L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1382)

Free Lance International Press

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January 09, 2023

"Ecco perché sull'Ucraina il giornalismo sbaglia. E spinge i lettori verso la corsa al riarmo": lo sfogo degli ex inviati in una lettera aperta.

 

Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l'allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin". L'ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: "Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni". Toni Capuozzo (ex TG5): "Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos'è la guerra".

"Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male". Inizia così l'appello pubblico di undici storici invitati di guerra di grandi media nazionali (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore), che lanciano l'allarme sui rischi di una narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto nel giornalismo italiano (qui il testo integrale sul quotidiano online Africa ExPress). "Noi la guerra l'abbiamo vista davvero e dal di dentro: siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti", esordiscono Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò. "Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell'era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell'era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell'era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo". Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo".

Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l'opinione pubblica e la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l'Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il dovuto per cento del Pil. Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L'emergenza guerra – concludendo – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre". Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L'emergenza guerra – concludendo – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre". Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L'emergenza guerra – concludendo – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre".

Alberizzi: “Non è più informazione, è propaganda” – Parole di assoluto buonsenso, che tuttavia nel clima attuale rischiano fortemente di essere considerate estremiste. “Dato che la penso così, in giro mi danno dell’amico di Putin”, dice al fattoquotidiano.it Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa. “Ma a me non frega nulla di Putin: sono preoccupato da giornalista, perché questa guerra sta distruggendo il giornalismo. Nel 1993 raccontai la battaglia del pastificio di Mogadiscio, in cui tre militari italiani in missione furono uccisi dalle milizie somale: il giorno dopo sono andato a parlare con quei miliziani e mi sono fatto spiegare perché, cosa volevano ottenere. E il Corriere ha pubblicato quell’intervista. Oggi sarebbe impossibile“. La narrazione del conflitto sui media italiani, sostiene si fonda su “informazioni a senso unico fornite da fonti considerate “autorevoli” a prescindere. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo. Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”.

Negri: “Fare spettacolo interessa di più che informare” – “Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari“, premette invece Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole da Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani. “Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena. D’altronde la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare”. La vede così anche Toni Capuozzo, iconico volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra – tra l’altro – in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta”, dice al fattoquotidiano.it. “I talk seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”.

Capuozzo: “In guerra i dubbi sono preziosi” – “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori”, argomenta Capuozzo. “Invece è proprio in queste circostanze che i dubbi sono preziosi e l’unanimismo pericolosissimo. Credo che questo modo di trattare il tema derivi innanzitutto dalla non conoscenza di cos’è la guerra: la guerra schizza fango dappertutto e nessuno resta innocente, se non i bambini. E ogni guerra è in sè un crimine, come dimostrano la Bosnia, l’Iraq e l’Afghanistan, rassegne di crimini compiute da tutte le parti”. Certo, ci sono le esigenze mediatiche: “È ovvio che non si può fare un telegiornale soltanto con domande senza risposta. Però c’è un minimo sindacale di onestà dovuta agli spettatori: sapere che in guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte, e metterlo in chiaro. In situazioni del genere è difficilissimo attenersi ai fatti, perché i fatti non sono quasi mai univoci. Così ad avere la meglio sono simpatie e interpretazioni ideologiche”. Una tendenza che annulla tutte le sfumature anche nel dibattito politico: “La mia sensazione è che una classe dirigente che sente di avere i mesi contati abbia colto l’occasione di scattare sull’attenti nell’ora fatale, tentando di nascondere la propria inadeguatezza. Sentire la parola “eroismo” in bocca a Draghi è straniante, non c’entra niente con il personaggio”, dice. “Siamo diventati tutti tifosi di una parte o dell’altra, mentre dovremmo essere solo tifosi della pace”.

            Opera esposta

Da sempre sono uno strenuo difensore del Vino come Arte. O meglio fare Vino è un Arte. E quando mi coinvolgi in serate, incontri dove l'Arte pittorica, scultorea, musicale viene avvicinata, accostata, equiparata al vino, mi esalto ricordando che …”Il vino è una vera e propria opera d'arte da ammirare e degustare in tutte le sue forme”.

È stato fonte d'ispirazione per molti artisti. Da sempre collegato alla figura dell'uomo come frutto del suo lavoro. Basti pensare al giovane Mozart che non poteva comporre se non avesse un calice di “marzemino” a portata di mano o il poeta Charles Baudelaire , poeta maledetto, che costruiva la sua poesia sull'alternanza di contrasti, passioni, sprofondando nell'abisso del dolore e del tormento e riuscirono a superarli affidandosi al Vino al quale dedicò un Ode, L'anima del vino , dove descrisse il rapporto con una materia viva che poteva ad

             Genesi

innalzarlo, provvisoriamente, verso la vita.  

Il vino ha accompagnato e accompagna l'uomo in tutta la sua sfera sensoriale, (udito, vista, olfatto, tatto e gusto) e questo ha fatto in modo che l'arte lo descrivesse nelle diverse situazioni.

Pietrasanta , via del Marzocco. Evento promosso da ARTEARTI che si è posto lo scopo di mettere in relazione “tre mondi” che, seduti a tavola, hanno dialogato parlando di finanza, arte e cibo.

Nedo Mallegni, consulente di San Paolo Investimenti, presentando dati economici sul vino e arte si è soffermato sulle prospettive e opportunità per le aziende;

Nicola Rosi, presidente di Slow Food-Versilia, ha ricordato l'azione dell'associazione che promuove la conoscenza del territorio, delle materie prime, dei prodotti e produttori presentando in particolare l'azienda biologica Le Vigne del Grillo;

 
 

Veronica Ferretti, storica dell'arte ed animatrice della serata. Partendo dalla Storia del Vino, le arti figurative dei Greci e Romani, le opere sacre del medioevo, l'esplosione rinascimentale in tutte le sue forme ha lasciato al sottoscritto il compito di “abbinare” opere pittoriche e scultoree presenti ai vini dell'Azienda Vigne del Grillo di Camaiore.

    Scultura in sughero

Artista: MASSIMO GARRONE

Minimalista, ha lavorato nel cinema di animazione e per il regista Dario Argento.

Queste le opere presentate e gli abbinamenti:

  • scultura Bianco Gabberi
  • Astratto Ippocampo Bianco Gabberi
  • Orlando Furioso Bianco Gabberi
  • Astratto Rosso Prana
  • Chitarra Rosso Prana

Artista : ELIA INDERLE

Informale pittore e scrittore presente quest'anno alla 59° Biennale di Venezia.

Queste le opere presentate e gli abbinamenti:

  • Astratto 1 Bianco Gabberi
  • Astratto 2 Rosso Matanna
  • Astratto 3 Rosso Barriccato

Artista GIANFRANCO MEGGIATO

    Opera astratta

Scultore astratto famoso per le sue installazioni monumentali, opere che gli sono valse il prestigioso PREMIO ICOSMOS/UNESCO per l'Arte.

Le sue maggiori opere raccolte in un libro esposto per ammirarne la magnificenza. Sulla base di bellissime foto ho potuto procedere con gli abbinamenti:

  • Geni Sira
  • Agrigento Sirah
  • Matera Prana
     Opera astratta

Il vino è riuscito ad abbinarsi con le opere presenti. Vino come motore del Mondo, in questo caso nettare per intenditori d'arte che sono riusciti a capirne il valore.

La conclusione della serata lasciata a Veronica Ferretti. Esperienze che lasciano un ricordo nella memoria di tutti i presenti. Memoria come capacità di regalare emozioni e creare nuove relazioni tra settori diversi. Dimostrazione che possono lavorare insieme sinergicamente creando interazione con altre persone e nuovi legami”.

Connubio tra Arte e Vino. Capeau!!!

Urano Cupisti

January 07, 2023

Quando conobbi Michele, mi fece subito un'ottima impressione, sorridente e cortese, simpatico e cordiale. Ero lì per vedere uno spettacolo scritto proprio da lui, “I Dentici”, con Giancarlo Porcari e Tiko Rossi Vairo. Proposta che trovai molto divertente e toccante. 

Lo spettacolo di quest'estate è già stato presentato tempo fa con grande soddisfazione dell'organizzazione e dello stesso Michele visti i numerosi sold out. Ebbi non poche difficoltà a trovare una poltrona libera. 

Il nostro è un artista istrionico, in grado di calarsi nei panni di diversi personaggi divertenti. Il primo, piuttosto simpatico, si presentava con la voce sbiascicata e l'andamento incerto a causa dell'eccessivo uso di alcolici. Un tipo estroverso, bizzarro e tutto sommato anche erudito; nonostante il suo “vizietto”, in grado di intrattenere il pubblico con le sue conoscenze raccontate con efficace verve comica. Divertente la sua imitazione geografica dell'Italia fatta usando il suo corpo; con le braccia chiuse ad ovale sopra la testa, ad esempio, rappresenta le Alpi… Ho avuto la sensazione che il personaggio avesse un sapore ed una comicità dal gusto retrò; infatti Michele, abbandonando il ruolo, ci spiegava che questa era una scena proposta addirittura da Ettore Petrolini. Nonostante abbia cent'anni,

 Michele poi veste i panni di un avvocato, che con il suo accento meridionale, ricorda quei togati che difendevano nei vecchi film i vari Pippo Franco, Alberto Sordi, Totò... Il primo attore che mi viene in mente in questa veste è Vincenzo Talarico . Come lui, Michele è borioso, ridondante, teatrale, ma sempre divertente mentre si rivolge ad un ipotetico giudice (come faranno tutti i vari personaggi che si avvicenderanno). L'avvocato in questione difende l'attore La Ginestra, che avrebbe infierito su numerosi spettatori all'uscita del teatro, colpendoli sul di dietro come un cecchino con una fionda usando come proietto una biglia di ferro. Tutto questo per punirli dopo aver usato il cellulare in sala durante il suo spettacolo… 

Ora potete immaginare la mia reazione, visto che per scrivere articoli sono costretto a prendere appunti con l'uso del mio cellulare durante gli show. Sono sbiancato, considerando poi che spesso Michele si rivolgeva dalla mia parte, ho avuto l'impressione che ce l'avesse proprio con me! Che imbarazzo! Come un ladro ho cercato di limitarne l'uso, eclissarne la presenza, mentre lui intanto, nelle vesti di questo buffissimo legale, continuava ad arringare al pubblico. La sua perorazione prendeva di mira le mamme preoccupate per aver lasciato a casa i figli e durante lo spettacolo mandano messaggi per accertarsi che tutto vada bene. Magari, come dice l'avvocato, questi già dormono mentre la loro babysitter pomicia sul divano con il fidanzato, o magari proprio con i loro figli! Poi è il momento di prendere di mira i single che, per certificare la loro giornata, inviano i loro selfie su Facebook, qualsiasi cosa stiano facendo, o si scambiano di continuo messaggi WhatsApp che al loro arrivo infastidiscono con la suoneria i presenti. Alla fine la giusta accusa sottolinea che per seguire il proprio telefono, alla fine ci si perde lo spettacolo o tutto ciò che avviene intorno a sé. Non sapevo se ridere o preoccuparmi di poter essere un suo potenziale bersaglio un bello spettacolo! 

Michele spesso si cambia direttamente in scena, con l'ausilio di luci soffuse e di interventi musicali in sottofondo atti a sottolineare il passaggio da un personaggio all'altro. La Ginestra è un ottimo interprete, un professionista che sa tenere il palco e intrattenere il pubblico divertendolo e divertendosi. In questo monologo in cui propone vari personaggi, mi riporta alla mente quella comicità con cui sono cresciuto e che riaffiora dal mio passato grazie a lui. Michele scova nei meandri dei miei ricordi sopiti, riportando in vita quelle emozioni passate e ancora vive in me. 

L'idea di portare strani personaggi in scena mi riporta in mente i primi film di Carlo Verdone, mentre nella sua recitazione scorgo frammenti e reminiscenze di Enrico Montesano, Gigi Proietti, Alberto Sordi e qualcosa che mi ricorda Riccardo Rossi. Ma beninteso, si tratta di accenni, perché Michele La Ginestra ha una sua forza, una sua personalità che spicca e che ne fa il motore portante per quest'ora e mezza di spettacolo. 

Michele poi si trasforma in un altro personaggio divertente, un milanese che è arrivato a Roma ci racconta della sua esperienza sulla viabilità, degli incidenti, di come interpretare le indicazioni sui varchi della ZTL, dei pedoni che rischiano la vita costretti a tramutarsi in automobilisti per non essere investiti. Poi continua con gli avvisi sui pannelli luminosi che, invece di migliorare la sicurezza della guida, lo distraggono e lo mettono a rischio di incidente. Un tipetto davvero divertente. 

Passa poi a scomodare anche le favole, proponendo una versione alternativa e alquanto singolare di Cappuccetto Rosso, che si presenta in scena con tanto di cappuccio e canestrello alle prese con un lupo piuttosto particolare e un po' coatto. Prende poi la scena quello che credo essere uno dei personaggi tra i più divertenti della serata, una versione di Biancaneve con la “zeppola”, ovvero con qualche difficoltà nel parlare correttamente. Entrambi i personaggi delle favole sono rivisti e corretti dagli autori e degnamente interpretati dal nostro artista, che li trasforma in macchiette divertenti. Risate ed applausi, il nostro attore sà coinvolgere il pubblico che pende dalle sue labbra. Potete immaginare cosa succede quando, dopo quella lunga arrivo iniziale dell'avvocato, squilla un telefono in sala… Una goccia fredda mi è scesa dalla tempia… Per fortuna non era il mio, tra le poltrone qualcuno si è nervosamente apprestato a soffocare la suoneria, mentre Michele ne approfittava temporeggiando con la sua divertente sequela di espressioni divertenti. Un maestro in questo; con le espressioni ricche di ironia, colmava l'imbarazzante momento creato da quello spettatore infarcendolo di comicità. Sono sicuro che ad ogni replica a qualcuno sarà squillato il telefono; è endemico, prevedibile, scontato. La fionda di Michele come la mano vendicatrice di un Alastore si abbatterà su questi rei! con le espressioni ricche di ironia, colmava l'imbarazzante momento creato da quello spettatore infarcendolo di comicità. Sono sicuro che ad ogni replica a qualcuno sarà squillato il telefono; è endemico, prevedibile, scontato. La fionda di Michele come la mano vendicatrice di un Alastore si abbatterà su questi rei! con le espressioni ricche di ironia, colmava l'imbarazzante momento creato da quello spettatore infarcendolo di comicità. Sono sicuro che ad ogni replica a qualcuno sarà squillato il telefono; è endemico, prevedibile, scontato. La fionda di Michele come la mano vendicatrice di un Alastore si abbatterà su questi rei! 

Arriva ora un ragazzotto sornione semi balbuziente e assai divertente. Abita a San Lorenzo e ci racconta, con una marcata dolcezza di fondo, le sue esperienze di vita e quelle del suo quartiere. Si tratta di uno scrittore simpatico, timido che, oltre all'ilarità, suscita una profonda tenerezza. 

Michele ora dà voce ad un embrione umano che si racconta, tra comicità e toccante ironia. Dapprima affronta i timori per una sua probabile nascita, poi diviene consapevole che non sarà lui a decidere del suo futuro, ma i suoi potenziali genitori, con un padre per niente convinto di volere un figlio. Michele riesce a divertire, ma anche a toccare con la sua delicatezza le nostre emozioni, visto che l'umorismo del racconto si vela per un attimo di tragicità. 

L'ultimo personaggio è un prete che parla in maniera davvero ironica, ma anche piuttosto realistica, del matrimonio. Un argomento che, grazie a tutta una serie di luoghi comuni, fa bene o male breccia nell'esperienza di ognuno di noi. Il pubblico poi è composto maggiormente da persone mature, dunque l'argomento nelle sue battute tocca nel vivo; per quelli più giovani… beh, sia da monito! Michele centra in pieno molti aspetti che riguardano questo tema e ogni volta la risposta del pubblico si manifesta con risate ed applausi. Anche l'argomento confessioni, che segue, è assai divertente perché è vista dalla parte del confessore, un punto di vista a cui non pensavamo, che ci mette davanti ad un uomo, anche se prete, che spesso ha una visione della sua missione che potrebbe indurlo a provare noia o ritenere inutili queste confessioni. Un esempio? Cosa potrà mai confessare una donna anziana di così grave? Niente di offensivo, Michele non lo è mai, ma vuole dare voce ai pensieri più reconditi di un parroco stanco dell'ipocrisia e raccontarli con ironia. Divertente quando, rivolgendosi al giudice per difendere dall'accusa l'imputato, l'attore prende una fionda e simula il lancio di una biglia (allora è lui il colpevole! Non il povero La Ginestra!). Indovinate verso chi ha puntato l'arma? Neanche a dirlo, se l'arringa dell'avvocato mi aveva preoccupato, il gesto del prete mi ha dato la conferma! Ha capito che anch'io ero colpevole! rivolgendosi al giudice per difendere dall'accusa l'imputato, l'attore prende una fionda e simula il lancio di una biglia (allora è lui il colpevole! Non il povero La Ginestra!). Indovinate verso chi ha puntato l'arma? Neanche a dirlo, se l'arringa dell'avvocato mi aveva preoccupato, il gesto del prete mi ha dato la conferma! Ha capito che anch'io ero colpevole! rivolgendosi al giudice per difendere dall'accusa l'imputato, l'attore prende una fionda e simula il lancio di una biglia (allora è lui il colpevole! Non il povero La Ginestra!). Indovinate verso chi ha puntato l'arma? Neanche a dirlo, se l'arringa dell'avvocato mi aveva preoccupato, il gesto del prete mi ha dato la conferma! Ha capito che anch'io ero colpevole! 

Lo spettacolo termina, ma ora il nostro attore, vestendo i suoi di panni, ci intrattiene ancora per ringraziare e per prendersi il suo meritato applauso finale che ha davvero meritato. Mi piace il suo modo di fare comicità, ispirato a quella italiana di decenni fa che troviamo ormai solo nei vecchi film, ma che lui sa riportare in auge modernizzandola. Grazie anche ai testi di Alessandro Prugnola, Salvatore Ferraro, Adriano Bennicelli e Roberto Ciufoli.

 

Davvero una piacevole serata.

 

Al Gianicolo, al Gianicolo! 

Passeggiare senza fretta per le curve che da Trastevere salgono verso la sommità di questa collina panoramica romana potrebbe rappresentare - all’alba del primo di Gennaio, magari rincasando dopo i festeggiamenti pirotecnici della notte - un’occasione suggestiva per rivisitare un rilevante episodio di storia calendariale. 

Ma cosa lega il primo giorno e mese dell’anno all’antico “Mons Aureus”, la piccola altura così chiamata per la prevalente doratura dei materiali che la compongono? La risposta è contenuta nei miti religiosi di Roma antica, che consideravano il mese “Ianuarius”-Gennaio e il colle “Ianiculus”-Gianicolo dirette dipendenze del dio “Ianus”-Giano, anche etimologicamente ad esso collegate.

 Il nume - figura già presente nel pantheon romano più arcaico - era quello che presiedeva a tutti i momenti di passaggio e, in particolare, alla fase iniziale di qualsiasi attività; veniva rappresentato sia con un’erma a due/quattro facce per la sua capacità di controllare e conciliare passato e futuro, sia con la “ianua”- porta, che apre e chiude la comunicazione tra piani diversi. Garantendo Giove lo scorrere normale del tempo durante tutto l’anno, non poteva certo essere lui a determinarne poi morte rinascita: in questi casi entravano in azione Saturno (a Dicembre) per dissolvere il vecchio anno con i rituali trasgressivi dei “Saturnalia”-Saturnali e appunto Giano (a Gennaio) per presiedere alla rigenerazione di quello nuovo. 

Oggi, oltre che nel toponimo Gianicolo, sono ancora rinvenibili a Roma tracce del culto di Giano nell’arco d’epoca costantiniana sito in via del Velabro e - probabilmente - pure nelle due erme a quattro facce sull’antichissimo ponte “Fabricius”-Fabricio detto appunto, in città, “dei Quattro Capi”. 

A partire dal 153 a.C. si cominciò nell’Urbs a far insediare ufficialmente i consoli nella loro carica proprio alle “Calendae”-Calende di Gennaio (il primo del mese) esprimendo in questo giorno pure gli auguri allo Stato, indirizzati in seguito all’imperatore. L’abitudine era comunque anche privata, con la simpatica aggiunta di “strenae”-strenne o doni di buon auspicio. A Giano venivano offerti farro col sale e il tortino al forno “Ianual” (impasto di uova, farina, olio e cacio grattuggiato), per propiziare fertilità alla natura e produttività al lavoro dell’uomo. Nonostante questa ricorrenza fosse la più sacra e importante del calendario, non rientrava comunque tra i periodi di vacanza, senza essere per questo - però - neppure considerata una comune giornata lavorativa. Il lavoro veniva a perdervi infatti finalità produttive, acquistando invece dignità sacrale di rito. 

La credenza che gli avvenimenti del primo di Gennaio - proprio perché verificatisi in un giorno inaugurale - possano in qualche modo proiettarsi su tutto il periodo futuro, veniva ribadito anche da abitudini augurali come quella di scambiarsi miele, datteri e fichi per addolcire il tempo nuovo che iniziava; nonché dagli stessi intenti propiziatori che informano ancora le attuali pratiche di fine-inizio d’anno: ad esempio indossare indumenti nuovi o mangiare cotechino e lenticchie, simbologie forti d’abbondanza e di ricchezza. Ma altre antiche usanze del periodo del Solstizio invernale - disperse nei mesi di Dicembre e di Gennaio soprattutto per esigenze moralizzatrici del Cristianesimo - sono riuscite in qualche modo a influenzare il Capodanno attuale, con riti d’espulsione delle negatività accumulate durante i mesi precedenti: fuochi (anche d’artificio) alludenti al sole che rinasce, pratiche divinatorie e auguri senza regali passati – questi - invece al Natale. 

December 26, 2022

   

[A] Luigi M. Lombardi Satriani (a destra) con l'autore

 Anima & cultura, ricordi di te

 

Caro Luigi

alla tua scomparsa ti hanno voluto ricordare, chi per affetto e smarrimento per la scomparsa dell'amico e del maestro, chi per dovere di cronaca col ' coccodrillo' g ià pronto per non ' bucare' la notizia. Personalmente ho provato qualche delusione nei confronti della cultura nazionale sia generalista sia d'ambito specifico, apparivano incerte tra bere alla fonte dell'oblio o comunque restringere d'intensità/rinviare nel tempo il ricordo di te.Pur destinando ad altro contributo commenti su acquisizioni di metodo più alte delle ricerche tue d'antropologia, ritengo dare rilievo qui (perlomeno) alle buone pratiche da te perseguite contro frammentazione d'associazionismo di settore, volte ad aumentare il potere contrattuale dello stesso a fronte dei referenti politico-amministrativi di sua competenza.

 

Caro Luigi - da decenni per me maestro d'Antropologia e amico – ti ricordo a pochi mesi da “L' evasione dai giorni” tua di Primavera: evento ladro di un'altra tua amatissima Estate, e di spazi-tempo comunque nuovi per aspirare ancora “ Nostalgia di futuro” . Come vedi mi trovo a dire subito tratti forti di te, anche solo citando titoli di raccolte poetiche tue, d'umana confessione [1]

 

A proposito d'una presentazione [2] proprio di “ Nostalgia di futuro” (scritta poi su rivista “ Poeti e Poesia” [3] ), qualche immagine di essa - non mera cronaca d'evento ma testimonianza 'viva' – sembra evidenziare altri modi tuoi significativi d'esistenza. Nella foto [A] ad esempio, la tua intensa abbronzatura corpo/volto sembra chiamare una saggezza di sapore antico, passite entrambe a lungo sotto il sole di Calabria; il tuo sguardo invece attenzione e interesse sinceri verso gli altri, e piacere grande di saperli ascoltare.

Un fermo immagine d'una vita in cui hai definito “ amore e destino” il libero esercizio d'antropologia critica, per guadagnare riconoscimento a tutto ciò che ci fa essere/mantenere ' Uomini'. Un progetto d'antropologia 'poetica' naturalmente integrato con poesia 'antropologica' , realizzabile solo da chi - come te - ha saputo coniugare talento e sensibilità d'analisi con amore per la vita, e sincero piacere d'entrare in relazione con gli altri .

Il mio ricordo comunque qui è senza mestizia, come lo spirito entusiasta tuo per attenzioni di vita: non scevro - eppure - d'agro-dolci connubi tra colta (mai saccente) ironia e realissima malinconia; capace di accogliere nuovi stimoli in accoglienti griglie di logiche/valori d'esistenza, e non nascondere fragilità personali per meglio cogliere così quelle d'altri, e saper proporre - possibili - riscatti. Come in ambito psicologico, più percorsi anche nel tuo modello culturale che t'hanno permesso di nutrire - ad esempio - profondo rispetto per tradizioni sia 'paganeggianti' /laiche sia religiose tue meridionali: perché da te opportunamente ingerite, ruminate e rese nutrimento di ricerca ma pura di vita.

 

Domanda impossibile, abbraccio certo

 

Un'altra immagine [B] dalla presentazione di “Nostalgia di futuro” che ti ritrae solo - con espressione stupita quasi adolescente (tipo “Chi, io? “, “Dice a me? “) - sembra alludere proprio all'ultima “ chiamata ” ricevuta, quella a cui purtroppo si fa fronte da soli: quell' “invito” che, ritengo, ti abbia comunque più sorpreso che impaurito sia per il tuo progettare fino all'ultima la vita, sia perché hai sempre tenuto comunque in grande considerazione l' 'evento finale' . E questo sia “ culturalmente” (“La vita deve fare i conti con la morte e con i morti per continuare a esser tale. I morti sono i segni sotterranei della vita” [4] )sia individualmente come “ persona”. Coronamento infatti del tuo cammino antropologico-poetico di consapevolezza - solo apparentemente evidente perché esistenzialmente guadagnato – è quello annunciato e predicato nel titolo della tua terza antologia di liriche “ Omnia vincit amor” [5] , caleidoscopio di “Amores” vissuti come amante/amato , ma membro attivo pure di precisa cultura. In esso affermi con coraggio, a proposito “mi sono nascosto nei libri / occultando così che trovare parole / era un modo per proiettarmi nel tempo / e oltrepassare la morte. / Anche l'amore, le tante forme di amore/sono state per me/tentativo di oltrepassare la morte” [6] .

 

                                [B] 

 

A chiusura di testimonianza, una domanda certo irrituale: in più impossibile e dunque senza risposta che vorrei sentissi però come abbraccio vero, quanto quello scambiato in tanti anni amichevoli. Una richiesta che richiama universi simbolici di cui – al di là d'analisi e commenti - hai fatto dono a noi d'umanissimo racconto: “ Come è stato quel viaggio” che - secondo miti e riti di Sud Italia e non solo [7] - devono compiere le anime lungo la via Lattea dopo la dipartita; a piedi nudi su quel ponte di S. Giacomo sottile come capello e accidentato, che da terra sopra un baratro s'alza fino al cielo?Sarà stato un pellegrinaggio proprio come la tua esistenza, assetata sempre di conforti di Vita e d'Amore: ristori come quelli simbolici della tradizione, offerte d'acqua in casa di chi - per sempre – l'ha dovuta abbandonare. Nel cammino ti sarà mancato certo il ' viatico' della tua valigia ideale, come avesti a descriverla a me tanto tempo fa: bagaglio fisico ma puro psicologico e simbolico che occorre per fare casa in ogni tempo e in ogni luogo, come diceva bene il titolo di quel giornalistico inventario “Insieme ai libri, sogni e nostalgia” [8] .

 

 

 

[1] LM Lombardi Satriani. Nostalgia di futuro. Poesia di amori (1956-2013), 2014; L'evasione dai giorni. Poesie, 2015.

[2] D.Ienna. Sala Magenta (di Bruna Baldassarre e Salvatore Palamara), Roma 24.5.2014.

[3] D. Ienna, Quando antropologia fa rima con nostalgia (di futuro). Poeti e poesie. Rivista internazionale (diretta da Elio Pecora); n. 35, agosto 2015, pag. 21-33.

[4] Intestazione alla seconda edizione de 'Il Ponte di San Giacomo”; Palermo, Sellerio, 1996.

[5] Omnia vincit amor. Poetica dell'amore, 2017.

[6] LM Lombardi Satriani, “Congedo”; da “L'evasione dai giorni”,2015.

[7] Luigi M. Lombardi Satriani-Mariano Meligrana. Il ponte di s. Giacomo. Rizzoli, 1982.

[8] D. Ienna, I Viaggi di Repubblica; 3 dicembre 1998, pag. 74.

December 19, 2022

December 13, 2022

             Da Burde

Partecipare alla presentazione di una nuova realtà del mondo del Vino è sempre emozionante, entusiasmante, appassionante. E quando arrivano inviti di questo genere la risposta è sempre: arrivooooo!

È accaduto nell'ultimo giorno del mese di novembre. La location una Trattoria fiorentina che da sempre sa di vino : da Burde.

Gestita dalla famiglia Gori è oggi uno dei ritrovi dove riscoprire i piatti tipici come bistecca e trippa alla fiorentina, pappa al pomodoro, ribollita, antipasti toscani ecc…Ma non solo.

È un luogo straordinario della Firenze popolare e periferica dove dissipare il tempo di fronte ad un calice di buon vino consigliato da Andrea Gori, proprio lui uno dei sommelier più accreditati in Italia.

Un tradizionale luogo di ristoro per comuni avventori e/o clienti giornalieri, abituali in un luogo che definii Osteria culturale , quella del Tempo Perso dove ti dimentichi “che ora è”.

Quale luogo migliore per presentare una nuova realtà?

Nata dal sogno di 4 amici con “l'idea di dare voce alle piccole aziende familiari di eccellenza, portando alla luce tesori nascosti”.

Così la presentazione da parte di uno di loro: Luca Tommasini , fondatore e direttore commerciale di Winescom. Aiutato nella presentazione da   Livio Volteggiani che ricopre il ruolo di responsabile alle vendite.

Il catalogo, in rapida crescita, è già ricco sia di aziende italiane che internazionali”.

E sono state proprio quest'ultime ad essere presentate per la prima volta in questa occasione. Etichette provenienti da una Francia semi-sconosciuta (anche se le regioni sono quelle maggiormente vocate come Champagne ed Alsazia), da una Germania identificata con la

            Champagne

Mosella, da una Slovenia a rappresentare la moda corrente dei vini “macerati” e dal Portogallo con una zona conosciuta da pochi come Batoréu.

Una campionatura di cinque aziende che hanno risposto in pieno alle aspettative dei presenti:

- Champagne Sanchez da Vertus, Côte de Blancs che ha presentato un Tradition e l'Absolut;

         Alcuni vini presentati

- Mickael Moltes da Pfaffenheim, Alsace che ha presentato un Riesling e un Pinot Gris;

         Vino portoghese

- Weingut Werner da Leiwen-Mosella che ha presentato un Riesling 2020 e uno del 2018 da vigneti diversi;

- Vina Jure Š tekar da Kojsko-Slovenia che ha presentato un Tocai e una Rebula macerati;

- Agro-Batoréu da Aveiras de Cima Portugal che ha presentato un Arinto e un Red Blend di vitigni Touriga Francia e National.

Un'esperienza di viaggio enoico in dieci calici, sulla scia di vini vere e proprie chicche enoiche, che è andato oltre alla semplice degustazione in un contesto amichevole dove si sono incrociate storie sempre da raccontare.

Nei sorsi di vino, nei suoi colori, nei profumi intensi sprigionati, ho colto un mondo fatto di tradizione, attento studio, rispetto per la terra, fatica e soddisfazione.

Se aggiungiamo l'intrigante scoperta di valori culturali fondanti così come ricordati da Luca e Livio, il cerchio dell'emozione, entusiasmo e passione si è chiuso. Chapeau!

 

Urano Cupisti

 

 

 

 

 

December 02, 2022

«L'Occidente ha la mania dei distinguo», diceva il pianista canadese Glenn Gould, primo artista nordamericano a esibirsi oltre la cortina di ferro; così, nel quadro della sbandierata antinomia tra democrazie e autocrazie, divenuta, dopo l'implosione dell'Unione sovietica, uno degli slogan della globalizzazione neoliberista trionfante, si sono accumulate contraddizioni che si trovano modo di affiorare, a tratti, nelle maglie del riassetto geopolitico in corso

 

Calcio(e)mercato

Mentre le polemiche sull'assegnazione al Qatar del ruolo di paese ospitante dell'edizione 2022 dei campionati mondiali di calcio, una volta iniziata la competizione, si sono concentrate per lo più sulla questione dei diritti della comunità LGBTQ, poco o nulla attivisti e governi del blocco occidentale   hanno obiettato sulla scelta di Doha come uno dei principali fornitori di gas alternativi alla demonizzata Russia, o sulla sua designazione, da parte del presidente statunitense Joe Biden, come uno dei maggiori alleati di Washington al di fuori dell'Organizzazione del trattato dell' Atlantico Nord (OTAN/NATO). Analogamente, da un lato, i calciatori della nazionale tedesca, in occasione della prima partita del mondiale, si sono fatti fotografare con una mano sulla bocca, esprimendo il loro sdegno per la decisione della Federazione internazionale di calcio dell'Association (FIFA) di impedire agli sportivi in ​​campo di indossare simboli della difesa dei diritti LGBTQ; dall'altro, il 29 novembre, la direzione della Qatar Energy ha annunciato di aver stipulato un accordo con Berlino per l'esportazione di due milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (gnl) ogni anno, a partire dal 2026. Inoltre, il Qatar , uno dei primi paesi al mondo per reddito pro capite e che possiede il più grande giacimento di gas della Terra (il North Field, nel Golfo persico), dai primi anni Duemila ha continuato ad accrescere il proprio potere economico-finanziario in Europa, Germania in primis , senza neanche il bisogno di ricorrere al cosiddetto sportwashing . Ci ha pensato, infatti, il fondo sovrano Qatar Investment Authority , istituito nel 2005 dall'allora emiro Hamad ben Khalifa Al Thani, che, investendo somme di denaro stratosferiche tra Stati uniti ed Europa (si veda, per l'Europa, l'inchiesta Il miraggio dello sceicco , realizzato da Report ). Simili contraddizioni, dunque, hanno dato spunto al presidente della FIFA Gianni Infantino, che nella conferenza di apertura del mondiale a Doha ha aspramente criticato l'ipocrisia e il doppio standard dell'Occidente , ricordando non solo le dure condizioni dei lavoratori stranieri nel vecchio continente (con un riferimento ai suoi ricordi di infanzia, da figlio di migranti italiani in Svizzera), ma anche i disastri causati dalle potenze coloniali «negli ultimi 3500 anni» , per i quali «noi europei dovremmo chiedere perdono per i prossimi 3500 anni, invece di impartire lezioni morali» .

 

Divisioni Europee

Quanto ai diritti dei lavoratori, benché nelle democrazie neoliberiste euroatlantiche non sia formalmente in vigore un istituto simile alla kafala qatariota, non sono mancati studiosi che, come Marco D'Eramo (si leggano, ad esempio, Il maiale e il grattacielo e il più recente Dominio ), hanno evidenziato il tragico impatto sociale e antropologico del tritacarne iperproduttivista del famigerato mercato del lavoro. D'altronde, se, come ha riportato il quotidiano britannico The Guardian , in Qatar sono morti 6500 lavoratori migranti in dieci anni, tra il 2010 e il 2020, secondo il rapporto annualedell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (Inail), nel solo 2021 in Italia le morti accertate sul lavoro sono state 685. Inoltre, prendendo sempre ad esempio l'Italia, numerosi sono state le inchieste diffuse dai media sulle condizioni di sfruttamento dei migranti (come nei casi accertati di caporalato nelle aziende agricole che servono la grande distribuzione organizzata) e sui fenomeni di tratta in cui incappano nel tentativo di sfuggire alle guerre e alla miseria che affliggono i paesi di origine. Per questo, Infantino, nella conferenza stampa sopra citata, ha invitato il vecchio continente , nel caso in cui tenga davvero alle condizioni dei migranti lavoratori, a « creare canali legali con cui possono andare a lavorare in Europa, come ha fatto il Qatar» (sì!). Peraltro, nella gestione dei flussi migratori il doppio standard europeo è stato velatamente messo in luce dal presidente della Commissione delle Nazioni Unite per la Siria Paulo Pinheiro, che, in un'intervista al canale Euronews , ha richiamato l'attenzione sulla disparità di trattamento ricevuto dai rifugiati ucraini e da quelli siriani (cui si potrebbero aggiungere i profughi dall'Afghanistan, dal resto del Medio Oriente e dal continente africano). Differenza che si è riproposta in occasione delle ultime schermaglie franco-italiane esplose in merito all'approdo della nave Ocean Viking , dell'organizzazione non governativa Sos Méditerranée, ma che potrebbero celare dissidi geostrategici più profondi, a partire dalle posizioni di Roma e Parigi sullo scacchiere libico, che coinvolge, oltre alla Russia, anche la Turchia, potenza regionale dalle aspirazioni (o dalle velleità) imperiali crescenti.

 

I dilemmi della globalizzazione

Nondimeno, anche Infantino sembra sfuggire al doppio standard euroatlantico, visto che, pur difendendo il Qatar come ospite dell'edizione 2022 dei mondiali di calcio, ha escluso la Russia dalle qualificazioni alla medesima competizione, cui ha preso parte, di contro, l'Arabia Saudita, spesso bersaglio di critiche su questioni sensibili, come la sua partecipazione in prima linea al conflitto in Yemen o l'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi. Dunque, due pesi geopolitici, due misure: una logica che espone all'etichetta di dittatore o invasore capi di Stato e di governo non (più) disposti a servire la superpotenza statunitense ei suoi satelliti europei, che sulla nozione di democraziaappaiono sovente più severi con gli altri che con se stessi. Con conseguenze che, talvolta, rasentano il ridicolo, come nel caso dell'accordo di adesione dell'Italia alle nuove vie della seta cinesi ( Belt and Road Initiative – BRI ), fortemente osteggiato dagli Usa, che, opponendosi agli investimenti di Pechino nel porto di Trieste, hanno, di fatto, aperto la strada a un'iniziativa analoga nel porto di Amburgo (si veda, in proposito, la puntata di Presa Direttadel 14 marzo scorso). A proposito delle relazioni tra sino-europee, inoltre, il presidente francese Emmanuel Macron, nella sua ultima visita a Washington, ha esortato gli Usa a non utilizzare l'Europa nella loro rivalità con Pechino. Un atteggiamento pragmatico ed equidistante, che, tuttavia, nessun paese europeo (e neppure i rappresentanti di Bruxelles) ha consigliato in merito alla rivalità tra Washington e Mosca e che ha permesso alla Turchia del presidente Recep Tayyip Erdoğan di acquisire peso geopolitico presentandosi come mediatore, anche in virtù del controllo esercitato sugli stretti strategici che conducono al Mar nero. In altri termini, l'Europa, appiattendosi sugli interessi statunitensi fino ad escludere dalla propria sfera geostrategica due paesi, Russia e Turchia, che storicamente ne hanno sempre fatto parte, ha mancato un'ulteriore occasione di costituirsi come entità geopolitica autonoma, dopo quella clamorosa dell'inizio degli anni '90 del secolo scorso. Una scelta le cui conseguenze rischiano di andare oltre la distruzione dell'Ucraina o le crisi alimentare ed energetica globale.

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