
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Il coronavirus sta portando una civilizzazione al collasso. O forse ne era solo una parvenza, perché una civiltà, per essere riconosciuta tale, deve avere dei pilastri da cui essere sostenuta, che sono i suoi valori e i suoi nobili principi fondati su etica, giustizia e dignità. E questi sono da troppo tempo i grandi assenti della scena. Il concetto di civiltà è stato da sempre associato all’idea di progresso, che nel tempo ha consentito di acquisire condizioni di vita materiali, sociali, culturali, artistiche e spirituali più evolute, ma all’osservatore odierno, ai tempi del coronavirus, la nostra civiltà appare invece in regressione evolutiva da ormai anni.
L’effetto catalizzatore del Covid-19 ci ha dato l’opportunità di rilevare gli aspetti in decadenza di una società che stanno deflagrando in una serie di piaghe troppo purulente per essere facilmente sanabili. Durante la nostra lunga storia plurimillenaria abbiamo sicuramente vissuto momenti migliori, e ciò che ci ha portato a questo declino tragico è un altro tipo di epidemia, che dilaga indisturbata da decenni senza che nessuno alzi un fiato per proporre un antidoto.
Da decenni i politici non attendono al benessere del popolo ma fanno indisturbati il loro corrotto interesse; i diritti Costituzionali vengono calpestati quotidianamente e i Costituzionalisti non intervengono per prenderne le difese; i medici somministrano farmaci per guadagnarsi viaggi premio offerti dalle case farmaceutiche e somministrano vaccini che creano gravi patologie senza che nessuno si opponga; assistenti sociali portano via i figli ai loro genitori solo per lucrare sui ricoveri infischiandosene dei danni psicologici che creano; associazioni no profit si creano dal nulla per speculare sul dramma dei migranti invece di preoccuparsi di inserirli nella società; i giornalisti si vendono agli investitori di pubblicità che pagano loro gli stipendi invece di fare informazione onesta e veritiera; gli impiegati di banca ti rifilano qualsiasi prodotto, finanziario e non, pur di raggiungere il loro budget; le amministrazioni pubbliche sono dedite all’inefficienza e indolenza; la voluta impossibilità a parcheggiare nelle città offre generose opportunità di pagare stipendi attraverso salate e ingiuste multe ai cittadini; i cittadini non partecipano alla vita pubblica delegando a ignoti, e via così in tutti i settori della società, che sono viziati da malcostumi.
Non c’è più buonsenso, etica, rispetto, logica intelligente, principi morali, giustizia, riguardo per la collettività, intenti di comunità, senso della misura, coscienza. L’egoismo ha dominato in tutte le possibilità di scelta. Il silenzio complice di tutti quelli che vedevano ma non parlavano ha consolidato il putridume che circonda le nostre vite e un mostro di nome Ego ha partorito il mondo in cui viviamo in questi giorni. Si sa che, chi di ego ferisce, di ego perisce, e ciò di cui si è peccato ritorna addosso come un boomerang.
Ora che siamo agli arresti domiciliari, hanno censurato la comunicazione, ci vogliono imporre un vaccino contro il nostro volere, ci vogliono controllare con un’app che viola la Costituzione, non ci fanno lavorare, fanno fallire un numero esorbitante di piccole e medie imprese, istalleranno antenne 5G per completare l’opera sul nostro controllo, le forze dell’ordine ci arrestano per una passeggiata e ci multano con migliaia di euro perché portiamo nostra figlia dal medico o andiamo a fare la spesa, ci siamo accorti che il nostro mondo non è quello che credevamo e, peggio ancora, è in mano a una cosca di fuorilegge.
Per trovare una soluzione ci vorrebbe una task force di menti illuminate, ma questo mette ancor più in evidenza la carenza di integrità intellettuale, principi etici e nobiltà d’animo che abbiamo a disposizione e che hanno lasciato il posto ad un virus pandemico che è molto più pericoloso e mortale del coronavirus, perché ammazza le coscienze e con esse una possibilità di futuro giusto ed equo.
L’ego, infatti, si occupa di farti arricchire, di farti intraprendere carriere, di portarti fama, attenzioni e illusioni che ti fanno credere di essere una persona importante acquisendo poltrone, incarichi di potere, frequentando circoli esclusivi, facendoti accettare posizioni che poi sei incapace e impreparato ad adempiere; e lo fa a diversi livelli, anche nell’oratorio del tuo quartiere, con la tua casa al mare, con l’estraniarti dalla politica, col non andare a votare. Quello di cui l’ego non si occupa è di giustizia, di diritti, e tantomeno di doveri, perché l’ego si occupa solo dell’Avere e non ha più nessun contatto con l’Essere. Cura attentamente solo il suo orticello e si dimentica che fa parte di un tutto che deve essere tutelato altrimenti crolla. E se il tutto crolla, crolla pure lui.
È il motivo per cui l’ego è caduco e limitato come la mortalità umana, mentre la nobiltà d’animo e il senso di giustizia che abbracciano l’umanità intera e che hanno come unico desiderio la sua evoluzione e progresso verso un futuro illuminante e illuminato è eterna. Ne sono esempio le testimonianze immortali, lavoro di molte menti eccelse che sono rimaste come capisaldi nella storia: la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776), la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789), la Costituzione Italiana (1947), la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948). Tutte figlie di un’essenza immortale divina che sarebbe bene risvegliare se vogliamo salvare l’umanità e il pianeta su cui essa vive.
L’immortalità di questi documenti non solo è dovuta all’impegno irremovibile di menti nobili ma soprattutto alla partecipazione di un’essenza di anime che avevano a cuore il progresso spirituale dell’umanità come un bene unico da tutelare e proteggere per il conseguimento di un passaggio evolutivo della civiltà. Quello stesso bene che ora è posto sul mercato internazionale e interplanetario per essere svenduto un tanto al chilo.
In onore di quelle anime che ci hanno dedicato le loro parti più sublimi, creando un mondo sorretto da regole giuste, atte a difendere l’uomo e suoi diritti inviolabili quando fosse stato necessario, siamo tutti chiamati a imbracciare l’arma della responsabilità e della partecipazione, dell’unità e della cooperazione, per riportare linfa e forza di esistenza a quei valori.
Finché i politici parleranno senza contenuti, portando avanti i loro interessi personali perché vincolati ai grossi poteri della finanza speculativa e le grosse aziende farmaceutiche che controllano il mondo; finché l’opposizione parlerà solo con frasi fatte per farsi propaganda per le prossime elezioni; finché i medici si contenderanno il l’ho-detto-prima-io invece di occuparsi di comunicare a chi di dovere di smetterla di prendere in giro il popolo italiano con questa pandemia sovrastimata ma funzionale; finché i giornalisti si gonfieranno il petto per avere una posizione sicura e scenografica invece di essere una voce autorevole che difenda la verità e denunci i fatti con lo scopo di migliorare una situazione sociale, politica ed economica; finché i cittadini guarderanno passivamente in silenzio la propria Costituzione essere stritolata dall’ego dei più forti, non ci sarà cambiamento.
I professionisti e politici preparati e corretti non dovrebbero mai dimettersi da cariche pubbliche solo per aver ricevuto un’offesa. Andarsene con la coda in mezzo alle gambe, sottraendosi al dovere di dare il proprio contributo a un processo di evoluzione e di progresso a favore della comunità, è un’ulteriore espressione dell’ego, perché dà la precedenza al benessere personale e si dimentica della priorità di rappresentare il popolo di cui siamo parte e che confida nelle figure istituzionali per essere difeso, ma che ha anche il significato di difendere la propria persona e la propria dignità.
La società sta crollando sotto le regole di un videogioco. Il popolo rimane schiacciato dalla paura e la democrazia si sfalda sotto le manie dittatoriali di un gruppo di fanatici. Per contrastare un ego così gigantesco, che ha portato le sue brame di conquista su tutto il pianeta, è necessario un anti-ego che scardini le regole su cui si è costruito la sua forza. Una forza che gli abbiamo dato noi ma che possiamo togliergli usando strumenti che lo destabilizzino e lo rendano debole e inerme.
Se, per esempio, non dessimo alcuna importanza ai soldi e al diventare irragionevolmente ricchi, se non ci importasse delle promesse di carriera offerteci in cambio del nostro servilismo, se riuscissimo persino ad infischiarcene dei ricatti e delle minacce perché preferiamo essere vilmente screditati piuttosto che tradire i nostri principi di riportare giustizia e elevare la nostra dignità, l’ego e quindi il potere di qualsiasi Bill Gates, Big Pharma, Big Data, o altri mega poteri, crollerebbero perché non avrebbero appigli o fondamenta su cui appoggiarsi.
Un sacrificio di falsi valori ai vertici politici in cambio di altri più nobili consoliderebbe una più alta e solida autostima, conquistando un popolo che non vede l’ora di avere l’opportunità di sostenere leader giusti, dando tutte le attenuanti per qualsiasi visibile gesto di riscatto. Un vivere nell’Essere piuttosto che nel Fare a vuoto.
In questi ultimi tempi, molti si sono accorti dei danni delle loro astensioni, del loro delegare, del non partecipare, non interessarsi, non informarsi e del peccato del silenzio che hanno perpetrato per anni. Ora prendono finalmente coscienza e recitano messaggi di mea culpa e responsabilità che avrebbero dovuto prendersi molto tempo fa. È un bene! Significa che un cambiamento è in atto. Ora quindi è il momento del riscatto. Ora è il momento di fare quello che non si è fatto negli ultimi 50 anni.
Se i politici onesti tenessero duro e agissero in nome della Costituzione e della nazione, se i giornali pubblicassero la verità, se i medici denunciassero l’anti-scienza, se gli avvocati accusassero, se i giudici condannassero, se i cittadini si alzassero e parlassero con voce di popolo, non ci sarebbe più ego ma valori di una portata maestosa: Giustizia, Verità, Collaborazione, Socialità, Partecipazione, Spiritualità, Onore, Dignità, col risultato di portare un cambiamento evolutivo di progresso e civiltà.
Una società basata sulle regole dell’ego farà solo rimandare un’inevitabile caduta, perché l’ego usa e poi, senza tanti complimenti, getta. Chi non servirà più verrà eliminato e potrà solo vantarsi di non essere stato il primo a cadere ma inevitabilmente cadrà. Più uno si asservisce e più dura, ma mai in eterno, e comunque vivendo una vita meschina. Chi invece persegue i valori della sua Coscienza e del suo Essere Spirituale ne recupera una vitalità che renderà la sua esistenza degna di essere vissuta e quella sua energia rimarrà in eterno, emblema di un esempio di un vivere nobile che permarrà anche per i posteri. Caratteristica eterna che l’ego non si può neanche sognare di avere.
Vivete nel giusto e siate eterni.
L’umanità si può considerare come un condominio circondato da moltissimi altri condomini (le altre specie) verso i quali da millenni si sente legittimata a sfruttare, sottomettere, rapinare, sterminare ogni cosa che ha vita, senza distinzione di forma,di specie, di razza ecc..
Abituati a distruggere di tutto, dal filo d’erba alla sequoia, dal corallo alla balena: mucche, vitelli, cavalli, maiali, pecore, conigli, galline, tacchini, volpi, cervi, stambecchi, orsi, lupi, rane, criceti, insetti, fagiani, lepri, anatre, tigri, elefanti, rinoceronti, cammelli; volatili di ogni specie, pesci di ogni dimensione, crostacei, molluschi, aragoste, gamberi, ecc. insomma non si salva niente e nessuno dalla mano implacabile dell’uomo che considera gli altri esseri viventi alla stregua di cose da utilizzare, schiavizzare, uccidere, torturare, fare a pezzi, macinare, schiacciare, tagliare, friggere, arrostire, bollire, triturare ecc. Pochi animali vicini all’uomo muoiono di morte naturale: per il resto è un’ecatombe.
Ora la natura, che geme ferita e dolorante, si ribella alla distruzione dei boschi, alla profanazione dei mari, dei laghi, dei fiumi, della terra avvelenata, dall’aria infestata. Ma quando si violano le leggi naturali bisogna aspettarsi implacabile l’urto dell’onda di ritorno.
L’atmosfera è satura del terrore degli animali immolati a miliardi; la terra è impregnata del sangue di queste creature che inutilmente ed inascoltate urlano e piangono. Ma di questa inarrestabile orgia di sangue, per la quale nessuno si sente colpevole, la responsabilità non è tanto degli esecutori materiali, i rozzi e insensibili macellatori di
animali, quanto dei mandanti, coloro che delegano altri a commettere ciò che in prima persona non avrebbero il coraggio di fare: la gentile signora, l’esigente signore, il raffinato chef, la madre di famiglia ecc. tutti sono colpevoli, i duri di cuore, i boia del’era moderna. Ma per la morte di milioni di animali simmetricamente altrettanti umani cessano di vivere a causa di tali perversioni alimentari.
Gli animali vengono allevati e macellati in condizioni infernali in un mix di sangue, escrementi, fetore, sporcizia, residui di farmaci, terrore. I luoghi di certe popolazioni che vivono in promiscuità con gli animali che sgozzano e spellano, spesso ancora vivi, in una sporcizia e mancanza di norme igieniche spaventose. Come potrebbe tale abominevole attitudine non produrre cibo maledetto, pestilenziale e nocivo? Infatti, tutto si paga, perché tutto è conseguenza.
Noi tutti, potenzialmente addestrati a prevaricare sul diverso, sul debole; addormentati dalla cultura dominante dei media che spinge all’edonismo, alla violenza, al sesso; noi condizionati e plasmati da una cultura religiosa che considera gli animali cose a disposizione dell’uomo e con gran parte della classe medica che ritiene necessario nutrirsi di cadaveri, ingoiare con indifferenza lo strazio e l’agonia delle carni martoriate dei nostri fratelli animali; con questo tipo di mentalità e di coscienza, come otremmo non essere inclini al crimine e alla violenza verso il suo stesso simile e a non pagarne le conseguenze anche a livello fisico?
Emblematiche le immagini del ragazzo cinese che stacca a morsi la testa di un grosso topo e con gusto ne mastica le ossa. Dai topi venne nel 14° secolo la peste bubbonica che, a causa dello sterminio dei gatti in una crociata voluta dalla Chiesa che vedeva in essi l’incarnazione di Satana, proliferarono i topi che uccise quasi la metà della popolazione di allora.
“La verità vi renderà liberi”. Solo conoscendo la vera causa del problema si avrà la risoluzione. La causa non potrebbe essere l’infezione trasmessa dall’animale infetto all’uomo, nell’abominevole mercato degli animali di Huanan dove il pipistrello è tradizionalmente consumato come zuppa? Ed è probabile che un filo rosso colleghi Sars, Ebola Hiv, Coronavirus dovuto al drammatico calo delle difese immunitarie della specie umana causato dal dissennato e strafottente modo di vivere e di alimentarsi.
E ora, ognuno interroghi se stesso per capire se è la causa o la soluzione del problema.
Il 2 novembre scorso e' stato consacrato Arcivescovo di Vittoria(RG) ed ausiliare del Primate in Montenegro,Sua Eminenza Mons. Wladimiro. La quasi totalità del popolo montenegrino desidera l' indipendenza dal Patriarcato serbo dal quale ancora dipende. Si sono rivolti alla Chiesa Ortodossa d'Italia, il cui Primate è Sua Beatitudine Basilio I, per essere sotto la protezione della suddetta giurisdizione con lo scopo, dopo la crescita nel tempo, di essere una Chiesa autonoma.
Oggi, qui a Vigna di Valle, vicino Roma, abbiamo assistito alla sua Consacrazione Episcopale, celebrata dal Metropolita della Chiesa ortodossa d’Italia, il Primate Basilio I°, assieme ai suoi Arcivescovi concelebranti. Quale significato ha per lei il suo servizio episcopale in Italia ed in Montenegro?
- Nella vita di ogni Sacerdote, la Consacrazione Episcopale è un onore ed un privilegio straordinario, ma per me è una responsabilità e un sacro obbligo. Indosso questo Omoforion, simbolo del giogo di Cristo e grazie al suo aiuto posso arare il solco sul campo del Signore e seminare il seme della Parola di Dio. Nostro Signore Gesù Cristo ci chiede di imparare da Lui, che questo onere può essere lieve e dolce, se siamo come Lui, miti ed umili. Con questo atto, la Chiesa ortodossa d’Italia sostiene la lotta per l'autonomia della Chiesa ortodossa in Montenegro, che il Metropolita Basilio I° ha affermato e sottolineato la scorsa primavera quando ha visitato il nostro Paese, ed lo ha confermato con questo atto.
2.Lei e un montenegrino, ci racconti del suo futuro servizio in Italia.
-Sul piano simbolico, l’inizio della mia vita pastorale a Roma, ha un significato speciale per me. Ho sempre guardato questa meravigliosa città con ammirazione, è uno dei cinque maggiori centri della spiritualità mondiale, con una storia straordinaria. Tuttavia, l'Italia pur essendo uno stato a maggioranza cattolica , ospita oltre un milione di fedeli ortodossi, di cui si parla e si conosce poco. Essi sono più del doppio che in Montenegro e tra loro c’è un esiguo numero di Montenegrini che vive e lavora in Italia. Un mio amico, d’origine italiana, che ha studiato gli eventi dopo la prima guerra mondiale ed in particolare il sostegno dell'Italia alla famiglia reale Petrović Njegoš e al governo del Montenegro in esilio, mi ha riferito un fatto interessante: solo a Gaeta e nella regione dove era situato l'esercito montenegrino, vivono circa 1.100 discendenti.
3.Ha piani e progetti specifici per l'Italia?
- Se si esclude il nostro servizio evangelico , allora i nostri piani sono certamente quelli di continuare l'integrazione culturale e spirituale delle nostre due nazioni attraverso diversi progetti. Due personalità sono sempre nella mia mente quando parlo delle nostre relazioni nel corso della storia: quelle di Giuseppe Garibaldi e Elena di Savoia, dei quali atti senza tempo è superfluo parlare. In particolare, il mio desiderio è che la cronaca di Pop Dukljanin, una cui copia si trova negli Archivi Vaticani, venga esposta a Podgorica o a Bar. Tutto ciò per rendere, accessibile ai cittadini del Montenegro, almeno per un breve periodo, il più grande lavoro della letteratura medievale slovena, a cui ho dedicato la tesi di laurea.
Nel segno dell’eresia, dunque.
Ritorna oggi, 23 giugno 2019, presso il comune di Motta d’Affermo, l’ormai celebre “Rito della Luce”, giunto alla sua nona edizione, su iniziativa del mecenate dell’arte, il siciliano Antonio Presti.
Dopo la breve pausa dell’anno scorso, a causa dei lutti che hanno segnato il percorso del creatore della Fondazione “Fiumara d’Arte”, oggi un “popolo in bianco”, “eretico” per l’occasione, affluito da ogni parte della Sicilia e non, ha preso parte a questo laico pellegrinaggio che celebra la Bellezza e la sua eresia (possibile).
Ai piedi della titanica Piramide di Mauro Staccioli, realizzata in acciaio corten e inaugurata il 21 marzo 2010, monumento mistico ed alchemico, pregno di simbologia umana e trascendente, fisico e metafisico, dispensatore di geometrica conoscenza, su una leggera altura del territorio di Motta d’Affermo, avamposto sul mare, scelto per le sue coordinate geografiche, lungo il tracciato dell’antico fiume Halesus, alle 15:00 del pomeriggio, prende inizio la celebrazione del rito.
Più di 300 gli artisti che, nel suggestivo spazio messo loro a disposizione, hanno avuto modo di esprimere il proprio credo artistico e non solo.
Spazio d’arte per l’arte!
Lungo un percorso che si snoda su un’ampia area di collina, il visitatore viene accolto dalle oniriche installazioni in bianco e oro e immerso in uno spazio d’arte totale dove i versi di poeti, filosofi, cantastorie fanno da colonna sonora a questo cammino dell’eresia.
L’Arte dell’”hic et nunc” quindi, arte che esce dai Musei, dai suoi stessi limiti e dai confini cui è stata relegata, per interagire con lo spettatore che diventa, esso stesso, parte integrante dell’opera d’arte totale. Immerso in quell’infinito eretico, in quel salvifico labirinto che è principio e fine di ogni umana e sovrumana vicenda.
Celebrazione dell’Arte e della Bellezza come valori della differenza, perché l’arte, nella sua eresia, inevitabilmente segna un confine, ineludibile forse, fra l’iniziato e il profano.
Un’arte alla ricerca dei suoi adepti su cui edificare se stessa e un mondo superiore, fra chi è alla ricerca della conoscenza libero da convenzioni e coefficienti sociali.
Un’arte liberatrice di quella “samsara” alla quale si è altrimenti, inevitabilmente destinati ma un’arte che non può e non deve essere per tutti.
E lo sa bene questo il mecenate-filosofo, l’ideatore di questa magia che si è scontrato sempre con un sistema amministrativo che combatte chi si spende per la Bellezza, “lato sensu” intesa e non con chi deturpa la propria terra con bruttezze e brutture di ogni tipo.
“Guai ad essere riconosciuti dal sistema”, questo il monito di Presti che ha pagato e continua a pagare il prezzo della non uniformazione ad un sistema becero e corrotto.
Eresia e ortodossia dunque si affrontano ma non per combattersi bensì per distinguersi. Perché l’eresia nasce dal santo e quindi ogni santo, ogni dogma sono necessari per far sì che qualcuno possa essere altro da sé.
Libero da quell’inconsistente liturgia di essere sempre uguale a se stesso.
E nella coralità del rito l’antidoto all’anestesia sociale.
Nel tempo dell’uniformità totale, dei centri commerciali, dei rumori assordanti, del nuovo ordine mondiale un’alternativa possibile, nel tempo in cui l’”ossimoro permanente” fondato da Montale è diventato la caratteristica peculiare che connota e denota un sistema dominato dagli aspetti più banali della quotidianità, la sospensione del giudizio non è certo l’unica possibilità di sopravvivenza.
Rito della Luce che è Luce della conoscenza contro l’oscurantismo e le tenebre dell’ignoranza.
E’ mentalità comune molto diffusa l’idea che la carne sia un alimento necessario, che dà sostanza, che dà forza, che sia ricco di proteine utili alla crescita e che specialmente in uno stato di malattia sia utile inserirla nella dieta. Chi sostiene questo probabilmente è condizionato da abitudini arcaiche, che è poco informato, che non ha mai letto un testo di nutrizione. In sostanza la carne risulta essere tra gli alimenti meno completi sotto l’aspetto nutrizionale e quindi non solo non necessaria ma oltremodo dannosa.
Anche le persone più sensibili alle tematiche vegetariane spesso hanno paura di rinunciare totalmente al consumo di prodotti animali o derivati per un’atavica quanto ingiustificata paura di incorrere a qualche carenza nutrizionale. Una paura difficile da superare, specialmente se sono coinvolti dei bambini.
Per superare questa paura abbastanza consolidata basterebbe considerare che un terzo della popolazione mondiale vive, per vari motivi, da vegetariana; che i vegani godono di una salute migliore rispetto gli umani onnivori; che nella carne, pesce, formaggi, uova e derivati vari non vi è alcun principio nutritivo che non sia presente nel mondo vegetale, senza gli inevitabili effetti dannosi di questi prodotti (perché incompatibili con la nostra natura); che la completezza nutrizionale dell’alimentazione vegetale è stata confermata non solo da una miriade di scienziati e ricercatori indipendenti ma da una delle più autorevoli organizzazioni del mondo in fatto nutrizionale, l’ American Dietitic Association, che fin del 2009 ha dichiarato: “Tutte le diete vegetariane, comprese quelle vegane, correttamente pianificate sono salutari, adeguate dal punto di vistanutrizionale e possono apportare benefici nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Sono appropriate in tutte le fasi del ciclo vitale, incluse gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia, adolescenza, nonché per gli atleti”.
Inoltre, è utile considerare che per le generazioni che ci hanno preceduto negli ultimi 10 mila anni l’alimento carneo era un’eccezione non la regola e la salute del popolo era migliore di quella delle classi abbienti che potevano permettersi alimenti a base di animali.
I grandi uomini di spirito, di genio, santi e filosofi da sempre hanno raccomandato di escludere dalla dieta l’alimento carneo: la loro genialità e la loro eccellente salute dimostra chiaramente la non necessità nell’alimentazione umana. Da ricordare che i due più grandi geni, vanto dell’umanità, Pitagora e Leonardo da Vinci erano vegan.
Infine, se nella carne, nel pesce o nei prodotti caseari vi fosse qualche principio nutritivo non presente nel mondo vegetale coloro che non consumano questi prodotti dovrebbero accusare carenze nutrizionali invece risulta che il popolo dei vegani gode di una salute migliore rispetto a coloro che ne fanno uso.
Prima di addentare una bistecca visita un mattatoio
Non solo rivelazioni - Nell’intervista esclusiva rilasciata da Enrico Malatesta, giornalista d’inchiesta (e grande “cacciatore” di documenti inediti occultati), per il suo ultimo libro “Centenario delle Stigmate di San Padre Pio“ -Edizioni Mimep-, apprendiamo una straordinaria circostanza. Nella lunga ed operosa ricerca delle “carte” nascoste, sulle congiure operate per screditare il santo frate di Pietrelcina quand‘ancora era in vita, si erano perse anche le tracce di alcune sue rilevanti reliquie. Ebbene l’autore di questo libro, dopo aver ritrovato i “carteggi occultati”, ha anche recuperato le importanti reliquie che nell’udienza privata del 6 dicembre 1999, ha consegnato ufficialmente nella mani del Pontefice Giovanni Paolo II. Qui accanto, l’immagine della prima pagina de IL TEMPO, che ne riporta la cronaca di quel momento della consegna al Papa, ed in basso, le foto del flacone contenente la reliquia più importante proveniente dal corpo del Santo. Nel libro poi, sono ampiamente descritti tutti i particolari delle complesse vicende all’origine dei ritrovamenti.***
Il 16 marzo 2018 Papa Francesco, con l’ufficialità del suo viaggio apostolico a San Giovanni Rotondo, dava inizio all’apertura delle future celebrazioni di settembre per il Centenario delle Stigmate di San Padre Pio da Pietrelcina.
Ritenuto modello di misericordia come, l’altro cappuccino padre Leopoldo Mendik, il Pontefice aveva già indicato al modo il loro alto valore nella santità, il servizio reso nell’incarnarsi con la misericordia del perdono e dell’amore fraterno, quindi quale miglior esempio se non quello di essere esposti in San Pietro a modello cristiano per l’Anno Santo della Misericordia?
Eppure qualcosa non deve aver incontrato il gradimento dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo. Abituati come sono a considerare il proprio confratello Padre Pio, Santo di fama mondiale, e quindi … “cosa loro”, hanno preferito porre in risalto il cadere della data del 23 settembre 2018 come l’anniversario del Cinquantenario della morte del Santo, piuttosto che la data della Stigmatizzazione. In materia di celebrazioni religiose di esponenti del mondo cattolico assurti agli onori degli altari si tiene conto della data di nascita del Santo, se laico, e della presa dei voti solenni, se religioso. Perché commemorarne la morte che è solo la fine della parentesi terrena?
Per capirci qualcosa di più, in questo complesso mondo Vaticano, dove ormai sono in molti ad accorgersi che i tempi moderni hanno “logorato” più le coscienze che i poderosi graniti del Colonnato, della maestosa e maggiore Basilica del mondo, abbiamo rivolto questa domanda al giornalista e scrittore Enrico Malatesta*, che di San Padre Pio è ormai considerato tra i più preparati, se non addirittura il più documentato studioso del Frate delle Stigmate.
Malatesta allora … che accade in questo Centenario delle Stigmate?
R. Nulla …. Assolutamente nulla !
- Spiegaci ….. Cosa vuoi dire con “Nulla” ?
R. Quando si prepara una celebrazione per un Centenario, …. Diciamo per una guerra mondiale, per una scoperta scientifica, come il vaccino,…. della nascita di una Repubblica o di un regno, si approntano cerimonie celebrative, pubblicazioni, conferenze, studi storici e rievocativi, ecc. ecc.
In questo caso,…. Proprio il “nulla”. All’epoca della proclamazione a Beato, addirittura vennero programmate due fictions televisive sulla storia di Padre Pio, mentre ora per il centenario neanche la riproposizione di una di queste. Perfino il Programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa che di anniversari non se n’è perso mai uno, ha taciuto miseramente.
Pensate, in libreria sono giunti centinaia di libri su Padre Pio ma… tutte vecchie edizioni, addirittura anche di venti o trenta anni fa.
Zero conferenze,….zero Studi, zero cerimonie, zero stampa e zero televisione …!!!!
Insomma zero di tutto. Una sola conferenza c’è stata, ma in sordina, a San Giovanni Rotondo, indetta dai frati, a mio avviso proprio per salvare la faccia. Però a commemorare il Centenario ci hanno pensato centinaia e centinaia di parrocchie di tutta l’Italia con processioni, fiaccolate e rosari recitati fino ad ora tarda con veglie ai luoghi di San Pio. Un culto semplice ma vero.
E tutto questo perché ….?
R. Perché ancora oggi l’eterno dissidio tra le regole del tradizionalismo disturbano la visione di una Chiesa al passo coi tempi. Ovvero il “modernismo” religioso”.
Il segno si è passato quando un importante monsignore della Segreteria di Stato ha confessato al mondo della stampa la sua omosessualità, (poco dopo l’elezione di Papa Francesco) e che viveva col fidanzato all’interno del suo stesso appartamento vaticano. Lo scandalo a mio avviso, non è l’omosessualità, ma la sfrontatezza di voler infrangere le regole a colpi di scandali, perché così si possa mettere in mora tutta la “tradizione ecclesiale”. Padre Pio era il semplice frate orante che aveva la “colpa” di amare il Cristo nella sua più tradizionale e costante passione mistica.
Papa Francesco lo ha capito.
Tu invece cos’hai preparato per il Centenario?
R. non ne voglio parlare perché non amo andare per le redazioni dei programmi a fare pubblicità alle mie iniziative editoriali. Se sei così curioso puoi andare su internet e troverai tutto. Una cosa però te la voglio dare in esclusiva. Prima del marzo prossimo, del Centenario delle Stigmate pubblicherò un documento straordinario: un Dvd con due film che dimostrano, e mostrano in modo inoppugnabile, il compiersi di due straordinari miracoli, scaturiti proprio da quelle ferite stigmatiche.
Un documento storico-religioso di portata mondiale, accompagnato da un libro che narra l’impresa della scoperta e recupero dei documenti e dei filmati.
*Enrico Ripanti Malatesta è autore dei seguenti libri su Santo Padre Pio
Il movimento vegan/animalista giornalmente si arricchisce di nuove adesioni come frutto della presa di coscienza e della nuova sensibilità che va sviluppandosi nella società contemporanea. Ma incarnare il vero senso di questa nuova rivoluzione culturale, spirituale e sociale è assai problematico a causa delle molte personali sfaccettature di coloro che ne fanno parte. Così c’è chi aderisce per convinzioni salutistiche, chi per non nuocere agli animali, chi per salvaguardare l’ambiente, chi per motivazioni religiose, chi antropologiche ecc. ecc. E succede che uno si considera animalista, e partecipa accalorato alle manifestazione per i diritti degli animali sbaciucchiandosi in braccio un piccolo cane o il proprio gatto, e magari pranzerà con una bella coscia di pollo.
C’è chi ucciderebbe per difendere il proprio criceto, il proprio pappagallo o la propria tartaruga ma non si cura che gli stessi animali siano torturati nei laboratori di sperimentazione (come se vi fossero animali di serie A e di serie B, che nella sostanza è come lottare per i diritti dei bianchi e cadere nella trappola del razzismo). Chi lotta contro la caccia magari con il colletto di pelliccia o la borsetta in pelle di camoscio. Ed è curioso notare come nei volantinaggi per strada le persone con il cane quasi tutte rifiutano i volantini che parlano di vegetarismo o veganismo. In sostanza c’è troppa gente che si definisce animalista ma che animalista è solo a giorni alterni; o chi si definisce vegetariano o vegano solo se non viene invitato a cena.
Ma amare gli animali e mangiarseli a tavola è come lottare contro la schiavitù e avere degli schiavi al proprio servizio o lottare contro la caccia e avere in casa dei volatili in gabbia, o contro la pesca ed avere un acquario. Se sei contro la guerra devi disfarti delle armi che hai in casa. C’è chi ritiene che la gli allevamenti intensivi di animali, con la drammatica mattazione che ne consegue, sia la forma più grave di violenza sugli animali contro cui lottare e, all’interno del quale, dà il suo ed esclusivo contributo; chi crede che sia la vivisezione, chi la pesca, chi la caccia, chi il mondo delle pellicce, chi le corride, chi i palii, chi i delfinari, chi gli zoo ecc. Io credo occorra abolire l’inferno non alcuni settori. Certo non si arriva in cima alla scala saltando i gradini, ma avere la visione del percorso e del punto di arrivo è condizione essenziale. La nostra causa richiede la consapevolezza che tutte le componenti della filosofia vegan/animalista sono tra loro inseparabili, che l’adesione ad una di esse, o ad alcune, è solo il punto di partenza non di arrivo, se si vuole il bene di tutti gli animali, non solo di alcuni.
Quello che emerge in tutto questo è la presenza di un gran numero di persone che cerca una realtà sociale rispettosa degli animali, che aderisce alla scelta vegetariana o vegana perché consapevole che la carne è dannosa per la nostra salute, per l’ambiente, per l’economia, per il Terzo Mondo. Ma si manifesta in un arcipelago di anime incoerenti, incerte che non lasciano spazi alla creazione di un fronte univoco perché manca la vera coscienza vegan/animalista che richiede coerenza, profonda dedizione e contributo personale. Non si è parte del Movimento se non aderendo a tutte le componenti con le quali esso si esprime e si caratterizza; diversamente non si da buon esempio e viene rimandata la data di una società più giusta e responsabile in grado di riscattare l’universo animale ferito, mortificato e dolorante. In sostanza, il solo modo per salvare gli animali è quello di rendere migliori noi stessi.
Credo che, con il suo discorso augurale prenatalizio, papa Francesco abbia fatto, a credenti e non credenti, un regalo di pregio veramente particolare.
Risalto centrale è stato conferito al fenomeno delle “tempeste e uragani” che hanno, nel corso del 2018, colpito duramente la navicella della Chiesa cattolica, con particolare riferimento alla tragedia della pedofilia, tragedia dalle dimensioni ancora impossibili da quantificare e di una gravità morale abissale che, più di ogni altra, ha prodotto e continua a produrre dilagante disorientamento e allarmante sfiducia nei confronti dell’istituzione ecclesiastica.
Di fronte a uno scandalo così vasto e ripugnante, spesso il mondo cattolico, in ben comprensibile imbarazzo, ha reagito cercando di contenerne l’incalcolabile portata esplosiva, ricorrendo a due complementari e collaudatissime strategie argomentative. La prima consistente nel sostenere che, per quanto ampio e grave, detto scandalo non andrebbe mai ritenuto tale da riuscire ad adombrare le innumerevoli e perlopiù trascurate azioni di carità e di generosità (spesso anche eroiche) che i membri della Chiesa portano avanti in tutto il mondo. La seconda consistente, invece, nell’accusare i mass media (in maniera più o meno esplicita) di essere faziosamente, esageratamente e morbosamente accaniti nei confronti di Santa Madre Chiesa, al fine di poterla ulteriormenteinfangare e screditare.
La prima linea strategica è stata rifiutata e affossata da Francesco, il quale, in maniera nitidissima, ha ritenuto necessario affermare che
"L’esempio eroico dei martiri e dei numerosissimi buoni samaritani, ossia dei giovani, delle famiglie, dei movimenti caritativi e di volontariato e di tanti fedeli e consacrati, non ci fa scordare la contro-testimonianza e gli scandali di alcuni figli e ministri della Chiesa".
Ovvero, se la Chiesa intende davvero recuperare credibilità e ritrovare la propria salute spirituale, bisognerà smettere di fare ricorso a qualsiasi tatticismo edulcorante, minimizzante, autoconsolatorio e, almeno in parte, autoassolutorio. In particolar modo, non si dovrà più tendere ad esibire le tante azioni virtuose e le tante cristiane vite di santità, riducendole strumentalmente ad una sorta di contrappeso. Tutto il bene che è uscito, esce e potrà uscire dalle mani della Chiesa non dovrà mai più essere esibito, cioè, al fine di tentare di operare, seppur non dichiaratamente, una sorta di riequilibramento dei conti, all’insegna del “sì, avremo pur fatto questo e quello, ma immensamente più ricco e vasto è il tesoro del bene compiuto, ecc…”
Per quanto concerne la seconda prassi, invece, il papa non soltanto ha operato la scelta di non ergersi a lamentoso o rampognante giudice dell’attività di inchiesta e di denuncia dei mass media, ma è arrivato addirittura a riconoscere la straordinaria importanza degli sforzi compiuti, ritenendo, di fatto, il loro contributo meritevole per essere riuscito a produrre importanti crepe all’interno del sistema blindato di occultamento della verità costruito e alimentato dalle istituzioni ecclesiastiche cattoliche a difesa dei propri ministri pedofili e, soprattutto, della propria immagine.
"Vorrei ringraziare vivamente - è arrivato infatti a dire Francesco - quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime. Anche se si trattasse di un solo caso di abuso - che rappresenta già di per sé una mostruosità - la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità.”
Insomma, ancora una volta, papa Francesco ha dimostrato di essere molto più avanti della sua Chiesa. Ancora una volta ha dimostrato di essere seriamente intenzionato a purificarla dai suoi tanti mali di pensiero e di azione.
Ancora una volta, anteponendo verità, giustizia e rispetto per le vittime ad ogni altro calcolo e ad ogni altro interesse, ci ha offerto un encomiabile esempio di fermezza e di coerenza.
Roberto Fantini
Il 16 marzo scorso Papa Francesco, con l’ufficialità del suo viaggio apostolico a San Giovanni Rotondo, dava inizio all’apertura delle future celebrazioni di settembre per il Centenario delle Stigmate di San Padre Pio da Pietrelcina.
Ritenuto modello di misericordia come, l’altro cappuccino padre Leopoldo Mendik, il Pontefice aveva già indicato al modo il loro alto valore nella santità, il servizio reso nell’incarnarsi con la misericordia del perdono e dell’amore fraterno, quindi quale miglior esempio se non quello di essere esposti in San Pietro a modello cristiano per l’Anno Santo della Misericordia?
Eppure qualcosa non deve aver incontrato il gradimento dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo. Abituati come sono a considerare il proprio confratello Padre Pio, Santo di fama mondiale, e quindi … “cosa loro”, hanno preferito porre in risalto il cadere della data del 23 settembre 2018 come l’anniversario del Cinquantenario della morte del Santo, piuttosto che la data della Stigmatizzazione. In materia di celebrazioni religiose di esponenti del mondo cattolico assurti agli onori degli altari si tiene conto della data di nascita del Santo, se laico, e della presa dei voti solenni, se religioso. Perché commemorarne la morte che è solo la fine della parentesi terrena?
Per capirci qualcosa di più, in questo complesso mondo Vaticano, dove ormai sono in molti ad accorgersi che i tempi moderni hanno “logorato” più le coscienze che i poderosi graniti del Colonnato, della maestosa e maggiore Basilica del mondo, abbiamo rivolto questa domanda al giornalista e scrittore Enrico Malatesta*, che di San Padre Pio è ormai considerato tra i più preparati, se non addirittura il più documentato studioso del Frate delle Stigmate.
Malatesta allora … che accade in questo Centenario delle Stigmate?
R. Nulla …. Assolutamente nulla !
- Spiegaci ….. Cosa vuoi dire con “Nulla” ?
R. Quando si prepara una celebrazione per un Centenario, …. Diciamo per una guerra mondiale, per una scoperta scientifica, come il vaccino,…. della nascita di una Repubblica o di un regno, si approntano cerimonie celebrative, pubblicazioni, conferenze, studi storici e rievocativi, ecc. ecc.
In questo caso,…. Proprio il “nulla”. All’epoca della proclamazione a Beato, addirittura vennero programmate due fictions televisive sulla storia di Padre Pio, mentre ora per il centenario neanche la riproposizione di una di queste. Perfino il Programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa che di anniversari non se n’è perso mai uno, ha taciuto miseramente.
Pensate, in libreria sono giunti centinaia di libri su Padre Pio ma… tutte vecchie edizioni, addirittura anche di venti o trenta anni fa.
Zero conferenze,….zero Studi, zero cerimonie, zero stampa e zero televisione …!!!!
Insomma zero di tutto. Una sola conferenza c’è stata, ma in sordina, a San Giovanni Rotondo, indetta dai frati, a mio avviso proprio per salvare la faccia. Però a commemorare il Centenario ci hanno pensato centinaia e centinaia di parrocchie di tutta l’Italia con processioni, fiaccolate e rosari recitati fino ad ora tarda con veglie ai luoghi di San Pio. Un culto semplice ma vero.
E tutto questo perché ….?
R. Perché ancora oggi l’eterno dissidio tra le regole del tradizionalismo disturbano la visione di una Chiesa al passo coi tempi. Ovvero il “modernismo” religioso”.
Il segno si è passato quando un importante monsignore della Segreteria di Stato ha confessato al mondo della stampa la sua omosessualità, (poco dopo l’elezione di Papa Francesco) e che viveva col fidanzato all’interno del suo stesso appartamento vaticano. Lo scandalo a mio avviso, non è l’omosessualità, ma la sfrontatezza di voler infrangere le regole a colpi di scandali, perché così si possa mettere in mora tutta la “tradizione ecclesiale”. Padre Pio era il semplice frate orante che aveva la “colpa” di amare il Cristo nella sua più tradizionale e costante passione mistica.
Papa Francesco lo ha capito.
Tu invece cos’hai preparato per il Centenario?
R. non ne voglio parlare perché non amo andare per le redazioni dei programmi a fare pubblicità alle mie iniziative editoriali. Se sei così curioso puoi andare su internet e troverai tutto. Una cosa però te la voglio dare in esclusiva. Prima del marzo prossimo, del Centenario delle Stigmate pubblicherò un documento straordinario: un Dvd con due film che dimostrano, e mostrano in modo inoppugnabile, il compiersi di due straordinari miracoli, scaturiti proprio da quelle ferite stigmatiche.
Un documento storico-religioso di portata mondiale, accompagnato da un libro che narra l’impresa della scoperta e recupero dei documenti e dei filmati.
*Enrico Ripanti Malatesta è autore dei seguenti libri su Santo Padre Pio
Come non si può separare il corpo dallo spirito, non può essere separato il fuoco dal calore, il fiore dal suo profumo. C’è chi dà più importanza alla bellezza formale del fiore, chi al suo colore, chi al suo profumo. Ma la sua forma, il suo colore e la sua fragranza sono un’unica cosa: non può esistere l’una senza l’atra. L’unità è sterile, fecondo è solo il dualismo: è il contrasto, la differenza ciò che genera la vita. I valori morali, culturali, spirituali, scientifici, si arricchiscono al contatto con realtà differenti. Tutto ciò che è parziale, settoriale è per sua natura incompleto; avere una tale visione della realtà limita la percezione delle cose, e questo genera esclusioni, razzismi, specismi, rivalità, guerre. Tutte le visioni parziali si sono rivelate tanto più perniciose quanto più avevano la presunzione di essere preminenti sulle altre.
Armonizzare le forze eterogenee nell’obiettivo del bene comune, la pace, la giustizia, l’evoluzione, l’amore, questo è il primo, fondamentale scopo della vita e ciò che rende l’esistenza dell’uomo degna di essere vissuta.
Io sono ricco in virtù della presenza degli altri e delle cose che mi circondano. Se fossi solo non potrei evolvere. Ogni persona ed ogni cosa influisce sulla mia vita e contribuisce al mio arricchimento interiore per mezzo dell’esperienza che acquisisco nell’interazione. Come una persona è tanto più padrone della sua lingua quanti più vocaboli conosce, così è tanto più ricco interiormente quante più esperienze positive ha potuto sperimentare.
Ma io non percepisco che una piccolissima parte dell’insieme: l’insieme mi condiziona attraverso la sua unità e il suo singolo componente. Il tutto è importante perché composto dal singolo elemento, altrimenti sarebbe come dire che è importante il mucchio non il singolo chicco, la foresta non il singolo albero, il popolo non la singola persona. Il dirigente di un ente è importante quanto la donna delle pulizie perché l’uno senza l’altro l’azienda non potrebbe funzionare. Il musicista quanto il suo strumento musicale: l’uno senza l’altro nessun concerto potrebbe essere realizzato.
Come il contesto influenza e condiziona il mio comportamento e la mia vita così il mio comportamento influenza e condiziona il mio prossimo, perché gli altri ed io siamo una cosa sola: siamo la folla dei viventi, siamo la vita. Se io violento o uccido qualcuno in sostanza sto violentando e uccidendo una parte di me stesso, sia perché nell’azione malvagia sto rendendo peggiore la mia coscienza e sia perché nei confronti del contesto e della vita mi esprimo in modo negativo, lesivo, disarmonico.
Non v’è pensiero o azione che non abbia i suoi effetti universali, “Non si può cogliere un fiore senza turbare le stelle”. Una buona azione influenza il mio vicino e lo induce ad essere anch’egli più disposto alla bontà e più disponibile nei confronti del suo simile. Per contro un’azione egoistica, cattiva si ripercuote negativamente non solo sulla vittima ma su tutti generando malcontento, rabbia, autodifesa e quindi disarmonia.
L’interdipendenza è la realtà a cui sono legate indissolubilmente tutte le cose: essere in sintonia con il proprio contesto aiuta al funzionamento armonico del tutto; apprezzando il valore delle diversità si apre la mente e la coscienza a considerare ogni cosa come membra dello stesso organismo, tessere del medesimo mosaico, note della stessa sinfonia: per questo esiste la terra e l’universo.
Coloro che usano mangiare carne è giusto conoscano l’inferno cui condannano gli animali dalla loro nascita alla morte. Negli allevamenti intensivi gli animali, immobilizzati fin dalla nascita, non vedono mai a luce del sole, non mangiano mai l’erba dei campi, non conoscono la libertà, la frescura della pioggia. Incatenati o chiusi in piccoli box che non consente neppure il movimento, per tutta la loro breve esistenza e immersi nei loro stessi escrementi, conoscono solo disperazione e pazzia. Per meglio capire la loro sofferenza immaginiamo noi stessi rinchiusi, per tutta la vita e senza possibilità di muoverci, in un ascensore affollato.
Da questi, veri e propri lager, gli animali vengono stipati all’inverosimile su vagoni blindati (dove si calpestano tra loro fino a spezzarsi gli arti o a morire asfissiati) e dove restano a volte per giorni sotto il sole rovente o a temperature glaciali senza cibo né acqua per essere poi scaricati come pietre, o a colpi di bastone, con pungoli uncinati o scariche elettrice e consegnati nelle mani di rozzi carnefici che rmati di potenti seghe, li squartano, spesso ancora vivi, con l’indifferenza con cui si apre una scatola di pomodoro in una mare di viscere e di sangue fatto defluire nella fogna.
I teneri e morbidi agnellini, coniglietti, vitellini, ignari come bambini, saranno scannati perché qualcuno vorrà mangiare le loro gambe, qualcun altro si delizierà il palato mangiando il loro fegato, qualcun altro mangerà il loro cervello, qualcun altro il loro cuore e le loro ossa saranno gettate via come rifiuti o incenerite e di queste lanuginose e tenere creature non resterà più nulla: appena affacciate alla vita hanno conosciuto solo dolore.
Ai possenti e spavaldi cavalli, alle docili mucche, ai manzi, la “bestia” umana sparerà in mezzo alla fronte un proiettile captivo (che come uno scalpello gli pacca la fronte e il cervello) e, questi monumenti di bellezza, di forza, di mitezza stramazzano, annullati come un sacchi vuoti per poi essere fatti a pezzi e venduti nelle macellerie.
E le creature del mare? La morte del pesce, in qualunque modo avvenga, è crudele: la contorsione dei pesci in agonia nelle reti fa capire l’intensità di dolore che provano e quanto disumana sia la pesca. Come altrettanto crudele è la pesca con l’amo, che poi viene estratto dalla bocca del pesce che lacera anche parte della testa, è paragonabile ad un arpione conficcato nella bocca di un uomo che viene brutalmente estratto fracassandogli le mandibole, la fronte ed il cervello. E i pesci congelati ancora vivi? E quelli spasimanti in pochi litri di acqua nei mercati perché la gentile signora, o signore, possa deliziarsi il palato con il corpo di una creatura appena eviscerata da viva?
L’indifferenza verso il dolore altrui il vero cancro del genere umano, la causa di tutte le sventure umane. Chi avrebbe il coraggio di uccidere con le proprie mani l’animale che mangia a tavola? Come può un essere umano essere sensibile al dolore dei suoi simili se è indifferente alla sofferenza dell’animale? Come possiamo sperare che Dio ascolti le nostre preghiere se siamo insensibili al dolore che causiamo agli animali?
Perché infliggere prigionia, sofferenza e morte a tante creature miti, innocenti, buone, forti, nate per essere libere quando c’è abbondanza di cibo per nutrirsi? Gli animali solo nella forma fisica sono differenti da noi umani ma come noi hanno emozioni, pensieri, angoscia, paura della morte e a differenza dell’uomo l’animale è sempre innocente. Prima di addentare una bistecca un uomo dovrebbe avere il coraggio di far visita al mattatoio.
Nessun genitore farebbe assistere i propri figli a ciò che accade in quell’inferno. Ed è questa la più palese dimostrazione che questi sono luoghi maledetti e, come diceva Voltaire, andrebbero rasi al suolo: solo in questo modo dimostreremmo di essere umani. Eviteremmo di avere sulla coscienza tutte quelle creature passate sotto i nostri denti; eviteremmo le conseguenti malattie che ne derivano; eviteremmo la distruzione delle foreste e delle terre fertili; abbatteremmo l’inquinamento generale e soprattutto eviteremmo di affamare ulteriormente il Terzo Mondo.
Se mangi carne è meglio che ti organizzi a vivere vicino ad un ospedale
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Fabiana Esca |
Nata a Napoli nel 1973, segue la scuola di Danza Classica del Teatro San Carlo di Napoli per poi dedicarsi al contemporaneo, al mimo e infine al teatro, Fabiana Esca è attrice di teatro e cinema, ma anche arteterapeuta. Incontra l’Insegnamento Dzogchen attraverso il Maestro tibetano Chögyal Namkhai Norbu, nel 2001, e dopo un’approfondita formazione ottiene l’autorizzazione del Maestro ad insegnare il primo e il secondo livello dello Yantra Yoga, contemporaneamente segue i corsi per guidare lo Yoga Kumar Kumari ideato da Norbu per i bambini. Oggi insegna principalmente a Napoli, dov’è nato nel 2007 il centro Namdeling, la sede napoletana della International Dzogchen Community, e a Merigar, in Toscana. La incontriamo durante una pausa delle sue interessanti lezioni.
D - Come mai si è dedicata alla pratica e allo studio dello Yoga?
R - Ho incontrato lo yoga da bambina, nel 1980, durante una vacanza trascorsa in famiglia al villaggio di Favignana. Uno degli operatori appena rientrato dall’India, guidò un corso di yoga classico per un gruppetto di bimbi, ne rimasi folgorata, da allora lo yoga è entrato a far parte della mia vita.
D – In cosa si differenzia lo Yantra Yoga dalle altre tipologie di yoga?
R - Lo Yantra Yoga tibetano ha delle caratteristiche peculiari uniche. E’ una pratica basata sulla coordinazione di corpo (movimento), energia (respiro) e mente (intesa come “presenza mentale”). Aspetto fondamentale della pratica è il ritmo con cui si eseguono le sequenze dei movimenti. Questo metodo del tutto originale, aiuta proprio la mente a rimanere connessa al momento presente e raggiungere infine un completo rilassamento. Un’altra caratteristica singolare è che tutta la pratica è eseguita da uomini e donne in maniera speculare, alla base c’è una conoscenza antichissima e profonda della nostra energia.
D – Quanto sono adattabili queste dottrine ai nostri ritmi di vita?
R - Ho trovato in questa forma di Yoga un prezioso alleato, mi aiuta a rilassare le tensioni che il ritmo cittadino inevitabilmente mi porta ad accumulare e riesce a bilanciare e rinforzare la mia condizione fisica, prima sempre molto delicata, soggetta a continue malattie. Ovviamente rilassare il corpo e sentirsi bene aiuta la mente ad essere più calma e meno confusa o agitata.
D –Che ne pensa della proposta promossa al tempo del governo Gentiloni di insegnare lo Yoga dalle scuole dell’obbligo?
R - Nella nostra cultura consideriamo superflua la conoscenza di noi stessi, del nostro funzionamento psico-emotivo e del funzionamento della nostra mente e diamo tanta importanza alla conoscenza del mondo esterno, ma senza questa base la nostra comprensione della realtà sarà sempre parziale e distorta e la nostra condizione sempre insoddisfacente, soggetta a disagi psichici, insoddisfazioni, malattie. Alla base resta una distinzione tra nozione e conoscenza che non dovrebbe esistere in una visione integrata della realtà. Il sentirsi parte di un “tutto” senza nette divisioni, ci fa sentire meno soli nell’affrontare stress e difficoltà, e fa vivere meglio la nostra condizione umana.
D – Due parole sul metodo Kumar Kumari?
R - Lo Yantra Yoga Kumar Kumari è stato elaborato dal Maestro tibetano ChögyalNamkhaiNorbu, proprio per i piccoli praticanti, partendo dai principi che sono alla base della stessa pratica per gli adulti, ma seguendo il ritmo del respiro che nei bambini è più breve e sottile. Proprio per favorire un corretto uso del respiro, i movimenti sono associati all’emissione di suoni basati su particolari sillabe che ne guidano l’intensità e la durata. Si tratta di una tecnica molto utile ai bambini, li aiuta a padroneggiare traumi e stress, a concentrarsi meglio nello studio, a socializzare.
D – Secondo la sua esperienza di insegnante, quali sono le fasce d’età più interessate allo Yoga?
R - I bimbi, anche se non tutti, manifestano in genere un grande entusiasmo, ma hanno sempre meno capacità di concentrazione e di attenzione, questo ci dice che ne hanno sempre più bisogno. Gli adolescenti sono una fascia d’età che difficilmente si avvicina, mentre tra gli adulti l’età media si abbassa decisamente. Una classe in genere può comprendere persone dai venti ai sessanta anni, ma l’età più presente secondo la mia esperienza in genere va dai trenta anni in su.
D – C’è differenza in questo senso tra uomini e donne?
R - Le donne sono sempre in grande maggioranza, perciò trovo molto coraggiosi gli uomini che partecipano a queste classi, la ricerca del benessere e della conoscenza, comprende la capacità di mettere in discussione quelle che chiamiamo certezze. Purtroppo gli uomini soprattutto in occidente, ancora hanno diffidenza e timore nei confronti di questo atteggiamento.
D – Potrebbe dire che lo Yoga le ha cambiato la vita?
R – Certo potrei dirlo, ma preferisco non farlo, credo che la vita la cambiamo principalmente con il nostro desiderio di venir fuori dalla sofferenza e da una visione passiva dell’esistenza. Lo Yoga è la vita stessa e solo quando non vediamo più separazione fra interiorità e universo esterno, scopriamo di essere cambiati.
A questo proposito, sono molto soddisfatta dei risultati raggiunti nell’ultimo corso che ho condotto in questi giorni a Merigar: il centro della Comunità Dzogchen sul Monte Amiata, ad Arcidosso. Si è trattato di vere e proprie vacanze Yoga: un momento per ritrovarsi con la famiglia, per chi ne ha una, o per regalare a se stessi un momento speciale, fuori dalle dimensioni caotiche delle città o delle località marine prese di mira in estate, per immergersi nella pratica intensiva a contatto con la natura, che qui ha ancora un sapore un pò selvaggio. Mentre gli adulti possono praticare la meditazione e lo Yantra Yoga, i bambini seguono le classi di Kumar Kumari e laboratori creativi strutturati per dare continuità espressiva e creativa ai più piccoli, attraverso un percorso di condivisione con il gruppo e in rapporto diretto con la natura, una natura da rispettare che rimane sempre, per grandi e piccoli, la più grande maestra di vita.
Sicuramente il carattere di una persona è in grado di determinare il suo destino. Non v’è decisione, dalla dichiarazione di guerra alla scelta del pasto giornaliero, che non passi attraverso il carattere della persona. Gandhi diceva Sii il rinnovamento che vorresti nel mondo, ma cambiare il carattere delle persone, rinnovare se stessi, è la cosa più difficile dell’universo perché richiede una costante e forte volontà di mettere in discussione e superare i propri punti di vista.
Le nostre convinzioni, le ostinazioni sui nostri principi, la mancanza di umiltà, la volontà di doversi giustificare ad ogni costo ad ogni critica, ad ogni divergenza di vedute, sono il nostro peggior nemico. Anche la persona più importante con un carattere ostico e permaloso è destinata ad essere evitata, esclusa, o al limite sopportata. E a causa di un cattivo carattere spesso succede che per un’inezia si rovini un’amicizia, un affetto, una buona relazione, un amore.
Quando nel dialogo occorre la massima attenzione per non urtare le opinioni dell’altro significa che occorre lavorare ancora su se stessi per liberarsi dalla prigionia dei propri limiti. Vi sono persone alle quali è possibile rivolgere solo parole di apprezzamento: qualunque appunto o critica bonaria viene interpretata come on’offesa fino a far vacillare o a volte cancellare un affetto che magari dura da anni disconoscendo il 99% che di buono e di positivo c’è stato tra le parti. Ma coloro che occorre trattare con i “guanti bianchi” si accontentano della maschera e non sapranno ciò che realmente gli altri pensano di loro. L’amore vero, l’affetto vero, l’amicizia vera, se è tale si manifesta apertamente in ogni circostanza, con garbo, gentilezza e gratitudine ma senza la paura di essere malintesi.
La nostra vera natura non è quella che si manifesta nelle circostanze di un contesto favorevole in cui c’è armonia di relazione e condivisione di idee: è nella prova, nella provocazione, nell’insulto, nell’offesa, nella critica ingiusta, nella mancanza di rispetto, magari nella derisione, nel tradimento della fiducia, nella privazione di un bene o di un diritto che si manifesta il nostro vero carattere. Ed è meglio non fare il bene se non si è disposti a sopportare l’ingratitudine.
La reale consistenza di un muro si può verificare solo nel momento in cui si cerca di abbatterlo. In ognuno di noi si nasconde un santo e un criminale, ma è la provocazione che fa emergere l’una o l’altra nostra vera natura, quello che realmente siamo.
Avere un bel carattere, disponibile al dialogo, capace di mettere in discussione la propria visione delle cose, le proprie certezze, essere aperti al dialogo e all’innovazione questo è il bene più prezioso di una persona per chi ha la fortuna di vivergli accanto; ma una persona permalosa, litigiosa, inflessibile è sicuramente motivo di tensione e discordia.
Credo che la vita ci dia ogni giorno la possibilità di migliorare noi stessi e questo è possibile solo se, attraverso un giusto e salutare esame di introspezione, siamo disposti a mettere in discussione le nostre chiusure, i nostri personalismi.
Ognuno di noi è un universo a se stante, diverso da ogni altro, più o meno in armonia con se stesso e con il contesto naturale, ma il metro di verifica è se il nostro modo di essere torna o no a beneficio di se stessi e della comunità. Quindi la domanda da porsi è: se tutti avessero il mio carattere il mondo sarebbe migliore o peggiore? Credo che in noi vegan/universalisti alberga una coscienza più vasta, un’etica più profonda, un senso di giustizia più ampio del comune sentire, per questo abbiamo l’obbligo morale di essere di esempio, in ogni circostanza.
Spesso il modo più efficace di aiutare gli altri, e rendere migliore il mondo, è quello di cambiare se stessi.
“Quando l’uomo si interessa del tutto è più attento ai problemi di una parte di esso”. (Porfirio)
Nulla di ciò che esiste resta allo stato evolutivo iniziale: è spinto dalla legge naturale verso la sua crescita, la sua completezza, la sua realizzazione, la sua maturità fisica, mentale e spirituale e che consente lo sviluppo delle qualità potenziali di ogni essere vivente. I “talenti” che ognuno di noi ha fin dalla nascita per fattori genetici, sono poi condizionati dall’ambiente, dal livello culturale, morale, spirituale della famiglia e dal contesto in cui si vive. Per mezzo della volontà e del libero arbitrio ognuno è chiamato a sviluppare e a far fruttare i “talenti” iniziali. L’inettitudine, l’inerzia, l’apatia, l’indifferenza impediscono lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo.
Se una persona è travolta dai suoi singoli problemi, se non è libera dentro, se è succube del suo personalismo, condizionato dalle tendenze dominanti, delle sue manie, dalle sue debolezze, non può dare nulla di buono a se stesso e agli altri: come potrebbe dare ciò che non possiede se è lui ad aver bisogno di sostegno?
Solo quando una persona sviluppa una personalità armonica con se stessa è in grado di interagire armonicamente nel sociale. Solo quando un individuo si impegna a superare i propri limiti tende alla realizzazione integrale di se stesso e dà il meglio delle sue possibilità personali.
Si è credibili solo quando si è coerenti nei propri principi e nel proprio ideale di giustizia. La coerenza e l’esempio sono componenti imprescindibili per chi spera in un mondo migliore. “Essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo” diceva Gandhi. Non puoi pretendere dagli altri ciò che tu stesso non vivi. Non puoi pretendere giustizia e onestà se tu non sei giusto e onesto; non puoi sperare nel rispetto per le regole se tu le infrangi.
Occorre passare dalla coscienza individuale alla coscienza collettiva, capire che i problemi di ognuno incrementano i problemi del contesto in cui si vive. Capire che ognuno di noi è parte inscindibile di una realtà in cui nessuno è separato e in cui nessuno può vivere senza interagire: vivere per se stessi, assorbiti dalle proprie problematiche, significa consegnare nelle mani di chi ha interesse a conservare l’attuale stato di cose. Occorre superare la tendenza a scindere la propria responsabilità personale da quella della società in cui vive.
Interessarsi della propria crescita personale significa curare lo sviluppo armonico della 4 fondamentali componenti dell’entità umana: fisica, mentale, emozionale e spirituale. La felicità personale è direttamente proporzionale al superamento dei propri limiti e allo sviluppo simultaneo, simbiotico e bilanciato del nostro benessere fisico, della nostra intelligenza, del nostro senso critico positivo, dalla sensibilità del cuore e dal riferimento oggettivo ad un ideale superiore.
I valori fondamentali dell’individuo non si improvvisano e in questo la famiglia, la scuola e lo Stato hanno una diretta responsabilità della quale non possono sottrarsi. I bambini non vengono educati all’amore, alla pace, ma al materialismo, alla competizione, all’indifferenza, all’edonismo.
Ciò che realmente occorre è rendere migliore l’uomo per migliorare i meccanismi, i sistemi, il mondo. In futuro l’Universalismo sarà la sola via da percorrere; il sincretismo delle grandi dottrine: il biocentrismo è ciò che renderà responsabile l’individuo verso la Natura e che gli consentirà si superare la visione antropocentrica della vita.
Deve nascere in ognuno di noi la consapevolezza che l’umanità è una sola famiglia, che gli animali sono diversi da noi solo nella forma fisica, che tutti respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua, ci nutre la stessa terra: un sangue rosso scorre nelle vene di tutti. Ma quando una parte del Tutto è ferita o sofferente è l’intero organismo che è in pericolo di vita. Siamo parte di un tutt’uno. O ci salviamo tutti o nessuno.
Sta nascendo una NUOVA COSCIENZA UMANA, UNA NUOVA ETICA che valorizza le possibilità dell’animo umano rendendo ognuno artefice del proprio destino e pone le basi di una umanità finalmente libera dalla violenza, dalla malattia e dal dolore.