L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Ascoltare e leggere le notizie del Rapporto Italiani nel mondo 2018 è un po’ come guardarsi dal di fuori.
Dal di fuori nel senso dello spazio perché si parla di italiani all’estero. È un guardarsi con i loro occhi. Sono 5,1 milioni gli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) nel 2018.
Si trovano soprattutto in Europa e in Centro e Sud America. In particolare in ordine di grandezza sono in Argentina, Germania, Svizzera, Brasile, Francia.
Ma è un guardarsi dal di fuori anche nel senso del tempo, in un confronto col passato. Sono ancora soprattutto i meridionali ad emigrare, il 49,5%, seguito dal 34,9% dei settentrionali e solo il 15,6% degli italiani del Centro.
Un 48,1% di donne contro il 51,9 di uomini. Il 55,3% è single, il 37,0% sposato, il 2,5% divorziato o vedovo.
Forse il dato che più che un’idea, sembra voler dare un vero e proprio giudizio su ciò che siamo, come viviamo e dove andiamo, è quello delle classi di età. Il 15,0% ha meno di 18 anni, il 22,2% ha tra i 18 e i 34 anni, il 23,4% ha tra i 35 e i 49 anni, il 19,1% ha tra i 50 e i 64 anni, il 20,3% ha più di 65 anni. Se è più comprensibile che siano i giovani i più disposti ad emigrare per costruirsi un futuro con prospettive migliori, con una volontà e un entusiasmo ancora freschi, è quel 40,0% circa, che ha tra i 50 e oltre 65 anni, che spiazza.
Allora si cerca conforto nelle motivazioni e soprattutto quelle delle fasce d’età più sconcertanti. Gli over 50 sono soprattutto disoccupati e con alta e diffusa precarietà. Nelle fasce alte di età un’altra motivazione è il ricongiungimento con figli e nipoti all’estero. Questa volontà/necessità di ricostruzione/ricostituzione della famiglia è testimoniata anche dal successo del ristorante di cucina italiana a Londra, La mia mamma. Sono le mamme dei figli migranti che li vanno a trovare, si fermano per tre mesi e fanno da chef al ristorante con pari alternanza di menù a seconda delle regioni d’origine.
Sono definiti migranti di rimbalzo coloro che rientrati in Italia alla fine dell’attività lavorativa, la lasciano nuovamente perché rimasti vedovi e/o per ricongiungersi con i figli rimasti all’estero.
Infine i migranti previdenziali, cioè coloro che, pensionati, si trasferiscono all’estero dove la vita ha un minor costo, ma offre anche una qualità più alta, soprattutto a livello sanitario. Le mete più richieste sono Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania.
Se lo sguardo sembra non essere dei più ottimisti e benevoli, tanto più se si considerano le difficoltà, cioè che non sempre la migrazione va a buon fine, è proprio guardando alle fasce di età, che si può tirare qualche considerazione positiva.
L’età avanzata dei migranti testimonia l’allungamento della vita, ma anche una più longeva mentalità positiva che continua a guardare e a cercare il meglio, anche se altrove.
L’informazione è un bene comune, soprattutto quando è precisa, documentata e comprensibile a tutti. Sono queste le caratteristiche fondamentali dei lavori editoriali del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS). L’ultimo dossier – relativo ai dati del 2017 – riguarda “la crescita del potere delle multinazionali”. Non è una novità assoluta, poiché si tratta dell’ottava edizione. Ma è proprio la costanza del periodico aggiornamento dei dati, che consente un confronto con la situazione di 10 e di 20 anni fa. In questo modo è possibile cogliere i cambiamenti in atto a livello globale e l’evoluzione delle multinazionali nei diversi settori.
Gli autori del dossier (scaricabile con tutti i materiali allegati qui), coordinati da Francesco Gesualdi, utilizzano molti numeri e poche parole: ogni analisi o commento fa sempre riferimento a dati e a percentuali. Le cifre messe in fila e in risalto sono la vera traccia da seguire per il lettore attento, che vuole capire come funziona l’economia mondiale globalizzata.
Il primo elemento che colpisce è l’evoluzione dal 1996 al 2017 del numero di dipendenti, del fatturato e dell’utile delle 200 più rilevanti multinazionali. Gli addetti sono raddoppiati: da 18 milioni nel 1996 sono diventati 41 milioni nel 2017. I ricavi annui sono triplicati: da 6.900 a 19.600 miliardi di dollari. I profitti annui sono quadruplicati: da 254 a 1.189 miliardi di dollari. Prima il guadagno, poi la produzione e infine il lavoro: questo è il risultato effettivo del sistema capitalistico che le multinazionali rappresentano più di ogni altro soggetto economico.
La società con il profitto più consistente è Apple (11° posto in classifica assoluta), che ha prodotto un utile di oltre 48 miliardi di dollari con un fatturato di 229 miliardi. Ma tra le prime 50 multinazionali è Industrial & Commercial Bank of China ad ottenere la miglior percentuale (28%) nel rapporto tra profitti (42 miliardi) e ricavi (153 miliardi).
Ogni multinazionale ha una sede capofila, un perno centrale da cui dipendono le filiali sparse per il mondo. Tra le prime 200 ne possiamo trovare 60 negli USA, 42 in Cina e 21 in Giappone. In Europa: 13 in Francia, 12 in Germania e 8 nel Regno Unito. L’Italia è al 12 posto della classifica con 3 multinazionali: Assicurazioni Generali, Enel e Eni (rispettivamente al 59°, 83° e 89° posto). Questi tre colossi italiani dell’economia complessivamente danno occupazione a 167mila persone, fatturano 265 miliardi all’anno con un utile di oltre 10 miliardi di dollari.
Suddividendo le multinazionali per categorie di attività, si scopre che nel settore delle costruzioni ci sono 6 società nelle prime 200: tutte con sede in Cina. Nel commercio e nei trasporti 11 tra le prime 12 sono negli USA. Il settore in cui le multinazionali producono maggiori ricavi è quello finanziario: 4.129 miliardi, circa un quarto del totale. A seguire il commercio e trasporti (3.648 miliardi) e al terzo posto le società del petrolio e gas (3.036 miliardi). Pertanto oltre la metà del fatturato delle multinazionali è in questi tre ambiti.
Al primo posto assoluto troviamo la Wal-Mart Stores, che da sola incassa oltre 500 miliardi di dollari, che corrispondono agli introiti pubblici dell’intera Spagna. È impressionante constatare che la Toyota Motor incassa di più dello stato della Turchia e la Volkswagen più del Belgio. La tabella che mette a confronto le entrate pubbliche degli stati con i ricavi privati delle multinazionali mostra con evidenza di quanto potere dispongano oggi queste ultime.
Il dossier presenta anche due importanti approfondimenti: sulla Cina e sulle multinazionali che vendono armamenti. Se prendiamo le prime 10 imprese coinvolte nell’industria bellica, possiamo rilevare che 6 sono cinesi e 3 americane. E per concludere c’è un focus sulle multinazionali dell’economia digitale. Tra le prime 20, ben 17 hanno la sede legale in un paradiso fiscale (Delaware o Isole Cayman). La globalizzazione va bene per le vendite, mentre per i pagamenti è utile rifugiarsi in qualche angolo del mondo: contraddizioni di un capitalismo ipocrita, che i dossier del Centro Nuovo Modello di Sviluppo mettono a nudo.
Per gentile concessione dell'agenzia di stampa Pressenza
Campagna pubblicitaria di Poste Italiane sui giornali, per evitare che si indaghi sui lati oscuri della società.
Dunque, da un po di tempo Poste Italiane sta effettuando una campagna pubblicitaria a tappeto sui prodotti finanziari, a partire dai finanziamenti da concedere ( prestiti e mutui), che però effettua attraverso alcune banche di supporto logistico, perché Poste non è una banca e non potrebbe concedere direttamente prestiti. Ma, aggirando l'ostacolo si prende belle commissioni dalle banche. Ed i finanziamenti, naturalmente, dovrebbero risultare più onerosi.
Ma la storia non finisce qui.
Poste Spa, infatti, sta anche sponsorizzando buoni e libretti di risparmio, che secondo la società dovrebbero crescere nel tempo, non spiegandone, però, le motivazioni. Pubblicità ingannevole?
All'Antitrust il giudizio.
Così, per saperne di più occorre recarsi in un ufficio postale.
Apriti cielo. Ha inizio il percorso ad ostacoli del burocratese.
Facciamo un esempio chiarificatore. Ci si reca all'ufficio postale di Roma centro, Via Virgilio, nel cuore di Prati. Il numeretto per accedere nella stanza dedicata ai servizi finanziari non c'é. Si chiede ad un impiegato. Mettersi in fila. Ma quale fila, dal momento che tanta gente è seduta?
Così , quando si apre la porta, si chiede se si può essere ricevuti, ma la risposta è che occorre prenotarsi. Ma dove sta scritto? Da nessuna parte. Come? Non viene detto.
Si chiede se l'ufficio è anche preposto al rilascio della Postepay. No. C'é lo sportello di riferimento. Quale? Sezione prelievi e versamenti.
Bene, si prende il numeretto, ma davanti ci sono 12 persone. Meglio fare una bella passeggiata di almeno un ora.
Si torna, e finalmente scatta il numero magico, ma...
Per ottenere la carta Postepay è come essere di fronte alla Gestapo. Trenta minuti per il rilascio della tessera, nove firme a singhiozzo, 10 euro per il contratto e 5 per l'apertura della pratica.
Poi, entro un anno occorrerà effettuare un versamento di 10 euro, per i tre anni successivi, e prima della scadenza occorrerà telefonare al call center per richiedere a casa la nuova carta, oppure sarà necessario recarsi all'ufficio postale. Si chiede, qual'è il massimale di una possibile ricarica? Nessuna risposta. E' scritto tutto sul documento che rilasciamo. Amen.Quindi, si chiede ancora: “ Ma il denaro versato sulla Postepay è sequestrabile da Equitalia?”. “ Certo che si, questa è una banca”.
Demenza totale. Poste Italiane non è una banca. E allora? L'ignoranza regna sovrana, alla faccia degli inserti pubblicitari del nulla.
E siamo A Roma centro. Figuriamoci cosa può accadere nelle piccole città o paesini.
E dulcis in fundo. In Italia sparisce sempre più posta, mentre spuntano anche portalettere “abusivi”. Ma di ciò nelle pubblicità non vi è traccia.
Nel 2017 multe record da parte del Garante delle Comunicazioni per 900 mila euro per mancata consegna di lettere, bollette, comunicazioni bancarie, ecc.
Ecco perché tanta pubblicità. Silenzio totale sulla stampa, eccettuata qualche oasi nel deserto.
Elettricità: occhio alle finte società che intendono carpire solo vostre informazioni: ecco perché.
Dunque, se si è cambiata utenza, in fretta, perché l'ente erogatore di energia elettrica e gas, ha richiesto un maxi conguaglio, inviato dopo un anno ( e se non si paga entro 15 giorni staccano l'elettricità) immotivato, in quanto i contatori sono online, accade che si è costretti a pagare, a meno che non si cambi velocemente il gestore , e sempre che non si abbiano i pagamenti effettuati tramite banca.
Per cui il vecchio gestore cercherà in tutti i modi di provare a recuperare il credito, di cui però non ha diritto.
Ma perché la richiesta di un conguaglio non dovuto? Perché il gestore, all'inizio invia bollette accattivanti, per far si che il nuovo cliente non scappi subito, ben sapendo che le bollette sono presunte e non reali, perché non sono stati letti i consumi online. Cosa c'è dietro? Vediamo:
facciamo un esempio concreto: l'Acea, a Roma, su circa 3 milioni di utenze ne controlla online solo 1,5 milioni, cioè la metà, perché i calcolatori della società non sono sufficienti a sopportare tutto il carico dei dati. E così accade che , dopo un anno, quando si va a leggere il contatore in casa dell'utente, arriva la batosta del conguaglio.
La prima cosa da fare , quando giunge la richiesta, cambiare subito società di gestione, entro 15 giorni, in modo tale che l''elettricità non potrà essere più staccata. Poi , inviare lettera raccomandata, in cui si spiega che non si pagherà un bel nulla, in quanto il contatore è gestito online, e quindi la colpa del conguaglio è solo da attribuire all'ente erogante.
Ma capita anche che alcuni enti di elettricità, per non dover emettere, poi, conguagli, si premuniscano, facendo pagare bollette più salate, da subito.
Infatti molte società di gestione dell'elettricità, sono agganciate all'ultimo chilometro con società terze , come per esempio Acea su Roma, che non invia le reali letture mensili dei consumi. Così accade, che alla fine sarà la società a pagare il conguaglio all'utente.
Solo, che, però, si aggiunge un'altra losca manovra, perché sul conguaglio dovuto all'utente, si rimborsa solo la parte del consumo di elettricità, che incide per un terzo sul valore della bolletta.
E dato che la normativa approvata dal governo Renzi ( ma guarda caso),prevede che la richiesta di conguaglio inevasa possa essere richiesta alla nuova società dell'utente, pena il distacco dell'energia elettrica,ecco giungere fantomatiche telefonate da parte di società demoscopiche, con l'intento di capire quale sia il nuovo gestore dell'utente.
Dunque, se vi dovesse capitare, attaccare subito il telefono , senza dare alcun ragguaglio. Dietro le richieste di dati ci sono avvocati cacciatori di teste, per il recupero dei conguagli inevasi.
Insomma, un losco labirinto in cui sarebbe il caso che sia l'Antitrust che le associazioni dei consumatori mettessero il naso.
Un video di qualche tempo fa che vi aiuterà a capire chi è Paolo Savona e perché sul suo nome si sta scatenando un braccio di ferro tra il Presidente della Repubblica (e le istituzioni internazionali di cui Mattarella si fa portavoce) e l'asse M5S Lega.
Il governo Gentiloni regala alla Francia tratti di mare delle coste di Liguria,toscana e Sardegna con il recente accordo di Caen in seguito ad una precedente trattativa con lo stesso Gentiloni all'epoca ministro degli esteri del “meraviglioso” governo Renzi.
Con questo regalo, non ratificato dal nostro parlamento, la Francia ha già modificato le acque territoriali della Corsica da 12 a 40 miglia mentre nella parte Nord occidentale della Sardegna addirittura fino a 200 miglia.
Alcuni pescherecci italiani sono già stati fermati dalla guardia costiera francese.
Il tratto di mare interessato è tra i più pescosi d’ Italia.
Sardi e liguri sono furiosi ed anche noi dobbiamo esserlo, anche per un altro motivo.
Infatti in questo spazio regalato alla Francia c'è una mega riserva di gas da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 miliardi di barili di petrolio.
Non è dato sapere cosa abbiamo avuto in cambio dal nostro "amico"Macron.
I francesi,non essendo stato ratificato l'accordo dal parlamento italiano hanno proceduto all’ occupazione tramite un decreto europeo.
L’Italia ha tempo fino al 29 marzo per fare ricorso tramite il nostro governo.
Praticamente abbiamo subito una onta che, a nostro avviso, è da considerarsi alto tradimento da parte del governo e di quelle istituzioni che dovrebbero tutelare l'integrita' territoriale.
Nuove norme e sanzioni per chi guida con il cellulare
Nel mese di Maggio verranno attivati, a Roma, in modo sporadico, i "rilevatori tutor" in tangenziale in entrambe le direzioni. Funzionano in due modi, o come tutor o come e veri propri velox istantanei. Entreranno in via definitiva dal mese di Luglio.
Chi passerà nella corsia d'emergenza, verrà comunque fotografato.
Dunque, fare attenzione.
A partire da martedì 27 Marzo entrerà in vigore il nuovo codice della strada.
Chiunque verrà sorpreso alla guida del veicolo, anche se è fermo ai semafori o agli stop, con il cellulare o altri apparecchi similari
la sanzione è la seguente: ritiro immediato della patente e una multa da 180 euro fino a 680. Quindi stare molto attenti, organizzarsi con il viva voce e se si indossano gli auricolari ricordarsi che un orecchio deve restare libero.
Il fatto di avere il telefono in mano e parlare attraverso il vivavoce dello stesso, comporta ugualmente la sanzione. A cui andra' aggiunta quella per guida con una sola mano da €161 e 5 punti in meno sulla patente di guida.
Un'inchiesta dell’associazione consumatori, su 50 punti vendita, rileva che tutti gli operatori tendono a non comunicare i costi reali delle offerte agli utenti. Troppi servizi aggiuntivi, già attivati sulla sim al omento della sottoscrizione del contratto. Altroconsumo denuncia gli operatori Tim, Wind 3, Vodafone all’Agcom e all’Antitrust.
Gli operatori mobili tendono a nascondere il costo reale delle offerte telefoniche agli utenti. Non comunicano loro, infatti, al momento della sottoscrizione, i costi di alcuni servizi pre-attivati nelle sim: per a segreteria telefonica, il “ti ho cercato”; i costi di attivazione, quelli per rinnovare il proprio piano tariffario, il canone mensile per l'antivirus e tanti altri.
È quanto risulta da una inchiesta di Altroconsumo in 50 punti vendita in 5 città - Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli, da cui l’associazione dei consumatori ha sporto denuncia ad Agcom e Antitrust contro i quattro principali operatori. “Emerge la scarsa trasparenza di tutti gli operatori, Tim, Wind 3, Fastweb, Vodafone. Anche se alcuni nascondono più costi di altri”, dice a Repubblica.it Ivo Tarantino, responsabile relazioni esterne dell’associazione consumatori.
“L’utente attiva una offerta e non viene informato dei costi totali, che scopre solo dopo aver visto la bolletta. Dovrebbe invece saperli subito, per poter eventualmente disabilitare quelli che non gli servono”. E’ il caso certo della segreteria telefonia, resa obsoleta da Whatsapp. “Ne risultano aggravi i costo di alcuni euro al mese, almeno”.
L'INCHIESTA
Per ciascun gestore, Altroconsumo ha visitato dieci punti vendita, due in ogni città dell'inchiesta (per Wind 3 sono sia i punti Wind sia quelli 3). Un rappresentante dell’associazione ha fatto finta di voler cambiare operatore. Il profilo di offerta preso in considerazione: 500 minuti di chiamate, pochissimi sms (meno di cinque al mese, per il resto Whatsapp) e un giga per navigare.Nemmeno un addetto alle vendite su due (48%) ha voluto sapere il profilo, né ha chiesto quale fosse la tariffa in uso. “Il 32% delle offerte consigliate conteneva minuti illimitati, cosa assolutamente inutile per il profilo e che avrebbe fatto lievitare il costo fisso mensile fino a 15 euro. Anche per quanto riguarda internet si punta in alto: il 36%
ha proposto tariffe con più di 10 giga mensili”, spiega l’associazione.
“Nei punti vendita ci sono stati pochi sforzi per adeguare la proposta alle esigenze del cliente, tanti per occultare i costi dei servizi attivati preventivamente sulle sim, lasciando l'utente alla propria esperienza e al proprio credito residuo. Sono i costi extra soglia, quelli su cui gli addetti preferiscono glissare più frequentemente. I negozi che non li menzionano, neanche quando si fa riferimento a possibili spese aggiuntive, sono quasi tutti: 48 su 50”.
IL DETTAGLIO DEI COSTI
“Anche se tutti nascondono costi, ci sono alcuni che hanno meno voci nascoste”, dice Tarantino. “Dalla nostra inchiesta risulta che Fastweb è quello con meno costi nascosti”. Risulta che il 10 per cento ei negozi ha taciuto del costo di attivazione (5 euro), mentre tutti non hanno detto all’utente dei costi extrasoglia. Questi per altro sono puntualmente taciuti da quasi tutti i negozi di tutti gli operatori (il 100 per cento per Wind 3, l’80 per cento per Vodafone, il 90 per cento per Tim). Nel caso di Wind, tutti i negozi hanno detto del costo di attivazione (3 euro), ma tutti hanno nascosto anche il costo del piano tariffario (50 cent a settimana) e del recesso anticipato (16 euro), mentre il 70 e l’80 per cento di loro (rispettivamente) ha taciuto il costo dell’sms “chiamami” (19 cent a settimana) e della segreteria telefonica (12 cent al minuto). Per 3 Italia l’80 per cento ha nascosto il costo della segreteria (20 cent a chiamata), il 70 per cento quello del costo dell’sms “ti ho cercato” (1,50 euro al mese di utilizzo effettivo), il 50 per cento il costo di recesso anticipato (46 euro) e il 10 per cento il costo di attivazione (3 euro).
Nel caso di Tim, tutti i negozi hanno detto di quest’ultimo (5 euro), mentre la metà ha nascosto il costo di base Prime GO (49 cent a settimana, anche questo disattivabile). L’80 e il 90 per cento ha nascosto rispettivamente i costi del Lo sai e chiama ora (1,90 euro al mese) della segreteria telefonica (1,50 euro a chiamata). Per Vodafone: tutti hanno nascosto il costo del recesso anticipato (26-45 euro), del controllo del credito (19 cent al minuto con 20 cent di scatto alla risposta), il 90 per cento quello della segreteria (1,50 euro al giorno di effettivo utilizzo). L’80 per cento il costo di “chiamami” (12 cent al giorno di utilizzo) e dell’extrasoglia. Il 70 per cento il costo dell’antivirus (1 euro al mese) e dell’opzione per il piano tariffario (49 cent a settimana). Meglio va per quello di attivazione (5 euro), celato solo dal 10 per cento dei negozi.
L’inchiesta di Altroconsumo rivela ancora una volta – come per il caso del passaggio alle tariffe a 28 giorni – che gli operatori stanno cercando modi indiretti e poco visibili per aumentare il costo delle tariffe. E così recuperare ricavi dopo la stagione di grossi sconti, che hanno portato i canoni italiani a livelli tra i più bassi in Europa. Cioè, molto bassi almeno per gli utenti esperti che sanno di dover disattivare i servizi nascosti.
Immobiliare Bankitalia. Fatta la legge trovato l’inganno. Ecco come.
Una normativa della BCE stabilisce che le banche centrali europee non possano più possedere beni immobili, esclusi quelli usati per i loro uffici.
Così, alla chetichella, Bankitalia nel 2014 ha ceduto i suoi immobili, in prevalenza nel centro-sud, di cui 187 di pregio solo a Roma,alla Sidief Spa, interamente partecipata, che ha nel suo “ventre” 9.000 immobili.
Però gli alloggi trasferiti alla Sidief dovranno seguire, guarda caso, le modalità disciplinate da uno specifico regolamento di Bankitalia.
Ne deriva che gli immobili possono essere assegnati esclusivamente al personale in servizio o in quiescenza, e solo a seguito di una gara, gestita, naturalmente, da Bankitalia, con criteri e garanzie proprie del procedimento amministrativo, ai sensi della legge L.241/90 e successive modifiche ed integrazioni.
Alla gara è riservata la partecipazione ai dipendenti e pensionati che non siano proprietari di unità immobiliari ad uso abitativo ubicate nel comune nel quale si trovano gli alloggi offerti o nei comuni confinanti.
Nella definizione dei canoni di locazione da applicare, la banca centrale ha assunto quale criterio economico oggettivo quello definito negli accordi territoriali conclusi, a livello locale, dalle organizzazioni sindacali rappresentative dei proprietari degli inquilini.
Peccato, però, che i patti territoriali siano applicati al livello minimo su palazzi di pregio, nelle zone più belle di Roma, ed in altre città, mentre le tabelle pubblicate si riferiscono solo a quegli immobili affittati a terzi e non a quelli “ scontati” per i dipendenti.
Nel 2004-2005 Bankitalia ha aumentato i canoni, che erano a livello ridicolo, e poi ha iniziato, e solo per i terzi, ad applicare un canone più vicino al mercato.
Così i Vip della banca pagano un affitto pari a circa la metà del valore di mercato e tra i terzi sono stati considerati anche i loro figli.
Le pratiche di sfratto per chi non si fosse adeguato ai nuovi canoni sono iniziate a scoppio ritardato, dopo un decennio. Conclusione: nessuno se ne è andato, e tutti hanno continuato a pagare il dovuto precedente, cioè secondo il vecchio canone di affitto mentre la Sidief ogni 6 mesi invia una nuova richiesta, con tanto di missiva, per non perdere il diritto, e nulla cambia.
Tassi bancari alla “sbarra”e novità sui crediti insoluti ed altro. La storia degli ultimi anni è lastricata dai tassi usurai, cioè dagli interessi illegittimi applicati da numerosissime banche e finanziarie che hanno superato la soglia consentita da Bankitalia, e quindi divenuti usurai.
Tantissime le sentenze contro l’illegittimo comportamento del credito.
L’ultima della serie è la condanna di Unicredit, Intesa S. Paolo e Bnl, per 11milioni di euro sancita dall’Antitrust per l’addebito sugli interessi debitori raccolti in modo illegittimo.
Dall’istruttoria dell’Antitrust emerge che le tre banche hanno adottato condotte aggressive, in violazione del codice del Consumo, aventi ad oggetto la pratica dell’anatocismo bancario ( calcolo degli interessi sugli interessi a debito nei confronti dei consumatori).
Il totale del mercato del credito illegale “ a strozzo”, durante la recessione , tra mafia e banche , ha raggiunto un giro di affari di 24 miliardi di euro, ed ha coinvolto circa 200mila imprenditori e professionisti del nostro Paese, un dato decisamente in aumento rispetto ai 20 miliardi stimati nel 2011, anche se, però, le denunce sono rimaste al palo.
Tra le svariate anomalie del sistema bancario e finanziario c’è da segnalare anche la stranezza del forte divario esistente tra i tassi sui mutui ( con garanzia ipotecaria) e quelli agganciati al quinto della pensione, che superano abbondantemente il doppio, collocandosi vicino all’8% , oltre che con gli interessi stornati anticipatamente dalla cifra da erogare , il che non giustifica assolutamente il tutto, mentre Bankitalia rimane silente, come anche il mondo della politica.
E per fare un esempio concreto su questa tipologia di malefatte bancarie e delle finanziarie ( la maggior parte di emanazione bancaria) citiamo Bnl Finance , come esempio ( ma le altre sono sulla stessa linea), che propone un’offerta di credito, sostenendo che è “ particolarmente vantaggiosa”, con scadenza 31/1/2018, e dedicata ai pensionati, con un Taeg fisso all’8,11% ed il Tan fisso al 7,51%, durata 60 mesi ( 5 anni).
Dunque, per un prestito di 15mila euro il reale credito erogato sarà di 12.382,53 euro, in quanto la banca si trattiene anticipatamente tutti gli interessi.
In tal modo se il creditore dovesse estinguere anticipatamente il prestito, gli interessi già incamerati non verranno restituiti.
Tra l’altro è bene ricordare che lo scoperto di c/c , che prima poteva essere concesso fino a 3 volte l’ammontare della pensione o dello stipendio, è stato ridotto solo a due mensilità, e ciò proprio per spingere maggiormente verso richieste di finanziamento.
Un’altra novità dell’ultima ora riguarda i crediti deteriorati. Ora una normativa stabilisce che le cessioni di questi insoluti possa essere messa all’asta, in modo tale da poter consentire alle banche maggiori recuperi rispetto alle cessioni di pacchetti alle bad bank.
La base di partenza per le aste prevede uno sconto del 70% per i piccoli crediti e del 50/60% per i grandi crediti.
Inoltre, c’è da segnalare il non funzionamento dei prestiti vitalizi per gli anziani, che sono dei veri e propri fantasma, anche se varati con legge, ma approvati solo da Unicredit, Intesa S.Paolo e Mps. Questa tipologia di prestiti, di fatto, non viene applicata neanche dalle tre banche di cui sopra.
Dulcis in fundo. Ora banche e finanziarie potranno mettere all’asta i beni immobili ipotecati, in caso di non pagamento delle rate sui mutui erogati, senza più dover passare per una sentenza del giudice, grazie a Renzi e soci, che hanno favorito come non mai, nella storia italica, il sistema bancario e finanziario, piuttosto che occuparsi dei poveri e del lavoro vero, e non di quello a termine ed occasionale.
Per la Russia il 2017 si chiude con un'inflazione insolitamente bassa. Dopo diversi anni di recessione e una ripresa lenta, l'industria russa ha ripreso la produzione superando le attese. Se l'occidente ha esteso e prolungato le sanzioni contro Mosca, ciò non è stato un colpo mortale per l'economia russa, anzi ne è sortito un effetto contrario.
Per la prima volta nella storia della Russia, la deflazione ha superato l'inflazione per ben due volte. Ad agosto 2017 i beni e i servizi sono diminuiti dello 0,5% , a settembre, dello 0,1%. Ciò significa che le imprese, non riuscendo a vendere a determinati prezzi parte dei beni e servizi, cercano di collocare questi a prezzi inferiori.
In tutte le regioni della Russa l'inflazione e' scesa sotto il 4%, solo nella regione della Yakutia c'e' stato un -4,9%, la crescita dei prezzi più bassi e' stata registrata nella regione dI Penza, -1%.
I prezzi alimentari sono aumentati dell 0,2% e i prodotti non alimentari dello 0,9%, ciò significa che la struttura dell'inflazione e' cambiata in modo significativo e l'aumento dei prezzi non ha avuto un contraccolpo pesante per il 30% dei russi, anche se non si tratta della maggioranza della popolazione, ma e' sempre un segnale positivo.
Anche per l'industria il 2017 e' stato super, un vero record per i prodotti russi: l’incremento della produzione si e' moltiplicato per due; negli ultimi due anni l'industria era rimasta ferma, alla fine di questo anno la produzione industriale ha raggiunto l'1,2%, il doppio del 2016.
Il 28 giugno 2017 la UE ha rinnovato le sanzioni economiche che rimarranno in vigore fino al 31 gennaio 2018, mentre ad agosto 2107 il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un ''pacchetto'' di sanzioni che quasi sicuramente saranno operative ad inizio 2018.
Le sanzioni europee prevedono il divieto di ingresso di un certo numero di funzionari e imprenditori russi insieme a misure restrittive per progetti commerciali internazionali. Ciò vale anche per il settore bancario, viene negata la collaborazione con la Banca Commerciale Nazionale Russa e Tempbank. La parte ''comica'', si fa' per dire, e' che molti esponenti politici europei criticano questa decisione e molti si recano a Mosca per discutere di come toglierla. Questa storia delle sanzioni iniziarono a luglio del 2014 in risposta alla crisi Ucraina.
Stando alle dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin le sanzioni hanno colpito l'economia russa non tanto quanto il calo del prezzo del petrolio. La crescita dell'economia in Russia e' dovuto quindi al rialzo del prezzo dell'energia di cui la Russia ne è ricca e dei suoi vincoli esterni.
Per il 2018 Nikolai Kashcheev, direttore della ricerca e analisi di Promsvyazbank, ha spiegato che con alcune riforme l'economia e l'industria russa con tutta probabilità raggiungera' il 4-4,5% di crescita annuale entro il 2019. Sarà un buon obiettivo dopo questi anni all’insegna delle sanzioni e della recessione.
Un bell’evento per rimarcare ancora di più il filo diretto che lega l’interscambio commerciale tra Italia e Russia. Italyweek, la settimana dell’Italia, si è svolta a Mosca dal 5 dicembre al 12 dicembre nella sala interna del Manezh (maneggio degli Zar) a poche centinaia di metri dalle mura del Cremlino. Qui al Manezh, arte, moda, turismo, tecnologia, gastronomia e musica sono stati i pezzi forti esposti e presentati dal nostro paese ai moscoviti. Il turismo ha fatto la voce grossa della manifestazione, stand della Sardegna, Basilicata, Puglia, ed infine un workshop, hanno contribuito ancora di piu' all'affermazione del turismo russo in Italia. Del resto, il popolo russo ci ama e ci ammira e ciò si traduce anche in forti introiti economici, ogni anno migliaia e migliaia di russi frequentano le nostre spiagge e visitano le nostre città.
Anche per quanto riguarda la musica c'e' stata un'interessante presenza italiana, il professore di canto Alessandro Svab, ha presentato l'Accademia Lirica Santa Croce di Trieste, scuola internazionale di canto, portando con se' cantanti di eta' molto giovane, nell'intervista sul video sentiremo alcuni progetti della scuola portati e presentati in Russia. Anche per il pop, un grande successo con il cantante Thomas Grazioso, gia' conosciuto in altri concerti, ha cantato alcune delle sue canzoni e alcuni successi italiani famosi in Russia.
Gelati e pasticceria e' stata la parte gastronomica italiana, il gelato italiano e' molto amato dai turisti russi che si recano in Italia durante il periodo estivo, qui al Manezh era rappresentato da alcune ditte che lavorano in Russia, così pure Si sono affacciate ditte di cosmetica molto apprezzate dalle visitatrici dell'evento.
Il successo ottenuto in questa manifestazione e' dovuto anche alle solide radici europee e cristiane, ma soprattutto nei passati secoli i nostri artisti, scienziati, architetti e persino nostri militari hanno contribuito alla grandezza della Russia, basta fare una passeggiata per le strade del centro di San Pietroburgo o tra le mura del Kremlino a Mosca per rendersene conto.
Mentre di contro, ma positivamente, la storia della comunità russa in Italia affonda le proprie radici ben prima dei famosi eventi del 1917 con rapporti di reciproca stima e affetto. Non è un segreto, infatti, che l’Italia abbia sempre attirato i russi. Molti arrivarono per caso e si stabilirono a lungo, incapaci di lasciare l’ospitale Paese dell’arte e del buon clima. La figura di Gor'kij all'inizio del Novecento è molto popolare in Italia come scrittore di fama internazionale, tradotto in molte lingue; ma non è solo come scrittore che viene accolto, è un simbolo della lotta dell'intelligencija contro il potere zarista, è il rappresentante della coscienza rivoluzionaria russa, è un fuoriuscito politico. A Capri giunge accompagnato dalla sua compagna, la famosa attrice Marija Andreeva, e dal segretario Nikolaj Burenin il 2 novembre 1906 a bordo del piroscafo Mafalda e si stabilisce all'Hotel Quisisana.
Tatyana Andriyas, la bella e affascinante curatrice della mostra nell'intervista finale ha voluto ricordare che l'evento e' organizzato anche per incrementare l'interscambio commerciale e culturale tra i due paesi, noi la ringraziamo per l'ospitalita' e il lavoro svolto per la riuscita di questo evento e l'aspettiamo per il prossimo ITALY WEEK del 2018.
I furbetti delle società fornitrici di energia elettrica, Acea in testa. A Roma, Acea su due milioni ed 800 mila contatori online ne copre meno della metà , non funzionano , perché la società non riesce a decodificare tutti i dati che giungono a destinazione. Per cui, dopo, sono dolori perché giungono conguagli da horror, che non dovrebbero essere consentiti, proprio perché si hanno contatori online. Ed allora, per sopperire alla parte di non lettura online, Acea ha preso accordi con società terze, per la lettura, almeno annuale dei contatori non letti. Intanto, sia Acea, che le altre società fornitrici di energia intascano bei soldoni in più, basandosi sulle stime precedenti, ma rigorosamente aumentate, proprio per evitare conguagli sfavorevoli con l’utente. Chi interviene sulla questione? Magistratura, associazioni dei consumatori, Antitrust per l’energia? Ma neanche per sogno.
Come d’altronde accade anche per le chiamate telefoniche dai vari call center che propongono nuove offerte. Dunque, siamo nella terra di nessuno , dove ciascun utente deve cercare di arrangiarsi alla meglio. Ma su Acea c’è anche di peggio. La società, infatti, per la lettura dei contatori si affida a società terze, come Areti ed Easy Servizi , che però se le si chiamano non risponde nessuno. Ed è già un bel segnale di inefficienza totale. Accade infatti che venga lasciato un foglio prestampato in cui si indicano mese e data oltre che clienti da visitare per la lettura del contatore. Ma poi non viene nessuno, oltre che il foglio non reca il responsabile ne una firma. Per cui potrebbe anche essere un clone di chi si voglia. Poi, magari capita che il presunto addetto alla lettura venga il giorno dopo l’avviso. Tra l’altro il tecnico inviato dalle società terze di cui sopra percepisce un euro a lettura. Ora, ci si chiede, ma l’Acea a chi affida la lettura dei contatori ? A strozzini ?Oltre al fatto che non ci dovrebbe essere la lettura perché online. Ma il peggio non finisce mai. Suonano al citofono, ed un incaricato presunto della Areti dice che deve leggere il contatore. Si obietta che senza preavviso non si entra in casa. Il ragazzotto se ne va, con la coda tra le gambe. Si telefona all’Acea, dove dicono che senza preavviso non può entrare in casa nessuno. Si telefona alla Areti. Solo un disco ripetitivo fine a se stesso. Così non si può neanche controllare il nominativo dell’eventuale controllore. Dunque, siamo nella terra di nessuno, ed Acea fa finta di nulla.
Decolla l’utile Unicredit, ma a scapito della clientela. Infatti, l’amministratore delegato francese, Jean Pierre Mustier, ha portato a termine un aumento di capitale da 13 miliardi, ha ceduto alcuni asset non ritenuti necessari, mentre ha usato machete e bisturi per far ripartire la banca, e ciò a scapito soprattutto dei fedeli della banca. Ma non siamo in chiesa.
Dunque, nel terzo trimestre 2017 l’istituto di credito chiude con guadagni netti per 2,820 miliardi di euro, più che sestuplicati rispetto ai 447 milioni dello stesso periodo del 2016. Nei nove mesi di quest’anno l’utile netto è stato di 4,67 miliardi, contro l’1,16 mld dell’anno scorso. Il Cet 1 è atteso oltre il 13,5% a fine settembre di quest’anno. Poi, ci sono voci di corridoio che si rincorrono che vedrebbero Unicredit interessato alla Commerzbank, anche se c’è chi sostiene che la notizia sia una bufala. Ma le mozzarelle di bufala sono molto buone ed appetitose. Dunque, ci si chiede, a Mustier l’affare fa gola? Fatto è, comunque, che tra tagli di agenzie e ridimensionamento delle strutture, oltre che sforbiciate al personale, ed apertura degli sportelli cassa fino alle 13,30, a rimetterci è sicuramente il cliente, che ora si ritrova di fronte a code estenuanti agli sportelli. Poi c’è anche personale di cassa , che intanto l’orario lo deve rispettare, che non curante delle file attende i comodi di qualcuno che riempie moduli su moduli, senza averli compilati prima, e così uno sportello cassa rischia di rimanere bloccato per 45 minuti ed oltre, mentre la gente sbuffa, ma non protesta. E la clientela, come le pecore se ne sta silente nell’ovile, senza provare almeno a cambiare banca.
Poi c’è l’ufficio stampa, ben nutrito di personale, che è stato capace anche di trasmettere i dati del bilancio preventivo del terzo trimestre senza che il CdA li avesse approvati, ma non posiziona una riga su quali siano le reali sofferenze della banca, che secondo voci solitamente bene informate, si assesterebbero oltre i 60 miliardi. Così il Cda, in fretta e furia si è dovuto riunire la mattina del giorno dopo la diffusione della notizia del bilancio, per riparare i danni, ed approvare i dati. Ufficio stampa fantozziano? Una sforbiciata anche qui per diminuire i costi? Ma che vai a toccare i troppo spesso imbucati dai vertici precedenti della banca? Meglio prendersela con la clientela, sempre più disorientata e frastornata. Inoltre, non si sa quante siano le cause in atto per i tassi usurai applicati, e quale sia l’eventuale importo globale.
La realtà è che alla guida di Unicredit c’è un francese, messo lì, non a caso, da coloro che possiedono pacchetti sostanziosi di titoli, e che messi insieme controllano la banca, stranieri, che se ne fregano dei tagli del personale, di chiusura di agenzie ed altro. L’importante è che il titolo cresca di valore e che, altresì, l’utile cresca, mentre “ i bamboccioni italici” restano nel recinto.
Conclusione. Non è tutto oro ciò che luccica. A volte il troppo bagliore acceca. Infatti, se da una parte l’utile cresce, questo si trova a cozzare con una montagna di sofferenze, per cui una buona fetta del profitto rischia di essere stornata ad ammortamento. Per cui si potrebbe presupporre che l’utile da distribuire non sarà , poi, così eclatante.