L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
In una piccola via del centro di Palermo, quasi per sbaglio, la mia compagnia si è imbattuta in questa singolare libreria. Vista la mia passione per la lettura, mi ha voluto portare subito a vederla. Eravamo qui per vacanza, dunque passeggiare in cerca di luoghi particolari era d'obbligo, figuriamoci incappare in questa “Stanza di carta”…
La libreria è deliziosa. Il libraio, Piero Onorato, capisce subito che siamo incuriositi dalla sua attività e molto gentilmente ci invita ad entrare per poi cominciare a raccontarci…
Questo esercizio nasce nel 1922 come libreria scolastica e sopravviverà fino al 1999 per poi chiudere i battenti. Negli anni le serrande chiuse hanno accumulato polvere cambiando di colore, mentre i passanti palermitani dimenticavano sempre più cosa ci fosse stato in quel luogo. Vent'anni dopo, nel 2019, Piero riapre quest'attività scegliendo di vendere libri nuovi, vecchi o rari, spesso mai aperti, forse acquistati o regalati a qualcuno e poi finiti qui, nelle mani di un compratore più attento, accuditi e preservati come oggetti di culto in questo piccolo tempio del sapere. Questo magico luogo si sviluppa verso l'alto, proteso verso chissà quale divinità depositaria della conoscenza. I suoi clienti non sono solo palermitani, ma selezionati da tutta Italia, qualcuno anche dall'estero.
Piero ci racconta che questa è una delle librerie più piccole del mondo, solo diciannove metri quadrati ricavati dal vecchio campanile della vicina chiesa di San Giuseppe dei Teatini, dunque può solo sfruttarne l'altezza, di circa sei metri. Gli scaffali si arrampicano colmi di libri verso il soffitto emanando un buon odore che sa di carta datata. I libri insieme compongono una sorta di mosaico colorato, dove non manca neanche un tassello. Anzi, sembra che dietro ogni libro esposto ve ne sia un altro pronto a sostituire quello sfilato da qualche cliente interessato. Un piccolo divano sotto la scala accoglie il lettore, che seduto si ritrova come incorniciato in quello che sembra essere un teatro. Per uno strano effetto ottico, questa posizione fa sembrare la libreria più grande di come in realtà è. Una scala piccola laterale si arrampica sopra di noi per affacciarsi sulla libreria, permettendoci da lì di vedere anche la “stanza del piacere”. Si tratta di un luogo posto al piano superiore, con una porta che rimane socchiusa, che all'interno ospita libri che trattano di erotismo. Scorgo, infatti, tra gli scaffali una rivista di un vecchio Penthouse con una modella poco vestita che svetta in copertina. Proprio dietro quella parete riposano ancora i frati della chiesa... Riscendendo, si scorgono altre due rampe di scale, che però sono cieche e oggi non conducono da nessuna parte, ma che sicuramente in passato avevano una loro utilità per noi ignota. Queste rampe si confondono con quelle che ci hanno fatto accedere al piano di sopra, portando inevitabilmente alla mente la stessa illusione ottica che provocano le scale fantastiche di Escher,
Il gestore sembra nato per dare vita a questo luogo, i suoi occhi trasmettono la passione per questo lavoro e per questo negozio, luogo che esprime una sua particolare personalità. Con Piero sembra di trovarsi in compagnia di Alice nel paese delle meraviglie. Quei libri pulsano di vita propria; dormienti, sembrano in letargo in attesa della loro futura destinazione. Ho avuto timore di ripassare in quella piccola stradina che è via Giuseppe D'Alessi e di non ritrovare più questo luogo così magico, scomparso in quella stessa magia che emana e che mi ha tanto affascinato...
Sette accademici italiani* hanno recentemente diffuso un documento-manifesto con il quale esprimono giudizi fortemente critici nei confronti delle strategie antipandemiche adottate dai governi Conte e Draghi (accusate di essere dogmaticamente antiscientifiche e di essere risultate fallimentari), salutando invece con favore l’inizio di un nuovo corso avviato dal nuovo governo.
Queste, in sintesi, le loro argomentazioni:
Ciò dovrebbe farci riflettere in merito alla scarsa qualità delle nostre strutture sanitarie e in merito alle modalità adottate nella registrazione dei decessi.
nello scoraggiare le autopsie “(che ci avrebbero permesso di capire in anticipo la fisiopatologia del virus)”;
nell’imporre “regole assurde (paracetamolo e vigile attesa, banchi a rotelle)”.
“Si voleva che il vaccino emergesse come salvifico e insostituibile? Questo è il modus operandi delle tecniche di persuasione basate sulla paura, che hanno ispirato i media con l’obiettivo di sostenere il vaccino finanche a negarne gli effetti collaterali.”
Per cui, se un vaccino non è in grado di mettere al riparo dal contagio, se non previene l’infezione, perché continuare a considerarlo tale?
In base, quindi, alla chiara assenza di fondamento scientifico, sarebbe pertanto “saggio e logico” che l’imposizione liberticida del green pass (che ha avuto, tra l’altro, il tragico effetto di alimentare “risentimento e divisioni all’interno del nostro stesso popolo”), venisse al più presto rimossa.
E’ insensato invitare a “credere” in un qualche vaccino. Per avallare una terapia non è certo necessario abbracciare la via della fede: occorre, bensì, essere “convinti dai dati”.
Fideismo e dogmatismo sono radicalmente antitetici al metodo scientifico.
Inoltre, non andrebbe ignorato o sottovalutato il fatto che la principale azienda impegnata nella produzione vaccinale anticovid “in passato si è resa responsabile di fatti eticamente inaccettabili, spesso penalmente rilevanti.”
Incomprensibile, poi, risulta la “segretezza sui contratti di acquisto dei vaccini e sulle modalità di produzione degli stessi”.
Anche l’ossessivo ricorso ai tamponi (dimostratisi incapaci di fornire dati affidabili) andrebbe prontamente accantonato.
Pertanto, le misure adottate dal nuovo governo vengono salutate come “frutto del buon senso che rifugge dall’ideologia”, volte a sanare “una frattura con quei medici che, spinti dal dubbio critico, si erano sottratti a un obbligo che costituzionalmente resta dubbio se non arbitrario e che ora sono doverosamente riabilitati per quanto ancora attendano il giusto risarcimento.”
*Mariano Bizzarri, Francesco Fedele, Gennaro Sardella, David Conversi (Università La Sapienza, Roma)
Marco Cosentino (Università Insubria)
Vanni Frajese (Università di Roma Foro Italico)
Paolo Bellavite ( Università di Verona-in quiescenza)
Ciro Isidoro (Università del Piemonte Orientale)
Roberto Verna (Università La Sapienza, Presidente WASPaLM)
“Chi se ne frega” è la logica che governa il comportamento della stragrande maggioranza degli umani, di quelli non proprio avvezzi a comportamenti rispettosi delle norme, o al limite ritengono che le regole devono essere gli altri a rispettarle. Di solito l’essere umano si comporta incurante degli effetti che producono le sue azioni e così succede che i potenti fanno la guerra distruggendo uomini e cose perché se ne fregano degli effetti devastanti che producono; se ne fregano se nel mondo un miliardo di persone soffre la fame; se ne fregano se le classi meno abbienti hanno salari da fame, o se manca il lavoro; il ladro se ne frega del danno che procura; lo stupratore se ne frega del dramma che causa alla sua vittima; lo spacciatore se ne frega se induce allo sbandamento e anche al suicidio il tossico dipendente; il mafioso se ne frega; l’assassino se ne frega; l’usuraio se ne frega; lo scafista se ne frega se prosciuga le ultime gocce di sangue ai migranti; se ne frega chi usa mangiare le carne, il pesce, i formaggi, le uova se quelle creature vivono in un inferno per poi essere crudelmente uccise. La stessa logica che muove il vivisettore, il cacciatore, il pescatore è sempre la medesima: “Chi se ne frega”.
Questo modo di pensare, di sentire questa mentalità egoistica, insensibile, indifferente accompagna il genere umano fin da dai primordi ed è la causa di ogni violenza, di ogni ingiustizia, di ogni prevaricazione, di ogni guerra: è la logica di chi considera propri interessi, i propri vantaggi, i propri piaceri prevalenti sulle sofferenze e sulla vita degli altri. Con una mentalità ed una coscienza comune improntata sul “Chi se ne frega” come si può sperare che l’umanità migliori.
Ma se qualcuno ti chiede aiuto e tu te ne freghi probabilmente quando sarai tu ad aver bisogno d’aiuto saranno gli altri e fregarsene. Perché nella vita prima o poi si raccoglie quello che si semina. Non fare ad altri ciò che non vorresti per te stesso, questa è la regola aurea valida sotto ogni cielo che noi universalisti/vegan estendiamo dall’uomo ad ogni essere senziente.
“Chi se ne frega” sono modi di essere e di agire agli antipodi della nostra visione in cui l’empatia, la capacità di condividere le esigenze degli altri, in senso lato, è alla base dei nostri principi, del nostro vivere quotidiano. Se, come diceva B. Pascal “Nulla è più plasmabile dell’animo umano”, quello che manca è la volontà di intervenire sull’indole umana, rimasta eticamente, mentalmente e moralmente allo stato dell’uomo delle caverne. Ma l’evoluzione etica, mentale e spirituale è inevitabile e l’essere umano arriverà a capire che la soluzione di tutti i suoi problemi non sta nei sistemi politici o economici; non sta nell’essere efficienti nell’arginare gli effetti prodotti dagli errori ed orrori umani, ma nella volontà di intervenire sull’uomo attraverso programmi di informazione e formazione del pensiero e della coscienza umana.
Il dolore è ancor più dolore se tace (Giovanni Pascoli)
La fibromialgia è una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso, rigidità muscolare, disturbi del sonno, della memoria, stanchezza cronica, e conseguente riduzione del tono dell'umore. Può compromettere seriamente lo svolgimento delle comuni attività quotidiane, oltre ad avere un impatto negativo sulla maggior parte degli aspetti legati alla qualità della vita. Vi è un continuo, costante, a tratti intenso malessere fisico, causato da tutta questa serie di disturbi e relative difficoltà giunte a minare la vita del paziente. Tutto ciò, arriva nel tempo a creare un umore deflesso, soprattutto perché fibromialgia e relative difficoltà ribaltate nel quotidiano, sono spesso sottovalutate o incomprese sia a livello medico, che familiare, che lavorativo.
Questa malattia colpisce circa 2 milioni di italiani ed il suo esordio si manifesta generalmente tra i 25 e i 55 anni, con una particolarità: le donne hanno molta più probabilità di sviluppare la fibromialgia rispetto agli uomini.
Non essendone note le cause, a tutt’oggi non esistono cure specifiche per la fibromialgia. Sono tuttavia disponibili diversi farmaci, studiati ed usati per la cura di patologie appartenenti ad altre branche specialistiche, e che per alcune caratteristiche compatibili, sono usati per cercare di controllare ed alleviare i disturbi (sintomi) della fibromialgia.
Di questa patologia vorremmo saperne di più, e vorremmo conoscere anche a che punto siamo arrivati con la medicina.
Chiederemo a Rosaria Mastronardo, di Firenze, facilitatrice del Gruppo Auto Aiuto "Fibromialgia: affrontiamola Insieme", socia di "Cittadinanza Attiva Toscana" e socia del Coordinamento Toscano dei Gruppi di Auto Aiuto, malata lei stessa da anni di questa patologia.
D-Buongiorno Rosaria, prima di porti nello specifico domande inerenti al tuo impegno per rendere sempre più nota ai più questa patologia, vorrei sapere quando ti sei resa conto del tuo personale problema e soprattutto delle difficoltà che hai incontrato per farti riconoscere "fibromialgica"
R-Purtroppo, lo ricordo benissimo, era il 2015.
Iniziai a non sentirmi bene: ero particolarmente stanca e pensavo fosse influenza, oppure fosse solo stanchezza causata dalla mia frenetica routine. Mi facevano male le gambe e facevo fatica a camminare: dolori ovunque. All’inizio, proprio perché convinta si trattasse di un virus influenzale, cominciai ad assumere paracetamolo. Andai avanti per qualche tempo, ma senza risultato, anzi, i dolori aumentarono a tal punto che mi accorsi di non avere più sensibilità dal bacino in giù.
Purtroppo, ricordo molto bene quel periodo, perché fu l’anno della tesi di mio figlio. Strano vero? Arrivò il giorno della laurea, il livello di euforia era alto, ero stanca ma con la felicità alle stelle, perché vedevo finalmente realizzarsi un sogno, quello che è uno dei più bei traguardi nella vita del proprio figlio, soddisfazione infinita per tutta la famiglia. Era il 1° dicembre del 2015: non posso dimenticare quello che è avvenuto dopo, perché ancora oggi soffro terribilmente, non solo per la fibromialgia ma per tutte le altre patologie che in questi anni sono emerse. Subito dopo i festeggiamenti, non avevo nessuna intenzione di rovinare la festa a mio figlio e a tutti gli invitati, convinsi mio marito a portarmi al pronto soccorso. Quel giorno non si può dimenticare, avevo paura, tanta paura. Mi sottoposero a numerosi esami, ma fortunatamente tutti i risultati erano buoni; gli stessi medici che mi visitarono non sapevano dare una collocazione a quei sintomi. Alla fine, il medico di turno mi disse che mi avrebbe fatto visitare da un neurologo. Fece lui stesso le pratiche per affidarmi a questo specialista. Fui fortunata: mi affidarono al primario di neurologia di quella struttura. Intanto la mia paura aumentò, insieme ai miei dolori: quella sensazione di non avere sensibilità, quelle scosse che avvertivo quando mi toccavo le gambe erano sempre lì: sentivo le gambe pesantissime come se fossero di cemento. Passarono 9 mesi tra esami di tutti i tipi, risonanze al cervello, radiografie, ecografie, esami ematici, di tutto e di più. Nel frattempo, cominciai a perdere i capelli a manciate. Stress, confermato anche dal dermatologo a cui mi rivolsi. Furono mesi lunghissimi, durante i quali mi imbottirono di farmaci per alleviare i dolori, i quali si attenuavano ma non più di tanto, quel poco da permettermi di non stare ferma immobile nel letto. Farmaci che mi portarono anche ad un notevole aumento di peso, che non aiutava; mi si continuava a dire che non sapevano cosa darmi e che, soprattutto, non sapevano cosa io avessi. Alla fine, quando tutti gli esami furono finiti e non vi era nulla che giustificasse quella condizione, il neurologo pronunciò la diagnosi: fibromialgia.
Relativamente alla domanda sulle difficoltà che si incontrano per farsi riconoscere "fibromialgica", ti dirò che, ancora oggi, così come nel 2015, come tutti coloro che convivono con questa malattia, ho difficoltà, abbiamo tante difficoltà. Ci sono diversi motivi. Il primo motivo è caratterizzato dal sintomo principale della malattia: il dolore. Il dolore è qualcosa che nessuno vede, nessuno può toccare, il dolore lo sente e lo vive chi lo porta con sé, chi lo subisce in tutta la sua intensità, cupa e sorda; tieni presente che il dolore della fibromialgia è un dolore sì, fluttuante come intensità, ma costantemente presente, perché trattasi di dolore cronico. In alcuni momenti il dolore è talmente intenso, che quando l’ondata di picco passa, ti sembra quasi di stare bene, ma non è vero, è solo passato il picco. Nessuno di noi sa più cosa sia una giornata senza dolore, piccolo o grande che sia. Per capire cosa possa essere il quotidiano da gestire quando il dolore ti sovrasta, prova ad immaginare la tua vita, i tuoi tantissimi impegni di lavoro e famiglia, che già fatichi a coordinare. Fatti davanti che improvvisamente cominci a sentire dolori costanti, che ti tolgono la concentrazione in ogni momento, qualsiasi sia l’attività a cui ti stai dedicando. Esiste una linea di demarcazione fra malattia acuta e malattia cronica. Il nostro corpo riesce a tollerare benissimo una malattia acuta, benché fortemente debilitante, perché come è sorta, poi finisce. Ma quando si entra nel cronico, si inserisce anche un meccanismo psicologico di sempre meno sopportazione, che ti fa piombare nella non accettazione della tua sopravvenuta condizione. Bisogna lavorare molto su sé stessi per poter gestire questa nuova realtà.
La stessa OMS, nel 1992 definì la fibromialgia una malattia cronica ed invalidante ma, ad oggi, pochi la considerano, ancora pochi la conoscono, e alla diagnosi purtroppo si arriva per esclusione, non essendoci un marcatore, un qualsiasi tipo di esame che individui incontrovertibilmente la malattia, nonostante i significativi e numerosi sintomi che la caratterizzano (ad oggi se ne contano più di 200).
Un altro motivo, legatissimo al primo, è la tua “invisibilità”. Il paziente fibromialgico è un malato cronico a tutti gli effetti, ma non ha nessuna tutela, questo perché la malattia in Italia non è riconosciuta, o meglio, lo è solo in alcune Regioni. La situazione in Italia, sulla fibromialgia, per far capire a tutti, è a “macchia di leopardo”. Ciò è dovuto all’autonomia regionale in ambito sanitario, ogni Regione decide da sé. Quindi c’è questo paradosso assurdo, cittadini di una stessa Nazione, ma tutelati dai 20 Sistemi Sanitari diversi, in modalità diverse, a seconda della propria regione di residenza.
Ulteriore motivo di difficoltà nel farmi riconoscere fibromialgica, e che riguarda tutti noi malati fibromialgici, è la difficoltà di far comprendere ai datori di lavoro quali siano le difficoltà nello svolgimento delle nostre mansioni lavorative, ed il motivo è sempre lo stesso: il mancato riconoscimento ufficiale della malattia, con definizione precisa della patologia, relative cure, cut-off e tutele. Anche se ci presentiamo al nostro datore di lavoro con il referto del medico specialista che attesta la nostra malattia, non è che si possa chiedere tanto, quasi sempre il gesto non sortisce alcun effetto. A volte, anzi direi quasi sempre, devi spiegare tu al datore di lavoro che cos’è la fibromialgia, questa sconosciuta, perché la maggior parte dei manager non sa che cosa sia la fibromialgia e cosa comporti.
A noi capita spesso di non riuscire a svolgere la nostra mansione come vorremmo, o di non riuscire a svolgerla affatto, dobbiamo di conseguenza spiegare al nostro datore di lavoro il tipo di sofferenza e difficoltà che la malattia porta giorno dopo giorno, durante tutto l’arco lavorativo, con connotazione di ingravescenza progressiva. A questo punto bisogna solo sperare che l’interlocutore dinnanzi a noi, sia dotato di una buona dose di empatia, e capisca sia meglio chiudere un occhio davanti alle nostre eventuali defaiance, se ad esempio ci vede fermi o seduti per un attimo per recuperare le forze. Se è intelligente, può comprendere che la scelta migliore per lui, per entrambi, sia tentare un nostro cambio mansione. Se si trattasse addirittura di datore di lavoro dal cuore d’oro, potrebbe arrivare addirittura a proporre un part time, o l’attivazione del telelavoro o dello smartworking, quando possibile. Se invece al posto del cuore, il datore di lavoro, ha un sasso, appena notata la discontinuità di rendimento, grafici e statistiche alla mano diventi automaticamente una zavorra, una voce passiva di bilancio, e senza alcun rimorso mette in atto tutto un meccanismo che ti spinge a licenziarti, a trovarti una soluzione più consona, praticamente ti stringe la mano e ti accompagna alla porta.
D-Quali ostacoli burocratici hai incontrato prima di essere riconosciuta fibromialgica?
R- I miei ostacoli sono quelli di tutti i fibromialgici. Noi siamo malati cronici “invisibili”, in assenza totale di diritti e di una vera e propria presa in carico da parte del Sistema Sanitario Regionale, per alcune Regioni per il motivo che ho spiegato sopra, come succede per tutti i malati cronici. Senza dimenticare i problemi legati al lavoro. Io mi reputo fortunata, rispetto alle altre malate come me, perché lavoro in una Pubblica Amministrazione e usufruisco della legge sul telelavoro ma solo perché il mio lavoro è tele-lavorabile però tutte le volte, ogni anno, questo è l’assurdo, devo ripresentare tutti i miei referti sulla fibromialgia per il rinnovo del Telelavoro. Come se una malattia per definizione cronica come la fibromialgia, potesse da un anno all’altro, smettere di esistere, quando invece di fatto non può guarire mai. Dimmi, spiegami questo: che senso ha rifare tutto, ogni anno d’accapo quando hai una malattia cronica? Il termine “cronica” sta a significare che NON PASSA MAI, quella c’è e ti rimane. Ho scritto che mi reputo fortunata perché sono venuta a conoscenza di tante altre “amiche di sventura” che come me soffrono di fibromialgia, e pur lavorando in una Pubblica Amministrazione ed avendo un lavoro tele-lavorabile, non hanno la possibilità di usufruire di questa legge. Siamo all’assurdo, perché addirittura si tratta di aziende pubbliche sanitarie locali, che dovrebbero per prime tutelare il lavoratore, in quanto sono proprio le aziende che si occupano di controllare rischi e sicurezza sui luoghi di lavoro, ed hanno inoltre al loro interno un team di medici legali, e medici competenti che possiedono tutti i mezzi possibili per poter valutare il rischio che può comportare far continuare un malato a svolgere una determinata mansione. Chi controlla il controllore?
D-Quale impegno stai portando avanti? con chi?
R-In questi anni i miei impegni sono stati tantissimi, avevo “solo” la fibromialgia, che “gestivo” alla meglio, ora con un farmaco ora con altri. All’inizio ho collaborato con due associazioni, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla nostra condizione, poi ho lasciato, anzi sono stata costretta a lasciare le associazioni, e faccio da sola, quello che posso, sempre la stessa cosa, sensibilizzazione a 360° sulla fibromialgia, per il suo riconoscimento, sulla presa in carico del paziente e tanto altro. Durante la malattia sono entrata in contatto con il Coordinamento Toscano dei Gruppi di Auto Aiuto, ho conosciuto la referente scientifica Francesca Gori, sono diventata facilitatrice e attualmente facilito due gruppi, uno in presenza e l’altro on-line. Il primo è attivo da ben 4 anni e vorrei ricordare che per il Coordinamento Toscano è il primo gruppo sulla Fibromialgia sorto a Firenze, l’altro è nato durante il periodo della pandemia. Il Covid ci aveva rinchiuso in casa, non potevamo incontrarci in presenza e così mi è venuta l’idea di vedersi on-line. La cosa ha fatto “colpo” sulle altre fibromialgiche della regione ma anche fuori dalla Toscana ed è rimasto attivo anche dopo la fine del lockdown. Con il Coordinamento e grazie alla loro collaborazione ho potuto realizzare tante cose, eventi, dibattiti discussioni sulla nostra condizione, mi sono stati sempre vicini, mi hanno accolta e sostenuta, posso affermare, senza piaggeria che nel Coordinamento ho trovato quello che le associazioni non ho avuto: ascolto, vicinanza, comprensione e appoggio, supporto, in tutto L’altro mio impegno è con Cittadinanza Attiva e il Tribunale del Diritto del Malato. Ricordo che ho cercato io il Coordinatore, il Dottore Franco Alajmo, persona, umana, preparata e interessato molto alle mie idee, iniziative per la fibromialgia. Insieme abbiamo fatto tante cose, tantissime e altre sono ancora da fare e sono sicura si porteranno a termine, perché con Franco Alajmo credo di avere una cosa in comune, siamo entrambi, determinati e testardi.
Ho collaborato anche con la SISP (Società Italiana per la Promozione della Salute) con loro ho partecipato a diversi meeting organizzati ogni anno in città diverse. Ho preso parte a quello di Potenza e Bari, dove ho portato la mia testimonianza sull’esperienza con i gruppi di auto aiuto. Purtroppo la mia situazione di salute si è aggravata e non posso più partecipare ai loro meeting, però devo tanto, tantissimo alla Dott.ssa Filomena Lo Sasso e al Dottore Sergio Ardis che mi hanno permesso di fare queste belle esperienze. Ad oggi con loro, quando posso, in modalità webinar seguo i loro interessantissimi lavori e sono onorata di averli conosciuti e di avermi dato queste opportunità.
D- Vuoi spiegare a chi soffre di questa malattia subdola come iniziare a chiedere aiuto? che passi deve fare?
R- Solitamente, quando c’è un problema di salute, la prima cosa da fare, è consultare il proprio medico di medicina generale, è giustissimo. I medici di medicina generale occupano una posizione diagnostica chiave, perché guidano la gestione precoce del dolore e hanno un ruolo cardine nella selezione dei pazienti per specifici approcci terapeutici. La terapia farmacologica è selezionata in base al tipo di dolore: determinare se esso sia nocicettivo o neuropatico è il prerequisito per adottare l’approccio corretto. Lo stesso medico di medicina generale può prescrivere esami per capire la natura del problema. Ma ciò, dobbiamo sottolinearlo, succede solo se il medico di medicina generale ha una minima conoscenza della fibromialgia, perché se ne è a digiuno, tu malata ti trovi in una “gabbia”, non sai dove sbattere la testa, sei confusa, disorientata. Cosa posso consigliare a chi, nonostante tutti i suggerimenti del medico di famiglia, continua a dover gestire il proprio dolore sul tutto il corpo, la stanchezza invalidante che non va via… posso dire di rivolgersi al medico indicato per questo tipo di patologia, cioè il reumatologo. Oppure sarebbe ancora meglio recarsi in un centro multidisciplinare per la fibromialgia. L’elenco di questi centri può essere consultato dal sito della SIR (Società Italiana di Reumatologia) anche se devo ammettere, non è sempre aggiornato. In ogni modo questo è il sito: https://www.reumatologia.it/registro-fibromialgia
Se cerchiamo la Toscana, ad oggi sono indicati 3 soli centri. Consiglio i centri in modo particolare, perché si possono trovare in queste strutture, medici che non ignorano la malattia e che sanno come trattare il paziente fibromialgico. Non suggerisco nessuno dei tre, solo perché so per certo che la scelta del medico che ti deve seguire deve avere la tua fiducia, la scelta del medico è molto soggettiva, suggerisco però caldamente i centri multidisciplinari perché presso la SIR, con il patrocinio del Ministero della salute, con cui è stata costruita la partnership scientifica ed istituzionale, è stato istituito un Registro della Fibromialgia, il quale ha l’obiettivo di realizzare uno strumento che consente ricerche nel campo della fibromialgia e favorisce lo sviluppo della medicina di precisione, in questo ambito. Grazie al registro sarà possibile definire l’incidenza della malattia, misurare il grado di severità, migliorare la conoscenza della storia naturale della malattia, definire l’intervallo di tempo tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi, monitorare ed aggiornare il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA) e valutare gli esiti e l’impatto socio/economico. Quello sulla fibromialgia rappresenta uno dei primi registri relativo alle malattie da dolore cronico in Europa. Il registro Italiano per la fibromialgia è un progetto strategico, che consente una raccolta osservazionale e prospettica dei dati clinici e clinimetrici dei pazienti fibromialgici sul territorio nazionale.
D- Che tipo di lamentele ti senti di esprimere? Cosa manca affinché questa patologia sia riconosciuta?
R-Manca sicuramente un marcatore, un qualsiasi tipo di esame che permette subito l’identificazione della malattia e il suo riconoscimento ufficiale, ed è quello che nelle varie udienze presso le commissioni al Senato, ci siamo sentiti dire, dietro le numerose richieste di riconoscimento della malattia. da parte di tante associazioni ma, non è semplice anzi sembra una meta irrealizzabile. Io credo, questo è un mio parere personale, ci tengo a precisarlo subito, che ci sono tante altre malattie riconosciute che però non hanno un marcatore, oppure un esame diagnostico che la definisca con precisione. Pensiamo ad esempio alle malattie come il disturbo bipolare di personalità. In alcune malattie tipo questa, non c’è un marcatore, non c’è un esame diagnostico, sono sintomi che il paziente riferisce, eppure nel caso di disturbo bipolare di personalità, il riconoscimento c’è, nei soggetti fibromialgici, che riferiscono di avere “sintomi”, numerosi sintomi, pretendono debba esserci un marcatore, questa cosa io personalmente non l’ho mai capita.
Poi è necessario fare una precisazione, dobbiamo distinguere tra l’approvazione di un disegno di legge per il riconoscimento della fibromialgia e il suo inserimento nei LEA - Livelli Essenziali di Assistenza, che sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale.
Infatti, a livello Nazionale, si sta tentando di lavorare su questi due fronti:
l’inserimento della patologia nei LEA e l’approvazione di un disegno di legge.
Però mi preme raccontare un po’ di storia VERA su questo tema.
Per quanto riguarda l’inserimento della fibromialgia nei LEA, le associazioni coinvolte, e non le indico, il motivo si capirà dopo, hanno cominciato con un’istanza presentata al Consiglio Superiore della Sanità, che ha seguito il suo iter fino a fermarsi all’Istituto Superiore di Sanità. Questo perché, in parallelo, si stanno discutendo a livello politico ben 5 disegni di legge. Il primo, a firma della Senatrice Paola Boldrini, è stato accorpato in Commissione sanità con altri quattro disegni di legge, a favore del riconoscimento della fibromialgia. La Commissione sanità ha convocato le Associazioni e gli specialisti: il documento è stato finalizzato per passare in aula al Senato. Purtroppo l’iter si è poi fermato a Giugno 2020, a seguito dei cambiamenti politici. Il percorso dei LEA e dei disegni di legge ha indotto il Ministero a procedere, incaricando la Società italiana di reumatologia (SIR) di presentare uno studio prospettico sulla definizione dei Cut-Off e della cronicità sulla fibromialgia, anche in virtù del famoso registro di cui abbiamo accennato sopra. La SIR ha trasmesso i suoi risultati e il Ministero della Sanità ha poi ufficializzato l’intenzione di convocare in audizione il responsabile della Società Scientifica per approfondimenti. Quindi, lentamente, ma si sta andando avanti. Ma come malata mi sto chiedendo questo: perché mai si è voluto dare tutto in mano alla SIR, premetto che a me sta benissimo, senza interpellare le associazioni?
Questa è la famosa domanda da un milione di dollari che tutti i malati che hanno seguito le vicende tortuose, difficili delle varie associazioni in questo lungo lasso di tempo si devono fare. Io me la sono posta, la domanda. Le associazioni dei malati sono le istituzioni che dovrebbero ben rappresentare le varie e numerose esigenze dei malati. Perché allora sono state scavalcate? È semplice: perché a livello Nazionale le Associazioni sono varie e numerose, molte delle quali sono piccole realtà non presenti su tutto il territorio nazionale. Spesso non si accordano fra loro, e per questo motivo non sono ancora riuscite a mettere in disparte certi protagonismi ed a presentarsi con voce univoca dinnanzi alle istituzioni. Spesso si sono presentate alla spicciolata, ognuna con personali idee su come risolvere il problema del riconoscimento, atteggiamento che ha fatto spazientire chi all’interno delle istituzioni, aveva la responsabilità di decidere in merito previa consultazione degli addetti ai lavori (le associazioni stesse). Questa è la cosa più ignobile, secondo me, che possa capitare a noi malati, non esistono malati di serie A e malati di serie B, siamo tutti malati italiani, e tutti dobbiamo avere gli stessi diritti. E allora mi chiedo ancora una volta: le associazioni rappresentano davvero gli interessi dei malati? Se avessero a cuore realmente il nostro benessere, la risposta sarebbe sì. Siccome in linea generale si può affermare il contrario, forse dobbiamo rimettere in discussione parecchie cose.
D- Ci sono novità scientifiche a livello farmaceutico? ci sono terapie funzionali al momento?
R- Purtroppo la risposta è no. Tutto ciò che abbiamo attualmente a disposizione sono farmaci che non curano la malattia, ma tamponano solamente i sintomi, se si ha fortuna. Non esiste purtroppo una cura, si prova prima un farmaco e poi l’altro, ma non ti curano, hanno solo la funzione di alleviare il dolore, alleviare non curare, perché curare è tutt’altro.
Cara Rosaria, ogni volta che intervisto qualcuno, lascio all’intervistato uno spazio "bianco", ossia la possibilità di scrivere un proprio pensiero libero, una richiesta, un annuncio.
A te lo spazio:
R
Marzia, prima di tutto, grazie. Pubblicamente, ti ringrazio di avermi dato questa opportunità, ci fossero in giro persone come te, il mondo sarebbe migliore, non è piaggeria la mia, è quello che penso. Chi mi conosce sa benissimo come sono fatta, io sono sincera, schietta, dico quello che penso senza giri di parole. A volte, sono consapevole che questo mio modo di fare, di pormi, può dar fastidio a qualcuno ma, è più forte di me, devo dire SEMPRE la verità ed essere SEMPRE sincera.
Premesso questo, le mie richieste e il mio annuncio.
Richieste
1) Ascolto.
Per esperienza personale, in quanto affetta da diverse malattie croniche e autoimmuni e per la mia esperienza di facilitatrice di un gruppo di Auto Aiuto sulla Fibromailgia posso affermare che le difficoltà che incontriamo noi pazienti affetti da questa patologia, sia prima che dopo la diagnosi, sono enormi, spesso troppo onerosi da poterle sopportare.
Ci rivolgiamo a diversi medici di diverse specializzazioni , spesso senza aver ricevuto una diagnosi precisa ma soprattutto senza una terapia mirata.
E' un girovagare tra specialisti che porta inevitabilmente in noi la frustrazione di non essere compresi, oppure, nel peggiore dei casi, di non essere assolutamente creduti.
Come già detto, la diagnosi di fibromialgia è al momento esclusivamente clinica e si basa sull'applicazione di criteri diagnostici del 2016 che valutano la presenza di dolore diffuso, stanchezza, disturbi di memoria e concentrazione, sonno non ristoratore, dolori al basso addome, depressione e mal di testa secondo una precisa combinazione e gradazione.
Purtroppo, si arriva alla diagnosi solo per esclusione.
Personalmente credo che il rapporto fiduciario tra medico e paziente sia importantissimo, esso consente di affrontare ogni tentativo terapeutico con una migliore consapevolezza e aspettativa di miglioramenti dei sintomi.
Nella nostra società, le malattie croniche gravi ed invalidanti continuano ad essere invisibili. Ci riferiamo a malattie come la Fibromialgia, il Lupus, Emicranie, Reumatismi, Sensibilità Chimica Multipla (MCS) e di Elettrosensibilità (EHS) e tantissime altre. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità le malattie croniche socialmente invisibili rappresentano quasi l'80% dei disturbi attuali. Queste malattie sono da molti considerate frutto di un dolore immaginario con cui le persone giustificano le assenze sul lavoro.
NON È VERO, NON SONO IMMAGINARIE, ESISTONO.
Manca l'ascolto, mancano le cure, manca un riconoscimento in alcuni casi. La malattia cronica è "invisibile" non è immaginaria. Bisogna cambiare mentalità: non c’è bisogno di una ferita evidente perché il dolore e il disagio, siano autentici. Per iniziare il cambiamento dobbiamo saper ascoltare e non giudicare.
È essenziale comunicare con il paziente in modo che esso possa prendere coscienza della propria condizione attraverso informazioni precise.
Oggi la "medicina” non deve essere più centrata sulla malattia. La malattia è l’oggetto cruciale dell’agire del medico.
Al medico sono affidati due grandi compiti: raggiungere una diagnosi corretta e intervenire attraverso strategie terapeutiche adeguate.
L’approccio del medico alla malattia dev’essere gradualmente modificato, bisogna lasciare molto più spazio al “Paziente” nella sua globalità ed alla “Relazione” come strumento fondamentale, imprescindibile e basilare nel processo di diagnosi e cura.
Non più la malattia al centro dell’interesse del medico, ma il paziente, quel paziente, con la sua storia e all’interno di quel contesto specifico e con il quale viene instaurata una relazione.
La comunicazione, verbale e non verbale, come strumento di relazione, deve diventare con il tempo il centro di interesse nei vari corsi di formazione rivolti, nello specifico, al personale sanitario (medico e paramedico) ed estesi, spesso, anche al personale front-office inserito in contesti di cura.
La comunicazione e l’Ascolto DEVONO diventare parte della terapia, il tempo della comunicazione e dell’ascolto sono fondamentali per la crescita della relazione di cura.
Sono i momenti nei quali la relazione tra medico e paziente trova la sua massima espressione. Senza comunicazione senza l’ascolto non c’è alleanza, non c’è rapporto di fiducia.
Se manca l'ascolto, se manca la comunicazione, ogni ambulatorio, ogni casa di cura, ogni struttura sanitaria diventa una catena di montaggio, il paziente un bullone, il medico un mero esecutore.
Deve a mio avviso, cambiare il sistema di interagire con soggetti portatori di queste malattie, se ciò non avviene, se ciò non si realizza al più presto è una “sconfitta” per lo Stato, per le Istituzioni.
2) Richieste
Più centri multidisciplinari: per ora sono stati ideati solo sulla carta, mentre la realtà è assai diversa
Il mondo della cronicità è un’area in progressiva crescita, si è visto soprattutto anche dopo la pandemia. Questo comporta un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità assistenziale per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali, necessitando nel contempo anche di servizi residenziali e territoriali finora non sufficientemente disegnati e sviluppati nel nostro territorio, nel nostro Paese.
Il Piano Nazionale della Cronicità (PNC) nasce dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo, proponendo un documento, condiviso con le Regioni, che, compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, individui un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza.
Il fine è quello di contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini.
Questi sono tutti buoni propositi, ma solo sulla carta. A Firenze, il Governo Clinico, nel 2009 redigeva per la Fibromialgia un PDTA che divenne immediatamente operativo dal giorno in cui venne pubblicato sul BURT, con Delibera 1311 del 28 ottobre 2019 dove al punto 2 si legge (riporto quanto trascritto):
“di impegnare le Aziende Sanitarie ad organizzare, tenuto conto delle diverse aree vaste, le modalità con le quali realizzare il percorso assistenziale per la presa in carico delle persone con sindrome fibromialgica, con particolare attenzione alle differenze di genere”
Ecco, sono passati diversi anni ma, noi fibromialgiche non abbiamo ancora visto nulla e se tu chiedi agli interessati, ti rispondono sempre allo stesso modo: ci stiamo lavorando.
Ora io mi chiedo e chiedo a voi tutti è mai possibile tutto questo? A cosa servono le Delibere, gli Atti, i Regolamenti se poi non vengono attuati?
Sembra proprio una presa in giro e noi fibromialgiche , siamo stanche di attendere e di essere prese in giro.
Siamo stanche di mozioni, non sai quante ne sono state presentate, anzi lo so, eccole:
In Regione Toscana nel luglio e nell’ottobre del 2014, nel dicembre 2015 e nel maggio 2016 ha prodotto ormai ben quattro mozioni (la 844/14, la 911/14, la 138/15 e la 361/16), di grande sensibilità che avevano ricevuto un consenso unanime dell’aula; e nello specifico dette mozioni impegnavano la Giunta Regionale a:
Considerato che il Consiglio Regionale con parere N° 65/2015 ha approvato il documento recante “Aggiornamento e PDTA sulla Sindrome Fibromialgica” con il quale sono definite le modalità diagnostiche e il percorso terapeutico per la presa in carico del paziente affetto da fibromialgia, tenuto conto che la sindrome fibromialgica è una malattia non omogenea sia per i sintomi sia per la risposta al trattamento e che non esiste, al momento attuale, una terapia ideale;
Considerata la presenza di una ulteriore interrogazione del consigliere Regionale Andrea Quartini in merito “alla presa in carico dei malati di fibromialgia da parte dei Centri di Terapia del Dolore e dei centri di Reumatologia appartenenti o convenzionati con il SSN N IS 1247, del 13 luglio 2017
Atto N° 235 del 12/02/2019 In merito alla recente definizione del percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) sulla fibromialgia da parte dell’Organismo toscano per il governo clinico (OTGC) ed alla sua implementazione.
Atto N° 1019 del 07/11/2017 In merito al riconoscimento di un codice identificativo di patologia per la fibromialgia, un pacchetto di prestazioni regionali, il riconoscimento quale patologia cronica della stessa e la relativa esenzione dal costo del ticket, ai sensi del DM 329/1999
Atto N° 286 del 13/4/2021 In merito alla Giornata mondiale della fibromialgia (12 maggio 2021).
Atto 797 del 09/03/2022 In merito all’inserimento della fibromialgia nei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Mozione n. 559 – Per il riconoscimento del Centro di Coordinamento Regionale per la Fibromialgia presso la SODc (Struttura Organizzativa Dipartimentale complessa) di Reumatologia di Ponte Nuovo (AOU Careggi) .
Ecco il mio primo ACCORATO APPELLO:
Non fate più mozioni ne abbiamo già tante, VOGLIAMO I FATTI IN REGIONE TOSCANA.
2) secondo ACCORATO APPELLO.
L’associazionismo e le sue controversie
Secondo il mio punto di vista, fare volontariato in associazioni di malati dovrebbe essere un'attività libera e gratuita da svolgersi per ragioni di solidarietà e di giustizia sociale.
Il volontariato nasce dalla spontanea volontà di persone di fronte a problemi non risolti o non affrontati dallo Stato.
A mio avviso, una delle caratteristiche del volontariato è l'anteporre il benessere collettivo al massimo profitto individuale senza lasciare nessuno sotto il livello di sussistenza. Il volontariato è sempre una testimonianza di solidarietà umana; è l'espressione della volontà di una o più persone di rendersi disponibili per aiutare chi è in difficoltà.
La sua dimensione sociale consiste nel rappresentare e promuovere il bene comune di quella parte di persone che sono deboli, sfruttate ed abbandonate.
Il ruolo delle associazioni dei pazienti è fondamentale nel nostro Paese, nell'incoraggiare politiche mirate, ricerche ed interventi di assistenza sanitaria.
In alcuni casi, è merito proprio delle attività di queste associazioni, che hanno permesso alla nostra società di acquisire consapevolezza della specificità sia di malattie rare che di quelle croniche, e dei problemi che esse comportano.
Sempre in alcuni casi, il lavoro delle associazioni ha anche contribuito a modificare i rapporti tra le Istituzioni siano esse centrali, regionali o locali, e la comunità dei malati, rimuovendo molte delle barriere esistenti.
È un diritto del paziente orientare le scelte sulla propria malattia o sulla propria condizione, sulle modalità di trattarla e sul percorso da seguire, poichè tutto questo incide positivamente sul successo della terapia. Inoltre, è dimostrato anche che il rafforzamento dei gruppi di sostegno porta ad una maggiore appropriatezza nell'uso dei servizi e il miglioramento dell'efficienza di chi presta le cure.
Il punto di forza delle malattie croniche insieme a quelle rare è la consapevolezza e l’autodeterminazione del paziente, il quale, oltre a condividere i bisogni collegati alle difficoltà del trattamento della malattia, chiede a gran voce sforzi coordinati tra le varie associazioni per migliorare la conoscenza e l’assistenza.
Inoltre, all'esigenza di condividere difficoltà e problemi, e alla volontà di vedere riconosciuti i propri diritti e di ricevere tutela, si aggiunge il valore peculiare del lavoro svolto dalle associazioni che, partendo dalla condivisione di esperienze, possono costruire un bagaglio di conoscenza diverso da quello del medico, ma non di meno utile nell'affrontare correttamente la malattia.
È perciò necessario che gli operatori sanitari e i professionisti medici si facciano promotori di un rapporto costruttivo e collaborativo con i pazienti, incoraggiando la loro informazione e sostenendo atteggiamenti solidali e comunitari. Per contro, la partecipazione ai processi decisionali da parte delle organizzazioni dei pazienti richiede forte senso civico e capacità di agire nell'interesse della collettività, e a questo non giova la frammentazione delle loro rappresentanze.
Le associazioni che si occupano di noi malati dovrebbero nascere per l’esigenza di fare da tramite parlante delle informazioni più concrete sull’arrivo e il decorso della malattia; dovrebbero essere i soggetti principali del supporto e del sostegno dei malati nella loro esperienza di cura; dovrebbero essere i veri portatori dei bisogni e delle attese dei malati nei confronti delle strutture sanitarie e dei relativi decisori politici.
Per la mia esperienza, ma anche alla luce di quello che è accaduto nel 2020, già descritto sopra, in particolare alla domanda D e nella mia relativa risposta, non è possibile avere “nei cassetti” 5 disegni di legge a favore di un riconoscimento di una malattia, qualunque essa sia. I malati hanno bisogno di risposte concrete e subito, non dimentichiamoci che l’OMS definì la Fibromialgia “malattia cronica ed invalidante” nell’ormai lontano 1992, quanti anni ancora bisogna attendere?
Altra cosa di non poco conto: le associazioni che dovrebbero essere le entità che meglio rappresentano i pazienti, in questo caso hanno fallito, perché si sono presentate al cospetto delle istituzioni, disunite e quasi sempre in contrasto. Ecco che mi sorge spontanea una domanda: se le associazioni in questione sono nate per rappresentare tutti i malati affetti da una stessa malattia, perché si presentano ad un appuntamento così importante, disunite?
Cosa posso dedurre io malata? Qui non si tratta di fare il tifo per una squadra di calcio, qui non siamo in una competizione canora o sportiva, qui si decide il futuro di un malato! Si decide da chi deve essere preso in carica, quali sono i percorsi da attuare per il suo benessere fisico e psichico, quali farmaci prescrivere e altro ancora.
Questo a me fa rabbia, molta rabbia, perché la nostra Carta Costituzione, all’articolo 32 recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Il diritto alla salute coincide col diritto al rispetto dell’integrità fisica dell’individuo; ma esso comporta anche il diritto all’assistenza sanitaria: infatti, con la riforma sanitaria del 1978, l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ha esteso l’obbligo dello Stato di assicurare le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non solo agli indigenti, ma anche a tutta la popolazione. TUTTA LA POPOLAZIONE.
Ricordo inoltre che, la protezione della salute, intesa come diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche, è stata inserita anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Noi fibromialgici non ci sentiamo tutelati, come non lo sono tutti coloro che sono nelle nostre stesse condizioni, cioè invisibili davanti allo Stato; siamo tutti “orfani” di un SSN che ci ignora fin da quando si è potuto, nei secoli, dare un nome alla nostra malattia.
Grazie
PS: Voglio dedicare questa intervista a tutte le persone che hanno condiviso con me l'esperienza dei Gruppi di Auto Aiuto, quelle che non saltano un appuntamento, quelle che si avvicinano, si allontanano e poi ritornano, quelle che entrano e poi escono senza ritornarci, a tutti coloro che dal gruppo hanno preso qualcosa e l'hanno fatto proprio.
Rosaria Mastronardo
E dopo questa esaustiva risposta alle domande da parte di Rosaria Mastronardo speriamo di avere fatto più chiarezza su questa sindrome "fantasma" che purtroppo dilaga a dismisura.
Locandina dell'evento |
Da sempre sono uno strenuo difensore del Vino come Arte. O meglio fare Vino è un Arte. E quando mi coinvolgono in serate, incontri dove l’Arte pittorica, scultorea, musicale viene avvicinata, accostata, equiparata al vino, mi esalto ricordando che…”Il vino è una vera e propria opera d’arte da ammirare e degustare in tutte le sue forme”.
Opera di Elia Inderle |
È stato fonte d’ispirazione per molti artisti. Da sempre collegato alla figura dell’uomo come frutto del suo lavoro. Basti pensare al giovane Mozart che non riusciva a comporre se non aveva un calice di “marzemino” a portata di mano o il poeta Charles Baudelaire, poeta maledetto, che costruiva la sua poesia sull’alternanza di contrasti, passioni, sprofondando nell’abisso del dolore e del tormento e riusciva a superarli affidandosi al Vino al quale dedicò un Ode, L’anima del vino, dove descrisse il rapporto con una materia viva che riusciva ad innalzarlo, provvisoriamente, verso la vita.
Il vino ha accompagnato e accompagna l’uomo in tutta la sua sfera sensoriale, (udito, vista, olfatto, tatto e gusto) e questo ha fatto in modo che l’arte lo descrivesse nelle diverse situazioni.
Pietrasanta, via del Marzocco. Evento promosso da ARTEARTI che si è posto lo scopo di mettere in relazione “tre mondi” che, seduti a tavola, hanno dialogato parlando di finanza, arte e cibo.
Nedo Mallegni, consulente di San Paolo Investimenti, presentando dati economici sul vino e arte si è soffermato sulle prospettive e opportunità per le aziende;
Nicola Rosi, presidente di Slow Food-Versilia, ha ricordato l’azione dell’associazione che promuove la conoscenza del territorio, delle materie prime, dei prodotti e produttori presentando in particolare l’azienda biologica Le Vigne del Grillo;
Veronica Ferretti, storica dell’arte ed animatrice della serata. Partendo dalla Storia del Vino, le arti figurative dei Greci e Romani, le opere sacre del medioevo, l’esplosione rinascimentale in tutte le sue forme ha lasciato al sottoscritto il compito di “abbinare” opere pittoriche e scultoree presenti ai vini dell’Azienda Vigne del Grillo di Camaiore.
Artista: MASSIMO GARRONE
Opera di Massimo Garrone |
Minimalista, ha lavorato nel cinema di animazione e per il regista Dario Argento.
Queste le opere presentate e gli abbinamenti :
Agrigento di Gianfranco Meggiato |
Artista: ELIA INDERLE
Informale pittore e scrittore presente quest’anno alla 59° Biennale di Venezia.
Queste le opere presentate e gli abbinamenti :
Artista GIANFRANCO MEGGIATO
Scultore astratto famoso per le sue installazioni monumentali, opere che gli sono valse il prestigioso PREMIO ICOSMOS/UNESCO per l’Arte.
Vini della Fattoria "Le Vigne del Grillo" |
Le sue maggiori opere raccolte in un libro esposto per ammirarne la magnificenza. Sulla base di bellissime foto ho potuto procedere con gli abbinamenti:
Il vino è riuscito ad abbinarsi con le opere presenti. Vino come motore del Mondo, in questo caso nettare per intenditori d’arte che sono riusciti a capirne il valore.
La conclusione della serata lasciata a Veronica Ferretti. “Esperienze che lasciano un ricordo nella memoria di tutti i presenti. Memoria come capacità di regalare emozioni e creare nuove relazioni tra settori diversi. Dimostrazione che possono lavorare insieme sinergicamente creando interazione con altre persone e nuovi legami”.
Connubio tra Arte e Vino. Chapeau!!!
Urano Cupisti
Seminario
PROCESSO ALL'ITALIA
Dal sistema dei partiti alla crisi della democrazia
Lunedì 17 ottobre 2022 Orario: 15:00 - 19:00 Sala Italia dell'UnAR
- via Ulisse Aldovrandi 16 - Roma 15:00
- Apertura lavori
Dott. Virgilio Violo - Presidente di Free Lance International Press
video |
Dott. Tiberio Graziani - Presidente di Vision & Global Trends, Direttore di Geopolitica
video |
Relazioni
Dott. Paolo Cornetti - La Fionda
video |
Dott.ssa Maria Alessandra Varone - Vision & Global trends
video |
Prof. Giuseppe Romeo - Università del Piemonte Orientale
video |
Nel corso del seminario sono state discusse le tesi di “Una Nazione incompiuta. L'Italia dal sistema dei partiti alla crisi della democrazia. del Prof. Giuseppe Romeo –
- Ronzani Editore - 2022
Giuseppe Romeo
Una nazione incompiuta - L'Italia: dal sistema dei partiti alla crisi della democrazia.
Anno 2022.
L'essere umano si è completamente affidato alla tecnologia diventando il pilota a capo di un tempo sempre più freddo e calcolatore dove la genialità non è più il risultato di un ragionamento celebrale ma l' affidamento totale a ciò che il cervello umano ha inventato. Ci siamo trasformati senza neppure accorgersene.
Si è imparato a fare la spesa on line, si viaggia in macchine sempre più autonome dove l'essere umano si limita ai soli input; il cellulare è l'unico dialogo possibile: gente in autobus, nei treni, con le cuffie per la strada, nei posti di lavoro, a tavola durante i pasti sempre con in mano il telefonino di ultima generazione dove all'interno ci sono le anime (virtuali) del possessore: fotografie, messaggi, agenda, sveglia, mappe, indirizzari, applicazioni varie. Si può fare tutto con un clic. E' così che gli auguri si fanno per messaggio, si acquista attraverso specifiche applicazioni, con i figli si comunica attraverso messaggerie varie: wathsap, telegram, sms. Coppie che si lasciano attraverso post glaciali nei vari social. salviamo indirizzi email, password, codici. Non parliamo poi del lavoro in remoto dove il collega spesso è visibile solo in video chat. Comodissimo in periodo pandemico ma diventato soluzione in tanti campi lavorativi dove il computer è il mezzo. Non vi è così lo stacco casa e ambiente lavorativo che alimenta uno stato di staticità e sedentarietà poco salutari. Perfino lo psicologo, il dietologo, e tanti altri professionisti si possono contattare attraverso una chiamata diretta dal proprio pc.
Potrei continuare ore ed ore a dimostrazione della nostra involuzione di emotività umana. L'intelligenza ci ha reso schiavi di noi stessi; il calore umano è diventato qualcosa di inesistente. Sono finiti i tempi nei quali gli amici s'incontravano nelle piazze o ai muretti dove chiacchierare e condividere i loro vissuti. Troppe sale giochi con macchine ruba-soldi, troppe case con videogiochi dove la gente si paralizza di fronte a un nulla. IL virtuale non ruba solo il tempo ma la fantasia, la libertà, la creatività. Il virtuale ti entra dentro e ti indottrina se lasci che prenda il comando sul vivere reale. Siamo soffocati da innovazioni continue, siamo alla mercé di qualcosa ormai fuori controllo. Adesso se non sai usare la tecnologia, se non riesci ad adeguarti, se resti indietro con tutti gli aggiornamenti che i vari marchingegni necessitano, sei fuori dal mondo. Sempre più soli, sempre più impegnati ad imparare, a seguire il tutto per non stare fuori da un contesto che non aspetta e che non comprende. La burocrazia, fa il resto. Cud, ISEE, 740, modelli vari che cambiano di continuo, anziani che si rivolgono a figli, nipoti o centri specializzati che molto spesso complicano ancora di più. L'umanità è il vero "grande fratello": siamo sotto gli occhi di chi ci scruta, ogni nostro clic sulla tastiera, sul cellulare, sugli A.T.M, ogni volta che compiliamo un qualsiasi codice, che andiamo al supermercato, che paghiamo online, che passiamo di fronte a un negozio, una banca, una qualsiasi strada, siamo visti, osservati, controllati. La cosa divertente è che per tante azioni ci danno moduli per firmare la privacy. Ma quale privacy? Ci sono grandi interessi dietro questo stato tecnologico che ci ha portato a cambiare per essere continuamente tracciati.
C'è stato un tempo nel quale l'essere umano viveva nella semplicità della vita stessa. Eppure lavorava, faceva la spesa, i ragazzi andavano a scuola, a ballare, in palestra, al bar, al cinema, teatro, concerti. Esisteva comunque il medico, il giornalista, il parrucchiere, il segretario, il professore, l'operaio, il farmacista ecc...Quando le mamme portavano i figli ai giardini, si giocava a pallone, ai quattro cantoni, a nascondino, a un due tre...stella e i bambini avevano gote rosse e sudavano dal divertimento; non erano a sedere sulle panchine a guardare i cellulari. Sono veramente più felici di come eravamo noi? Conoscono le favole? qualcuno gliele legge? o le seguono su Youtube? E' vero: adesso siamo più istruiti, più tecnologici ma quanto abbiamo perduto? quanto meno calore sentiamo? E' veramente servito tutto questo? Lo abbiamo scelto noi questo modo di vivere o ci hanno portato ad essere così e quindi per forza di cose accettarlo?
Tutto questo è indubbiamente un'evoluzione scientifica, meccanica, tecnologica ma si può affermare anche che siamo arrivati a un'involuzione umana. Il potere da sempre ci fa credere liberi ma sa bene come manovrarci. Noi siamo quelli che il burattinaio ha voluto che fossimo. Loro decidono, noi ubbidiamo. Chi ci difenderà? un robot? Chissà!
Spesso si è sentito o letto, soprattutto negli ultimi mesi, che l’esplosione del conflitto tra Russia e Stati uniti in Ucraina ha frantumato le reti di interdipendenza economica tessute a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, con la globalizzazione a guida statunitense. Eppure, a lanciare il gioco delle esclusioni eccellenti è stato il blocco euro-atlantico; anzitutto, dopo il crollo dell’Unione sovietica, quindi con i partenariati economici degli anni 2010
«Guerra senza spari»
Il cambio di rotta nei commenti ufficiali di Kiev riguardo l’esplosione dell’8 ottobre sul ponte di Kerč, corretto pubblicamente dall’intelligence statunitense, che ne ha attribuito la responsabilità agli omologhi apparati ucraini, è emblematico del peso e delle insidie della narrazione. Un discorso valido per tutte le guerre, ma in modo particolare per l’attuale conflitto in Ucraina, attorno al quale la polarizzazione delle posizioni e delle propagande finora appare quasi totalizzante, coinvolgendo anche settori come la cultura e lo sport. Si pensi, ad esempio, al corso sullo scrittore russo Fëdor Dostojevskij, annullato agli inizi di marzo dall’università Bicocca di Milano (poi ripristinato per le polemiche suscitate da una simile decisione), o alla pressione subita da direttori d’orchestra come Valeri Gergiev, congedato dall’Orchestra filarmonica di Monaco per non aver condannato esplicitamente la guerra. Una polarizzazione analoga è sottesa al dossier «Disinformazione sul conflitto russo-ucraino», curato dalla Federazione italiana diritti umani e da Open Dialogue e presentato alla Camera dei deputati il 28 giugno su iniziativa di qualche deputato del Partito democratico e di +Europa: una lista di intellettuali e giornalisti giudicati simpatizzanti del presidente russo Vladimir Putin, tra i quali figuravano personalità quali Corrado Augias, Alessandro Barbero, Alessandro Orsini, Marc Innaro, Franco Cardini e Sigfrido Ranucci. Anche nello sport, del resto, si assiste a quella che si potrebbe definire con George Orwell una «guerra senza spari», combattuta a colpi di esclusione dalle competizioni internazionali non solo delle nazionali russe e bielorusse, ma anche di singoli atleti colpevoli di essere cittadini di questi due paesi, in barba al mito della neutralità dello sport. 260
Doppio standard
Eppure, negli ultimi anni la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa) aveva multato giocatori e club per aver lanciato messaggi «politici» in occasione di alcune partite. Com’era accaduto all’ex calciatore egiziano Mohamed Aboutrika, censurato dalla Fifa nel 2008 per aver esibito sulla propria maglia una scritta contro il blocco israeliano a Gaza. Per questo, lo scorso marzo aveva esortato la stessa Fifa, accusata di doppio standard, a estendere a Israele il divieto di partecipazione alle competizioni internazionali imposto a Russia e Bielorussia. A fine febbraio, invece, Aykut Demir, difensore della squadra turca di seconda divisione Erzurumspor, aveva rifiutato di indossare una maglia con la scritta «no alla guerra» in turco e in inglese, spiegando che un simile gesto è ammesso solo «quando si tratta di Europa», mentre migliaia di persone muoiono ogni giorno in Medio Oriente nell’indifferenza generale. Dall’inizio del conflitto ucraino, del resto, la stampa mediorientale tanto in arabo, quanto in inglese, ha parlato spesso di doppio standard a proposito della diplomazia euroatlantica, bollata, in modo più o meno esplicito, come incoerente e ipocrita. Soprattutto in materia di accoglienza dei rifugiati: ad esempio, l’emittente qatariota Al-Jazeera ha dedicato diversi articoli alle discriminazioni subite dai profughi africani in fuga dall’Ucraina (per lo più studenti) al confine con la Polonia, che, di contro, ha mostrato solidarietà ai loro omologhi ucraini. Il sito di informazione Middle East Eye, inoltre, ha riportato i commenti razzisti di giornalisti ed esponenti politici occidentali sui rifugiati africani, siriani e afghani, messi a confronto con gli ucraini. Spiccavano, in particolare, le parole del presidente bulgaro Rumen Radev, che ai giornalisti aveva detto: «questi sono europei… sono intelligenti, acculturati. Non è l’ondata di rifugiati cui siamo abituati, persone della cui identità non siamo sicuri, persone con un passato oscuro, che potrebbero anche essere stati terroristi».
Equilibri (e squilibri) mediorientali
Similmente, il sito Middle East Monitor, il 4 ottobre ha pubblicato un articolo di opinione intitolato «Perché a Israele è permesso di annettere territori occupati, ma alla Russia no», in cui si sottolinea come, a fronte della mobilitazione euroatlantica per Kiev, dal 1967 la comunità internazionale non abbia preso alcun provvedimento concreto per fermare l’espansione coloniale di Tel Aviv ai danni dei palestinesi, né per condannare l’occupazione israeliana delle alture del Golan o del Sinai. Una bella lezione, dunque, per quegli alleati degli Usa delusi da quello che reputano uno scarso impegno di Washington nel riconoscere un’adeguata remunerazione geostrategica al loro sostegno. Soprattutto dopo che l’amministrazione dell’ex presidente statunitense Barack Obama aveva optato per la linea dell’equilibrio regionale tra Turchia, monarchie del Golfo, Israele e Iran, siglando con quest’ultimo, nel 2015, assieme a Cina, Russia, Francia, Regno unito, Germania e Unione europea (Ue), il Piano d’azione globale comune, noto con l’acronimo inglese JCPOA, ossia l’accordo sul programma nucleare della Repubblica islamica. Al punto che, poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina, non pochi dignitari di Arabia saudita, Emirati arabi uniti (Eau) e Qatar, come buona parte della stampa panaraba o egiziana, hanno esortato i governi arabi a trovare una propria linea emancipandosi da Washington (come sintetizza il sito di informazione Memri ). Un discorso analogo potrebbe valere per la Turchia, che dopo aver giocato, negli anni ‘90, il ruolo di alfiere regionale degli interessi geopolitici statunitensi (dalla guerra del Golfo del 1990 alla disintegrazione di Balcani, Caucaso e Asia centrale), dal 2020 subisce le sanzioni di Washington per aver acquistato il sistema di difesa antimissilistica russo S-400. Una rappresaglia che, di contro, non ha colpito l’India, che pure, anche per le storiche relazioni con la Russia nel settore della difesa, ha comprato lo stesso sistema antimissile. 296
Diplomazia fluida
In sostanza, gli Usa hanno di fronte alleati come Ankara, Riyadh e Abu Dhabi, che, soprattutto alla luce delle profonde mutazioni dell’assetto geopolitico globale, preferiscono temporeggiare, mantenendo un equilibrio pragmatico tra potenze. Anche per questo, intrattengono relazioni fruttuose con paesi come la Russia (cui, per sauditi ed emiratini, si affianca la Cina) e con Israele, ma non più solo per servire gli interessi strategici statunitensi in Medio Oriente, come auspicava l’ex presidente Usa Donald Trump con i cosiddetti Accordi di Abramo. Inoltre, Arabia saudita ed Eau stanno cercando di seguire ciascuna una propria linea autonoma, in particolare nei rapporti con Tehran: se Riyadh ne vuole, come Tel Aviv, la neutralizzazione geopolitica, Abu Dhabi ha recentemente aperto uno spiraglio di dialogo. In terzo luogo, le monarchie del Golfo perseguono i propri interessi anche per mezzo dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opep), allargatasi nel 2016 in Opep+ con l’inclusione di altri 10 paesi, tra cui la Russia. Quest’ultima, il 5 ottobre, ha deciso un taglio della produzione di petrolio di due milioni di barili al giorno a partire da novembre, suscitando l’irritazione di Washington (e non solo), che di conseguenza ha preso in considerazione l’ipotesi di alleggerire le sanzioni ai danni del Venezuela, in cambio di un impegno da parte del presidente Nicolas Maduro a dialogare con l’opposizione e a organizzare libere elezioni per il 2024. Un’irritazione tanto maggiore, se si tiene conto delle polemiche suscitate dalla visita del presidente Usa Joe Biden, lo scorso luglio, in Arabia saudita (a proposito di doppio standard in materia di rispetto dei diritti umani), che aveva l’obiettivo di ottenere dall’Opep+ un aumento della produzione di greggio per ridurre l’impatto delle sanzioni alla Russia sul mercato globale dell’energia. 283
Partenariato o dominio?
Sul fronte ucraino, intanto, Washington porta avanti la sua partita a scacchi, lanciando sporadici segnali a Kiev perché non esca dai binari degli interessi regionali del cuore dell’impero. I due casi eclatanti sono l’uccisione di Darya Dugina e l’esplosione sul ponte di Kerč, entrambe attribuite pubblicamente dall’intelligence Usa ai servizi segreti ucraini, malgrado i tentativi di smentita di Kiev. Gli Usa, infatti, mentre mirano a indebolire la Russia anche (o forse soprattutto) per le sue relazioni strategiche con la Cina, non sono disposti a rischiare uno scontro diretto né con l’una, né con l’altra potenza rivale. Meglio mandare avanti l’Unione europea, che durante la guerra fredda era stata un utile cuscinetto per arginare a Ovest la potenza sovietica. Parimenti, da oltre un decennio (forse con l’eccezione della presidenza Trump), Bruxelles è diventata un importante cuneo per insidiare le sfere di influenza russa e cinese dall’Europa orientale, ai Balcani all’Asia centrale, di pari passo con l’espansione economica di Pechino e con l’ascesa geopolitica di Mosca. La prima, realizzata mediante accordi bilaterali, sfociati dal 2013 nel progetto unitario delle nuove vie della seta (Belt and Road Initative, Bri), cui nel 2017 aveva aderito anche l’Ucraina. La seconda, invece, portata avanti con il sostegno, spesso in coordinazione con la Cina, a organismi regionali (come il Consiglio di cooperazione di Shanghai) e con accordi per la compravendita nei settori della Difesa e dell’energia (come quello storico con l’India). Per fronteggiare entrambe, soprattutto l’assertività dell’Impero del Centro, dalla fine degli anni Dieci, l’Ue ha lanciato due meccanismi di Ostpolitik, entrambi caldeggati da Washington: il partenariato orientale con Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldavia, Ucraina e Bielorussia (che ha abbandonato i negoziati a giugno 2021), e l’accordo di associazione con l’Ucraina. A quest’ultimo, in particolare, siglato a febbraio 2014, dopo il rovesciamento del governo ucraino guidato dall’ex presidente Viktor Janukovyč, Mosca aveva reagito annettendo la Crimea e sostenendo la proclamazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk.
https://i.imgur.com/xOulgfr.jpg
Nel 1969 due malviventi si intrufolarono nell’oratorio di San Lorenzo, nel capoluogo siciliano; ritagliarono la tela dalla cornice che rappresentava l’unica Natività mai dipinta da Caravaggio e l' asportarono. I due improvvisati ladruncoli non si resero conto, evidentemente, del reale valore del dipinto; non fu lo stesso per un esponente della mafia, che intercettò l’opera sottraendola ai due (o forse fu proprio lui a commissionare il furto). Da allora non se ne seppe più nulla. Oggi alcuni pentiti raccontano che la tela fu tagliata in piccole parti, altri che sia stata usata come scendiletto da qualche capo mafioso, altri ancora che sia arrivata in Svizzera per essere venduta; e poi che sia stata rosicchiata dai topi, nascosta insieme a della droga sottoterra e mai più ritrovata, bruciata perché troppo rovinata... È stato anche detto che si tentò di usarla come merce di scambio per alleggerire il 41 bis, ma che lo Stato rifiutò...
Di fatto, a parte queste dicerie, il destino, o più probabilmente la fine della tela è ancora avvolta nel mistero. Nell’oratorio per anni è rimasto quello spazio vuoto sulla parete bianca, finché fu esposta una sua copia, considerata perfetta dagli esperti. Tutto iniziò dalle foto scattate in occasione del restauro del 1951, e da due persone: Bernardo Tortorici, presidente degli Amici dei Musei Siciliani, e Peter Glidewell, un inglese appassionato d’arte. Sapendo dell'esistenza degli scatti fotografici conservati nell’Istituto Centrale di Restauro, Glidewell ottenne le foto, e insieme a Tortorici si rivolse ai più grandi specialisti di riproduzione d’arte, quelli della società “Factum Arte” di Madrid, per commissionargli una copia del capolavoro.
Fu l’emittente televisiva Sky a finanziare la realizzazione dell’opera, acquisendone poi i diritti per produrre un docufilm dal titolo “Operazione Caravaggio, mystery of the lost Caravaggio”, dedicato a questa storia singolare.
Oggi la copia del dipinto è ancora nell'oratorio, in compagnia degli stupendi stucchi in stile barocco eseguiti dal Serpotta.
Probabilmente Caravaggio non venne mai a Palermo, secondo molti studiosi accreditati dipinse questo quadro su commissione a Roma. L'artista approdò in Sicilia dopo la sua rocambolesca fuga da Malta, dove venne arrestato per aver sfidato a duello un Cavaliere di Malta, ordine al quale per breve tempo appartenne. Si mosse sull’isola siciliana tra Siracusa e Messina, da dove sarebbe stato più facile raggiungere la terra ferma per poter arrivare a Napoli e poi a Roma. Ad avvalorare questa tesi c’è la constatazione che la tela risponderebbe allo stile e alle caratteristiche tecniche più vicine alle opere eseguite dal pittore nel 1600, quando era a Roma.
Entrati nell’oratorio, si rimane incantati dalla tela, come avviene sempre davanti ad ogni opera di Caravaggio. L’oratorio di San Lorenzo si trova in via dell’ Immacolatella, in prossimità di via Vittorio Emanuele e piazza Marina.
Per saperne di più:
http://izi.travel/browse/7ec7fcf5-51f6-4adb-97c8-9ad97c7b2a90
Stupire ed annuire ad un percorso indecifrabile ed indescrivibile,variopinto e camaleontico,mutante e mutevole che ci porta e proietta in un futuro,dove il linguaggio video scalfisce più della parola, è la prerogativa di queste nuove collezioni internazionali proposte per la prossima estate 2023.
Da New York dove sono protagoniste le trasparenze specialmente in total black ed in stili di ricerca tossici correlati da accessori di contrasto che ti riportano al Grunge degli anni 90,al fureggiare dello Street Life nato nella Grande Mela e che ancora detta i trend con nomi iconici quali Michael Kors, che celebra il suo indiscutibile glam urban chic,Carolina Herrera,Tory Burch con il suo minimal chic,ultra stretching e fil rouge, Tommy Hilfinger con il suo urban-sporty per la generazione Z è il glamour sportivo di Tom Ford mentre il Made in Italy del fashion system è stato accentuato da Fendi,Marni e Chiara Boni quindi passiamo a Londra,Milano e ....Parigi.
Ecco Parigi regina incontrastata di questa stagione che ha dato il via al body hugging del drapped dress di Sebastian Meyer ed Arnaud Vaillant con cerniere e tagli laterali, accompagnato da giacche con spalle scolpite,spruzzato su una delle modelle più prestigiose del momento Bella Hadid e direttamente in pubblico per poi essere assemblato nel backstage e riapparire nel suo risultato finale,tecnica Spray inventata a Londra all'Imperial College nel 2010 e che contiene cotone liquido e fibre di poliestere ispirata dai contenitori di cobweb usati per Halloween;nella città Lumiere la moda sostenibile è rappresentata da Manas e Baldassare Delapuerre con costumi criss cross e matching set dai colori del sole al tramonto anche per curly models.Victoria Beckham presenta lunghe frange asimmetriche e tagli Spice ad intersezioni che scoprono il corpo.Loewe è coloratissimo con i suoi mini moods fiabeschi ispirati all'anthurium mentre Kawuakubi per Comme Des Garcon ha creato dei cocoon e bulbi dagli stampati floreali.
Un fantastico Dior si sprigiona su di un background interamente ricreato per Maria Grazia Chiuri dall'artista Eva Jospin in cartone dove ripropone alla lettera le grotte barocche di cave di pietra dalla struttura ibrida.
Per Valentino l'arte indiscussa di Piccioli porta in passerella gowns grigi asfalto e gialli accesi in silhouette cittadine, ripropone il glitter in tuniche a drappo ed i rosa spenti od i beige tiepidi dai toni desertici su abiti con tagli multimediali e sirenoidi. Per Schiapparelli il top dell'eleganza si valuta per l'inclusione dell'oro ed il ricamo a gioiello inserito con semplicità e savoir faire su completi distinti ed impeccabili.Vivienne Westwood ci ripropone lo stile D'Artagnan con ampi camicioni e stivaloni da spadaccine,un classico che non tramonta mai ed anche un insolito tartan ispirato al denim di strada affascina sempre e poi... Gianbattista Valli...Elie Saab con un ospite di eccezione quale Monica Bellucci...Alexander McQueen...
Milano non è da meno con una Wishlist marcata dal pizzo,dal sangallo ed il crochet emulato da Jil Sanders e Vivetta a salvaguardia dell'identità che rispetta le tradizioni utilizzando nuove tecniche,come pure ricami e tulle nelle collezioni di Philosophy; nell'intimo i reggiseni vengono stampati sulle teashirt:un percorso stellare in un coloratissimo universo fantasmagorico dato da colori di tendenza al neon tra sfumature di giallo,verde e rosa fluo nelle passerelle. Un eccellente Moschino con i suoi cuori rossi fiammanti su tailleurs neri attillatissimi e cappelli a luna piena tubulari e bombati dai colori forti ed accesi o a tinta unita o floreali.Tra le location più inverosimili Diesel ha sbalordito al Cloud Arena con una gigantesca scultura gonfiabile kamasutra che ha fatto fa sfondo ai suo completi trash Trandy e fru fru dove il denim stracciato e scolorito è interposto a cotoni,fodere e tulle,e dove la vita bassa è un must.Una Max Mara sobria e classica,elegante e moderna ridona alla donna quella femminilità seminascosta da molto tempo mentre Dolce & Gabbana con una ospite e testimonial d'eccezione in Kim Kardashian fa estrapolare il nero intenso in corsetti e mini tops and skirts incorniciate da lunghe tuniche di tulle o merletti.
Multimediale e democratica,fluorescente ed aristocratica vivace e tecnica,sensuale ed autocratica,primitiva ed astrale.. c'è un vario imbarazzo di scelta ancora allo stato primordiale, ma alla portata di tutti.
Grandissimo successo per il Premio Ambasciatore del Sorriso, al Maschio Angioino ricordato Sergio Bruni. boom di presenze, premiate eccellenze e persone speciali.
Serata ricca di emozioni e record di presenze per la nona del prestigioso Premio Internazionale Ambasciatore del Sorriso, svoltasi lunedì 19 settembre 2022 nell’incantevole Cortile del Maschio Angioino a Napoli che ritorna ancora una volta come ogni anno. Questo riconoscimento viene dedicato alle personalità che hanno dato lustro alla città partenopea, che quest'anno è in memoria al famigerato maestro Sergio Bruni, cantautore e simbolo del novecento napoletano. La manifestazione è promossa da Angelo Iannelli, icona della maschera di pulcinella nel mondo, e organizzato dall’Associazione Vesuvius in collaborazione con il Comune di Napoli.
Emozioni a tutto tondo, indescrivibile, per una serata indimenticabile e scoppiettante. Durante la cerimonia sono stati premiati importanti personaggi del panorama culturale e artistico italiano che hanno donato la propria arte ai meno fortunati regalando un Sorriso a tutti loro. Infatti, i protagonisti assoluti della serata sono stati i ragazzi speciali Martina Barba, Francesca Giovelli e Bitca Daria Alexandra che hanno ballato sulle note del maestro Sergio Bruni ricevendo la grande partecipazione del pubblico. Tra i presenti Vincenzo Mosca Presidente associazione disabili Gragnano. La serata-evento è stata presentata magistralmente da un quartetto d'eccezione composto da Erennio De Vita, Edda Cioffi, Angelo Iannelli ed Emanuela Gambardella, supportate dalle bellissime muse Mara Mollo e Lucia Schettino, che hanno illuminato la manifestazione con lo storico slogan “per donare un sorriso basta poco avere un cuore grande” .
La serata è stata aperta con le Majorette Sailors, a seguire un momento di moda a cura dell’Accademia Maria Mauro che ha dedicato la scenografia alla maestria di Sergio Bruni sotto gli occhi lucidi della figlia Adriana, accolta con grande entusiasmo a Napoli e che ha voluto omaggiare il folto pubblico presente con la canzone “Carmela” , accompagnata dal cantautore Lino Blandizzi che ha interpretato l’ultima sua incisione in duetto “Ma Dov”e". Applausi a scena aperta per i giochi di luce e la tarantella napoletana della scuola di ballo Passione Danza, spazio al body painting dell’artista Anita De Vivo e al gire show di Aigul Duisheeva, tutti premiati. La scultura del riconoscimento targata Luigi Calì è andata al campione del mondo di judo Marco Maddaloni, al Presidente Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo, che è stato premiato dal magistrato Catello Maresca già ambasciatore del sorriso, la campionessa del mondo di nuoto Angela Procida, l’ex Comandante Aeroporto Militare Capodichino Vito Vicari, il cantante Marco Sentieri, il noto comico e imitatore de Zelig Enzo Costanza, la giornalista Monica Cito, e tanti altri. Protagonisti della cultura, del sociale e dello spettacolo anche Enzo Avitabile, Giuseppe De Carlo, Luigi Calì, Bruno Ciniglia, Gianluigi Osteri, Massimo Amitrano, Pasquale Santarpaia, Giulia Accardo. Nel corso della manifestazione vi è stato la premiazione del concorso poetico letterario ed artistico riferito agli artisti e operatori culturali che si sono particolarmente distinti per il loro impegno sociale e culturale: nella sezione in lingua Sergio Spena da Napoli, sezione in vernacolo Renato Di Pane da Messina, sezione sociale Lucia Ruocco da Amalfi, sezione pittura Sergio Grilli da Arezzo, sezione Fotografia Marcello Eraldi da Napoli, sezione racconti Grazia Dottore da Messina e sezione scultura Jose’ Luis Majca dal Peru’. Premio Vesuvius per Giuseppe Perone, Premio della critica Claudio Torino, Premio giovane talento Giulia Grimaldi. Menzione d’onore per Anita Napolitano.
Inseriti nel Premio Ambasciatore del Sorriso la 15esima edizione de “I Percorsi D’arte" che ha messo in risalto artisti come il giapponese Taizo Hiroga, la venezuelana Carmela P. Centanni, il peruviano Josue’ luis Majca, Nadia Basso, Marco Fratiello, Claudio Torino, Lucia Ruocco, Marino di Lorenzo, Vincenzo Maio, Giovanni Cardiero e Marcello Eraldi. Per le istituzioni presenti alla serata il Sindaco di Brusciano Giacomo Romano, il Sindaco di Camposano On. Francesco Barbato, il vice sindaco di Mariglianella Felice Porcaro. La manifestazione è stata ripresa da diverse emittenti televisive come Campania Felix, Irpinia News, Artes Tv, Web TV1 e Club Economy Tv. Presenti i fotografi: Bruno Fontanarosa, Mauro Cielo, Maria Villani, Niko Foto e Arturo Ciotola. Tra i presenti anche Raffaele Carlino, Angela Scotto, Andreea Cormjer Rosita Arpaia, Pasquale Bruscino, gli artisti Sabba e Patrizia Spinosa. Partner ufficiale del premio: Terre Pompeiane, Emme Emme Gioielli e Gianni Cirillo stilista. La star del sociale Angelo Iannelli rinnova l'appuntamento per il decennale del premio Ambasciatore del Sorriso.
Montecarlo di Toscana |
Lo dico da subito: sono un habitué, un frequentatore assiduo del Salotto che ogni anno ha luogo nel Borgo antico di Montecarlo di Toscana, all’interno di quella che è la Festa annuale del Vino.
Una festa come una volta. Quelle di cui la Toscana ne è piena. Serate da passare in allegria con canti, balli, cibo e tanto vino.
E il “salotto”, divenuto nel tempo “l’angolo elegante” della festa, come momento culturale con serate a tema nello splendido giardino dell’Istituto Pellegrini Carmignani in pieno centro.
Gnocchi di patate della Garfagnana |
Nato dalla volontà di alcuni appassionati di vino montecarlesi, ancora oggi, tra una moltitudine di difficoltà, rappresenta un punto d’incontro per gli amanti del buon cibo e vino alla ricerca delle origini vuoi delle eccellenze culinarie locali, vuoi degli assaggi delle ultime annate proposte dalle aziende aderenti al Consorzio del Vino DOC di Montecarlo.
Ad accompagnarmi, come in tutte le edizioni alle quali ho partecipato, il mio carissimo amico nonché “gentiluomo del vino” Vasco Grassi.
Ex Presidente fondatore del Consorzio, ex direttore dell’azienda più conosciuta la Tenuta del Buonamico ma in particolare, “mente storica” del vino di Montecarlo.
Parlare con lui è come ritornare alle origini e riuscire a capire le “vere” fasi storiche che si sono susseguite in questa terra.
I Vini assaggiati |
Sfatare i miti creati ad hoc e ricordare l’accaduto. Come per esempio, alla presenza delle famose “uve francesine” spesso ricordate come portate dai pellegrini che percorrevano la via Francigena.
“Quanto di più sbagliato che si possa dire e soprattutto scrivere” tuona Vasco nel ricordare che la viticultura moderna montecarlese ha un nome e un cognome preciso appartenente ad un periodo storico più recente: Giulio Magnani.
Marco Pardini |
Fu lui, titolare della Fattoria Marchi-Magnani che nel 1870 partì alla volta della Francia per imparare dai “maestri” d’oltralpe, il modo per migliorare e rendere più moderni i vini di Montecarlo..
Fu allora che al ritorno cominciò ad allevare sulla collina montecarlese vitigni come il Sauvignon Blanc, il Semillon, il Merlot, il Cabernet Franc, il Cabernet Sauvignon, il Roussanne, il Syrah, il Pinot bianco e grigio.
Ed il locale Trebbiano assemblato con le uve francesine cominciò ad essere più elegante, morbido e profumato.
Quest’anno sono stato invitato alla serata dove il cibo ha visto come protagoniste la Patate della Garfagnana fornite dall’azienda Terre di Garfagnana di Piazza al Serchio, sapientemente preparate ed abbinate ad altre eccellenze culinarie dagli chef del Ristorante Lunardi’s. In abbinamento i vini di due aziende tra le più famose: Wandanna e Stefanini Tronchetti.
Salotto del Vino |
me in tutti i Salotti che si rispettano non è potuto mancare l’Ospite d’Onore: Marco Pardini, naturopata, esperto di etnomedicina ed etnobotanica che si è soffermato sulle numerose domande fatte da un pubblico molto attento ed interessato. In particolare quando ha presentato il suo ultimo libro Erbario poetico, storie d’erbe, alberi e altri incanti.
Festa del Vino, il Salotto del Vino e del Verde ovvero Montecarlo di Toscana in festa. Chapeau!
Urano Cupisti
Francesco Battaglini classe 1981 maestro d'arte.
laureato in scultura all'accademia di Belle arti di Firenze è un artista versatile. Opera principalmente in campo artistico scultoreo ma è anche un pregevole ritrattista. Ha frequentato l'accademia di arte sacra a Firenze conseguendo i diplomi di tecnico della scultura e di maestro.
Da oltre 10 anni Battaglini si dedica a opere di decorazione. I suoi lavori sono adatti sia per ambienti chiusi che per spazi aperti. L'artista lavora presso il suo studio situato nelle colline fiorentine (Bagno a Ripoli) dove elabora con professionalità e grande abilità a opere che plasma con variegati materiali, dalla pietra grezza, al ferro, vetro, resine poliuretaniche e altro... molte le creazioni di modelli in argilla, riproduzioni di opera in resina, calchi in gesso e silicone di opere contemporanee.
Un artista che grazie a un'ottima preparazione culturale/professionale e all'estro naturale ch'egli dispone, riesce a elaborare sculture di grande valore artistico degne di essere presenti in esposizioni prestigiose. La sua carriera prevede molte mostre personali e collettive sia in Italia che all'estero. Numerosi i simposi ai quali ha preso parte. Di Battaglini ometteremo il lunghissimo curriculum artistico che è possibile visionare in rete e passeremo invece a intervistarlo per conoscerlo meglio.
D- Ciao Francesco, tu ti occupi di scultura e di pittura. Vuoi dirci delle difficoltà che un artista trova nel farsi conoscere?
R- ciao Marzia, di difficoltà nel mondo dell’arte ce ne sono molte, la prima è trovare artisti competenti che sappiano “fare” e che dedichino la propria arte al bello e non alla vanità. Detto questo, è molto difficile farsi notare come artista, girano molte truffe nel mondo dell’arte e molte persone cercano di spillarti più soldi possibili millantando carriere rampanti, oppure opportunità fasulle, quando non hai esperienza cadi facilmente in queste dinamiche.
Inoltre non esiste più un “buon gusto” dell’arte e chi vorrebbe investire i propri capitali in questa, spesso non sa a chi rivolgersi per avere informazioni e valutazioni obiettive sul reale valore di un artista.
D- Tu hai raggiunto con tanta fatica e tanto impegno molti risultati dei quali andrai sicuramente orgoglioso. Vuoi renderci partecipi di qualche tuo traguardo importante?
R- Di soddisfazioni faticosamente raggiunte nonostante la mia giovane carriera artistica, ce ne sono diverse, fortunatamente.
La prima grande soddisfazione è sicuramente la statua monumentale in bronzo della “FORTEZZA” nella località di Grassina nel comune di Bagno a Ripoli vicino a Firenze, ottenuta tramite la vittoria di un concorso pubblico, che rappresenta il "mio" Pinocchio con lo zaino che sale una scala infinita a simboleggiare la perseveranza e la forza della giovinezza.
La seconda scultura che mi ha dato soddisfazione si tratta del busto in bronzo rappresentante il Cardinale Elia Della Costa, realizzato per la chiesa di San Pietro in Palco situata nel quartiere di Gavinana a Firenze, posizionata per volontà del parroco Don Francesco Chilleri, in modo di fare conoscere agli abitanti del quartiere il volto del noto Cardinale. Nel paese di Impruneta, ho invece realizzato per il Museo della “festa dell’uva” la scultura in terracotta, dal titolo “ la buona educazione”. Il 18 settembre, verrà inaugurato il parco dove è inserito questo mio lavoro. Queste sono le ultime soddisfazioni, raggiunte ma vorrei elencare anche le altre, se mi è concesso. A Rufina viene installata la scultura in pietra “two face” realizzata per la Val di Sieve in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Segue “Il rapace” scultura realizzata per il parco di Travalle a Calenzano. Nella città di Ari e di Atessa nella provincia abruzzese vi sono due mie sculture in pietra, raffiguranti il dorso di una donna, e il “monumento ad una amica”. A Signa, nella sede del dopolavoro ferroviario e nel museo della stazione è presente un Crocifisso in terracotta donato al museo. A Civitella in Val di Chiana, sono presenti sia nel museo comunale che nella pieve del paese, due stemmi in terracotta, un busto in gesso raffigurante l’eccidio, mentre nella Pieve è presente un crocifisso in terracotta.
D- Sei un ottimo scultore, le tue opere spaziano da personaggi classici, di fantasia, religiosi a fantasiosi lavori di allestimenti per esterni: fontane, animali lavorati con il ferro. Sei un talento non indifferente. Cosa ami di più dei tuoi lavori, cosa ti da più soddisfazione?
R-La soddisfazione sta nel “fare”, o meglio quando riesco ad immaginare qualcosa che vorrei creare che poi dal nulla, prende forma nello spazio. Adoro in particolare la fase di progettazione per la quale nello svolgimento iniziale comincio a sperimentare le varie soluzioni per giungere poi alla scelta definitiva. Inoltre l'attesa di qualcosa da sviluppare che già è dentro di me. Diventa magia quando inizio a lavorare su un soggetto con qualsiasi materiale e non vedo l’ora di finirlo per ammirarlo. Tutto questo mi appaga, ma come saprai anche tu, la soddisfazione di un creativo dura fino a quando non gli viene in mente un altro progetto, un altro lavoro, un'altra creazione.
D- Nel mondo artistico come in qualsiasi altro contesto sociale vi è il pro e il contro. La soddisfazione spesso viene meno a causa di organizzazioni, burocrazie, difficoltà varie. Ti è mai capitato dover rinunciare a qualcosa di speciale a causa degli ostacoli suddetti? Cosa?
R-Si, a volte ho incontrato varie difficoltà e complicazioni burocratiche che rendono difficile la possibilità di partecipare a concorsi pubblici e privati. Molto spesso sono richiesti incartamenti complessi e tecnici, le documentazioni sono spesso macchinose e poco chiare. Inoltre in troppe occasioni le finanze messe a disposizione per realizzare questi lavori sono sempre molto limitate e quindi insufficienti alla realizzazione di questi.
D- So che a giorni nel paese di Impruneta una tua scultura in terracotta avrà "residenza". Vuoi pubblicizzare il tuo evento? Di cosa si tratta?
R- Certamente e mi piacerebbe pubblicizzare la cosa il più possibile perché finalmente sono riuscito a realizzare la mia prima statua in terracotta a grandezza naturale (h170cm) la quale farà parte della collezione del Museo dell’Uva di Impruneta. Un altro piccolo tassello nella provincia di Firenze che manifesta il mio lavoro. Con molto piacere ho deciso di aderire alla richiesta di partecipare a questa iniziativa poiché l’impronta e l’Associazione artistica imprunetina di ART-ART sono state un' ottima famiglia artistica nella quale crescere per poi conoscere artisti importanti e famosi di Firenze, che con il tempo sono divenuti amici e colleghi.
D- Francesco Battaglini non è solo un grande scultore, ma un pregevole ritrattista. Vuoi parlarci anche di questa tua attività artistica? Quale delle due forme di arte ti da più soddisfazione emotiva?
R-Da sempre adoro i ritratti perché mi piace guardare la gente, trovo che in ogni individuo ci sia qualcosa di meraviglioso e unico. Per questa ragione uno dei miei ultimi progetti in divenire, è basato sul ritrarre 100 persone a figura intera di piccole dimensioni, siamo intorno ai 40cm di altezza, tutto ciò per creare una piccola folla di gente dissidente.
D- Ed eccoci adesso alla domanda "bianca" che rilascio sempre agli artisti; si tratta di uno spazio dove tu, come artista potrai esprimerti su qualsiasi cosa ti senti di condividere
Picchio |
con il lettore.
R- Vorrei informare i lettori e gli appassionati del settore artistico che nel mio laboratorio ubicato a Villamagna presso il comune di Bagno a Ripoli, vengono tenute lezioni private di arte, dal disegno alla pittura e ovviamente alla scultura, saranno insegnamenti adatti alle persone di ogni età e di qualsiasi livello di preparazione; dai principianti ai professionisti
Cosa augurarti Francesco? hai lavorato molto, ti sei impegnato con grande responsabilità, professionalità e grande attitudine ai tuoi lavori; sei arrivato in alto senza spinte né favoritismi e adesso attraverso i tuoi elaborati rendi migliore questo mondo buio, freddo e spesso privo di emozione. Grazie!
Ti ringrazio Marzia delle belle parole, per chi volesse contattarmi pio farlo nei recapiti indicati qui sotto
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Franz Mulser |
Franz Mulser, un simpaticissimo giovanottone vestito da tirolese, mi aspettava sulla strada che attraversa l’alpeggio dell’Alpe di Siusi con uno strano trabiccolo militare austriaco della seconda guerra mondiale. Di quelli che montano sui muri: Puch Pinzgauer.
“Su al Gostner Schwaige sotto lo Sciliar (2.563 m) ti mostrerò cosa intendo per cucina alpina: un'intima combinazione di tradizione, natura e moderna leggerezza”. Così Franz mi ha dato il benvenuto.
Cosa ci facevo al Gostner Schwaige, nel bel mezzo dell’Alpe di Siusi, l’altopiano più esteso d’Europa? Tradizionale vacanza alpina? La scelta
Vini assaggiati |
delle Dolomiti per immergermi nella natura e fuggire dalla calca estiva delle spiagge? Niente di tutto questo.
Mi sono ritrovato a 2000 metri di altezza a degustare VINO in un contesto di ampi prati, zone boschive, sentieri di montagna e di vetta; un luogo speciale e decisamente diverso. Chapeau!
L’invito di quelli importanti: Elena Walch!
Karoline e Julia mi avevano dato appuntamento, nell’ora del crepuscolo, per immergermi nell’immenso di un tramonto tra le guglie dello Sciliar e degustare alcuni vini particolari della Tenuta Walch. Quale circostanza migliore?
L’arrivo con il Puch alla Malga. Non mi è rimasto che aprire gli occhi e vedere quali doni ci offre la natura. Tutto da vedere, gustare e degustare.
Di nuovo Franz:” È dal 1990 che ho scelto di fermarmi in questo luogo dopo anni di formazione in giro per il mondo e proporre la cucina alpina: Insalata di fiori e zuppa di fiori di fieno, succo di mela e tisana di montagna, i dolci dell’antica tradizione altoatesina e tante curiosità come le mezzelune alla farina di pere secche Al GOSTNER SCHWAIGE abbiamo un ampio giardino con molti fiori ed erbe aromatiche, alberi e cespugli. Tutto ciò che è umanamente possibile viene trasformato in succhi, tè, marmellate e molto altro”
E
Il passito |
dei vini ne vogliamo parlare? Alternativamente sono stati presentati da Karoline e Julia esaltando le peculiarità stesse negli abbinamenti.
Il Puch |
Lo Sciliar |
E con il calice in mano, contenente il Passito 1994, sono uscito dalla Malga a “contemplare le stelle”. Chapeau!
Urano Cupisti
Visita effettuata il 14 giugno 2022
Gostner Schwaige
Alpe di Siusi (Bz)
Cell: 347 8368154
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.