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Dalla Germania possibili spiragli per facilitare l’uscita dall’Euro di altri Paesi, Italia compresa. Infatti, nella possibile coalizione di governo che Angela Merkel starebbe preparando con Verdi ed i liberali della Fdp, si è già iniziato a ragionare anche sulla possibilità di modificare i trattati, in modo tale da poter consentire la fuoriuscita dall’Euro per chi lo desiderasse. Infatti, il leader del partito liberale Democratico tedesco ( Fdp) Christian Lindner, quale possibile candidato ministro della Finanza, in sostituzione di Wolfgang Schaeuble, è convinto che la Germania dovrebbe lavorare per favorire una revisione dei trattati che contempli l’eventuale uscita dall’euro di un membro dell’Eurozona. Ed a tal proposito ha rilevato: “ Penso che la cancelleria ed il ministero della Fdp, sarebbero ciascuno migliori rispetto ad un ministero nelle mani della Cdu “ di Angela Merkel.
Attualmente non sono previste modalità per recedere dalla moneta unica, salvo innescare il processo più generale di separazione dall’Unione Europea.
Lindner, poi, ha respinto l’idea di trasformare l’Esm (Fondo salva-stati) in un equivalente europeo del Fmi, in grado di poter fornire sostegno finanziario ai Paesi in crisi, chiarendo che “ In un’unione monetaria nella quale le regole sul deficit di Maastricht sono rispettate non c’è necessità di un fondo di salvataggio permanente”. Infine, si è detto scettico sulla possibilità di creare un fondo interbancario europeo a tutela dei depositi.
D’altronde l’Italia è da tempo in deflazione, il che significa che il debito rimane elevato e crescente, mentre gli stipendi non crescono, ed i consumi arrancano. Per fare un esempio, chi ha comprato una casa cinque anni fa ha scoperto che la sua abitazione vale oggi il 30% in meno, mentre il debito del mutuo rimane lo stesso. E di qui partono anche parte delle sofferenze bancarie.
Anche il titolare del più antico caseificio italiano, Roberto Brazzale, in una intervista a La Verità, sostiene che “ l’eurotedesco” soffoca le imprese e l’economia italiana, e propone di uscire al più presto dalla moneta unica, riappropiandoci della Lira.
L’ex ministro del Tesoro greco,Varoufakis, sostie che “ la UE non esiste, e che con l’euro l’Italia ha perso 20 anni”. L’ex ministro rileva che l’Italia prima dell’euro cresceva, ed era un Paese con un surplus della bilancia commerciale e di bilancio, cioè un Paese che esporta di più di quanto importa ed il governo incassa di più di quanto spende. Dunque, un’economia con due avanzi del genere dovrebbe prosperare e non stagnare.
Il Fisco bussa alla porta se i versamenti sul c/c postale o bancario non sono giustificati. Meglio tenere i soldi sotto la mattonella, se le somme incassate non sono giustificate, cioè soldi in nero.
Sotto la lente di ingrandimento del Fisco, quindi, non finiscono solo i bonifici ricevuti da altre persone, ma anche i versamenti sul conto non giustificati fatti dal correntista. E ciò vale per tutti ,non solo per imprenditori, ma anche per professionisti e privati. Lo ha chiarito, di recente, la Cassazione . In pratica, secondo la Corte, anche i lavoratori dipendenti così come gli esercenti un’attività d’impresa e i professionisti, devono poter spiegare all’Agenzia delle Entrate, in caso di controllo bancario, dove hanno preso i soldi poi versati sul conto se di essi non vi è prova o traccia nella dichiarazione dei redditi. La questione è di vitale importanza nella gestione del proprio conto corrente, perché finisce per attribuire una «presunzione di evasione fiscale» a favore del fisco, dalla quale è il contribuente a doversi difendere. M come vanno giustificati i versamenti sul conto ?
Per comprendere meglio la problematica riportiamo un esempio. Immaginiamo una persona che riceva da un’altra tre mila euro in contanti e li depositi sul proprio conto corrente. Si tratta del compenso che ha ricevuto per l’affitto di una casa vacanza nel mese di agosto. Dopo alcuni anni, l’Agenzia delle Entrate nota l’accredito sospetto sul conto del proprietario dell’appartamento; così gli chiede chiarimenti. Quest’ultimo, per difendersi, d’accordo con l’ex inquilino, sostiene che si tratta della restituzione di un prestito da lui fatto in precedenza. Ma l’Agenzia non gli crede, ritenendo piuttosto che, dietro il versamento, si nasconda un’evasione fiscale. Il contribuente ribatte: deve essere piuttosto il Fisco – secondo lui – a dover dimostrare l’esistenza del “nero” e non il cittadino a dare prova del contrario. Chi ha ragione?
In questo caso, è legittimo il comportamento dell’Agenzia delle Entrate che notifica l’accertamento fiscale sulla base del solo versamento sul conto non giustificato. E ciò perché le somme versate sul conto corrente del professionista, dell’imprenditore o del privato (lavoratore dipendente o meno) possono essere accertate dall’Agenzia delle entrate come redditi “in nero”, salvo che non si riesca a provare la provenienza dei fondi.
Ma il Fisco tiene sotto occhio anche i prelievi mensili. Così chi preleva cifre di un certo importo, per esempio oltre i 5.000 euro ,può essere chiamato per chiarire a cosa servono tali somme. E già perché ricordiamoci, tanto per fare un esempio, che ci sono tanti professionisti, dai medici agli avvocati, ai commercialisti, ed in generale chi opera nel privato, che si fa pagare una parte con bonifico, assegno o carta di credito, ed il resto in nero. E questo è un male tutto italiano, che però dipende soprattutto da tassazione fuori dal mondo , e dunque, dato che l’Italia è la patria nell’arte dell’arrangiarsi, ciascuno si arrangia come può. Poi, c’è la malavita, e questa i soldi li prende tutti in nero, dalla vendita di droghe al pizzo ed altro. Ma loro sanno come operare per ripulire il denaro sporco. Come? Facciamo un esempio: un signore mette all’asta un quadro od un gioiello di alto valore al prezzo di stima. Bene, all’asta non viene venduto niente. Così capita che il gestore delle aste chiami il venditore del bene e gli dica se lo vuole ceder ad una cifra inferiore, perché c’è un acquirente. Il signore accetta, e viene pagato in contanti. Ed il denaro è ripulito. Il quadro, ricevuto dagli antenati. Ed il gioco è fatto. Quando i beni verranno rivenduti, il denaro potrà anche essere accreditato in un conto.
Lorenzin nel mondo dei balocchi. Ideona, vuole aumentare la tassa sul fumo, di un cent a sigaretta, cioè 20 cent a pacchetto, oltre che rincarare anche gli altri generi di tabacchi. Quando vanno al governo persone incompetenti i risultati sono solo disastri. E non si capisce ancora chi siano i beoti italici che hanno votato Alfano e continueranno a votarlo, insieme alla Lorenzin , oltre che naturalmente il Pd. Sta di fatto che dopo una serie prolungata di misfatti attuati dalla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin , ad iniziare dai tagli alla Sanità, ospedali in disarmo, di nuovi neanche a parlarne, guardia medica notturna chiusa , medici di base raggruppati, con orario fino alle 24, che non rispettano mai, farmaci per l’epatite C, solo se in fin di vita, e che non servono più a nulla, ecc, ora scatta la nuova idea geniale: “Un centesimo in più per ogni sigaretta da destinare alla Sanità ( 900 milioni di euro stimati).
Invece, per quanto riguarda la riapertura delle case chiuse, che potrebbero portare nelle casse dello Stato oltre 6 miliardi all’anno, come accade già da tempo in Germania, in Olanda, ecc, non ci si pensa proprio. Sta di fatto che le donnine allegre e sfruttate, non pagano tasse, e neanche chi le frequenta, mentre invece, stranamente, la Sanità va a puttane. D’altronde, nelle accise, sia di prodotti di tabacco, che di benzina, metano, ecc, pesano incentivi di tutti i tipi. E l’elenco è lunghissimo. Dentro c’è di tutto, persino i residuati bellici dell’Etiopia ed Eritrea, l’alluvione di Firenze, ecc. Mancano solo le guerre Puniche e siamo al completo. E così mentre le entrate dirette pesano per circa il 46-47% sulle tasche dei cittadini, le indirette toccano il 20-22%. Cioè , gli italiani pagano, alla fine, tasse vicine al 70% dei guadagni. Poi ci sono le varie bollette, luce, gas, acqua, telefono , ecc. Così , alla fine, chi ha uno stipendio certo rischia anche di dover mangiare a giorni alterni. Ed il governo Gentiloni, fotocopia di quello di Renzi, tra l’altro mai eletto dagli italiani, purtroppo sempre più pecoroni ( altro che Barcellona!!) sostiene che le tasse sono in discesa, ed anche l’occupazione, ed in ciò osannato quotidianamente dalle TV di Stato, che paghiamo noi, anche senza volerlo. Intanto, a Roma, la Raggi viene crocifissa per cavilli. Che dire? Italiani, svegliatevi dal torpore quotidiano, scendete in piazza, come a Barcellona, e soprattutto guardate le stelle in cielo, e se ne contate almeno cinque, avete già vinto.
L’autonomia italiana dell’energia non piace alle Sette Sorelle petrolifere (nome simbolo, ormai storicizzato) e/o a qualunque gruppo di potere energetico di tipo oligopolistico, per cui quando annusano un pericolo in grado di poterli disturbare intervengono sui Governi, per cercare di stoppare qualsiasi ricerca che li possa contrastare. L’ultimo tentativo di affossamento di una importante ricerca italiana, in sostituzione principalmente del petrolio, riguarda quella, in fase significativamente avanzata, del Dott. Francesco Celani, dell’INFN di Frascati. Tra l’altro Celani, con due altri Colleghi (uno Francese, l’altro Inglese), è stato due volte candidato al Nobel per la Pace per la metodologia operativa di realizzazione e diffusione delle informazioni negli esperimenti scientifici denominata LOS (Live Open Science): applicata sistematicamente per la prima volta ad esperimenti di tipo LENR. Si tratta della cosiddetta “fusione fredda” di storica memoria. Il nuovo e più attuale nome è LENR (Low Energy Nuclear Reactions) senza il costosissimo Palladio, dunque una vera rivoluzione che libererebbe tutti i Paesi dalla schiavitù del petrolio, che tra l’altro, è bene ricordarlo si esaurirà entro i prossimi 100 anni. Al Dottore, ma che ha anche insegnato in diverse Università, pur non essendo cattedratico, rivolgiamo alcune domande chiarificatrici sull’attuale situazione contro cui sta combattendo.
L’autonomia italiana da petrolio ed energia sicuramente non piace affatto alle “Sette Sorelle” del petrolio e/o similari gruppi di potere in ambito energetico, per cui quando annusano qualcosa che potrebbe disturbarli intervengono pesantemente sui vari Governi. L’ultimo caso di tentativo di affossamento è la sua importante ricerca, a livello particolarmente avanzato, sulla fusione fredda a basso costo. Quanti miliardi di euro all’anno potrebbe risparmiare l’Italia, se dovesse essere ulteriormente perfezionata ed applicata la sua tecnologia nella vita di tutti i giorni dei Cittadini Qualunque?
La risposta è più articolata poiché si avrebbe sia un risparmio immediato di tipo economico che un altro ritardato, ma forse ancor più importante, di tipo ecologico/ambientale in quanto dovrebbero essere significativamente ridotte le emissioni di gas a cosiddetto effetto serra, principalmente Anidride Carbonica (CO2), Metano (CH4) e numerosi idrocarburi fluorurati.
Ci risulta, come già anticipato in alcuni articoli di qualche tempo fa, che le abbiano bruciato, nel 2015, numerosissimi documenti tra cui le carte della sua ricerca. Ha fatto denuncia, e contro chi?
Purtroppo l’episodio di cui sono rimasto vittima, avvenuto nel Febbraio 2015, è di una gravità inaudita dal punto di vista della etica e morale scientifica. Ancor più se il crimine viene perpetrato all’interno di un’area scientifica, provvista di guardie armate, da parte di un Dipendente Ricercatore dell’Istituto con la sostanziale complicità della Dirigenza. La scoperta del crimine, cioè la distruzione sistematica di tutta la documentazione scientifica in mio possesso, a partire dal periodo della Laurea, è avvenuta ad Aprile 2015 in quanto la documentazione era custodita in un locale di “appoggio”, una sorta di magazzino ad uso personale, abbastanza distante dal Laboratorio principale in cui effettuo gli esperimenti. Tale locale di appoggio, identificato con il nome di “baracca La Monaca”, era da me utilizzata sia per depositare la strumentazione/attrezzatura/materiali di consumo di uso poco frequente che di tutta la documentazione “importante” (anche di carattere riservato di Interesse Nazionale) in quanto custodita in armadi metallici chiusi a chiave alcuni dei quali a prova di fuoco. Dopo la scrittura di varie lettere alla Direzione dei laboratori e chiedere chiarimenti/indagini, sono stato costretto a sporgere denuncia, per reati civili e penali, alla Caserma dei Carabinieri di Frascati, città in cui era stato commesso il reato. La denuncia è stata estesa anche alla Corte dei Conti per distruzione dolosa di “Beni dello Stato”.
Perché il Direttore dell’INFN di Frascati vorrebbe mandarla in pensione, e non farle finire la sua ricerca così importante per il Paese e l’intera umanità?
Forse sarebbe più corretto dire la “Dirigenza”, o meglio ancora una parte di essa. Il fatto del regolamento pensionistico attuale dei Ricercatori della Pubblica Amministrazione afferenti al MIUR, per alcuni aspetti è un “vulnus costituzionale” in quanto, pur con tipologie lavorative similari, i Professori Universitari hanno il limite superiore pensionistico a 70 anni mentre per i Ricercatori NON Universitari (ripeto entrambi appartenenti al MIUR), l’attuale limite é 66 anni e 7 mesi. Quindi io sono vittima dell’attuale regolamento poiché è prevista l’innalzamento, fino a 70 anni, anche per i Ricercatori non universitari che non abbiamo raggiunto i limiti inferiori contributivi. Io ho avuto la fortuna, poiché forse particolarmente “brillante”, di ottenere un posto di “Ruolo a tempo indeterminato” giovanissimo (a quanto mi dicono, sono stato il più giovane Ricercatore mai assunto da un Ente di Ricerca dopo il 1945). Comunque, se non avessi ottenuto la posizione stabile in Italia, avevo già superato le prove di ammissione per altre posizioni equivalenti all’Estero. Quindi, sono stato un “cervello in fuga” che non è fuggito. Di fatto, sono stato “punito” poiché ho avuto una posizione stabile dopo soli pochi mesi al conseguimento della Laurea in Fisica (Università. di Roma La Sapienza, votazione 110/110) con conseguenti versamenti contribuitivi di tipo pensionistico particolarmente elevati. Per concludere, la parte della Dirigenza a me avversa ha visto molto bene il fatto che io sia dovuto andare in pensione ponendo termine ad un tipo di lavoro a loro non gradito (per svariati motivi), anche se tale lavoro aveva , ed ha, i connotati dell’Interesse Nazionale, e non solo. A certi “personaggi” non interessa l’Interesse Nazionale o dell’Umanità ma unicamente il loro piccolo orticello da coltivare, con il pubblico denaro, senza intrusioni o critiche.
Quali i sospetti politici o di governi che non vogliono il parto di una ricerca così importante?
Il problema è complesso e quanto mai attuale. Nell’ipotesi, ottimistica, che la Nostra tipologia di Ricerca (in Italia e/o all’Estero) abbia successo in tempi non particolarmente lunghi, verrebbero danneggiati praticamente tutte le realtà economico/politico/industriali che si basano sul controllo della produzione energetica di tipo centralizzato. L’obiettivo finale delle ricerche LENR è la generazione di energia di tipo individuale/capillare, quindi produzione distribuita, per le necessità familiari (ciè 1-2 kW costanti, con l’immissione del surplus energetico in rete). Nella attuale società la disponibilità di energia elettrica è divenuta un bene primario irrinunciabile.
Lei si è appellato anche al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni perché la sua ricerca possa andare a buon fine. Se ogni tentativo dovesse fallire, cosa pensa di fare?
Se anche tale appello, che ritengo lecito da parte di qualunque Cittadino Italiano in regola con le leggi dello Stato, non dovesse dare i frutti sperati, prevedo di richiedere l’aiuto di alcune forze Politiche che, al momento, non mi sembrano essere legate ai cosiddetti “Poteri forti”, almeno in abito energetico.
L’Economico è stato il primo giornale a denunciare gli insabbiamenti della sua ricerca. Ora, anche LaVerità, probabilmente grazie anche a noi, nel silenzio più assordante dei media, ha tirato fuori le unghie. Come mai un caso come il suo che dovrebbe essere sulle prime pagine dei giornali ed in TV, invece, viene del tutto trascurato?
Indubbiamente il vostro simpatico giornale on line, anche per merito del Colonnello Alberto Zei a cui mi lega una lunga amicizia ed assonanza di intenti riguardo i drammatici problemi di inquinamento ambientale, ha avuto il merito di “smuovere le acque”. Sono felice di informarVi che anche la televisione web “Pandora TV” ha seguito il Vostro esempio. Tale televisione, unicamente on-line per limiti di budget, ha la caratteristica di una elevatissima indipendenza di giudizio e di seguire con particolare attenzione le problematiche energetiche, in tutte le loro sfaccettature. Inoltre, e non guasta, ha un bacino di utenti molto vasto: circa 1 milione. Sono fiducioso che altre realtà mediatiche si accoderanno, seguendo il Vostro esempio.
La Grande promessa di progresso illimitato è finita con il riferimento al dollaro: Prima del 1971 per tutti i mercati il dollaro era legato all'oro e le altre monete legate al dollaro. Gli Stati Uniti potevano battere valuta se avevano l'equivalente valore in lingotti d'oro nelle proprie casse. Questo era il pilastro degli accordi costruiti nel 1944 a BRETTON WOODS. poi accadde che l'America dovete affrontare impegni importanti, come la guerra in Corea, quella nel Vietnam, gli aiuti al terzo mondo, insomma con queste uscite fu costretta a stampare dollari più di quanto oro ci fosse a FORT KNOX:.Nixon nell'Agosto del 1971 comunicò unilateralmente di voler abolire la conversione del dollaro in oro. La decisione sui mercati internazionali ebbe l'effetto di una bomba atomica; il presidente degli Stati Uniti concluse il discorso dicendo:”Questa misura non ci procurerà amici tra gli speculatori internazionali”. Poteva ora battere moneta liberamente, senza più restrizioni, e l’America invase il mondo di dollari. Per un po’ fu scompiglio, poi però i mercati si riequilibrarono. La moneta sovrana stampata liberamente dallo stato creava benessere perché si potevano costruire scuole, strade, ospedali, senza badare al debito pubblico, perché in realtà il debito non era un debito dello stato, visto che era lo stesso governo ad averlo contratto: I cittadini potevano soltanto arricchire, il debito non era altro che un numero su un foglio conteggiato dalla Banca Centrale. Nessuno avrebbe chiesto di saldarlo, era soltanto un numero. Una cosa è certa; che i cittadini sono lo stato. Gli ospedali vengono costruiti per loro, i soldi che spendono dove vanno a finire? Ovviamente nelle tasche dei cittadini, arricchiscono gli imprenditori, gli operai, che poi con i soldi in tasca comprano beni, Auto, Mobili, case….: questo è il benessere. I tedeschi per primi hanno approfittato di questo vantaggio e sono diventati la prima potenza economica europea. Naturalmente la moneta sovrana ha messo alle corde gli speculatori finanziari rappresentati dalla elite dei miliardari. Ecco che, così, dagli stessi è stato inventato il debito pubblico e messa a punto la teoria dello Stato che deve prima incassare e poi spendere per i cittadini.
Se poi lo stato vuole essere anche virtuoso, deve spendere meno di quello che incassa e per spendere meno di ciò che entra deve operare tagli alle spese sociali e naturalmente aumentare le tasse. Questo il loro gioco perverso?.
E' tutto scritto sui dossier. Queste leggi economiche sono state imposte in tutte le università del mondo, ecco perché anche noi pensiamo che il debito pubblico sia un debito da assolvere da tutti noi con i sacrifici impostaci. Ma se la valuta fosse sovrana, cioè se lo stato fosse libero di stamparla, non ci sarebbe nessun debito pubblico. Il Giappone ha il 240% di debito pubblico rispetto al suo PIL. ma ha zero disoccupati e la sua economia, tra alti e bassi va a gonfie vele, gli Stati Uniti riuscirono ad uscire dalla crisi negli anni 70 in questo modo: Ci si chiederebbe allora che fine faccia l’inflazione ma,anche questa è una bufala. L'inflazione si combatte equilibrando l'emissione della moneta con i beni prodotti: L'inflazione è lo spauracchio che agitano gli economisti che fanno il gioco dei potentati bancari, il Bilderberg.
L'apoteosi della truffa si è compiuta un decennio fa. Per essere sicuri che gli stati non spendano più a debito, cioè a favore dei cittadini, il Bilderberg ha inventato il mezzo per togliere di mezzo le monete sovrane come la lira, il marco, il franco, la dracma ecc.... e per far ciò cosa hanno creato? hanno introdotto L'euro. L'euro è la truffa del secolo ai danni dei cittadini europei, l'ideale di un'Europa unita è un imbroglio madornale. Hanno voluto realizzare la moneta unica per sottomettere i popoli. Gli inglesi, da vecchi corsari, non ci sono cascati e hanno tenuto sempre come parametro la Sterlina.
Quando non c'è più la moneta sovrana, sostituita da una moneta unica come l'euro, gli stati spendendo contraggono debito: un debito con la Banca Centrale Europea. Così ci hanno incastrato e incarcerato. Quando non c'è più la moneta sovrana perché sostituita da una moneta unica gli stati si indebitano con la Banca Centrale, questa è la realtà. E' in questo modo che molti politici di ogni nazionalità hanno incastrato i loro popoli. Non avendo più sovranità monetaria, li hanno assoggettati all'euro.
Passiamo alle banche, a cosa servono? A cosa servono se danno danaro solo a coloro che già li hanno, negandoli a chi ne ha realmente bisogno? Utilizzano i risparmi dei correntisti senza dare interessi per agevolare i loro clienti privilegiati. Non danno nessun interesse ai correntisti, anzi gli fanno pagare loro anche i servizi per i loro depositi. Allucinante vergogna! E se vanno in sofferenza i cittadini pagano per loro. Strozzinaggio puro: prepotenti con i deboli e sudditi dei potenti, che sono poi coloro che non pagano i debiti e creano le sofferenze. VERGOGNA!
Denunce su abusi telefonici? Alla Polizia postale. I politici, infatti, sanno per primi che gli italiani sono un popolo di pecore ( oltre che, naturalmente, la Chiesa), per cui dopo essersi inventati le Antitrust ( organi di controllo su Tlc, acqua, gas elettricità, ecc), e dopo averle rinominate, nulla è cambiato . Per cui ciò che doveva trasparire, invece, traspare molto poco, mentre il cittadino rimane vessato, nonostante i costi di questi apparati faraonici, che invece servono ad occupare poltrone e poltroncine, della serie “ mi manda Picone”: Presidenti,consiglieri, collaboratori, dipendenti , più o meno qualificati, segretarie, uscieri, ecc, e tutti senza concorso. Apparati che costano , e che servono, dunque, soprattutto a mantenere gruppi di sottopotere. Premesso ciò, veniamo ai fatti, non tutti ,certamente, nella fattispecie ciò che capita nelle Tlc. Si è assillati da chiamate quotidiane da parte di vari call center di società telefoniche che vi propongono nuove proposte od offerte varie? Qualcuno dice che non interessano, ma di ingenui ce ne sono tanti, per cui , alla fine, nella rete ne cascano in molti. Ed entriamo nello specifico : chiamano, e questo è già un abuso, perché nessuno ha fornito loro il numero di telefono; ma c’è di peggio, perché chi chiama fornisce, quando va bene, solo il nominativo, senza un numero di matricola di riferimento , ne un numero di telefono di rintracciabilità. E comunque, anche se venissero forniti più dati, la telefonata è schermata “ sconosciuto”. Il che significa, che in una eventuale registrazione di pre-contratto, qualcuno si può appropriare dei dati dell’utente. Addirittura qualcuno si presenta sostenendo che il contratto con la compagnia telefonica è scaduto, e che occorre rinnovarlo, quando, la compagnia telefonica non è quella dell’utente. Tutto falso. Ed allora cosa può fare il cittadino per difendersi da tutte queste telefonate anonime ed indesiderate? Vediamo:
Il governo “ brucia” la ricerca pubblica (INFN) sull’energia, soprattutto i risultati eccellenti. Ecco come Sembra una storia di un regime dittatoriale quella della potente lobby della “ricerca” che da un lato, chiede sovvenzioni allo Stato, mentre dall’altro, pone e dispone nell’interesse multinazionale che al momento conviene, poiché il vertice da cui il gran burattinaio tira i fili delle marionette che si cibano delle risorse dei contribuenti, così intende.
L’articolo pubblicato giorni fa, sul L’ Economico a cura di Alberto Zei, mette in evidenza con dovizia di fatti e misfatti all’interno di enti di Stato come l’ INFN, del continuo boicottaggio nei confronti di scoperte di primaria importanza sulle nuove fonti di energia; boicottaggio arrivato fino a distruggere la documentazione e i dati comprovanti il lavoro effettuato all’interno dell’Istituto da parte del noto ricercatore Celani, per ritardare il progresso della storia a favore delle attuali fonti di energia ricavate dalle solite sostanze fossili che sotto vari nomi, stanno inquinando la nostra salute, prima ancora del mondo intero.
Si tratta infatti, del tentativo di impedire alla ricerca italiana di cogliere il risultato di un assiduo e intelligente lavoro all’interno dell’ INFN.
Mentre le altre nazioni proteggono le loro ricerche, il boicottaggio in Italia (a prescindere dai collegamenti internazionali) è avvenuta proprio per opera del Direttore dei Laboratori di Ricerca dello stesso INFN.
Qualcuno potrà anche affermare che una cosa del genere non può esistere, e che non vi sono prove concrete che ciò possa essere non solo avvenuto, ma neppure concepito.
Certamente se così fosse l’intera impalcatura di tutti gli eventi rappresentati in un quadro di questo genere, cadrebbero.
Se invece, fosse provato che la realtà dei fatti è proprio quella descritta nell’articolo in questione, allora si dovrebbe anche riesumare la denuncia penale che a suo tempo deve essere stata presentata alle Autorità giudiziarie. Infatti, sorge il sospetto che alcune cose non tornino. Al momento non è dato sapere chi è la persona che ha disposto la distruzione della documentazione di ricerca, mentre Celani stava salendo per la seconda volta i gradini che lo avrebbero portato sul podio del più alto riconoscimento del mondo.
Infatti, malgrado i due anni consecutivi 2014 e 2015, della candidatura al premio Nobel del nostro connazionale, i responsabili del INFN, non osando ulteriormente infierire, hanno semplicemente privato di ogni sovvenzione il suo laboratorio, pur disponendo delle risorse assegnate dallo Stato anche per questa attività. Ciò ha notevolmente rallentato la conclusione industriale dovendo egli prima ripetere gli esperimenti già eseguiti al fine di recuperare i risultati ottenuti distrutti.
A coronamento di tanto impegno INFN, il dottor Celani alle soglie del pensionamento sarà “finalmente” collocato in quiescenza, suo malgrado. Non potendosi ulteriormente opporre al congedo per concludere positivamente la scoperta con l’industrializzazione del metodo con il quale è possibile ottenere questa nuova fonte di energia. Sarà in tal modo liberato l’INFN dall’ingombrante presenza del nostro ricercatore e quindi dal pericolo che una delle più ambite scoperte del mondo venga portata a conclusione a danno dei potentati dell’energia delle fonti fossili.
Ma il governo come può accettare una situazione del genere? Già, l’esecutivo renziano che è andato a braccetto con le lobby finanziarie e bancarie mondiali. O quello di Gentiloni, fotocopia di ciò che rimane di Renzi. Per ora non resta che attendere le nuove elezioni, in cui il Pd naufragherà senza l’Arca di Noè. Affogheranno tutti. Intanto, per cercare di far luce su quanto sopra riportato, sarebbe il caso che qualche magistrato andasse a ficcare il naso sulla vicenda, tutt’altro che trasparente.
La politica demenziale degli spot renziani su Tv pubbliche e non, oltre che dei soliti quotidiani fiancheggiatori ( la maggior parte) per cercare di attrarre consensi , finirà per inghiottirlo nelle sabbie mobili , mentre i programmi seri sono solo un’utopia. Tant’è che una costola del Pd ha già abbandonato il reuccio di finta sinistra. Hanno fatto bene? Forse no. Era meglio che restassero a combattere all’interno, invece di andare a cercarsi nicchie di consenso per il solito potere, più o meno individuale. Detto ciò rileviamo che ormai siamo alla frutta. Appunto, il pranzo se lo sono pappato altri. Intanto, invasione fuori controllo, tant’è che solo ora sembra che Renzi e Gentiloni si siano accorti del pericolo, per cui si è anche minacciato che le navi Onlus che non ottempereranno alle nuove norme varate di recente, non potranno attraccare nei porti italiani. Ma siamo ancora a minacce fantozziane , mentre l’Europa continua a bendarsi gli occhi, ed ogni tanto toglie le bende per un attimo, poi, tutto come prima. Purtroppo, la verità, è che troppi politici, soprattutto del Pd, continuano a far proliferare i loro interessi, fregandosene della povertà degli italiani, e mettendo ogni tanto un pannolino caldo, che non serve affatto a guarire. Ormai siamo giunti al limite, tant’è che gli immigrati che vengono presi e restano in Libia vengono trattati a calci nel sedere ( anche se ciò non è giusto) , mentre da noi si permettono di contestare tutto, dal cibo non di ottima qualità, alla mancanza di assegnazione di case, oltre che un sussidio dignitoso per chi non sa far nulla e nulla fuol fare. Mantenuti a vita? Ma come si fa ad essere profughi, quando si parte con bambini piccoli e donne in cinta. Questi figli o nascituri, sono di oggi, ancor prima delle guerre. Ed allora , la spiegazione è che figli e nascituri rappresentano il passaporto per gli sbarchi in Italia. Ora tutta questa storia, come altre mai risolte dovrà finire, e l’appuntamento sarà il giorno delle prossime elezioni, a parte quelle siciliane, che alla fine, invece di un possibile test, saranno solo un altro scudo dietro cui trincerarsi per dire che sono solo elezioni regionali, e che quindi non contano nulla a livello nazionale.
Intanto, i sondaggi di questi giorni danno vincente il M5S , a livello nazionale ,con il 28,1% contro il PD al 26,8%. Il pericolo viene dal centro-destra, che se unito sbaraglia tutti. Infatti, la Lega è al 13,6% contro FI al 13,2% e Fratelli d’Italia-An al 4,8%, ma sommati fanno il 31,6% . Il problema, dunque, sia per il M5S che per il Pd sarà quello di cercare alleanze, altrimenti c’è il serio rischio che Salvini e Berlusconi risalgano la corrente, per finire nel governo.
Piano Padoan per svendere i gioielli di Stato. Alternativa, patrimoniale forzosa su immobili e c/c bancari e postali. Dunque,dopo Renzi il banchiere ( è stato il governo che ha dato più regalie alle banche rispetto a tutti i precedenti), ora anche Gentiloni, seguendo la guida del maestro, si starebbe preparando ad effettuare altre regalie , ben più corpose, alle banche. Si tratta di un piano segreto che prevede la cessione alle più grandi banche internazionali di tutti i gioielli di famiglia rimasti ancora nelle mani pubbliche. Intanto, però, ancora non si sa a chi appartenga l’oro di Bankitalia (circa 120 miliardi di euro), se alle banche che la controllano o allo Stato. A cercare di dipanare la matassa ci ha provato anche il M5S, senza però portare a casa nessun risultato (sembrerebbe ci sia il segreto di Stato).Dunque il piano del governo, ancora a livello embrionale, prevede la cessione in blocco alle più grandi istituzioni bancarie internazionali delle partecipazioni statali rimaste, Eni, Enel, Poste, FS, Fincantieri, Leonardo (ex Finmeccanica) , Terna, Anas, Enav, ecc, il tutto a prezzi scontati (tra il 20-30% del valore), per cercare di ridurre il debito pubblico, che ormai ha raggiunto i 2.281 miliardi di euro (solo 30,6 miliardi da gennaio ad oggi) e che incide sul Pil per il 132%.
Il ministro dell’Economia avrebbe già contattato alcune tra le più grandi banche mondiali, come Goldman Sachs, Rotschild, Credit Suisse, Societè Generalè e l’italiana Mediobanca, per fare il punto della situazione. E per dar via le partecipate tutte insieme, si sarebbe pensato di creare una holding dove inserirle insieme. Per cui cedendo la holding , chi l’acquista prende tutto ed in un sol boccone, con tempi molto più celeri se invece le partecipate venissero vendute singolarmente, oltre che con un incasso corposo. Sicuramente il piano di riordino delle Ps ruoterà attorno alla Cdp ( Cassa depositi e prestiti, controllata dal ministero dell’Economia). L’altra strada , rimane anche quella di fare meno cassa e vendere singolarmente i beni di Stato, ed in tal caso lo sconto sarebbe molto limitato, ma anche l’incasso.
Ma all’orizzonte ci sarebbe anche di peggio, perché al Mef starebbero studiando , in alternativa alle cessioni delle Ps, una patrimoniale forzosa ( una tantum) su immobili ( aliquota al 10%), e su c/c bancari e postali ( aliquota del 15%) , per un ammontare stimato in 400 miliardi di euro, come già annunciato in un nostro articolo del 3/2/ 2017.
Minniti ora pensa a sequestrare le case sfitte da dare ai migranti, dal momento che i centri di accoglienza sono strapieni, e non si sa più dove mettere i dormienti in strada ( anche perché tra poco arriverà l’Inverno). Ormai l’Italia governata dal Pd mette a segno quasi quotidianamente un sopruso dietro l’altro. E’ di qualche giorno fa la notizia che i c/c bancari dormienti, cioè i soldi non ritirati dagli eredi ( che però le banche si sono ben guardate da cercare), per un ammontare di circa 2 miliardi di euro, sono finiti nelle tasche dello Stato, invece che agli eventuali diritto. E’ di ieri, invece, la notizia che è partita la schedatura delle vittime delle banche, in particolare di coloro che intendono ancora protestare sotto i palchi da cui parla Renzi. E già ci sono stati i primi allontanamenti durante i comizi, da parte delle forze dell’ordine, anziani compresi , che nei fallimenti delle varie banche, Etruria in testa, hanno perso tutti i risparmi di lavoro e sacrifici. E tornando alle case, ora il Viminale starebbe studiando un piano per requisire momentaneamente gli immobili pubblici e privati sfitti, soprattutto quelli privati, perché quelli pubblici rappresentano ben poca cosa.
Ed ecco, dunque, l’dea geniale. Dal momento che occorre far rispettare la legge, che vieta l’occupazione di case di privati, l’ostacolo verrebbe aggirato con la requisizione d’emergenza, che non consiste nell’esproprio della proprietà privata ( che verrebbe garantita secondo i dettami della Costituzione), ma solo di un sequestro momentaneo, giustificato appunto dall’emergenza, cioè da motivi di pubblica utilità. A riprova del piano, c’è la circolare del capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Mario Marcone, ai prefetti, con cui intima un censimento degli edifici pubblici in disuso e delle case private sfitte, così da poter avviare entro tempi brevi una mappatura dei possibili alloggi disponibili, e ciò per poter garantire un tetto a tutti gli immigrati, probabilmente anche a quelli che ancora non si sa se abbiano diritto a rimanere in Italia. Il piano prevederebbe che si inizi dagli edifici pubblici in disuso, e che i Comuni in affanno finanziario, non hanno ristrutturato. E comunque, dal momento che gli edifici pubblici abbandonati sono pochi , si passerà subito dopo a quelli privati, che non si sa per quanto tempo verranno assegnati ne quali rimborsi potranno avere gli aventi diritto, cioè i proprietari, ne in base a quali criteri. La politica dell’accoglienza generalizzata è stata gestita, dai governi a guida Pd, al limite dell’incredibile, senza alcuna pianificazione , ma solo dando in pasto alle cooperative, spesso truffaldine, come la recente storia insegna, le centinaia di migranti sbarcati sul suolo italico. E pantalone, cioè tutti noi ne pagano le conseguenze, sia per l’invasione abnorme che in denaro .
Il benchmark
Nel sistema bancario italiano vi sono circa 200 miliardi di sofferenze lorde (cioé prestiti che le banche non riescono più a recuperare dai loro debitori) a fronte delle quali le stesse banche hanno accantonato in bilancio perdite per il 55-60%. Dunque le sofferenze nette sono pari a circa 85 miliardi valutate al 40-45% del loro valore nominale. Ecco, quando a fine novembre 2015 Banca d’Italia ha disposto la risoluzione delle famose quattro banche, Pop Etruria, CariFerrara, CariChieti, Banca delle Marche, le sofferenze di questi istituti sono state svalutate fino al 18% del loro valore e questa percentuale ha fissato il punto di riferimento (benchmark) per le valutazioni di tutte le altre banche da parte di analisti finanziari e investitori. Di colpo, quindi, quegli 85 miliardi di sofferenze nette nel sistema sono diventati 40, con 45 miliardi che dalla sera alla mattina mancano all’appello e di conseguenza devono essere coperti con altrettante ricapitalizzazioni.
Il crollo di Borsa
Da quel momento in poi per chi ha investito sui titoli bancari di Piazza Affari si è aperta una fase di lunga agonia che oggi è ancora in corso. Le performance da fine novembre 2015 a martedì 29 novembre 2016 mostrano meglio di qualunque altra cosa la dimensione di questa debacle. Mps meno 89,2%, Carige meno 84,7%, Banco popolare meno 82%, Banca popolare di Milano meno 69%, Ubi Banca meno 67%, Unicredit meno 65%, Intesa Sanpaolo meno 38%. A queste si aggiungono Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza le cui azioni non sono quotate in Borsa ma a cui fanno capo diverse obbligazioni quotate che hanno subito forti perdite nonostante la rete di salvataggio predisposta tempestivamente dal fondo Atlante (un fondo partecipato dalle principali banche e assicurazioni italiane). Nel luglio scorso, con il varo del piano di ricapitalizzazione di Mps da 5 miliardi, e che prevede la cessione proprio al fondo Atlante di circa 28 miliardi di sofferenze, si è cerato di mettere un argine a questo diluvio fissando un nuovo benchmark. Il prezzo implicito a cui Atlante ha accettato di accollarsi tali sofferenze è pari a 28 centesimi, ma la situazione non è migliorata più di tanto poiché la soluzione finale per Mps è stata prolungata almeno fino all’esito del referendum costituzionale.
Le colpe dei banchieri
Occorre ammettere che nel corso del 2016 i banchieri italiani non hanno fatto molto per rassicurare i mercati finanziari, anzi hanno peggiorato la situazione. Prendiamo qualche caso concreto, partendo dalla fusione tra Bpm e Banco popolare, la prima operazione nata sulla scia del decreto governativo del gennaio 2015 che obbliga le banche popolari a trasformarsi in società per azioni entro la fine di quest’anno. La banca veronese guidata da Pier Francesco Saviotti ha in pancia una quantità di sofferenze non banale, con un Texas ratio (rapporto tra crediti deteriorati e patrimonio più accantonamenti) che a fine 2015 arrivava a 158, più elevato di Mps (147), mentre la Bpm è molto più virtuosa sotto questo profilo, essendo a quota 87. Prima di unirsi in matrimonio la Banca centrale europea ha dunque obbligato il Banco a lanciare un aumento di capitale da un miliardo, anche se si dice che la richiesta della Bce già allora era di 2 miliardi. Saviotti e la Banca d’Italia sono riusciti a contenere la ricapitalizzazione a 1 miliardo in seguito alla quale l’azionariato della nuova banca è stato suddiviso in 54% (soci del Banco), 46% (soci della Bpm). Ma il mercato ha fin da subito cominciato a scontare il fatto che la nuova banca ha bisogno di un altro aumento di capitale affossandone il corso dei titoli in Borsa (se ci si aspetta l’emissione di nuove azioni quelle esistenti varranno di meno). A essere arrabbiati sono soprattutto gli azionisti di Bpm che in presenza di un nuovo aumento di capitale si sentirebbero raggirati dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna, che in sede di fusione avrebbe acconsentito a un rapporto di concambio tra le azioni delle due banche come se l’aumento di 1 miliardo fosse sufficiente. Essendo ormai una spa comandano gli azionisti e nel caso arrivasse un nuovo aumento di capitale per Bpm-Popolare è molto probabile che Castagna sarebbe costretto alle dimissioni.
Ma anche Victor Massiah, ad di Ubi Banca, ha molto da farsi perdonare. Nonostante la banca, con solide basi tra Bergamo e Brescia, abbia indici patrimoniali soddisfacenti, Massiah è riuscito a far trascinare Ubi nel gorgo della speculazione di Borsa associandola al salvataggio di Mps. Quando a giugno il Tesoro ha chiesto a Massiah e Castagna di unirsi per salvare il Monte, il banchiere di Bpm ha prontamente declinato l’invito mentre quello di Ubi ha creduto nel progetto a tre salvo poi comprendere l’impossibilità della sua realizzazione. Ma nel frattempo il mercato ha avuto buon gioco a buttare giù il titolo nel timore che Ubi volesse marciare da sola verso Siena. Poi, non contento di questa performance, Massiah ha risposto al nuovo appello di Bankitalia per evitare che le quattro banche salvate finissero nelle mani dei fondi avvoltoio per pochi euro. Così Ubi ha presentato un piano per accollarsele a prezzi vantaggiosi, ma anche così ha bisogno di un aumento di capitale da circa 500 milioni. E il titolo Ubi è andato giù ancora, reagendo a questa notizia.
Che dire poi di Unicredit. Per almeno un anno e mezzo, e cioè fino al giugno 2016, l’ex amministratore delegato Federico Ghizzoni non ha fatto altro che ripetere al mercato e alle autorità che la banca non aveva alcun bisogno di un aumento di capitale. Ma quando gli azionisti si sono infine decisi a dare il benservito a Ghizzoni affidandosi alle cure di Jean Pierre Mustier, il mercato ha scoperto che in realtà l’aumento di capitale ci vorrà e sarà anche molto ampio, nell’ordine di 8-12 miliardi. E come poteva reagire il titolo in Borsa a una notizia del genere, per di più associata al fatto che occorre svalutare pesantemente i 57 miliardi di sofferenze lorde che sono ancora in pancia a Unicredit? Male, ovviamente.
Se poi si aggiunge:
•che Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono state salvate dal fondo Atlante in quanto non sarebbero riuscite a mandare in porto i rispettivi aumenti di capitale, ma che è molto probabile servano altre risorse fresche da iniettare in vista di una fusione tra i due istituti veneti.
•Che la Carige ha respinto un’offerta del fondo Apollo di acquisto di sofferenze e contestuale ricapitalizzazione poichè il principale azionista della banca, la famiglia Malacalza, non voleva farsi prendere per il collo e alla bisogna ha le risorse per far fronte a un aumento di capitale.
•E che il Monte dei Paschi, terza banca italiana in forte difficoltà, da almeno sei mesi è sulla graticola per un piano di rafforzamento del patrimonio da 5 miliardi che però deve passare per le forche caudine del referendum,
allora si può ben capire che i banchieri italiani e l’Abi possono anche gridare al mondo che il sistema bancario italiano è sano e che i fondi stranieri speculano sulle sofferenze italiane; ma è anche vero che nessuno di lorsignori, né Bankitalia né il governo, è stato in grado di porre un argine a questa deriva, mettendo in sicurezza almeno l’istituto più vulnerabile, cioé il Montepaschi. Hanno preferito trascinare la situazione e sperare in un ravvedimento del mercato, col risultato che la perdita di valore delle banche in Borsa nell’ultimo anno è stata di circa 60 miliardi, cifra di gran lunga più elevata delle centinaia di milioni che sarebbero serviti a promuovere un “bail in” controllato del Monte.
Il governo sta pensando di scaricare i prossimi terremotati che perderanno la propria abitazione. Come? Con una assicurazione obbligatoria sulla casa contro i terremoti. E per le frane o quant’altro? Ci si penserà strada facendo, anche se di strada da fare per questo esecutivo ne è rimasta ancora poca, per fortuna. La polizza, a quanto è dato capire, potrà essere detratta dalle tasse. La nuova normativa antisimica che si sta preparando prevede anche che in caso di vendita di un immobile non in regola con la legge ci saranno pesanti sanzioni economiche per chi ha venduto, mentre per le alte zone sismiche ( 1 e 2) il contratto di vendita sarà nullo. Tali misure andranno ad aggiungersi ai benefici fiscali già esistenti ed al così detto “sisma bonus”. La norma , però, per le abitazioni, alberghi ed immobili di pertinenza pubblica, dovrebbe entrare in vigore non prima di cinque anni dal suo varo, per dare il tempo di poter adeguare i fabbricati alla nuova legge, mentre per gli altri casi al di fuori di quelli sopra descritti, il periodo di adeguamento sarà di sette anni. Sarà compito del venditore di presentare , prima della firma della vendita, un attestato di conformità alla normativa sulla idoneità statica del fabbricato, con riferimento alla sismicità della zona. L’attestazione sulla staticità dell’immobile dovrà essere rilasciata da un tecnico specializzato, abilitato ad effettuare verifiche di stabilità. Il notaio, dopo aver controllato il rispetto degli obblighi, potrà stipulare l’atto di compra-vendita. A fronte dell’assicurazione obbligatoria il titolare del bene immobile potrà ottenere una detrazione dell’imposta lorda pari al 65% dei premi versati.
E sempre per rimanere sul tema della casa, il governo starebbe preparando un pacchetto di misure per una super sanatoria per le costruzioni abusive, in cui è previsto che chi abbattesse l’immobile per poi ricostruirlo con licenza regolare, verrebbe addirittura premiato per un quinquennio , senza pagare Tasi ed Imu. Inoltre , nel pacchetto di misure già pronte, a cui probabilmente occorrerà ancora dare qualche limata, prima del varo da parte del governo,ci dovrebbe essere anche la possibilità di detrarre le spese dalla dichiarazione dei redditi, per dare un altro aiuto alle spese sostenute per la ricostruzione dell’edificio. Ed a questo punto c’è da chiedersi cosa ne penseranno i terremotati veri, a cui lo Stato, non mantenendo le promesse fatte,ha inviato le cartelle esattoriali ? La legge attualmente in vigore prevede per gli abusi edilizi due vie: la demolizione o la confisca. Ed ora invece ci sono addirittura gli incentivi , nel totale disprezzo di chi,invece, ha sempre rispettato la legge. Il sospetto è che tutto sia nato per cercare di ottenere consensi alle prossime elezioni. Ormai siamo in un Paese dove l’illegalità diventa la regola, e la legalità è solo per i fessi che la rispettano.
13.07.2017. I soldi producono soldi, ovvero i ricchi diventano sempre più ricchi. Potrebbe essere questa la sintesi del report “Global Wealth 2017: Transforming the Client Experience” pubblicato dal Boston Consulting Group (BCG), una società di consulenza che ha stilato la 17esima edizione del documento sulla ricchezza finanziaria a livello globale.
L’analisi quantitativa conferma che la ricchezza finanziaria privata continua a crescere in tutto il mondo: a livello globale nel 2016 il valore totale di azioni, obbligazioni, depositi e conti bancari corrisponde alla cifra di 166.500 miliardi di dollari. Rispetto al 2015 si tratta di un incremento del 5,3%, mentre l’anno precedente l’aumento era stato del 4,4%. Secondo la proiezione del BCG nel 2021 si dovrebbe raggiungere la quota di 223.100 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 6%.Come era facilmente prevedibile, il maggior aumento della ricchezza si rileva nell’area dell’Asia-Pacifico: nel 2016 l’incremento è stato del 9,5% (nell’anno precedente era stato addirittura del 12,3%), passando da 35 a 38,4 migliaia di miliardi di dollari.
Subito dopo c’è l’America Latina, che è salita da 5 a 5,4 migliaia di miliardi di dollari con un aumento dell’8,7% (nel 2015 +6,3%). Cresce di molto anche la ricchezza nell’area del Medio Oriente e dell’Africa, passando da 7,5 a 8,1 migliaia miliardi di dollari con un incremento dell’8,5% (nel 2015 era stato soltanto dell’1,9%).
L’area del Nord America (comprendente Stati Uniti, Canada e Messico) nel 2016 ha segnato un aumento del 4,5% (nel 2015 +2,0%), accumulando in assoluto la ricchezza maggiore: da 53 a 55,7 migliaia di miliardi di dollari. L’Europa orientale cresce del 4,7% (l’anno precedente +7,2%), passando da 3,4 a 3,6 migliaia di miliardi di dollari. In Europa occidentale la ricchezza è aumentata del 3,2% (nel 2015 +2,4%), salendo da 39,2 a 40,5 migliaia di miliardi di dollari. In coda alla classifica c’è il Giappone, che è cresciuto soltanto dell’1,1% (nel 2015 +1,8%), da 14,7 a 14,9 migliaia di miliardi di dollari.
Dal report del Boston Consulting Group emerge che nel mondo il numero di famiglie milionarie (cioè con una disponibilità mobiliare superiore al milione di dollari) è cresciuto in un anno del 7%, arrivando a circa 17,9 milioni. Si tratta di circa l’1% delle famiglie del pianeta, che detengono il 45% dell’ammontare finanziario totale dei privati.
Una quota rilevante della ricchezza delle famiglie milionarie si trova nei cosiddetti paradisi fiscali. La stima effettuata dagli esperti del BCG è di 10,3 migliaia di miliardi di dollari. Analizzando la geografia dei possessori dei conti offshore, prevale l’area asiatica (compreso il Giappone) con 2,9 migliaia di miliardi, seguita dall’Europa occidentale con 2,6 migliaia di miliardi. Consistente anche la presenza di Medio Oriente e Africa con 1,9 migliaia di miliardi e dell’America Latina con 1,5 migliaia di miliardi. Scarsa la propensione a depositare su questi conti, di norma poco trasparenti, da parte dei ricchi dell’Europa orientale e dell’America settentrionale, con 0,7 migliaia di miliardi per entrambe le zone.
Oltre alla provenienza è interessante verificare la destinazione dei capitali, cioè quali sono le località offshore più gettonate. Al primo posto svetta la classica Svizzera, dove ricchi cittadini stranieri hanno collocato 2,4 migliaia di miliardi di dollari (quasi un quarto del totale della ricchezza dei paradisi fiscali). Altri 2,4 migliaia di miliardi si trovano in paradisi fiscali irlandesi (Dublino) e britannici (comprese le isole del Canale). Seguono Singapore e Hong Kong, che insieme arrivano a 2,0 migliaia di miliardi. I paradisi fiscali di Panama e dei Caraibi totalizzano 1,3 migliaia di miliardi. Le località offshore degli USA custodiscono 0,9 migliaia di miliardi, mentre in Lussemburgo si stimano 0,4 migliaia di miliardi di dollari.
Dalla distribuzione territoriale dei milionari si vede che il 42,5% dei ricchi (7,6 milioni di famiglie) vive nell’America del Nord, mentre il 21,2% (3,8 milioni) sta in Asia come anche in Europa occidentale. Il 6,7% (1,2 milioni di famiglie) abita in Giappone, il 4,5% (0,8 milioni) in Medio Oriente e in Africa, il 2,8% (0,5 milioni) in America Latina e soltanto l’1,1% (0,2 milioni di famiglie) nell’Europa orientale.
Nel gruppo dei ricchi c’è quello dei ricchissimi, cioè le famiglie con un patrimonio finanziario superiore a 100 milioni di dollari: si tratta dell’8% del totale dei milionari, cioè quasi 150 mila famiglie nel mondo. È interessante notare che in percentuale la maggiore concentrazione di super ricchi è nell’Europa orientale con il 19%. Al contrario sono pochissimi in Giappone: soltanto 1 famiglia ricchissima su 100 famiglie ricche.
Osservando i dati dei ricchi suddivisi per nazioni, al primo posto ci sono le famiglie statunitensi, con oltre 7.085 migliaia di milionari. Al secondo posto la Cina con 2.124 migliaia di famiglie e al terzo il Giappone con 1.244. A seguire: Gran Bretagna con 821, Canada con 485, Germania con 473, Svizzera con 466, Francia con 439 e Taiwan con 370 mila famiglie milionarie.
L’Italia si colloca al decimo posto della classifica con 307 mila ricchi. Nelle mani dell’1,2% delle famiglie italiane si concentra così il 20,9% della ricchezza finanziaria, che in totale è di circa 4,5 migliaia di miliardi di dollari (che corrispondono al doppio del debito pubblico italiano). La stima del Boston Consulting Group è che nel 2021 le famiglie milionarie italiane raggiungeranno quota 433 mila, cioè l’1,6% del totale, mentre la ricchezza a disposizione salirà al 23,9%, superando 5 mila miliardi di dollari.
In conclusione, dal report del BCG emerge che la ricchezza globale è in crescita ad ogni latitudine e in particolare nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Questo dato è sicuramente positivo, ma è anche evidente che sta aumentando la disuguaglianza, poiché sta salendo la percentuale di risorse detenute da un ristretto numero di famiglie ricche e ricchissime. In fondo sono le due facce del sistema capitalistico, che produce ricchezza ma anche disuguaglianza. Non si tratta soltanto di una teoria: i dati corrispondono in realtà a persone in carne e ossa, che vivono da nababbi o che invece rischiano di morire di fame. Un problema enorme, che pone domande ineludibili al sistema finanziario globale e alle istituzioni mondiali.
Per gentile concessione della'agenzia di stampa Pressenza
SACE (Gruppo Cassa depositi e prestiti) e Banca Akros (Gruppo Banco BPM) hanno annunciato un importante accordo di collaborazione per sostenere la crescita internazionale delle eccellenze italiane del settore agroalimentare, mettendo a disposizione un pacchetto di soluzioni assicurativo-finanziarie per valorizzare i beni a magazzino e 150 milioni di euro di nuovelinee di credito da destinare a percorsi di sviluppo estero.
Grazie all'accordo – rivolto in particolare alle aziende di media dimensione (Mid-Cap) ed estendibile anche ad altri comparti di punta del Made in Italy (come quelli dei gioielli, delle pelli, del legno, della farmaceutica e della chimica) – le imprese interessate potranno accedere a condizioni vantaggiose a finanziamenti anche consortili, organizzati da Banca Akros e garantiti da SACE, per supportare investimenti per la crescita internazionale ed esigenze di capitale circolante; potranno noltre beneficiare degli strumenti assicurativo-finanziari sviluppati da SACE a protezione del business come le coperture contro i rischi di mancato pagamento dei crediti commerciali, i rischi tecnologici e di deterioramento del magazzino.
La prima operazione realizzata nell’ambito dell’accordo riguarda una realtà d’eccellenza del settore lattiero-caseario: Ambrosi Spa, azienda bresciana leader in Italia e all’estero nel segmento premium del mercato dei formaggi tradizionali italiani (tra cui Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP), ha ottenuto, grazie alla collaborazione tra Banca Akros e SACE, un finanziamento in pool da 13 milioni di euro destinato a sostenere l’approvvigionamento delle materie prime, nonché lo sviluppo del magazzino prodotti finiti, per crescere ulteriormente nei mercati esteri, con particolare attenzione a quelli francese e statunitense.
L’operazione prevede anche la collaborazione del Consorzio per la Tutela del Grana Padano, sempre disponibile ad operare a favore del sistema e dei propri consorziati, e potrà, inoltre, sfruttare la nuova garanzia del Pegno Mobiliare non Possessorio recentemente introdotta dal legislatore e iscrivibile sul magazzino di prodotti DOP.