L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Spirituality (81)


 
Franco Libero Manco
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Fra i tanti piccoli e grandi tesori della letteratura filosofico-religiosa di ogni tempo, credo che un posto di particolarissimo rilievo dovrebbe essere riservato al testo del Dharmapada (in lingua sanscrita) o Dhammapada (in lingua pali), presente all’interno di quell’ immenso contenitore che è il Canone Buddhista. Un testo che, nonostante le innumerevoli differenziazioni di correnti e di scuole prodottesi col fluire degli anni (già nel secondo secolo dopo la morte del Buddha si registravano ben 18 varietà dottrinali!), è pressoché universalmente ritenuto una sorta di vero e proprio distillato del pensiero filosofico e del messaggio etico-soteriologico buddhisti. E ciò, nonostante risulti oggettivamente impossibile ricostruire in maniera perfettamente fedele l’autentico pensiero di Gautama: nulla egli scrisse di suo pugno e, prima della stesura scritta delle sue parole, ebbero a trascorrere interi secoli di intensa tradizione orale.

All’interno delle numerose tematiche affrontate nel testo, mi limiterò a soffermarmi soltanto su alcune di esse, dall’ indubbia rilevanza:

  • la centralità del piano mentale non soltanto nell’interpretare e valutare la realtà, ma nella stessa costruzione di questa;
  • la rigorosa correlazione sussistente fra tutto ciò che in noi nasce e si riversa al di fuori di noi e quello che è il fluire della nostra coscienza e della nostra esistenza;
  • il primato di un’ etica “autonoma” (indipendente, cioè, da intercessioni salvifiche, “grazie” e miracoli soprannaturali, mediazioni sacerdotali, ecc.), fondata sulla conoscenza di sé e sulla razionale consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti di tutto ciò che vive.

Già in apertura del testo, ci imbattiamo in alcuni versetti che contengono sinteticamente tutti questi concetti:

1. Gli elementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento essenziale e sono costituiti di mente.

Chi parli oppure operi con mente corrotta, lui segue la sventura come la ruota segue il piede (dell’animale che traina il veicolo).

Chi parli oppure operi con mente serena, lui segue la felicità come l’ombra che non si diparte.

(Capitolo primo, Yamaka vagga, Canone Buddhista, a cura di Pio Filippani Ronconi, UTET, Torino 1976)

La mente umana, secondo questa prospettiva, non è destinata ad essere mera spettatrice e osservatrice passiva di un mondo che sussiste in maniera del tutto svincolata rispetto ad essa, ma è chiamata (come ci diranno anche Protagora e Kant), a porsi come centro gravitazionale di una realtà che si modella perennemente in rapporto alle nostre scelte, al nostro essere e al nostro voler essere, e che, proprio da tali scelte, acquisisce senso e valore.

E, al contempo, neppure la realtà è qualcosa di statico. Non è, cioè, oggetto passivo del nostro conoscere e del nostro agire, ma, modellandosi sulla base del nostro pensiero, si relaziona a noi in maniera consequenzialmente coerente, presentandosi a noi certamente come nostra creatura, ma anche come severa forza creatrice dialetticamente incombente sul nostro cammino.

Sta a noi, quindi, decidere in che tipo di mondo vivere.

In un mondo, cioè, dove i nostri pensieri e le nostre azioni colmeranno, goccia dopo goccia, la giara della nostra coscienza e del nostro cammino con marasmi egocentrici impregnati di rivalità, ostilità, odio, desiderio di potenza e di vendetta, oppure in un mondo in cui regnino sovrane le virtù della maitri (amorevole benevolenza), della karuna (compassione), e della mudita (gioiosa letizia).

E a ciascuno di noi spetta la scelta di intraprendere o meno un sentiero di purificazione della propria mente, di progressivo distacco dalla dimensione desiderativa, di apertura del proprio cuore verso tutto ciò che soffre.

A ciascuno di noi spetta di scegliere come modellare il proprio destino: continuare a scivolare sul mondo, come l’uomo “che coglie i fiori” e che viene portato via dal flusso del divenire come un fiume straripante travolge un villaggio addormentato, o rapportarsi alla realtà come l’ape che sa raccogliere il succo dei fiori senza arrecare alcun danno. Come chi vive nella distrazione e nella ricerca mai appagata dei piaceri, o come chi, messi da parte ogni aspro giudizio e ogni risentimento nei confronti dei torti altrui, tutto si concentra sul significato e sulle conseguenze del proprio agire, simile a un fiore magnificamente colorato che diffonde il profumo delle sue virtù anche controvento (Capitolo IV, 47-54).

Come chi, volendo la propria felicità, non si fa scrupolo di colpire esseri che bramano anch’essi la felicità, e che, vivendo come in una bolla d’acqua, si immerge nella sola dimensione dell’avere, oppure come chi, rallegrandosi per la virtù del donare, riesce ad alzarsi in volo come uccello sfuggito alla rete (Capitolo XIII, 170-177).

Dalla lettura del testo (accessibile anche a coloro che non godono di particolare familiarità col mondo culturale dell’antica India), emerge in maniera evidente come l’intento della predicazione del Buddha sia stato, prima di tutto (come ha ben colto il Radhakrishnan), quello di conferire all’impegno etico e al problema della salvezza un posto di assoluta centralità, liberando il territorio della riflessione e della ricerca dalle “pedanti distinzioni delle astruse metafisiche”, “dall’ abitudine del questionare senza posa” e dal “raffinarsi della ragione nelle sottili dispute delle sette” (La filosofia indiana, Einaudi, Torino 1974, p. 360). Facendo in modo che la caoticità dominante in sede di dibattito teoretico non finisse più per adombrare ed inquinare l’ambito della coscienza etica. E ciò affidandosi non certamente al principio di autorità, bensì esortando sempre ad una personalissima assunzione di responsabilità e attingendo forza e sostanza non da formule sacerdotali e magici rituali, ma dall’esame lucido della realtà, dal rigore della logica e dalla acutezza delle conoscenze di natura psicologica.

Il cammino della salvezza, infatti, liberato da superstizioni e scetticismi, è qualcosa che riguarda unicamente il singolo individuo.

La dottrina proposta non si dovrà mai basare su dogmatismi inverificabili: il Buddha a tutti dice di “venire a vedere con i propri occhi”, ponendosi egli non come un Salvatore-Liberatore, ma come chi desidera insegnare il modo per potersi liberare con le proprie forze.

Quando Ananda, il discepolo più vicino al Buddha, gli domandò come comportarsi, in futuro, nell’organizzazione e nella gestione della comunità monastica, ricevette la seguente risposta, che, assai emblematicamente, racchiude lo spirito autentico della saggezza buddhista, efficacemente espressa in tutto il testo del Dharmapada:

“Siate voi stessi la luce che v’illumina;

siate voi stessi il vostro rifugio;

non ricorrete ad alcun rifugio esterno; attenetevi fermamente alla verità come a un rifugio;

non cercate rifugio in nessuno, all’infuori di voi stessi.” (ivi, p. 431)

SATHYA SAI BABA RISPONDE.

DOMANDA: "in questo cambiamento spirituale che sta accadendo, qual é il ruolo dell'Italia?"
SAI BABA:
"Se l
ʼ Italia non si é ancora fatta a pezzi, é per via delle benedizioni dei grandi santi.
Questa é la terra di Dio.
Questa é la terra dei santi.
Tutti loro non sono andati da nessuna parte. Sono tutti quì, vi proteggono, sono qui a dirvi la verità.
Ci Saranno momenti molto gloriosi Più avanti e Cio che sta per Accadere nel futuro e che potrete testimoniare Nella Vostra vita è di gran lunga al di là di Quanto SIA mai accaduto nella storia dell
' umanità.
Questo tempo meraviglioso è davanti a noi. Siate preparati.
Siate fiduciosi.
In tempi a venire, la Divinità in ciascuno sorgerà e molte persone in tutto il mondo predicheranno la verità che tutti sono Uno.
Coloro che non riusciranno a capire questa verità periranno, proprio come le piante muoiono quando le stagioni cambiano.
Coloro che seguono il percorso del dharma (cioè della giustizia) saranno protetti dal dharma.
Verrà un momento in cui in tutto il mondo ci sarà soltanto una religione:
la religione dell'amore.
Le persone saranno stufe della meschinità, dell'egoismo, dell'avidità e dell'odio e porranno fine a tutto ciò.
Si sveglieranno alle necessità del mondo e diventeranno altruiste, poiché il futuro non gli lascerà scelta.
In futuro, non ci sarà spazio, opportunità od occasione per gli egoisti, in quanto essi periranno come risultato delle loro stesse azioni, senza l'intervento di nessun altro.
Se non si adatteranno al futuro, andarsene, proprio come gli alberi periscono quando la stagione cambia, secondo la legge dell'evoluzione.
L
ʼ evoluzione è l'unica via. Il futuro è per il Divino, non per chi è semplicemente umano. Se non vi eleverete per diventare divini, non sarete adatti al futuro.
Le campane che suonano per annunciare questa nuova era sono al contempo campane d'allarme, perché vi ricordano quanto ancora deve essere fatto: sì, sono un promemoria. Perciò, questi sono tempi che offrono molte opportunità. Dovete cambiare in meglio.
Vi sto spaventando?
Non c'è nulla di cui aver paura.
Questi esami ci devono essere: alla fine dell'anno tutti devono supportare gli esami. Perché avere paura quando l'insegnante è con voi e sta insegnando?
Se ce la mettete tutta, imparerete la materia e passerete facilmente tutti gli esami.
Questi cambiamenti avverranno nei prossimi anni e molto rapidamente.
Dal 2020 al 2027 ci saranno dei cambiamenti rilevanti nel modo di pensare e nel modo di vivere della gente.
Ogni cosa andrà incontro a uno straordinario mutamento.
Ciò che potrebbe apparire come distruzione e annientamento è in realtà un processo di purificazione e ricostruzione.
Srishti, sthiti, laya (creazione, conservazione e distruzione) sono tutte parti dell'opera di Dio.
Dovete rimuovere le erbacce affinché possano crescere l'albero.
Il mondo deve subire un cambiamento improvviso di grande entità.
Questi sono i dolori che bisogna subire, i dolori del parto, per far nascere la Nuova Era.
Succederà. Nessuno può fermarlo, né può evitarlo, perché non c'e
ʼ scelta, fa parte del piano.
Se seguite il piano, sperimenterete la felicità; se resistete, sperimenterete la sofferenza.
Vedrete.
Generalmente, ogni volta che predico qualcosa la gente non comprende,
in quanto non l'ha mai visto prima e non sa cosa possa essere.
Tuttavia, gradualmente, anno dopo anno, veder il cambiamento.
Siate felici di essere testimonianze di un racconto Era. Non accade spesso.
Tutti saranno divini, traboccanti di energia divina, vibranti di amore divino.
Così diventerà il mondo intero.
Non ti preoccupare.

Il futuro dell'Italia é al sicuro, ma il futuro non é come ti aspetti che sia.
Il progresso non é al di fuori, ma é dentro.
Questa terra non sta per perire.
Coloro che non insieme questi allo spirito di questa terra, sì che periranno.
Coloro che sono dharmici e spirituali continueranno a prosperare.
Quando l
ʼ Età dell ʼ Oro albeggerà, alcune piante sopravviveranno, alcune piante periranno.
Alcune persone passeranno alla nuova era, alcune persone se ne andranno, poiché questa è l
ʼ ora più buia prima dell'alba.
C
ʼ e ʼ così tanta irrequietezza nel mondo, ma questo va solo a profondamente che l ʼalba sta per arrivare presto; così Io vado in giro a parlare del grande messaggio di amore e di servizio, che vi aiuterà a sbarazzarvi delle vecchie abitudini di egoismo e attaccamento e vi aiuterà ad evolvervi nella nuova era.
Quindi, sì, è necessario preoccuparsi per tutti gli altri, ma in primo luogo, guardate dentro e vedete in che misura vi siete evoluti."

Non condivido queste parole come seguace di Sai Baba ma so che ogni persona che ha toccato una certa qualità spirituale non può che riconoscere il valore evolutivo storico-sociale spirituale politico strategico creativo dell'Italia al cospetto del mondo così come non si può ignorare la problematica di tutti gli ebrei per i ritardi che stiamo vivendo per colpa di un popolo che non vuole riconoscere il Cristo.

Ci sono moltissimi passi in cui Rudolf Steiner già all'inizio del secolo parlava della funzione organica dei piccoli stati come dei piccoli organi senza i quali però la vita non è possibile; non si tratta più di un dominio territoriale numerico ma di una contingenza qualitativa di relazioni karmiche e spirituali con le verità soprasensibili di cui l'unica scienza capace di parlare in questo momento è la scienza dello spirito.

Credo che lo scopo dell'esistenza umana sia quello di arrivare  ad essere liberi da condizionamenti mentali, culturali, da tradizioni  sbagliate, da assurde superstizioni; liberi dall'egoismo, dal rancore,  della critica disfattista, dalla maldicenza, dall'invidia, dal carattere  impulsivo, dalle proprie stranezze e debolezze; insomma da tutto ciò che di  inopportuno sfugge ad al controllo razionale ed emotivo. Il fine è quello di  rendere l'individuo padrone del proprio destino, del proprio bene, della  propria felicità, consapevole che il nostro equilibrio e la nostra  serenità dipende dagli altri non si è veramente liberi e non si ha attuato  lo scopo dell'esistenza . Insomma, quanti più vincoli e catene ha il nostro essere tanto meno siamo completi, realizzati e felici.

 

           La libertà di se stessi non si ottiene dall'appagamento dei  propri impulsi ma dal dominio degli stessi. L'incapacità di dominare  un'offesa, un'accusa, un'ingiustizia, un torto subito, un desiderio  sfrenato, ingiusto e dannoso, indica che non si è padroni della propria  mente, del proprio cuore, delle proprie emozioni, del proprio corpo .

 

           Ma nulla è più plasmabile dell'animo umano. La qualità dei  pensieri da ciò che si mangia e dalla volontà di lasciarli permeare  dalla legge del cuore. Ragione e sentimento sono compenetrabili e la  volontà è il mezzo attraverso cui è possibile plasmare la sfera del  sentimento. Ed io rivendico la superiorità del sentimento sulla ragione.

 

Dunque, la natura umana è modificabile spostando la volontà verso la  dimensione del cuore. La ragione, staccata dal sentimento è sterile, produce  pensieri senz'anima, egoistici, predatori. Per questo, a mio avviso, è  fondamentale promuovere la cultura del sentimento come ciò che è mancato e  che ancora manca alla cultura umana; una cultura che concorda all'individuo  di realizzare integralmente se stesso e, di conseguenza, rendere migliore  questo mondo.

 

 

AFORISMI

All'origine di ogni conquista sta il dominio di se stessi 

Nel dubbio, prima di ogni azione, segui il cuore più che la mente 

Ogni giorno la vita ti rinnova la possibilità di essere migliore 

Supera le tue chiusure, le ostinazioni, le debolezze e cerca di non fare mai

lo stesso errore 

Il buon carattere apre tutte le porte 

Il solo modo per essere felice è quello di essere migliori 

I momenti difficili, le prove sono il mezzo per superare i propri limiti 

E' la prova che rivela la nostra vera natura 

Equilibrio e moderazione sono sempre sinonimo di forza 

Fuggi la lite, la provocazione, la volgarità, la violenza, 

anzi prodigati per ristabilire la pace e l'armonia 

Non è la vittoria sugli altri ciò che conta ma il trionfo su se stessi

I TRE PRINCIPALI OSTACOLI AL PROGRESSO CIVILE, MORALE E SPIRITUALE DELL'UOMO   

 

Tre sono i principali ostacoli al progresso che apre alla cultura del bene, dell'intelligenza critica positiva, dell'etica universale: i mezzi di informazione di massa al servizio delle grandi lobby agroalimentari / zootecniche / chimico / farmaceutiche, la medicina sintomatologica e l ' insensibilità umana originata dalla visione antropocentrica. Tutti e tre contribuiscono a frenare l'evoluzione integrale dell'uomo.

 

I mass media condizionano la mente della popolazione rendendo indispensabile ciò che è sempre stato superfluo, spingendo la gente a consumare prodotti propagandati come necessari e benèfici mentre sono un vantaggio solo delle grandi lobby e spesso causano danno alla salute delle persone e del pianeta. I mezzi di informazione che dovrebbero contribuire al vero progresso culturale, morale e spirituale della popolazione, sono improntati a dare al popolo quello che il popolo (condizionato) chiede, non quello di cui ha realmente bisogno, favorendo la società dell'apparenza, dell 'esteriorità, dell'immagine, del cattivo gusto, della volgarità. Propongono violenza, sesso, arrivismo, edonismo, senza curarsi del danno che procurano. Quanto più un popolo è ignorante, affamato e bisognoso di protezione tanto più è vulnerabile e facilmente manovrabile. La medicina sintomatologica considera la malattia un fatto ineluttabile; interviene sui sintomi; non cerca di rimuovere le cause e autorizza implicitamente a persistere nei cattivi stili di vita e negli errori alimentari assoggettandolo passivamente alla cure farmacologiche che spesso causano effetti iatrogeni (naturalmente senza disconoscere il grande contributo dalla medicina in tutti i casi di urgenza ed in fatto di chirurgia ). Un meccanismo che asseconda le aspettative del popolo inerte e bisognoso di avere buone notizie sulla propria cattiva condotta; un popolo che esige dal medico la pillola che consente di non rinunciare alle abitudini indotte dal sistema. Il medico tende a sottovalutare l'importanza dell'alimentazione mentre questa è in grado di condizionare non solo la salute del corpo ma della mente e della coscienza.

 

Il vero medico dovrebbe operare per prevenire più che curare, correggendo gli errori e gli stili di vita delle persone. La mancanza di sensibilità umana, che trae la sua origine nella cultura antropocentrica e autorizza l'essere umano a dispone di un suo vantaggio di ogni altra forma di vita; lo inclina alla logica della supremazia del forte sul debole, al fine che giustifica i mezzi, al deprezzamento del valore della vita e delle differenze in natura, e all'indifferenza verso la condizione dell'altro; questo preclude i valori di compassione e condivisione imprescindibili per una società umana giusta, civile e solidale.

 

Quel che succede nel mondo è la sommatoria del livello evolutivo dell'intelligenza e delle coscienze individuali. Se ciò che rende l'uomo capace di compiere il male, di usare violenza e commettere ingiustizie di qualsiasi natura, è la mancanza di compassione, l'incapacità di immedesimarsi nella vittima e di condividere le esigenze vitali; questo lo abitua all'accettazione passiva della guerra, alla morte per fame e malattie di milioni di persone ogni anno nel mondo, all'uccisione di miliardi di animali nei mattatoi, nei laboratori di vivisezione, nei boschi, nei mari… rallenta, ostacola il vero progresso integrale dell'uomo.

Si ha l'impressione che l'umanità sia giunta ad un bivio, ad un punto  cruciale della sua storia; la sensazione che tutto sia fragile, precario,  incerto, di essere come sul filo del rasoio in cui da un momento all'altro  tutto potrebbe precipitare. I delitti si manifestano in modo sempre più  numerosi e agghiaccianti. La povertà dilaga, la fame e le malattie  imperversano, l'economia vacilla, la natura cade sotto la scure degli  interessi economici, l'inquinamento ci impedisce di respirare, i media, al  servizio di una cultura decadente improntata sul profitto, sull'apparenza e  sulla volgarità, destabilizza le nuove generazioni e genera incertezza,  paura, edonismo, povertà morale, ignoranza, maleducazione, volgarità,  isolamento.

La crisi che si sta vivendo non è politica, sociale, economica, o culturale:  è crisi di ideali, di valori e mette sotto accusa la coscienza umana, la  mancanza di punti di riferimento, di giustizia sociale, di onestà  individuale, di apertura alla collaborazione, della responsabilità personale  verso la collettività; valori che non si improvvisano.

Non basta dire giustizia, diritti, per avere giustizia e diritti. Non basta  elencare ciò di cui ha bisogno l'essere umano per uscire dalla crisi, dal  pantano: se non c'è una forte volontà politica a livello nazionale e  mondiale, di un progetto capillare di educazione delle masse ai valori  fondamentali della vita, della pace, della giustizia sociale, all'onestà  saremo condannati a permanere in questo stato di cose, con prospettive poco  rassicuranti.

Tutto questo è l'effetto di un'umanità malata, smarrita, stordita,  perché ha trascurato la componente fondamentale della sua natura: la sua  dimensione etico / spirituale. Che è come aver dimenticato di mettere il  carburante nell'automobile per poi chiedersi perché non cammina.

Dare valore allo spirito significa dare ascolto alla propria coscienza; significa credere nel bene collettivo che passa attraverso la vera maturità  di se stessi: un cambio di stile di vita e di scelte personali; significa  credere nella dimensione a venire in cui il bene avrà il sopravvento sulla  disarmonia, sul materialismo e sull'interesse di parte; significa credere  nello spirito cosmico che tutto vivifica, che tutto pervade e spinge tutti  gli esseri verso la loro evoluzione; significa dar valore alle cose che non  passano con la vita; significa identificarsi e incarnare in se stessi  quell'ideale che vorremmo si realizzasse in questo mondo. Il resto è  demagogia.

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“Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova guidato da  coppieri che gliene versano quanti ne vuole fino ad ubriacarlo, accade  allora che se i governanti tentano di resistere alle sempre più esigenti  richieste dei sudditi sono definiti tiranni. Ed avviene puro che chi si  dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è considerato un uomo  senza carattere, un servo; che i padri impauriti finiscono per trattare i  figli come pari e non sono più onorati; che i maestri non osano più  rimproverare gli scolari, che se ne beffano; e infine che i giovani  pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi e questi,  per non sembrare troppo severi, danno loro ragione. In un siffatto clima di  libertà, e nel nome della medesima, finisce che non vi è riguardo né  rispetto per nessuno. Allora, in mezzo a tanta licenza, nasce e si sviluppa  una mala pianta: la dittatura ”. (PLATONE da La Repubblica, libro VIII)

Non è vero amore quando si ama soltanto la nostra famiglia, i nostri amici,  chi ci è vicino; non è vero amore quando si ama solo una parte del tutto e  si è indifferenti alla condizione di chi è fisicamente lontano o diverso. Il  vero amore valica i confini del gruppo di appartenenza, di nazionalità, di  etnia, di cultura, di religione, di specie, e si espande sfericamente sino  ad inglobare nel suo sentire ogni cosa che ha vita. Ama veramente colui che  sa far sue non solo le sofferenze degli uomini ma chi sa sacrificarsi per il  bene anche dell'essere più umile senza aspettarsi lodi o ricompense.

Il vero amore è condivisione delle necessità del nostro prossimo universale  e non tollera distinzioni di forma o di contenuto; non si dona a seconda  della specie, del colore della pelle; non aspetta il manifestarsi della  necessità, ma accoglie, conforta, soccorre; non sopporta l'inerzia,  l'inettitudine, ma ama l'ultimo essere del mondo come fosse il figlio, il  fratello, il genitore.

Ama veramente colui che sa far sua la responsabilità del destino collettivo; colui che sa trattare con gentilezza e amore l'essere più umile della terra  come se da questo dipendesse il suo destino.

Il vero amore è cascata che frange gli steccati ideologici: scende  atterrando tutto quanto non è amore. Noi amiamo la Vita, di un amore  struggente ed inestinguibile, condividiamo il dolore e il dramma di ogni  vittima innocente che muore per malattia, ignoranza, fame o sotto la mano  violenta dell'uomo che spegne l'anelante desiderio di esistere di un essere  umano come di un vitello, un agnello, un coniglio. Per questo non è nella  nostra natura essere tiepidi, tacere, assolvere coloro che uccidono la  compassione, la civiltà, l'amore.

Nei confronti di papa Francesco, finiamo troppo spesso per trovarci di fronte a giudizi di carattere prevalentemente epidermico, che tendono ad enfatizzare le sue aperture più innovative, con tanti elogi e qualche deprecazione, a seconda dello schieramento ideologico di appartenenza.

Ad esaminare bene il suo pensiero, però, ci si potrebbe accorgere, senza eccessiva fatica, come i suoi slanci "rivoluzionari" non vadano mai ad intaccare i capisaldi della dogmatica cattolica né tantomeno a ridimensionare il ruolo irrinunciabile dell'istituzione ecclesiastica, che, anzi, vengono da lui costantemente difesi con papale vigore. E credo che nessuna questione riesca a far emergere in modo tanto evidente questa bergogliana opera a favore dell'ortodossia e della tradizione quanto quella relativa alla condanna (più volte espressa in questi ultimi anni) di quegli orientamenti soteriologici definiti come neopelagiani e neognostici. Condanna che, considerato il livello desolatamente basso di conoscenze e di interessi storico-filosofici, teologici ed anche catechetici di larga parte del mondo cattolico, è scivolata via rapidamente nelle cantine delle cose vecchie ed inutili, divenendo oggetto di commento e discussione soltanto per isolati ( e probabilmente ignorati) “addetti ai lavori”.

Ora, è mia intenzione dimostrare come proprio dall'analisi ragionata di simile condanna sia possibile meglio comprendere la complessità della figura di papa Francesco, nonché cogliere più appropriatamente la caratura di raffinato teologo, troppo spesso sottovalutata, se non addirittura trascurata.

La prima cosa che ritengo meriti di essere precisata è che la scelta di condurre attacchi tanto decisi alle cosiddette tendenze neopelagiane e neognostiche contemporanee non andrebbe intesa come qualcosa di carattere meramente periferico o erudito. Essa riguarda, infatti, il cuore profondo della autentica identità dottrinale del Cattolicesimo e scaturisce, pertanto, da una ben ponderata valutazione dei pericoli realmente presenti all’interno di tali tendenze.

Ma cosa si dovrebbe intendere per “neopelagianesimo” e per “neognosticismo”?

Secondo Bergoglio, si tratterebbe di orientamenti spirituali che, seppur in cornici culturali diversissime, verrebbero a riecheggiare e a riproporre tesi e comportamenti relativi al problema della salvezza fermamente giudicati come “eretici” (e come tali duramente combattuti) agli albori della storia cristiana.

Dice Francesco che pelagianesimo e gnosticismo hanno rappresentato e continuano a rappresentare “pericoli perenni di fraintendimento della fede biblica”. Pericoli che il pontefice scorge essere attualmente in via di diffusione non solo nel mondo laicizzato, bensì anche all’interno della stessa cristianità. 1)

Ma in cosa consisterebbero gli aspetti ereticali e quindi tanto allarmanti e deprecabili provenienti da queste due antiche correnti di pensiero religioso?

Roberto Righetto, dal pulpito del quotidiano cattolico Avvenire, sintetizza in maniera pregnante le fondamentali accuse pontificie:

Il neognosticismo esprime l’ideologia del “niente carne”, cioè la visione di un Dio che non si è incarnato; il neopelagianesimo invece del “niente Dio”, la concezione dell’uomo prometeico che dispone della propria esistenza contando solo sulla propria ragione.” 2)

Secondo Francesco, coloro che vivono (consapevolmente o meno) una religiosità di tipo neopelagiano-neognostico commetterebbero un grave errore per il fatto di voler condurre un cammino di “salvezza meramente interiore”:

il neopelagianesimo, in particolare, favorirebbe una visione di carattere individualistico, in cui il soggetto verrebbe a considerarsi “radicalmente autonomo” e quindi in grado di “salvare se stesso” senza riconoscere la sua dipendenza da Dio e senza avvertire il bisogno di una appartenenza ad una comunità di credenti; 3)

il neognosticismo, invece, praticherebbe una religiosità “rinchiusa nel soggettivismo”, pretendendo di elevarsi con il mero intelletto al di là del mistero dell’Incarnazione e confidando soltanto in determinate esperienze personali o in “una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti”. 4)

Per cui, entrambi gli orientamenti (rei di “immanentismo antropocentrico”) verrebbero a sfigurare “la confessione di fede in Cristo, Salvatore unico e universale”). 5)

L’errore capitale dei cosiddetti neopelagiani e neognostici sarebbe, quindi, di non comprendere che Gesù “non si è limitato a mostrarci la via per incontrare Dio, una via che potremmo poi percorrere per conto nostro, obbedendo alle sue parole e imitando il suo esempio”, ma si è offerto a noi, con il suo sacrificio redentore, allo stesso tempo, come “il Salvatore e la Salvezza”. 6)

E, nello stesso tempo, non comprenderebbero (o addirittura verrebbero a rifiutare) il valore e il ruolo basilare di “mediazione salvifica” della Chiesa, intesa come “luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù”. 7) Mediazione salvifica indispensabile per superare gli ingannevoli e vani (forse demoniaci?) tentativi di “autorealizzazione dell’individuo isolato” e di “fusione interiore con il divino”. 8)

Per Bergoglio, sia la visione individualistica, sia quella dell’autonoma ricerca interiore della salvezza sarebbero palesemente e pericolosamente in contrasto con la cosiddetta “economia sacramentale” predisposta da Dio in vista dell’umana salvezza.

La partecipazione, nella Chiesa, al nuovo ordine di rapporti inaugurati da Gesù avviene – leggiamo in uno dei paragrafi finali della lettera Placuit Deotramite i sacramenti, tra i quali il Battesimo è la porta, e l’Eucarestia la sorgente e il culmine. Si vede così, da una parte, l’inconsistenza delle pretese di auto-salvezza, che contano sulle sole forze umane- La fede confessa, al contrario, che siamo salvati tramite il Battesimo, il quale ci imprime il carattere indelebile dell’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, da cui deriva la trasformazione del nostro modo concreto di vivere i rapporti con Dio, con gli uomini e con il creato (Mt 28, 19). Così, purificati dal peccato originale e da ogni peccato, siamo chiamati ad una nuova esistenza conforme a Cristo (Rom 6, 4). Con la grazia dei sette sacramenti, i credenti continuamente crescono e si rigenerano, soprattutto quando il cammino si fa più faticoso e non mancano le cadute.” 9)

Ancora una volta, al di là delle felici aperture e degli apprezzabili atteggiamenti più tolleranti e più rispettosi verso le varie esperienze culturali, ecco che, quando ci si trova a ragionare in merito alla vera sostanza dell’esistenza umana e del suo destino, anche il magistero di un papa mite e talvolta bonario come Francesco finisce per apparire come quello di un coerente e intransigente capo di una Chiesa che teme per il suo progressivo indebolimento e che cerca con austera e categorica fermezza di porre un argine a quella che, probabilmente, si rivelerà come una tendenza inarrestabile: quella, cioè, sempre più presente anche negli stessi cattolici praticanti, a mettere sempre più da parte gli orpelli fideistico-mitologici (dal peccato adamitico all’Incarnazione del Verbo), teologici (in particolar modo le secolari elucubrazioni in merito al rapporto tra opere umane e Grazia divina) nonché, soprattutto, liturgico-sacramentali (con tutte le annesse valenze magico-miracolistiche).

Il timore di papa Francesco, in definitiva, è che misticismo e razionalismo di matrice teosofica (da sempre durissimamente combattuti da Santa Madre Chiesa con ogni mezzo, all’interno e al di fuori di sé) riescano a farsi sempre più strada all’interno della comunità cattolica, conferendo sempre maggiore spazio, valore e indipendenza ai singoli credenti, liberandoli progressivamente e irreversibilmente dalla fideistica obbedienza e sudditanza nei confronti di dogmi e gerarchie ecclesiastiche. Timore certamente fondato e, da parte sua, indiscutibilmente legittimo.

Ma sarebbe senza alcun dubbio auspicabile che la Chiesa Cattolica, sottoponendosi ad un rigoroso esame di coscienza, esaminasse con massima cura e senza apriorismi la vera natura e la genesi lontana dei tanto vituperati fenomeni di neopelagianesimo e neognosticismo.

Ponendosi con estrema onestà il seguente interrogativo:

siamo di fronte soltanto ad accomodanti degenerazioni new age , individualisticamente e lucifericamente anarcoidi, oppure a tentativi di far nascere (o rinascere), all'interno del proprio modo di essere cristiani, una religiosità più matura e responsabile, finalmente vissuta come scelta sincera, liberata da gabbie, timori ed anatemi, nutrita di sentita voglia di infinito e di universale amore per la Verità e per il Bene?

NOTA

  1. Lettera Placuit Deo , ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana, 3.
  2. www.avvenire.it/agora/pagine/pelagiani
  3. Ibidem
  4. Evangelium gaudium , 94.
  5. Placuit deo , 4.
  6. Ivi, 11.
  7. Ivi, 12.
  8. Ibidem
  9. Ivi, 13.
 
 Centenario della nascita di san Giovanni Paolo II

Com'è “tradizione” italiana si parla e si discute su tutto, anche e soprattutto sulle scemenze, tranne di notizie culturali di rivelante spessore internazionale.

Com'è oggi il caso del grande Simposio Internazionale sul Centenario della Nascita di Karol Wojtyla, SAN GIOVANNI PAOLO II che nell'immediatezza dei prossimi giorni, terrà le sue prime sedute costituenti online in mezzo mondo e quindi anche nella Capitale.

Scrive in data 8 gennaio: il "Blog dell'Editore" di Vik van Brantegem:

“Il Simposio internazionaleonline per celebrare il 100 ° anniversario della nascita di Karol Wojtyla“ Verso il futuro con San Giovanni Paolo II ”è strutturato in tre giorni di conferenza, ogni giorno con tre ore di riunione. L'incontro sarà internazionale e si svolgerà online con relatori provenienti da diversi continenti. Ogni sessione del webinar avrà quattro discorsi. Il primo giorno riguardante l'antropologia, il secondo giorno la famiglia e la società, il terzo giorno riguarda la vita della Chiesa e della fede.Dopo l'introduzione fatta in ogni sessione da una persona diversa e fortemente legata alla figura di San Giovanni Paolo II, ci saranno due presentazioni, poi una testimonianza di qualcuno che ha condiviso del tempo con lui ed è stato influenzato da lui, e poi altre due presentazioni. Alla fine ci sarà del tempo per il dibattito e la possibilità di fare domande anche da parte dei partecipanti provenienti da tutto il mondo. Per facilitare queste sessioni, ognuna sarà guidata da un moderatore.

Le sessioni si svolgeranno online il 15, 16 e 17 gennaio 2021, in Italia dalle ore 15.00 alle 18.00, in Polonia dalle ore 16.00 alle 19.00 e negli USA dalle ore 10.00 alle 13.00. È prevista la traduzione simultanea in polacco, italiano e inglese. "

Durante diversi incontri online “Verso il futuro con San Giovanni Paolo II”, il Comitato organizzativo (Prof. Mons. Piotr Mazurkiewicz, Prof. Don José Granados, Don José Maria Cortes, Prof. Don Pawel Galuszka, Mons. Duarte da Cunha, Sig .ra Urszula Miernik e Sig.ra Barbara Kupiec) è stato in grado di definire gli obiettivi desiderati e creare la bozza di un programma. Il sostegno dell'Arcivescovo Marek Jedraszevskiw e di alcuni esperti ha stimolato l'entusiasmo.

In questa prospettiva è previsto che in ogni sessione, oltre agli esperti, ci sarà un ospite speciale che ha condiviso la sua vita con San Giovanni Paolo II per dare una testimonianza personale.

Dunque un avvenimento culturale e religioso di grandissima portata, universale oseremmo dire, in special modo in questo terribile scenario di grandi disordini nel mondo ma soprattutto nella tragica pandemia che già ha seminato più di 3milioni di morti tra Europa, Usa ed Asia.

Organizzatori del Simposio, SER Marek Jedraszewski, Arcivescovo metropolita di Cracovia; Michal Drozdz, Facoltà di scienze sociali, UPJP II; Michal Gierycz, Dipartimento economico e sociale, UKSW; Livio Melina, Progetto Fondazione Veritas Amoris; Pastorale delle Famiglie del Patriarcato di Lisbona, organizzatori anche un po 'dispiaciuti della scarsa attenzione all'evento della stampa italiana, tutta presa invece dalle solite beghe nate tra le “conventicole” politiche.

Ma certamente non è l'unica “disattenzione” tutta nostrana.

Ci ritorna subito alla mente il viaggio pastorale del buon Papa Francesco il 16 marzo 2018 a San Giovanni Rotondo per ricordare a tutti che il 1918 fu l'anno della Stigmatizzazione del Santo Frate Padre Pio da Pietrelcina. Dunque di un Centenario di portata mondiale vista l'immensa vastità della sua platea di devoti.

Ebbene giunti alla data del 23 settembre 2018 i frati cappuccini di San Giovanni Rotondo preferirono celebrare il 50 ° anniversario del Santo nel giorno della sua morte, più che il 20 settembre, quello della stigmatizzazione. Una scelta di cattivo gusto ma certamente non meno di quella di vedere “oggi“ alcuni maggiorenti dell'ambiente cappuccino parteggiare per la beatificazione di Don Umberto Terenzi, colui che proprio con alcuni frati cappuccini, collusi con lo scandalo Giuffrè, furono gli artefici dei “ Microfoni ”nel confessionale del Santo Frate.

Se è vero, come è vero ... quando nell'ultima Cena Gesù divise tra gli apostoli il pane ed il vino a simbolo della nascita della Chiesa, è pur vero che già lì qualcuno, un apostolo non rispettò le regole del Maestro.

Come non si può separare il corpo dallo spirito, non può essere  separato la fiamma dal calore, il fiore dal suo profumo. C'è chi dà più  importanza alla bellezza formale del fiore, chi al suo colore, chi al suo  profumo. Ma la sua forma, il suo colore e la sua fragranza sono un'unica  cosa: l'una non può esistere senza l'atra, affinché il fiore sia tale.

L'unità è sterile, fecondo è solo il dualismo: è la differenza simbiotica  ciò che genera la vita. I valori morali, culturali, spirituali, scientifici  si arricchiscono al contatto con realtà differenti. Tutto ciò che è  parziale, settoriale è per sua natura incompleto: avere una tale visione  della realtà limita la percezione delle cose, e questo genera esclusioni,  razzismi, specismi, rivalità, guerre. Tutte le visioni parziali si sono  rivelate tanto più perniciose quanto più avevano la presunzione di essere  preminenti sulle altre.

Armonizzare le forze eterogenee nell'obiettivo del bene comune,  la pace, la giustizia, l'evoluzione, l'amore, questo è il primo,  fondamentale scopo della vita e ciò che rende l'esistenza dell'uomo degna di  essere vissuta.

Io sono ricco in virtù della presenza degli altri e delle cose  che mi circondano. Se fossi solo non conoscerei che me stesso e non potrei  evolvere. Ogni persona ed ogni cosa influisce sulla mia vita e ricevuto  al mio arricchimento interiore per mezzo dell'esperienza che acquisisco  nell'interazione. Come una persona è tanto più padrone della sua lingua  quanti più vocaboli conosce, così è tanto più ricco interiormente quante più  esperienze positive ha potuto sperimentare.

Ma io non percepisco che una piccolissima parte dell'insieme:  l'insieme mi condiziona through la sua unità e il suo singolo componente.

L'importanza del “tutto” è data dal singolo elemento che lo compone,  altrimenti sarebbe come dire che ha valore il mucchio non il singolo chicco,  la foresta non il singolo albero, il popolo non la singola persona. Il  dirigente di un ente è importante quanto la donna delle pulizie perché l'uno  senza l'altro l'azienda non potrebbe funzionare. Il musicista quanto il suo  strumento musicale: l'uno senza l'altro nessun concerto potrebbe essere  realizzato.

Come il contesto influenza e condiziona il mio comportamento e  la mia vita così il mio modo di essere influenza e condiziona il mio  prossimo, perché gli altri ed io siamo la folla dei viventi, siamo la vita.

Se io violento o uccido qualcuno in sostanza sto violentando e uccidendo una  parte di mia famiglia, di me stesso, sia perché nell'azione malvagia  sto facendo peggiore la mia coscienza e sia perché nei confronti del  contesto e della vita mi esprimo in modo negativo, lesivo, disarmonico.

Non v'è pensiero o azione che non abbia i suoi effetti  universali, “Non si può cogliere un fiore senza turbare le stelle”. Una  buona azione influenza il mio vicino e lo induce ad essere anch'egli più  disposto alla bontà e più disponibile nei confronti degli altri. Per contro  un'azione egoistica, cattiva si ripercuote negativamente non solo sulla

vittima ma su tutti generando malcontento, rabbia, autodifesa e quindi  disarmonia.

L'interdipendenza è la realtà a cui sono legate  indissolubilmente tutte le cose: essere in sintonia con il proprio contesto  aiuta al funzionamento armonico del tutto; a pprezzando il valore delle  diversità si apre la mente e la coscienza a considerare ogni cosa come  membra dello stesso organismo, tessere del medesimo mosaico, nota della  stessa sinfonia: condizione che consente alla terra e all'universo di  esistere.

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