto questo tempo è stato "perso" in maniera cosciente e studiata in modo da far arrivare il governo greco allo scadere della rata che avrebbe dovuto pagare al Fondo Monetario Internazionale alla fine di giugno. Usando il ricatto del fallimento, la ex Troika ha cercato di mettere con le spalle al muro il governo greco e quindi di costringerlo a firmare un accordo molto svantaggioso per il proprio popolo imponendo l'ultimatum.
Il referendum è stato quindi indetto per porre la questione direttamente a coloro che andranno a subire le conseguenze di questo accordo.
Il fronte del "si" è per l'immediata firma dell'accordo così com'è stato imposto.
Ovviamente, vergognandosi e trovando di cattivo gusto l'autodefinizione "Mnimoniaki" ovvero "ProMemorandum" hanno deciso di mistificare il senso del quesito referendario e si sono definiti il fronte per il "si" all'euro e all'Europa. Perché parlo di mistificazione mediatica? Perché anche molti di coloro che sostengono il "no" sono a favore dell'euro e dell'Europa ed è per stare nell'euro e nell'Europa che da mesi spingono per un accordo applicabile. Anche il fronte del "no" sostiene la necessità di firmare un accordo con la controparte, ma non con i termini molto svantaggiosi di questo accordo specifico.
La propaganda per il "si" è sostenuta da tutti coloro che vedono un guadagno diretto nella firma dell'accordo così com'è, ovvero coloro che rappresentano il capitalismo greco e che vedono di buon occhio la riduzione di stipendi e pensioni, la riduzione delle tasse per i grandi capitali, la cancellazione ulteriore dei diritti dei lavoratori, la svendita e la commercializzazione del patrimonio naturalistico greco, le privatizzazioni dei servizi e dei beni essenziali come sanità, istruzione, acqua ed energia elettrica etc... Questi sono i maggiori interessati affinché il fronte del "si" vinca il referendum.
Poi, siccome questo nucleo che ha un interesse diretto per il "si" è in realtà composto da un piccolo numero di persone, viene fatto il possibile per convincere anche coloro a cui non converrebbe affatto la firma di questo accordo.
E com'è possibile convincere anche queste persone a votare una cosa contro il proprio interesse?
Facile, si crea un clima di terrore, paventando l'uscita dall'euro, dall'Europa, il fallimento e il disastro economico e sociale del paese, la perdita di tutti i propri soldi etc...in caso di vittoria del "no".
In questo sporco lavoro aiutano molto le tv private greche che a ciclo continuo trasmettono servizi che hanno lo scopo di terrorizzare il popolo greco, molte volte riciclando in maniera forviante fotografie ed immagini del passato e magari provenienti da altri paesi. Poi, come se questo non bastasse, c'è il recital delle dichiarazioni di tanti primi ministri che vedono a rischio le politiche di austerity che stanno portando avanti nei propri paesi.
Loro, i politici, sono tra i più accaniti e contrari al referendum. Vedono come cosa pericolosissima il diffondersi della pratica referendaria e temono che questa forma di democrazia diventi una prassi richiesta da altri popoli d'Europa. L'esempio del primo ministro Matteo Renzi è eclatante, ha dichiarato: "Sarà un referendum tra la Dracma e l'Euro" . In questo carosello di dichiarazioni non è solo, ma ben inserito in un fronte che fa di tutto per terrorizzare il popolo greco. In tanti hanno fatto dichiarazioni in cui la vittoria del "no" coincide con l'uscita dall'euro e dall'Europa. Cosa, che non è vera ed è proprio il più accanito nemico del governo greco a dichiaralo pubblicamente, infatti proprio il ministro delle finanze tedesco W.Schäuble ha dichiarato ieri che anche con la vittoria del "no" la Grecia resterà nell'euro e si continuerà a trattare.
Per aiutare il fronte del "si" e contribuire ad incentivare il clima di terrore, da alcuni giorni la Grecia è stata costretta ad un regime di Capital Control. Le banche sono chiuse ed è possibile ritirare dai bancomat solo una cifra di 60 euro il giorno. Come vedremo analizzando le varie percentuali, la chiusura delle banche ha determinato un cambiamento sulle percentuali di voto.
Prima della chiusura delle banche le percentuali erano:
57% a favore del del "NO"
30% a favore del "SI"
13% indecisi
Dopo la chiusura delle banche le percentuali sono variate in questo modo:
46% a favore del "NO"
37% a favore del "SI"
17% indecisi
Nell'insieme della popolazione le percentuali sono così disposte:
51% a favore del "NO"
34% a favore del "SI"
15% indecisi
Alla domanda: "Ti recherai a votare per questo referendum?" Le percentuali dei votanti alte:
86% andrò a votare
8% non andrò a votare
6% non ho deciso
Il risultato finale della ricerca, ottenuto analizzando l'opinione di coloro che si recheranno a votare è :
33% a favore del "SI"
54% a favore del "NO"
13% indecisi
Il fronte del "NO" è tutt'ora in vantaggio.
A sostenere il "NO" a questo accordo imposto sono i partiti di governo (Syriza e Anexartiti Ellines) più il partito di opposizione di estrema destra Chrisi Avghi.
A sostenere il "SI", quindi la firma di questo accordo sono i seguenti partiti di opposizione: Nea Dimokratia, Pasok, Potami. Il KKE partito comunista greco, boicotta il referendum e propone di annullare la scheda.
È interessante analizzare come anche all'interno dell'elettorato di ogni partito il voto sia trasversale e diviso tra "SI" e "NO" in percentuali che variano a seconda del partito.
Partito di governo SYRIZA:
"NO" 77% "
SI" 15% indecisi
8%
Partito di governo Anexartiti Ellines:
"NO" 60% "
SI" 31% indecisi
9%
Partito di opposizione Nea Dimokratia:
"NO" 22% "
SI" 65% indecisi
13%
Partito di opposizione Chrisi Avghi:
"NO" 80% "
SI" 20% indecisi
0%
Partito di opposizione To Potami:
"NO" 21% "
SI" 68% indecisi
11%
Partito di opposizione KKE:
"NO" 57% "
SI" 20% indecisi
23%
Partito di opposizione Pasok:
"NO" 21% "
SI" 65% indecisi
14%
Il referendum ha già ottenuto una vittoria prima ancora di sapere se vincerà il "SI" oppure il "NO".
Ha di fatto mobilitato l'attenzione internazionale sul problema Grecia e in oltre ha spaventato i politici dell'Eurogruppo che hanno chiesto a più riprese che il referendum venga ritirato e che allarmati da questa scelta non prevista del governo greco stanno cercando proprio in queste ore di elaborare una nuova proposta e di arrivare finalmente ad un accordo.
Mancano ancora pochi giorni al voto...staremo a vedere cosa succederà.
I dati relativi ai sondaggi di opinione sono stati presi dal quotidiano "Η Εφημερίδα των Συντακτών" del 7 luglio
Durante la notte è stato approvato il referendum che chiama a decidere il popolo greco sul proprio futuro. La data sarà il 5 luglio 2015. Con 178 voti a favore e 120 contrari il parlamento greco ha confermato la decisione presa poche ore prima dal Consiglio dei Ministri.
Hanno votato a favore i parlamentari dei partiti di governo, Syriza e Anexartiti Ellines. Insieme a loro anche il partito di estrema destra Chrisi Avghi ha sostenuto l'approvazione del referendum.
Contrari, ovviamente Nea Dimokratia e Pasok, che storicamente avrebbero accettato ogni "Memorandum" possibile ed immaginabile proposto dall'Eurogruppo e che mai si sono preoccupati di consultarsi con il proprio popolo per approvare o rifiutare provvedimenti imposti dal governo tedesco (Eurogruppo ndr). Il Potami, il partito neoliberista creato poco prima delle ultime elezioni politiche per ostacolare il Syriza, che ha alla guida un giornalista proveniente dall'area di interesse politico ed economico delle tv private e che viene sostenuto e proposto dall'Eurogruppo come possibile partito di governo al posto del Syriza, ha ovviamente votato contro il referendum. Anche il Potami è d'accordo con l'accettare in maniera incondizionata di ogni imposizione dettata dall'ex-Troika.
Vergognosa anche la posizione del Partito Comunista Greco KKE che ovviamente ha votato contro. Cosa che non mi stupisce per niente. Storicamente ha sempre privilegiato il "ruolo guida del partito" alla libera e personale valutazione del singolo cittadino. Molto probabilmente il 5 luglio sosterrà l'astensionismo. Ingessato nelle proprie posizioni continua a sostenere l'uscita dalla Comunità Europea senza vedere che la questione del referendum è un avvenimento storico e che vada come vada è un importante passo del governo e del popolo greco che potrà esprimersi in prima persona su una cosa così fondamentale per il proprio futuro. Questo referendum non è importante solo per il popolo greco, ma un importante esempio di democrazia per tutti i popoli d'Europa.
Come quasi sempre accade, coloro che sono contrari al far esprimere liberamente gli elettori coincidono con coloro che, ora che si andrà al voto referendario voteranno a favore del "Memorandum". Il primo obiettivo che hanno individuato davanti a loro è stato quello di impedire che il popolo prenda parte in prima persona a queste scelte importantissime che lo riguardano. Evidentemente, come abbiamo visto fino ad alcuni mesi fa, per molti partiti salire al governo non significa rappresentare la volontà espressa dalla maggioranza del proprio popolo, ma al contrario significa privilegiare gli interessi di una piccola casta che in questo caso vede i propri interessi coincidere con quelli contenuti nell'attuale proposta dell'Eurogruppo e nel "Memorandum" imposto dall'allora Troika.
Un altro avvenimento che ritengo importante commentare è il voto a favore del referendum espresso dal partito di estrema destra Chrisi Avghi. Fino ad ora, durante questi mesi di governo di sinistra e di estenuante trattativa il pericolo più grande sono state le possibili energie destabilizzanti che l'estrema destra incoraggiata dalla destra più moderata avrebbero potuto mettere in atto. Il rischio di un improvviso "caos" generato a tavolino per distruggere l'unità interna al paese è sempre stato presente e a tratti evidente. Il fatto che ieri anche i parlamentari di Chrisi Avghi si siano espressi a favore del referendum ricompatta, per quanto possibile, un unità nazionale che in questo momento è molto importante.
Intanto, la notizia del referendum ha spinto molte persone ha ritirare dai propri conti bancari più soldi possibili. Davanti ai bancomat si possono vedere file di cittadini più o meno lunghe. La paura di perderli è tangibile. Il ricordo del trattamento fatto a Cipro è un ricordo sempre molto fresco. Questo, che spesso viene presentato dai mass media come atto di sfiducia dei cittadini verso il proprio governo, è da interpretare invece come atto di paura verso un sistema bancario che evidentemente da tempo non è più sotto totale controllo greco. La gente non si fida di ciò che la Banca Centrale Europea può fare per ricattare e mettere il popolo greco in difficoltà in questo momento cruciale in cui viene chiamato a decidere.
Iraq, Iran, Siria, Turchia: l'unione contro i cartelli del jihad non appiana le divergenze tra i vari gruppi
Nonostante il successo elettorale in Turchia del Partito Democratico del Popolo (HDP - Halkların Demokratik Partisi), nato su temi come la giustizia sociale e i diritti delle minoranze, in particolare quella curda, permane la situazione di stallo nel processo di pace tra Ankara e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK - Partîya Karkerén Kurdîstan). Situazione complicata dal monito del Gruppo delle Comunità in Kurdistan (KCK - Koma Civakên Kurdistan), secondo cui l'HDP non può imporre il disarmo del PKK, né la guida di quest'ultimo Abdullah Öcalan, dal carcere di İmralı, è in condizioni di impartire ordini. Insomma, tutto dipenderà dai risultati concreti della trattativa con il governo turco, finora condotta non da esponenti del partito maggioritario Giustizia e Sviluppo (AKP - Adalet ve Kalkınma Partisi), ma da ufficiali dell'intelligence. Si complica dunque la posizione dell'HDP e del suo esponente di spicco Selahattin Demirtaş, che, a due giorni dalla conquista di 30 seggi nel parlamento turco, aveva indicato proprio in Öcalan la figura in grado di garantire la fine del conflitto. Demirtaş aveva perciò condannato l'isolamento cui l'AKP ha condannato la guida del PKK e si era detto disponibile a partire per İmralı con una delegazione del suo partito per imprimere ai negoziati una svolta costruttiva. Peraltro la questione del Kurdistan turco è di fondamentale importanza regionale, poiché la sua mancata soluzione impedisce di trarre dai successi contro i cartelli del jihad dello Stato Islamico (ISIS) in Siria e Iraq il peso politico necessario per avanzare rivendicazioni territoriali unitarie. Infatti, malgrado abbiano avuto la prova di quanto l'unione sia determinante, le comunità curde disseminate tra Iraq, Iran, Siria e Turchia sono ben lungi dal trovare un terreno comune.
A fine maggio, si è riaccesa persino l'ostilità tra PKK e Partito Democratico del Kurdistan Iraniano (PDKI - Partî Dêmokiratî Kurdistanî Êran), formazione vicina al Partito Democratico del Kurdistan (PDK - Partîya Demokrata Kurdistanê) di Massoud Barzani, presidente della Regione del Kurdistan Iracheno (KRG). Fondato nel 1945 e di posizioni laiche, federaliste e socialdemocratiche, già nel 2004 il PDKI aveva protestato contro la creazione del Partito della Libera Vita del Kurdistan (PJAK - Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê), ritenuto estremista e legato al PKK. Quest'ultimo, dal canto suo, ha sempre accusato il PDKI di vendere i diritti dei curdi iraniani in cambio del sostegno finanziario delle autorità del Kurdistan iracheno. Il 24 maggio di quest'anno il conflitto è esploso nuovamente a seguito del dispiegamento di truppe da parte del PDKI al confine tra Iran e Turchia. Una mossa percepita dal PKK come un tentativo da parte di Ankara e del PDK di vanificare le vittorie militari curde in Siria e Iraq e il successo elettorale dell'HDP. Viceversa, il PDKI accusa da sempre il PKK di assecondare Tehran pur di colpire le fazioni che non si allineano con le sue posizioni. Uno schema simile a quello della guerra di metà anni '90 in Iraq tra il PDK e il Partito di Unione Patriottica del Kurdistan (PUK - Yekêtiy Niştîmaniy Kurdistan) dell'ex presidente iracheno Jalal Talabani. Rispetto ad allora, tuttavia, l'attuale guida del PDK Massoud Barzani ha assunto posizioni concilianti invitando tutte le formazioni curde a non risvegliare lo spettro della guerra civile.
Eppure a rendere quasi probabile l'instaurazione, se non di uno stato curdo, almeno di un'alleanza sovranazionale, era stata nel settembre 2014 la creazione di Burkan al-Firat, il vulcano dell'Eufrate, piattaforma militare costituita dall'Esercito Siriano Libero (FSA) e le Unità di Protezione Popolare (YPG - Yekîneyên Parastina Gel) per cacciare l'ISIS dal governatorato siriano di Raqqa. Per la prima volta dunque una formazione sostenuta apertamente da potenze occidentali e regionali (fino a Settembre 2012 il FSA aveva il suo quartier generale nella provincia turca di Hatay) si univa ad una forza vicina al PKK, considerato organizzazione terroristica da molti paesi tra i quali Turchia, Siria, Iran, Unione Europea e Stati Uniti. Similmente, ad agosto 2014, aveva lasciato ben sperare l'alleanza nella guerra contro i cartelli del jihad tra i peshmerga, esercito regolare della regione autonoma del Kurdistan iracheno, e le YPG. Sembrava infatti che si potesse superare definitivamente l'antinomia tra PKK e Partito di Unione Democratica (PYD - Partiya Yekîtiya Demokrat, che nel 2012 aveva fondato le YPG) da un lato e PDK e PDKI dall'altro.
Vi sono inoltre formazioni curde di matrice islamica, come quella chiamata Hezbollah Curdo (HK -Hizbullahî Kurdî). Fondata nel 1978 in Turchia da Hüseyin Velioğlu (ucciso nel 2000 in uno scontro a fuoco con la polizia turca), negli anni '80 divenne un partito di massa nei principali centri urbani della provincia di Diyarbakır, arrivando nel decennio successivo allo scontro armato con il PKK, di ideologia marxista e fino ad allora forte soprattutto nelle zone rurali. Parallelamente, HK organizzò una serie di attentati contro le forze di polizia turche e contro i giornali che diffondevano informazioni sulla sua organizzazione, come Özgür Gündem e 2000'e Doğru. Quest'ultimo, in particolare, nel 1992 riferì le testimonianze di simpatizzanti di HK, che accusavano vari esponenti del partito di essersi “formati” nel quartier generale dei reparti antisommossa della polizia turca di Diyarbakır, ma l'autore dell'articolo venne ucciso due giorni dopo da ignoti. A seguito dell'annuncio della fine della lotta armata nel 2002, parte di HK confluì nell'associazione Solidarietà con gli Oppressi (Mustazaflar ile Dayanışma Derneği, abbreviato in Mustazaf Der), accusata nel 2010 da un tribunale di Diyarbakır di attività terroristiche. Due anni dopo, il movimento fondò il Partito Pace e Democrazia, poi denominato Partito della Causa Libera (Hür Dava Partisi, abbreviato in Hüda-Par), il cui nome è tornato sulle testate turche all'inizio di giugno per l'uccisione di Aytac Baran, presidente di una fondazione islamica ad esso legata a Diyarbakır. Il suo successore ha subito puntato il dito contro il PKK, riferendo che Baran ultimamente aveva ricevuto minacce dai suoi sostenitori. Le ragioni dell'omicidio, cui sono seguiti scontri armati costati la vita ad altre tre persone, restano tuttavia ignote, nonostante l'arresto di 18 sospetti da parte della polizia turca. Altra benzina sul fuoco delle tensioni che nei giorni precedenti alle elezioni parlamentari del 7 giugno hanno infiammato la provincia di Diyarbakır, con oltre 100 aggressioni ai danni di sedi e manifestazioni l'HDP. Fino alle due esplosioni che, durante il comizio del 5 giugno nella città di Diyarbakır, capoluogo dell'omonima provincia, hanno ucciso tre persone, seminando il panico tra la folla. Episodio del quale Demirtaş ha accusato direttamente formazioni affiliate all'ISIS.
l bombardamento mediatico contro il governo greco sembra non funzionare.
Una lettura fatta attraverso i sondaggi di opinione su come la società greca vede l'operato del
proprio governo fino ad oggi.
Mentre a gran voce ci viene detto dalla commissione europea e dal governo tedesco che in
Spagna, Portogallo e Irlanda le misure economiche di austerity stanno portando buoni frutti e
questi paesi stanno facendo "passi avanti", gli elettori di questi paesi, quando sono chiamati a
scegliere, si orientano su posizioni opposte a quelle dei loro governi. Sono forse impazziti?
Credo di no.
Questo ci può far riflettere su quanto l'informazione sia strumentalizzata e asservita a
sostenere un modello economico che da molto tempo ormai si è dimostrato fallimentare. Non
metto in dubbio che questi paesi stiano facendo "passi avanti" grazie alla cura a base di
neoliberismo, mi piacerebbe capire in quale direzione?
Anche per la Grecia, fino a pochi mesi fa quando ancora c'era il governo Samaras, venivano
dette le stesse bugie e tutta Europa stava a guardare una "ripresa della Grecia" invisibile per
noi, ma evidente solo sulla stampa di propaganda.
Il governo greco, per il momento l'unico ad aver alzato la testa è stato attaccato e
sbeffeggiato da tutti gli altri governi. Potendo dire ben poco sulla serietà degli argomenti
messi in campo dagli esponenti del governo Tsipras, si sono accaniti sui singoli ministri
cercando di screditarli con commenti e chiacchericci di bassa lega, ad iniziare dalla cravatta
(che non hanno) a finire con bugie e false dichiarazioni attribuite quando all'uno quando
all'altro.
Questi mesi di contrattazione con l'Eurogruppo non hanno portato a granché, da parte del
governo tedesco (cioè il vero cervello dell'Eurogruppo) è stata attuata la tecnica dello
"sfinimento" ovvero aprire momenti di speranza e di probabile accordo e subito dopo tornare
a chiedere e imporre le decisioni prese dal precedente governo, cercando di far leva sul
ricatto del fallimento economico e delle varie scadenze e pagamenti che la Grecia ha davanti.
Il problema del governo tedesco nei confronti del governo greco è politico e questo è bene
che venga capito da tutti. Non sopportano di aver a che fare con un governo di sinistra.
Poco importanza viene data alle proposte presentate da Atene, non vengono neanche
valutate dagli interlocutori, il "programma deve continuare" e basta.
Che Atene possa trovare all'interno della propria economia altri modi per riprendersi
economicamente diversi dalla macelleria sociale sostenuta dalla Germania, questo non
importa. Il problema non sta nell'economia e quindi nella ripresa economica della Grecia, ma
negli interessi economici della Germania e delle varie multinazionali che avevano iniziato a
spartirsi la torta ellenica. Quindi…meglio se altre soluzioni diverse da quelle imposte non
verranno trovate.
L'obiettivo finale dell'Eurogruppo è senz'altro quello di annientare il cattivo esempio che il
governo greco rischia di dare agli altri popoli d'Europa. E sicuramente nei prossimi giorni e nei
prossimi mesi si intensificheranno gli attacchi e i ricatti affinché il governo greco si pieghi al
volere del neoliberismo. Per il momento, grazie ad i rapporti di forza estremamente
sfavorevoli, Atene ha congelato alcuni punti del proprio programma e sta cercando di arrivare
ad un accordo senza varcare alcune "linee rosse" ovvero dei punti imprescindibili del proprio
programma che riguardano i diritti dei lavoratori, il rifiuto di attuare nuovi tagli a stipendi e
pensioni e l'eliminazione della famosa tassa ENFIA, una tassa orizzontale sulle proprietà che
sta mettendo il popolo greco in ginocchio.
La propaganda internazionale contro la Grecia non è la sola a martellare il governo Tsipras,
dovete sapere che tutte le emittenti televisive private del paese non hanno mai pagato un
euro per i diritti televisivi e per l'uso delle frequenze, ma non perché non dovessero pagarli,
perché i precedenti governi preferivano il sostegno mediatico alla riscossione dei compensi. Il
governo guidato da Tsipras ha pensato bene di iniziare a chiedere i milioni di euro che queste
emittenti televisive devono allo stato ed è così che le stesse emittenti televisive hanno iniziato
una guerra mediatica per screditare il governo. La propaganda che ogni giorno viene fatta
contro i vari personaggi del governo è vomitevole e priva di ogni deontologia giornalistica.
Se sul piano internazionale possiamo dire che il governo ellenico sta percorrendo una strada
da solo e in salita, diversamente vanno le cose in patria. Nei pochi mesi di governo è infatti
riuscito a fare molte cose positive. La differenza con i beceri del governo precedente è
enorme e con una certa velocità la Grecia si sta normalizzando.
Se prima c'era da lottare per non far peggiorare le cose, adesso possiamo discutere di come
migliorarle. L'opposizione al governo è di due tipi: quella da destra che è scontenta di veder
andare in fumo il grosso lavoro fatto in collaborazione con la Troika e che vorrebbe tornare al
precedente modello di dittatura sociale ed economica e quella da sinistra, che vorrebbe delle
posizioni più intransigenti del governo greco nei confronti dei creditori e dell'Eurogruppo.
Personalmente capisco di più l'opposizione di destra con tutte le sue ragioni, ragioni che
politicamente non condivido affatto ma che mi sembrano più sensate delle critiche mosse
dall'opposizione di sinistra.
Capisco che un'evoluzione verso qualcosa di ancora meglio può avvenire solo cercando di
spingere la politica verso nuove soluzioni e che accontentarsi frena questo processo, ma
dall'altra parte devo riconoscere che gli spazi per attuare una politica estera più radicale non
vi sono e gli equilibri europei (per il momento) non sono favorevoli.
Ricordiamoci che se questo governo cade non c'è da sperare in qualcosa di migliore, ma
semmai di un ritorno a qualcosa di molto peggiore...
Nonostante tutto ciò, due giorni fa sono usciti sul quotidiano Avghi dei sondaggi di opinione
relativi al periodo 1319
maggio 2015 e confermano come il governo Tsipras goda ancora di
una ottima popolarità.
Sono molto interessanti da esaminare perché rispecchiano l'impatto sulla società greca delle
scelte del governo in politica estera e confermano che il popolo greco crede ancora
saldamente nel tentativo che questo governo sta facendo per cambiare la politica economica
fin ora abbracciata dai precedenti governi.
Iniziamo con la stima dei voti, " Se in Grecia ci fossero oggi le elezioni politiche che cosa
voteresti ?"
Il 48,5% voterebbe Syriza, mentre Nea Dimokratia il maggiore partito di destra all'opposizione
si deve accontentare di un misero 21%, questo dato descrive in maniera evidente la forte
sfiducia che ancora il popolo greco nutre nei confronti dell'ex primo ministro Samaras,
amicone della Troika.
A seguire abbiamo i Nazifascisti
di Chrisi Avghi con il 6%, i neoliberisti di Potami con il 5,5% i
KKE partito comunista greco (all'opposizione) con il 6%, Anexartiti Ellines (al governo con il
Syriza) con 3,5% il Pasok con il 4% e un 5,5% di altri.
Alla domandato " Quale secondo voi è il migliore governo per il paese?" Il 54 % indica l'attuale
governo, mentre solo il 18% vorrebbe il governo di Nea Dimokratia, segue poi il 18% di
interpellati che non è soddisfatto da nessuno dei due governi.
La popolarità del primo ministro Alexis Tsipras è ancora molto alta e viene stimata al 77%.
Alla domanda: " Quale è il primo ministro più adatto per la guida del paese? " Ben il 63% degli
interpellati ha risposto Alexis Tsipras, mentre Antonis Samaras resta al 20% e il 14% non
indica nessuno di questi due.
L'ormai famoso ministro delle finanze Yanis Varoufakis che da mesi è nell'occhio del ciclone e
su di lui si è abbattuto il chiacchericcio mondiale è ancora molto sostenuto dal popolo greco.
Se analizziamo il confronto tra soddisfatti e insoddisfatti vediamo che a febbraio 2015, subito
dopo le elezioni, coloro che si esprimevano positivamente e coloro che invece risultavano
insoddisfatti erano rispettivamente il 75% e il 24%. A marzo 2015 erano rispettivamente il
59% e il 40%. Ad aplile 2015 il 55% e il 43% e a maggio il 59% e il 40%. Come potete vedere
c'è stato un calo fisiologico rispetto alle aspettative iniziali e al sorprendente dato registrato a
febbraio 2015, la sfibrante trattativa condotta con l'Eurogruppo e la contrattazione portata
avanti nella ricerca di un compromesso hanno fatto scendere la popolarità del ministro
Varoufakis, ma se valutiamo a quale martellamento mediatico negativo è stato sottoposto in
questi mesi possiamo dire che è ancora apprezzatissimo dal popolo greco.
Chiudo con un dato molto significativo che riguarda un argomento di grande attualità: il
referendum sull'Euro. Il 71% del popolo Greco è a favore e il 25% è contrario, il 4% non ha
opinione.
Questa massa di dati e di percentuali ci può dare un idea di come il popolo greco veda ancora
di buon occhio il proprio governo nonostante la feroce propaganda di cui è vittima. Una cosa
è certa: dopo il successo di Podemos in Spagna e la vittoria a Barcellona ci sentiamo un po'
meno soli in questa Europa drogata dall'austerity.
Siete comunisti, che cosa ci possiamo aspettare?" È Inge Graessle, una deputata del partito CDU della Merkel ad averlo detto in una trasmissione televisiva.
Perché non si arriva ad un accordo tra Eurogruppo (governo tedesco) e Grecia?
Dopo mesi di trattativa nei quali il governo greco ha fatto grandi concessioni per raggiungere un accordo ancora si parla di"posizioni distanti" .
Semplice. Il problema non sta nell'economia. Il problema è politico. Il governo conservatore
tedesco ODIA il governo della Grecia semplicemente per un fatto: è di sinistra.
E' la stessa Inge Graessle (rappresentante del governo tedesco) a dirlo apertamente:
..."Siete comunisti, che cosa ci possiamo aspettare?" .
Questa la frase pronunciata in una trasmissione televisiva giornalistica dove la Inge Graessle
oltre a questa affermazione ha ripetuto le solite bugie che da mesi danno in pasto al popolino
di tutta Europa.
Inge Graessle è una deputata del partito CDU della Merkel e detiene la presidenza della
commissione di controllo di bilancio del Parlamento Europeo. Ha partecipato a un talk show
televisivo con Stelios Kouloglou, un giornalista molto noto in Grecia che (ha curato molti
documentari e che ha un sito di giornalismo molto frequentato www.tvxs.gr che nel dibattito
televisivo rappresentava il partito Syriza.
Per l'ennesima volta la rappresentante del CDU si è dimostrata una bugiarda, affermando il
falso. Oltre a questo ha contestato a Kouloglou dei provvedimenti di politica interna del
governo Tsipras, dimostrando palesemente che il problema non è far tornare i conti e
riprendersi i propri soldi indietro, ma è politico e legato alle mire espansionistiche e
commerciali delle multinazionali tedesche.
Vi invito ovviamente a vedere il video, che è in un inglese semplice e capibile. Qui di seguito
riporto e commento alcuni momenti del dialogo.
Vedi il video: https://www.youtube.com/watch?v=OqU9PHRNpM4
Già dai primi minuti del colloquio appare chiaro come la signora Inge Graessle alimenta la
propaganda anti ellenica che da anni viene portata avanti dal governo tedesco. Inizia subito
ironizzando sul fatto che i greci sono inaffidabili e inclini a cambiare spesso idea.
Andrebbe ricordato alla signora Inge Graessle che nell'Eurogruppo del 17 febbraio avvenne
un cambio repentino della bozza di accordo. Una bozza che era stata preparata in
precedenza dai tecnici venne improvvisamente sostituita da un'altra dal presidente
dell'Eurogruppo Dijsselbloem su diretto volere si Schäuble. Il ministro delle finanze greco
Varoufakis si rifiutò di firmarla e di lavorarci sopra e proprio in quell'occasione, notata
l'abnegazione di Dijsselbloem nei confronti del capo, coniò il nomignolo di "Delivery boy" per il
capo dell'Eurogruppo. Se non ci fosse stato Paul Mason (giornalista inglese) a rivelare
l'inganno e a pubblicare il documento sparito i greci sarebbero stati fatti passare da paranoici
visionari. Questo fu il primo episodio di una serie infinita di scorrettezze, inganni, bugie, false
aperture, cambi di idea, accordi poi ritrattati, etc..che hanno caratterizzato questi mesi di
trattativa.
Questa tecnica, un classico del governo tedesco, ha l'unico fine di screditare i propri
interlocutori e di far passare in secondo piano le questioni economicopolitiche.
Il governo
tedesco si vergogna di affermare davanti al proprio popolo che il proprio obbiettivo è
colonizzare economicamente la Grecia (come è stato fatto con il resto dei Balcani) e quindi
deve aggirare l'ostacolo, lo fa presentando i propri interlocutori come dei cialtroni,
spendaccioni e dilettanti...tutte caratteristiche negative che fanno molta presa sulla psicologia
del tedesco medio.
"Il governo greco sta lavorando per un Grexit" , ha continuato. Anche su questa affermazione
c'è molto da ridire. Il governo greco ha fatto passi da gigante verso un compromesso che sia
vantaggioso per tutti.
Si può dire la stessa cosa per la Germania? No.
La Germania sta tirando tutta l'Europa verso una direzione che conviene solo a lei. C'è
veramente da chiedersi a cosa servono le elezioni e i mandati politici che gli elettori affidano
ai propri governi se viene dato per scontato che la politica sia fatta altrove e su decisioni già
prese in precedenza. In realtà è la Germania che sta lavorando per un Grexit, una punizione
esemplare che serva da lezione a tutti gli altri popoli dell'Europa. Ovviamente la Germania
vorrebbe gestire la cosa in maniera da non doversi prendere le responsabilità dei contraccolpi
economici che si ripercuoterebbero sulle economie più deboli di tutta l'eurozona.
La signora Graessle rinfaccia a Kouloglou che il governo attuale non ha rispettato gli accordi
presi dal precedente governo ovvero di portare i salari a 300 euro, tagliare le pensioni e
liberalizzare i licenziamenti di massa. È evidentemente difficile per la signora Graessle capire
che questi provvedimenti oltre a peggiorare l'emergenza umanitaria che già è in corso in
Grecia siano impossibili da applicare. Infatti anche il governo Samaras che ha preso questi
accordi e che sarebbe stato ben contento di applicarli, non ha potuto. Che non sia possibile
vivere con uno stipendio di 300 euro lo capisce anche un cane, ma forse qualche politico del
CDU non ci arriva, e comunque come sottolinea Kouloglou, si parla di alzare gli stipendi nel
settore "privato", quindi signora Graessle, non ci sarà nessun peso economico ulteriore per lo
stato...se è di questo che è preoccupata. Mi sembra che invece la paura sia di guastare gli
interessi delle multinazionali che con i salari ribassati ulteriormente avrebbero a disposizione
una piccola India in Europa.
"Vi aspettate che i contribuenti più poveri della Slovacchia e la Lituania, paghino per le vostre
promesse? Avete riassunto 3900 impiegati statali..". continua la signora Graessle.
La rappresentante del CDU si riferisce alla riforma che improvvisamente oscurò la televisione
pubblica (ERT) e che portò al licenziamento di tutti gli impiegati della televisione di stato.
È bene precisare, se vogliamo spostare la questione sul piano economico, il bilancio
dell'ultimo ERT era circa 3,7 milioni di euro, mentre la nuova tv di regime fatta da Samaras a
sostegno di un governo non democratico ha avuto un budget di 13,8 milioni di euro. C'è poi
da notare che il licenziamento di massa che fu fatto è stato dichiarato illegale dall'alta corte
greca. A parte questo, la televisione pubblica, come Stelios Kouloglou sottolinea giustamente
è finanziata dal contributo dei telespettatori, non dallo Stato. Quindi non influisce
minimamente sul bilancio statale. Ovvio che al governo tedesco piaceva di più una televisione
a diretto controllo della destra di Samaras.
Sarebbe interessante, tra gli altri miti da sfatare, dire che la Grecia non ha poi questo grande
settore pubblico che viene rinfacciato dal governo tedesco. E 'ovvio che anche prima della
crisi, la Grecia era uno dei pochi paesi con una percentuale bassa di funzionari pubblici in
rapporto al totale della forza lavoro. Al contrario, ci sono paesi come la Norvegia, la Svezia e
la Francia, che hanno tre volte il numero dei dipendenti pubblici greci. Ci sono dei settori dove
il taglio del personale e delle spese sono atti criminali, sto parlando, solo per fare un esempio,
degli ospedali. Da tempo mancano gli strumenti basilari come ad esempio un semplice
termometro. È giusto questo? Può uno stato europeo spingere un altro stato in una crisi
umanitaria perché vede in questo un proprio personale guadagno?
Per quanto riguarda i contribuenti di altri paesi europei:
a) la Grecia ha restituito i propri prestiti con interessi per gli anni passati e non ha ricevuto un
centesimo da agosto 2014.
b) Il debito pubblico greco è in crescita dall'inizio del memorandum da 127% al 180%.
Syriza propone un congresso europeo sul debito pubblico dal momento che questo non è
solo un problema greco (es. Italia, Spagna, Francia, etc.) ed è stato principalmente causato
dalla decisione politica del governo tedesco di salvare le banche.
c) Anche il Parlamento Europeo ha concluso che la politica di austerità che viene promossa è
fallimentare e antidemocratica.
Intorno al minuto 15 del video, la signora Graessle, dopo tante bugie, ha finalmente uno
scatto di onestà e dice: "Il governo greco ritiene che nessuna riforma sia il modo giusto
per uscire dalla crisi. (...) Come ci si può aspettare dai comunisti una riforma?
Inge Graessle e il partito popolare europeo, non ha ancora accettato che il muro di Berlino
non esista più, coltivano da 25 anni l'odio. In ogni caso, un grande grazie alla signora
Graessle che con linguaggio eloquente esprime un concetto semplice e alla portata di tutti: Il
problema è politico, inutile arrampicarsi sugli specchi, una soluzione non vogliono trovarla
perché il governo greco è di sinistra e questo cambia i presupposti del confronto. Se alla base
della discussione non vi è un saldo e massiccio sentimento antidemocratico e un gusto
perverso per la macelleria sociale...non ci può essere nessun dialogo.
Per questo rimpiangono il governo Samaras con cui si trovavano tanto bene.
Il recente successo del partito spagnolo Podemos è anch'esso un fatto inquietante per il
governo tedesco. In futuro potrebbero cambiare gli attuali equilibri politici e di conseguenza il
potere decisionale della Germania. Il governo tedesco cerca di ricattare il più possibile il
governo greco, è una corsa contro il tempo. Non potendo vietare le elezioni negli altri paesi
europei cerca di organizzare una punizione esemplare per la Grecia. L'odio è cieco e come in
un film già visto il governo tedesco rischia di fare scelte tragiche per tutta l'Europa come è già
successo nella storia di questo continente. La sua caratteristica è nota, cedere ad un
compromesso equo per tutti è visto come atto di debolezza. Mentre la ritorsione e la
punizione sono viste come normale evoluzione della loro tradizione.
Una vittoria della sinistra in altri stati d'Europa sarebbe per la Germania soprattutto una
sconfitta sul piano morale. Non dimentichiamoci che i peggiori crimini compiuti durante la
seconda guerra mondiale dall'esercito nazista sono stati compiuti in fase di ritirata.