L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Ieri verso le 15 mi hanno arrestato all'aeroporto di Istanbul senza fornirmi alcuna spiegazione. Ero in transito per imbarcarmi su un volo interno diretto nel sud est anatolico. Sono una giornalista free lance in Turchia per seguire le elezioni del 14 maggio dal kurdistan turco. Ero insieme a una delegazione di osservatori elettorali, rappresentanti sindacali, cobas, giuristi ed esponenti dell'associazione 'No Bavaglio'. Al controllo passaporti mi hanno fermato e impedito di prendere il volo interno per Mardin. Mi hanno perquisita, sequestrato passaporto, medicina ei prodotti per l'igene personale. La polizia mi ha rinchiuso per circa 5 h in una camera di sicurezza interna all'aeroporto.Mi hanno preso le impronte digitali e fatto le foto segnaletiche. Non mi hanno dato nessuna motivazione del perchè mi abbiano fermata e “Deportata” come si legge dal verbale della polizia per che mi hanno costretta a firmare. Mi hanno espulsa dal paese insieme a una decina di subsahariane, maghrebine, pakistane, uzbeke, iraniane e afghane. Mi hanno imbarcato sul volo delle 21.45 per rientrare in Italia. Scortata dalle istituzioni turche e relegata da sola in fondo all'aereo al posto 32 senza possibilità di muovermi. All'atterraggio a Roma sono stata prelevata da poliziotti italiani, gentili e attoniti per quello che mi era successo. Non sono mai stata più fiera di essere cittadina italiana e mai mi sono sentita più al sicuro come in quel momento.Mi hanno rifocillata e supportata.
Emanuele Irace.
Parlando di diritti umani, Norberto Bobbio ci invita a compiere un semplice esercizio: leggere o rileggere lo straordinario testo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 e poi fare una rapida ricognizione a 360 gradi nel mondo della realtà contemporanea. Un simile esercizio, purtroppo, continuerebbe, senza alcun dubbio, ad essere fonte di grande amarezza: ancora troppo poco, infatti, dei tanto nobili enunciati di quel documento si è travasato nel nostro comune vivere quotidiano.
E, di fronte a tanta ingiustizia e ipocrisia, è facilissimo lasciarsi ingabbiare in uno stato d'animo di disincanto e di rassegnazione.
Ma tutti i grandi Maestri di tutti i tempi ci hanno insegnato che da una “parva favilla” possono derivare molto fuoco e molta luce e che sarebbe assai meglio, pertanto, piuttosto che limitarsi a maledire l'oscurità (cosa tanto semplice da effettuare quanto poco produttiva), provare ad accendere anche una piccola e flebile fiamma.
E' certamente questa consapevolezza che ha condotto la casa editrice Graphe.it, piccola e raffinata realtà editoriale di Perugia, a dare vita ad una operazione originale: quella di raccogliere occhiali usati.
Per comprenderne a pieno la genesi e le finalità, ci siamo rivolti a Roberto Russo, che da ben 18 anni (appena compiuti!) la dirige con rara competenza ed inesauribile entusiasmo.
È un'attenzione che viene da lontano. Da adolescente collezionavo francobolli e avevo messo insieme una discreta raccolta, anche con qualche pezzo di valore. Un giorno mi capitò tra le mani una rivista in cui si chiedevano francobolli usati per aiutare i missionari nelle loro attività. Non ci pensai due volte: impacchettai i raccoglitori e li spedii all'indirizzo indicato. Da allora ho provato a raccogliere molte cose: carta, i classici tappi di bottiglia, che poi facevo recapitare a questo oa quell'ente perché con il ricavato lo utilizzasse per i propri scopi. Con un amico della Repubblica Democratica del Congo abbiamo raccolto anche diverse macchine da scrivere che nel suo paese potevano essere utili.Così quando ho aperto la casa editrice ho pensato che fosse una buona idea affiancarvi un'attività del genere. All' inizio non sapevo bene come concretizzare l'idea, ma poi ho scoperto la possibilità di raccogliere occhiali usati e mi sono subito attivato prendendo accordi con il Lions Club che ha un centro logistico dedicato. Ho coniato lo slogan: “Aiutiamoli a leggere” e ho iniziato a scriverne sul sito, sui social nelle email con l'incentivo di donare un libro del nostro catalogo per ogni invio di occhiali usati che ci venivano donati.
Direi buoni. Fino a ora abbiamo raccolto oltre 5500 paia di occhiali. Si va a periodi: per mesi non arriva nulla e poi all'improvviso siamo invasi da vecchi occhiali. Capita che ogni tanto
Roberto Russo |
qualche sito o giornale ne parla e quindi assistiamo a un aumento degli arrivi.
Prima e durante. Questa degli occhiali usati è l'iniziativa fissa, poi ce ne sono altre legate soprattutto ai proventi della vendita dei libri che spesso destiniamo a vari progetti come, per esempio, la costruzione di una maternità a Bujumbura in Burundi, o ad associazioni come Amnesty – e qui anche con il tuo zampino!
Sto valutando qualche idea per evitare che i libri fuori commercio del catalogo vadano a finire al macero. Una piccola parte è quella che doniamo con gli occhiali usati che ci arrivano; a volte doniamo libri alle biblioteche di associazioni o di carceri, anche se per questi ultimi è un procedimento un po' complicato. Però vorrei trovare qualcosa di più ampio perché è un vero spreco quello di non poter più usare alcuni libri perché un po' rovinati o per mille altri motivi. Come diciamo noi, l'importante è leggere e se un libro continua a circolare è sempre un bene.
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*Per ogni invio di occhiali, si riceverà in omaggio un libro (occorre ricordarsi, pertanto, di accludere il proprio indirizzo postale).
L'indirizzo a cui spedire il materiale è il seguente:
Edizioni Graphe.it, via della Concordia, 71, 06124 Perugia.
Per ulteriori informazioni:
Ha prodotto non poche perplessità la proposta avanzata dalla ricercatrice dell’università di Oslo Anna Smajdor di utilizzare l’intero corpo di donne in stato di “morte cerebrale” come madri surrogate. Nel suo articolo apparso sulla rivista Theoretical Medicine and Bioethics, intitolato Whole Body Gestational Donation (Donazione gestazionale di tutto il corpo), la Smajdor, con abile retorica, ci domanda:
“Sappiamo che le donne “cerebralmente morte” possono portare a termine la gravidanza; perché non dovremmo iniziare gravidanze per aiutare le coppie senza figli?”
La premessa del ragionamento è dolorosamente vera: sono infatti noti i casi di madri dichiarate “cerebralmente morte” ed espiantate dei loro organi soltanto dopo aver portato a termine la loro gravidanza.
Ebbene, prima ancora di discutere criticamente la conclusione (indubbiamente raccapricciante ma non illogica) dell’argomentazione, credo che sarebbe opportuno riflettere con la massima serietà su detta premessa, ponendoci quegli interrogativi, semplici e spontanei, che il sistema filotrapiantistico imperante tende con sofistica capziosità ad impedire:
Nulla di meglio per affrontare senza pregiudizi di sorta una questione tanto delicata che rileggerci con la massima attenzione quanto dichiarato da coloro che, nel lontano 1968, coniarono la definizione di “morte cerebrale”, oggi adottata dalla Medicina ufficiale in modo universalmente acritico.
Fino a quella data, la tradizione medico-giuridica occidentale prevedeva l’accertamento della morte mediante riscontro oggettivo di tutte le funzioni vitali: respirazione, circolazione, attività del sistema nervoso. Nel 1968, un Comitato costituito ad hoc dalla Harvard Medical School propose un nuovo criterio di accertamento della morte in presenza della condizione di “coma irreversibile” ritenuto equivalente alla cessazione di tutte le funzioni cerebrali.
Questo quanto pubblicamente dichiarato dal Comitato:
“Il nostro obiettivo principale è definire come nuovo
criterio di morte il coma irreversibile. La necessità
di una tale definizione è legata a due ragioni.
1)Il miglioramento delle tecniche di rianimazione e di
mantenimento in vita ha condotto a sforzi crescenti
per salvare malati in condizioni disperate. A volte
tali sforzi non ottengono che un successo parziale, e il
risultato è un individuo il cui cuore continua a battere,
ma il cui cervello è irrimediabilmente leso. Il peso
è grande per quei pazienti che soffrono di una perdita
permanente dell’intelletto, per le loro famiglie,
per gli ospedali e per quelli che avrebbero bisogno di
letti ospedalieri occupati da questi pazienti in coma.
2) Criteri di morte obsoleti possono originare controversie
nel reperimento di organi per i trapianti.”
Come non accorgersi della totale assenza di elementi conoscitivi ed argomentativi di natura scientifica?
Come non notare il carattere palesemente quanto cinicamente utilitaristico delle motivazioni addotte a sostegno del nuovo criterio di “morte”?
Ovvero: liberare posti letto e creare uno scudo legale per i medici espiantatori, in modo da metterli al riparo dalla possibile (e più che legittima) accusa di omicidio ai danni di pazienti in stato di coma? Pazienti probabilmente moribondi, ma indiscutibilmente ancora vivi (e quindi da tutelare e non certo da macellare)?!?
Insomma, è necessario comprendere che il vero nodo problematico è rappresentato dalla accettazione teorica e dalla applicazione pratica del criterio della cosiddetta “morte cerebrale”. Finché non si avrà il coraggio di ribellarsi ad esse, il rischio che persone in condizioni di salute critiche siano, invece che curate, trattate come meri serbatoi a cui attingere per il prelievo di organi, tessuti, sangue, ecc., oppure utilizzate come cavie per ogni sorta di sperimentazioni, resterà inevitabilmente altissimo:
non essendo, infatti, più considerabile come “persona” in senso etico e giuridico, il “morto cerebrale” diviene una “cosa”. Di conseguenza, finirà ineluttabilmente per perdere ogni possibile diritto e non sarà più possibile, a sua difesa, appellarsi al principio della sacralità e dell’inviolabilità della dignità umana!
Nel nostro paese, incontestabilmente il più straricco di tesori artistici, sta diventando sempre più difficile poter visitare chiese e musei per chi non gode di brillanti condizioni fisiche e di altrettanto brillanti condizioni economiche.
Ecco qualche esempio eloquente.
Duomo di Firenze: quando l'altare resta vuoto, le sedie previste per lo svolgimento delle funzioni religiose vengono rigorosamente recitate ed interdette all'uso da parte dei comuni visitatori.
Basilica di San Marco a Venezia: recinzioni ovunque, in modo da rendere impossibile potersi sedere anche negli angoli più reconditi.
Palazzo Ducale a Venezia: percorso lungo, con non pochi gradini, in ambienti con spazi immensi del tutto spogli di appositi arredi, oppure grandi panche lignee severamente proibite ai visitatori.
Da tener presente che, in siti artistici del genere, le cose più importanti da osservare (e magari anche da gustare) sono collocate in alto, cosa questa che, stando in posizione eretta, richiede l'assunzione di una postura inconsueta, che ai più risulta ardua ed anche piuttosto dolorosa.
Domanda:
perché non cercare di rendere un pochino più agevole e gradevole la visita a tutti e soprattutto alle persone non particolarmente atletiche?
I costi di visite museali sono diventati, poi, decisamente eccessivi e tutt'altro che attrattivi.
Palazzo Ducale di Venezia prevede un biglietto di 30 euro;
la Galleria degli Uffizi di Firenze, da marzo a tutto ottobre, ha portato il costo a 25 euro;
il Museo Archeologico di Napoli ha un costo di 22 euro.
Le agevolazioni per gli anziani sopravvivono encomiabilmente soltanto qua e là (vedi la Scuola Grande di San Rocco a Venezia), e sempre più numerose stanno diventando le chiese in cui si richiede un biglietto di ingresso. Il caso probabilmente più eclatante ed irritante è costituito dalla Basilica di San Marco: 3 euro per l'accesso, altri 5 per poter ammirare la Pala d'Oro, e altri 7 per accedere alla Loggia e relativo Museo! E qualcosa di simile si verifica con il Duomo di Milano, con varie opzioni, dal semplice ingresso in chiesa, al Museo e alle Terrazze (con o senza ascensore).
Forse sarebbe opportuno chiederci, allora, se siamo veramente disposti a credere in quanto tutti coloro che sono a capo di qualche istituzione - civile, religiosa, pubblica e privata - ci dicono con solennità e fervore:
Oppure, al di là delle tante magniloquenti e nobilitanti dichiarazioni, preferiamo rassegnarci, in maniera assai meno poetica, ad accettare che lo sterminato patrimonio artistico-culturale del nostro paese venga cinicamente gestito come una straordinaria “macchina per quattrini”, meritevole di essere resa sempre più produttiva, rivolta soltanto a coloro che hanno cartella clinica in ordine e portafoglio gonfio?
Che la Cultura dei Diritti Umani non godesse di ottima salute, nonostante le tante dichiarazioni d’amore provenienti dalle fonti più disparate, molti di noi lo supponevano e se ne preoccupavano da tempo. Numerosi erano i segnali inquietanti. Numerose le manifestazioni di fragilità della coscienza etico-civile generale. Dalle bombe Nato su Belgrado di fine millennio alla caccia al feroce talebano in terra afghana, dalle (inesistenti) armi di distruzione di massa irachene agli attuali isterismi russofobi, passando per una psicopandemia alimentata dall’inganno, dalla menzogna, dalla censura e dalla manipolazione dell’informazione, ci era giunto un messaggio inequivocabile:
per i governanti cosiddetti democratici e per buona parte delle popolazioni cosiddette civilizzate, i Diritti Umani sono cosa buona e giusta soltanto se la loro affermazione risulta essere più o meno conciliabile con le proprie esigenze e mai fonte di problematicità, di rinuncia e di scelte percepite come pericolose e dolorose. Una sorta, cioè, di buoni e nobili princìpi e propositi destinati ad essere rapidamente accantonati di fronte all’immigrato che invade prepotentemente i nostri spazi vitali, al “nemico” che ci appare contrastare il nostro strapotere, al non vaccinato che mette scelleratamente a repentaglio la salute dell’intera collettività (ammirevolmente obbediente e responsabile!).
In pratica, si potrebbe dire che, nei confronti dei Diritti Umani, è accaduto un po’ quello che si è verificato per secoli, all’interno delle Chiese cristiane, nei confronti del mite (ma scomodissimo) profeta nazareno: cori di Osanna e di domenicali benedizioni, ma solo e sempre a patto di ignorare-dimenticare tutto quanto sappia di scandalo, di disorientamento, di invito radicale a rivoluzionare il proprio modo di pensare e di essere.
La filosofia dei Diritti Umani non è facile da comprendere, e ancora più difficile da accogliere e coerentemente rispettare.
E per tanti motivi. Per uno, sopra a tutti gli altri:
i Diritti Umani pretendono di essere Universali, ovvero di essere veri e validi per TUTTI, senza alcuna possibile forma di distinzione.
Ma perché, potremmo chiederci, dovrebbero valere per tutti, proprio per tutti?
Il Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948 ci offre una risposta secca e pragmatica, ancorata alle tragiche vicende storiche del recente passato:
Continuando a rifiutare questo ragionevolissimo invito, continueremo a sprofondare nelle letali sabbie mobili del chiacchiericcio politichese e della retorica ipocrita e meschina.
Scriveva, più di mezzo secolo fa, Aldo Capitini, lungimirante maestro di saggezza:
“Bisogna muovere (…) da ogni essere a cui possiamo dire un tu, dargli un’infinita importanza, un suo posto, una sua considerazione, un suo rispetto ed affetto.
Finora non si è mai fatta veramente questa apertura ad ogni essere, un singolo essere e un altro singolo essere, con l’animo di non interrompere mai.
Perché non si è avuta questa apertura precisa e infinita?
Perchè si è trovato il modo di appoggiarsi a qualche cosa dicendo che era più importante:
i religiosi a Dio, i filosofi all’Idea universale, i politici allo Stato o alla Rivoluzione;
trascurando gli esseri,
anzi distruggendone alcuni senza rimorso.”*
Insomma, dovremmo sentirci tutti di fronte ad un bivio, chiamati, uno per uno, a scegliere da che parte stare:
o entrare finalmente nella dimensione dell’affratellamento egualitario e solidale, abbandonando qualsiasi politica caratterizzata dai privilegi, dalle gerarchie, dalle esclusioni e dalle discriminazioni di ogni tipo,
oppure rassegnarsi ad un futuro all’insegna della paura, sottoposto alla tirannia dell’odio e all’incubo della violenza.
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*Aldo Capitini, Il Potere di Tutti, Guerra Edizioni, Firenze 1969.
In vista di una efficace Educazione ai Diritti Umani, l’insegnamento della Storia, in ambito scolastico e ben lontano dalla retorica tracimante dagli ingranaggi mediatici e politici, è certamente in grado di offrire un contributo straordinariamente prezioso.
Dovrebbe trattarsi, però, di un insegnamento liberato, oltre che da letture ideologicamente viziate, da tutti quegli infecondi nozionismi e schematismi imparaticci che, troppo spesso, fanno apparire la Storia (come un po’ tutte le discipline) noiosa e priva di rapporti col mondo della realtà in cui i nostri giovani sono chiamati a vivere.
Insegnare Storia in maniera rigorosamente ragionata, nell’ottica della ricerca aperta e della analisi critica, può, infatti, svolgere una funzione importante non solo sotto il profilo strettamente culturale, ma anche e soprattutto nella prospettiva di una democratica formazione delle coscienze giovanili.
Ciò perché:
La comprensione di tutto questo non potrebbe che favorire la formazione di una mentalità allergica ai rigidismi aprioristici e agli assolutismi concettuali.
Insegnando Storia, una delle prime cose che sarebbe opportuno mettere bene in evidenza è il principio pirandelliano secondo il quale i fatti storici sarebbero sempre e soltanto come “sacchi vuoti”, incapaci di reggersi da soli, ovvero senza il significato che solo l’interprete può assegnare loro.
Ciò dovrebbe condurre a sgombrare la mente dal pregiudizio positivistico (ancora molto diffuso) che potremmo definire come “mito dell’oggettività dei fatti” (vedi, a tal proposito, le Sei lezioni sulla storia E. Carr, nonché gli studi storiografici di Huizinga, Marrou e Bloch), optando per un’ottica di stampo soggettivistico. Il che non significherebbe teorizzare l’equipollenza delle chiavi di lettura, bensì l’affermazione della consapevolezza dell’impossibilità di approdare ad una unicità di visione e ad una definitività interpretativa.
Da questo dovrebbe scaturire un atteggiamento di tipo costruttivamente socratico nei confronti della realtà:
nessuno può pretendere, infatti, di possedere le chiavi “giuste”, né di fornire l’unica risposta possibile ai vari interrogativi.
L’adozione di un certo metodo, dunque, non può essere ritenuta fatto secondario né tantomeno neutrale.
Tutto questo comporta che, al di là delle tematiche proposte e degli obiettivi prefissati, sarà il metodo adottato a fare la sostanza centrale dell’intera attività educativa.
Tanto più, cioè, saremo in grado di trasmettere ai nostri ragazzi una metodologia d’indagine autenticamente scientifica, tanto più potremo sperare che in loro riuscirà ad affermarsi e a rafforzarsi una mente vigile, disinibita, solidamente logica, amante della coerenza argomentativa e nel contempo rispettosa delle tesi altrui.
In definitiva, la mia proposta metodologica mira a coniugare, potremmo dire, istanze socratiche con elementi di provenienza cartesiana ed anche nietzscheana, trovando coronamento nelle teorie sulla democrazia e sulla scienza di John Dewey e nei risultati più avanzati delle ricerche contemporanee in campo di ermeneutica e di epistemologia, senza ignorare le cose migliori dello storicismo tedesco e di quello crociano.
In altri termini, andrebbero applicati i seguenti criteri:
Concludendo, è mia convinzione che ogni discorso sul che cosa insegnare debba essere preceduto da un opportuno dibattito di carattere metodologico, e che è soprattutto con l’adozione di un metodo critico-problematico che ci sarà possibile strappare l’insegnamento della Storia alle nebbie della retorica e alle paludi del mnemonicismo, promuovendo nei giovani:
il gusto per il libero impiego del pensiero;
l’autonomia di ricerca;
una visione serenamente e rispettosamente pluralistica e progressiva del sapere;
l’esigenza di strutturare il proprio giudizio in modo fortemente argomentato;
il desiderio di combattere tutte le pseudo-verità alimentate dal pregiudizio, dalla superficialità, dal dogmatismo, da un uso conformista ed ingenuo della ragione.
Cercare di comunicare tutto questo ai giovani, in un’epoca come la nostra, in cui tecniche e strategie sempre più raffinate ed evolute consentono ai grandi poteri di penetrare nelle nostre coscienze, manipolandole ed asservendole in vista dei loro fini, è quanto mai urgente e necessario.
Soltanto così, al di là delle tante dichiarazioni di nobili principi e delle altisonanti celebrazioni delle oramai innumerevoli (quanto stucchevoli) “Giornate” commemorative, sarà possibile educare davvero ai Diritti Umani, formando cittadini del mondo mentalmente liberi, buoni e sinceri amici e difensori di una teoria della vita e di una relativa prassi di natura pluralistico-democratica, capaci di dire il proprio NO a tutti i tentativi del potere di appropriarsi del nostro pensiero, del nostro corpo, della nostra volontà.
Nulla vi è di più imperdonabile e di pi vile della violenza dell’uomo sulla donna, imporre la propria volontà attraverso la forza fisica . Se l’umanità fosse stata ad appannaggio del genere femminile le sorti dell’umanità sarebbero state sicuramente migliori. La competizione fisica, lo scontro armato, l’impulso prevaricatore e dominatore non è nella natura della donna ma dell’uomo. Non vi è parte del mondo in cui la donna non sia vergognosamente relegata ad un ruolo secondario (eccetto paesi culturalmente più evoluti). L’essere femminile non il maschile è il fulcro di quella parte umana portatrice di sentimento, di gentilezza, di amore e custodia della vita. Da secoli la donna fatica ad acquisire il riconoscimento del suo determinante ed imprescindibile ruolo nella vita sociale. Nei millenni è stata sfruttata, schiavizzata, strumentalizzata, calpestata nella sua dignità e nei suoi diritti, vergognosamente relegata a strumento riproduttivo: le è stato impedito di emergere nei settori importanti della vita sociale. Se la donna avesse avuto l’opportunità degli uomini li avrebbe superati in tutto lo scibile umano. La donna è l’ultima opera di Dio, la ciliegina sulla torta, il capolavoro della creazione.
da sin. Davide Tutino, Luca Scantamburlo, Aldo Morrone |
Quando cultura e coerenza si incontrano, seppur operanti su binari paralleli e distanti tra loro e l’iniziale perplessità dei presenti alla fine si trasforma in un messaggio positivo, assistiamo ad uno dei rari esempi di comunicazione vera, a beneficio della Comunità.
Questo è ciò che è riuscito a fare il Presidente di Flip news, Virgilio Violo, in piena linea con lo spirito libero della sua Associazione di stampa, in occasione del conferimento del “Premio Italia Diritti umani 2022”.
Una manifestazione in sordina, che ormai si ripete da anni, intitolata al defunto Vice Presidente della Free Lance Antonio Russo, tragicamente scomparso, nell’esercizio del suo dovere di informazione.
L’incontro è stato caratterizzato dagli interventi dei relatori Massimo Tomaselli – coord. Resp. della Coop. “Il Futuro Quadrifoglio” L’assistenza domiciiare integrata nel trattamento delle dipendenze patologiche, Antonio Cilli: Cittanet founder “Pensare la rete e gli altri beni collettivi glocalmente”, Tiberio Graziani - Presidente di Vision & Global Trends.
“Diritti umani e geopolitica”, Patrizia Sterpetti –Wilpf Italia
"L'impegno comune per i diritti umani" , Roberto Fantini – Responsabile diritti umani Flip
“Quale futuro per i diritti umani?” e la straordinaria anteprima dell’attore e autore teatrale Ferdinando Maddaloni in “Social vs Asocial”.
Il tutto splendidamente coordinato dalla Dott.ssa Neria De Giovanni – giornalista, Presidente dell’Associazione Internazionale Critici Letterari , con la collaborazione degli attori Fabiola Di Gianfilippo. Antonella Civale, Vincenzo Vivenzo e il regista Eitan Pitigliani, per la lettura delle motivazioni e la consegna dei premi.
Ma ciò che ha fortemente colpito i presenti è stato l’incontro tra due dei premiati (ritratti in foto in un cordiale abbraccio) : il Prof. Aldo Morrone , noto Specialista in malattie veneree e dermatologiche , Direttore Generale dei più importanti nosocomi della Capitale, membro di diverse organizzazioni internazionali, autore di più di 500 pubblicazioni ed il Prof. Davide Tutino, già docente di Storia e filosofia, resosi famoso per aver iniziato uno sciopero della fame a favore del diritto di non vaccinarsi contro il Sars-Covid 19.
Un esempio di cultura e di silenzioso scambio di opinioni , dal qual dovrebbe prendere spunto soprattutto chi ci governa, che molto ci fa riflettere su come e quanto la “verità stia sempre nel mezzo “, come l’una non escluda l’altra, certi che alla fine , tanto il Prof. Morrone quanto il Prof. Tutino, si saranno trovati d’accordo sui loro rispettivi intenti, il primo basato principalmente sulle emergenze di popolazioni bisognose, l’altro sulla coerenza e la necessità di esercitare un proprio diritto, in seno alla libertà di pensiero.
Complimenti al Presidente Virgilio Violo ed a tutto il suo Staff per il costruttivo evento.
Un toccante articolo di Camilla Dolcini.
Mentre prosegue asfissiante, da parte dei principali soggetti mediatici, la campagna filogovernativa, mirante a glorificare in maniera indecorosamente propagandistica la bontà indiscussa e indiscutibile dei cosiddetti “vaccini anticovid”, ridicolizzando, infangando e criminalizzando - al contempo - tutti coloro che, non volendo abbandonare l’uso del pensiero autonomo, continuano a sollevare e proporre dubbi, perplessità e analisi critiche, capita, fortunatamente, nel grande universo della libera informazione, di trovare interventi di grande intelligenza e di ricco spessore civile. E’ quanto mi è potuto accadere con l’imbattermi nello splendido articolo di Camilla Dolcini su La Pressa dell’8 febbraio (https://www.lapressa.it/articoli/parola_d_autore/follia-green-pass-i-bambini-prime-vittime-di-una-societ-disumana).
In questo articolo, la giovanissima Camilla, mettendo in luce una sensibilità psicopedagogica davvero pregevole, affronta un problema dolorosamente molto, troppo trascurato: quello delle conseguenze rovinose che la strategia dei green pass sta producendo nell’esistenza dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.
“Oggi un ragazzino di appena dodici anni, - scrive - sprovvisto di super green pass non può salire sul bus per andare a scuola, venendo così ostacolato in quello che è il suo diritto allo studio, un diritto primario di ogni bambino o ragazzo in un paese civile e democratico come ormai un tempo era il nostro.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni sprovvisto di super green pass non più fare sport, un’attività fondamentale per il benessere psico-fisico degli adolescenti e che fino a poco tempo fa medici, psicologici ed educatori raccomandavano di praticare.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni sprovvisto di super green pass non può più andare al cinema o mangiare una pizza insieme agli amici, venendo così privato di quella vita sociale che per gli adolescenti costituisce una vera e propria necessità.
Oggi un bambino non vaccinato, nel caso in cui in classe vi sia un determinato numero di alunni positivi è costretto a rimanere in DAD, persino alla scuola primaria, mentre i suoi compagni inoculati possono tranquillamente andare a scuola, nonostante alcuni esponenti politici abbiano dichiarato espressamente che la didattica a distanza sia una pratica che crea profonde discriminazioni e disuguaglianze.
Oggi un ragazzino non vaccinato rappresenta un potenziale pericolo per la società, egli fa parte dei cattivi, dei nemici e per questo deve pagare. Deve pagare, ma senza aver fatto nulla di male, senza aver avuto alcuna voce in capitolo per la sua attuale condizione. Deve pagare per le scelte compiute legittimamente dai suoi genitori, ai quali secondo alcuni dovrebbe essere attribuita la colpa per la sofferenza dei propri figli.
Oggi ad un ragazzino di appena dodici anni in possesso di super green pass, non ancora in grado di distinguere con chiarezza ciò che è bene da ciò che è male vista la sua giovane età, è concesso salire sui mezzi pubblici, giocare a calcio, andare al cinema e al ristorante, rimanere in classe con i suoi compagni. A lui è concesso, è proprio questo il problema. Tutte queste attività non dovrebbero essere concesse, ma rappresentano, al contrario, una serie di diritti e di libertà che ogni ragazzo, dovrebbe possedere fin dalla nascita e che la Costituzione stessa gli garantisce a prescindere dalla sua etnia, religione, classe sociale e quanto meno dalle scelte sanitarie che i suoi genitori hanno compiuto per lui.
Oggi, dunque, un ragazzino di appena dodici anni in possesso di un super green pass che gli concede di vivere una vita relativamente normale, rischia di maturare un’idea malata di libertà, vincolata unicamente ad un passaporto sanitario, un lasciapassare che funge da permesso per esercitare i propri diritti costituzionali. Un’idea di libertà materiale, slegata dal suo significato più profondo intrinsecamente connesso alla dignità umana.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni in possesso di super Green pass, rischia di crescere con la convinzione che sia accettabile discriminare gli altri, che bambini della sua stessa età con i quali ha sempre condiviso momenti ed esperienze di vita meritino di essere tagliati fuori perché i loro genitori hanno compiuto una determinata scelta, senza che nessuno si preoccupi delle conseguenze che tale atteggiamento potrebbe avere a lungo andare sulla società, senza che nessuno pensi che un domani, quando ormai odiare, discriminare ed escludere, sarà divenuto normale, il nuovo cattivo, il nuovo nemico potrebbe essere proprio quel ragazzo che oggi sembra apparentemente salvo grazie al suo lasciapassare.
Oggi un bambino i cui genitori hanno scelto altrettanto legittimamente di sottoporlo alla vaccinazione viene sfruttato dai media e dalle istituzioni per contrapporre a quei bambini cattivi, ai piccoli nemici non vaccinati, ai figli dei colpevoli, un modello di bambino buono e virtuoso che merita un premio o un attestato di coraggio. Ma la verità è che quel bambino, come ogni altro minore, meriterebbe solo di essere rispettato e tutelato e non strumentalizzato in modo così falso e meschino.”
E i bambini, ci dice Camilla, in questa società spaccata in due dalla mannaia dell’odio sociale e schiavizzata e abbrutita dal terrore, sono tutti (vaccinati e non) vittime incolpevoli e inconsapevoli. Gli uni ingannati, gli altri emarginati. Gli uni usati e strumentalizzati, gli altri emarginati e ghettizzati.
Tutto ciò nell’indifferenza o, addirittura, nel compiacimento vergognoso degli adulti. E, aggiungerei, molto spesso con il silenzio o con il supporto imperdonabile (diretto o indiretto) del mondo delle chiese, delle associazioni civili, delle istituzioni caritatevoli, ecc.
Tutto ciò mentre era tutto un ipocrita blaterare di responsabilità sociali e di doveri civici. Tutto ciò con la complicità di tutti coloro (poliziotti, allenatori sportivi, insegnanti, ecc.) che avrebbero dovuto tutelare i bambini, impedendo qualsiasi forma di discriminazione ai loro danni.
Tutto ciò grazie a
“tutti quegli uomini e quelle donne, che in molti casi sono anche padri e madri, i quali pur di non rinunciare alla propria tranquilla e mediocre esistenza apparentemente non minacciata da queste restrizioni perché magari i loro figli hanno il lasciapassare oppure sono ancora troppo piccoli per dover sottostare a queste regole, hanno preferito chiudere gli occhi e abbandonarsi ad un atteggiamento di impotenza e oserei dire di vigliaccheria.”
Bellissima, in particolar modo, la conclusione (di spirito decisamente montessoriano) dell’articolo:
a salvare questa società impazzita e disumanizzata, ipnotizzata, accecata e desensibilizzata, potranno essere LORO, soltanto loro, i bambini e i ragazzi che rifiuteranno di lasciarsi ingabbiare nelle nostre paure, nelle nostre bassezze, nelle nostre logiche ciniche ed opportunistiche di divisione e di esclusione!
Gli ultimi provvedimenti adottati dal Governo italiano in nome della emergenza pandemica vanno a colpire ancor più gravemente le fondamenta stesse della nostra civiltà democratica, rendendo, di fatto, cittadini di serie Z tutti coloro che continuano a rifiutarsi di sottoporsi alla cosiddetta vaccinazione anticovid. Tali cittadini, che non fanno altro che avvalersi legittimamente del diritto contemplato dalla nostra Costituzione di libera scelta in ambito sanitario, vengono progressivamente espulsi dalla vita sociale e sottoposti a restrizioni sempre più severe che li obbligano, in pratica, ad una vera e propria ghettizzazione.
Purtroppo, a molti di coloro che si trovano in sintonia con la linea governativa e con il pensiero mediaticamente dominante, sfuggono gli aspetti barbaricamente antidemocratici di tali provvedimenti, sfugge la loro gravità abnorme, sfugge, soprattutto, la portata incommensurabile del disagio e della sofferenza a cui vengono condannati i cosiddetti ribelli novax.
E’ nostra speranza, pertanto, che la lettera che qui presentiamo, inviataci da un caro amico professore di Filosofia in pensione, possa risultare di aiuto nel mettere meglio a fuoco la dolorosa realtà che si sta imponendo nel nostro Paese.
È solo uno sfogo.
I giovani che continuano a rifiutare i cosiddetti “vaccini”, oltre a non poter accedere a palestre e piscine, non possono neppure praticare sport di squadra all’aperto.I vaccinati POSITIVI possono fare tutto liberamente; il non vaccinato NEGATIVO è in gabbia come me. Il malato di covid guarito e difeso dagli anticorpi naturali, ben più forti e duraturi di quelli prodotti dal vaccino, si dovrà vaccinare, altrimenti in gabbia pure lui. Fuori posso fermarmi a parlare con gli amici che incontro, ma non posso bere un caffè al bar, né al bancone né all’aperto.
La passeggiata in campagna per raggiungere Padova, partendo da Venezia e rispettando le regole, è stata proibita a persone sia pro che contro i vaccini, assolutamente pacifiche, senza cartelli, senza slogan, senza simboli di nessun genere, che facevano questa (ripeto) passeggiata SOLO per il ripristino delle libertà costituzionali: ad attenderle, all' ingresso del primo paesino prima di Padova, c'era la polizia in assetto antisommossa.
Dopo una manifestazione autorizzata, chi si trattiene a parlare viene prelevato e schedato.
Se invii un messaggio in cui compare una parola di sdegno contro quello che sta accadendo ti oscurano per giorni: è successo varie volte.
Continua la narrazione a senso unico senza mai una voce dissenziente sui canali nazionali.
I farmaci validi, proposti ed utilizzati da tanti medici coscienziosi, continuano ad essere boicottati, la gente continua ad ammalarsi senza cure domiciliari precoci e muore. Le varianti continuano a moltiplicarsi, probabilmente proprio su stimolazione dei cosiddetti “vaccini, e le vaccinazioni continueranno all' infinito con profitti miliardari (40 miliardi in un anno Pfizer). La tachipirina non è uno sfiammante e quando ci si ammala di covid è assolutamente controindicata, ma è prescritta dal CTS. Il covid è diventato, di colpo, una malattia pediatrica.
Continua il silenzio sulle decine di migliaia di morti da vaccino e sui milioni di gravi effetti avversi da vaccino in Europa (dati EMA).
I non vaccinati possono fare solo due cose: la spesa e acquistare le medicine. Vengono privati dello STIPENDIO anche se devono accudire un parente disabile non autosufficiente.
Non possono più esprimere liberamente un proprio parere non in linea con la narrativa di regime senza venire ammoniti e schedati. Le poche emittenti che ospitano medici non allineati vengono spesso oscurate. Non c'è più libertà di opinione, di parola, di riunione in luogo pubblico.
I vaccini messi in commercio sono scarsissimamente efficaci, gravidi di controindicazioni e di gravissime incognite ( queste ultime dichiarate dalle stesse case produttrici insieme all' ammissione che si tratta di prodotti in fase ancora pienamente sperimentale). L' OMS, nonostante sia fortemente condizionata dalle pressioni esercitate dai suoi finanziatori, nella stragrande maggioranza privati, ha espresso parere chiaramente contrario alla vaccinazione dei bambini. Eppure …
Draghi ha fatto carriera nelle banche e con le multinazionali e, dal 1992, ha iniziato la politica delle privatizzazioni e della svendita delle nostre eccellenze in tutti i settori.
La scienza vive di confronti e di dibattiti: nel CTS vige il pensiero unico e Speranza è laureato in legge.
La Costituzione è continuamente VIOLATA nei suoi principi FONDAMENTALI. In parlamento si parla con una sola voce e, a volte, con qualche pigolio prima di dare il proprio assenso all' autocrate.
Non potrò più acquistare un libro, un paio di scarpe, un maglione, degli occhiali, delle stoviglie, prendermi un caffè nemmeno da solo all' aperto.
Non potrò vedere un film, non potrò spedire un pacco, non potròprendere il bus, il treno.
Non potrò viaggiare con NESSUN mezzo anche se sono NEGATIVO al tampone. I vaccinati (che contagiano e si contagiano perlomeno come i non vaccinati) hanno potuto fare quello che hanno voluto e si sono recati ovunque e ora, come ho ricordato, anche se POSITIVI, possono recarsi dove vogliono (con l' unico obbligo della mascherina). Per LORO, io e quelli come me, siamo terroristi, complottisti, terrapiattisti.
Ciò nonostante, pare che la maggior parte degli italiani creda ancora di vivere in democrazia. A questo punto, preferirei che a diventare presidente della repubblica fosse Berlusconi piuttosto che Draghi.
Però, ho ancora dei dubbi: si è candidata alla presidenza della repubblica anche Gianna Nannini!
Alberto
30/12/21 - All’evento “Diplomazia umanitaria e diritti umani: teoria e pratica”, organizzato dall’Università Federale degli Urali (Ekaterinburg, Russia), hanno partecipato ricercatori e professionisti russi e stranieri – Lyudmila Berg, viceministro delle relazioni economiche internazionali e straniere della regione di Sverdlovsk, Rashid Aluash, responsabile del Programma congiunto della Federazione Russa e dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per Diritti Umani, Anastasia Kushleiko, Consigliere per i Programmi Preventivi e Leader del Settore per l’Asia-Pacifico e l’Eurasia presso il Dipartimento di Diritto e Politica Umanitaria della sede del Comitato Internazionale della Croce Rossa; Wellington Pereira Carneiro, consigliere giuridico senior, Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; Tatyana Zonova, PhD, Professore del Dipartimento di Diplomazia presso MGIMO (Università), Elizaveta Gromoglasova, Ph.D., Esperto del Russian International Affairs Council, Tiberio Graziani, Presidente del Vision & Global Trends Analytical Center (Italia); Pasquale Policastro, professore all’Università di Stettino, direttore del centro “Cattedra UNESCO per i diritti umani, la pace, la democrazia, la tolleranza della comprensione internazionale”, PhD, Olga Bogatyreva, professore associato del Dipartimento di teoria e storia delle relazioni internazionale dell’UGI Ksenia Tabarintseva-Romanova, ecc.
I partecipanti provenienti da Russia, Italia, Polonia, Brasile, Svizzera e altri hanno discusso problemi di attualità di teoria e pratica del settore umanitario della diplomazia moderna. Durante la discussione sono stati evidenziati i seguenti aspetti teorici e metodologici nello studio della moderna diplomazia umanitaria:
1) la diplomazia umanitaria è l’arte di tradurre le componenti umanitarie in un piano politico e pratico (A.S. Kushleiko);
2) la diplomazia umanitaria è diplomazia del potere “soft”; un ruolo speciale nelle situazioni moderne nella risoluzione delle questioni diplomatiche dovrebbe essere assegnato alle ONG (T.V. Zonova);
3) la tutela dei diritti umani non deve trasformarsi in uno scontro di interessi geopolitici e non può dipendere dall’“egoismo” nazionale nella sua interpretazione e attuazione. La tutela dei diritti umani, inoltre, affinché sia efficace nella sua attuazione, anche in campo diplomatico, deve, paradossalmente, emanciparsi criticamente dalla sua ideologia fondativa quella del “dirittoumanismo”, imperniata sulla esclusiva interpretazione occidentale dell’essere umano, tener conto delle variegate culture dei popoli che abitano il Globo e trovare un equilibrio con la tutela dei diritti collettivi (T. Graziani);
4) Il concetto di diplomazia umanitaria al momento può essere piuttosto voluminoso e capiente. Può includere obblighi per proteggere le persone da varie minacce (create dall’uomo e non dall’uomo) e un’agenda positiva (ad esempio: promozione di iniziative culturali, scambi educativi, cooperazione scientifica). Tutta questa agenda positiva non ha perso la sua rilevanza. La pandemia ci ha mostrato che la minaccia alla vita non protetta è universale, globale. La minaccia di uno stato di emergenza, di cui scrive D. Agamben, mostrando come in tali condizioni nasce e si diffonde la “vita nuda” – è rilevante sia per i singoli paesi che per il mondo nel suo insieme in relazione all’introduzione di restrizioni, in connessione con l’appello degli Stati a tutti più a strategie di politica estera di mutua esclusione. Ad esempio, si può condurre una politica di sanzioni unilaterali volta a dimostrare il proprio potere sovrano e guidata dal desiderio di punire arbitrariamente quei paesi che perseguono un corso di politica estera indipendente (E.S. Gromoglasova);
5) Lo sviluppo di una cittadinanza transnazionale diretta a salvaguardare la nostra casa comune, ovvero la Biosfera, apre la strada ad una diplomazia, nella quale gli individui da una parte pongono i loro buoni uffici a disposizione delle comunità dei singoli stati. Dall’altra, chiama le diplomazie degli Stati, e le loro amministrazioni ad una attività di ascolto della società civile diretta a sviluppare una cittadinanza diretta al servizio per la protezione della Casa comune. Le opzioni che sono in grado di sostenere ogni comunità statale andando al di là delle differenze, e soprattutto evitando strumentalizzazioni dei discorsi e degli argomenti in favore della protezione dell’ambiente, appaiono così un importante elemento di ausilio per ricostituire le relazioni tra gli Stati (P. Policastro);
6) La moderna diplomazia umanitaria è multivettoriale e polimodale. Coinvolge stati, organizzazioni intergovernative, associazioni di integrazione e ONG, poiché i problemi umanitari globali possono essere risolti solo da sforzi congiunti di attori statali e non statali. La diplomazia umanitaria, basata sui classici principi umanitari di umanità, imparzialità e neutralità, nel XXI secolo è completata dai principi del rispetto e della protezione dei diritti e delle libertà umani e dell’umanesimo della sostenibilità. In accordo con il concetto di “triplo legame”, l’azione umanitaria moderna include non solo la fornitura di assistenza umanitaria di emergenza, ma anche di costruzione della pace e progetti a lungo termine volti allo sviluppo e all’attuazione dell’Agenda 2030 (O. N. Bogatyreva);
7) il concetto di diplomazia umanitaria è finalizzato all’implementazione di diverse modalità: 1) percettiva – una percezione positiva a livello internazionale di un paese / organizzazione internazionale; 2) emotiva: aiutare i gruppi vulnerabili della popolazione; cura per l’ambiente; 3) logica e semantica – l’attuazione e la tutela dei diritti umani, costruendo un dialogo interculturale; prevenzione dei conflitti. La diplomazia umanitaria come concetto ombrello poggia su due pilastri: la fornitura di assistenza umanitaria e il raggiungimento degli SDGs, mentre la protezione e l’attuazione dei diritti umani saranno una risorsa per l’attuazione di questo tipo di diplomazia, e la cooperazione umanitaria è l’obiettivo stabilito pratica di applicazione/interazione degli stati (KM Tabarintseva-Romanova).
La tavola rotonda si è svolta nell’ambito del progetto RFBR n. 20-014-00033 A “Il concetto di diplomazia umanitaria polimodale: implementazione, strumenti e modelli di civiltà”.
per gentile concessione di Vision and Global Trends
Pierre-André Udressy è una ex guardia svizzera che, non intendendo sottostare all’obbligo vaccinale imposto dalle autorità vaticane, insieme a pochi altri colleghi, ha preferito accettare di subire il provvedimento di licenziamento. Ha voluto, però, anche cercare di esprimere e di comunicare le proprie riflessioni, rivolgendosi direttamente al pontefice con una lettera aperta, ricca di dignità quanto di contenuti, pubblicata dal sito web Renovatio 21 (https://www.renovatio21.com/lettera-aperta-di-una-guardia-svizzera-che-ha-resistito-alla-vaccinazione-obbligatoria-in-vaticano/).
E, pochi giorni dopo, sempre sullo stesso sito, è apparsa una intervista a Udressy che permette di meglio comprendere le ragioni che lo hanno condotto ad operare una scelta di tale rilevanza. (https://www.renovatio21.com/per-me-cattolico-e-qualcosa-che-non-e-umano-intervista-alla-guardia-svizzera-che-ha-rifiutato-il-vaccino-obbligatorio-in-vaticano/)
La ex guardia svizzera, partendo dal presupposto filosofico secondo cui il dubbio andrebbe considerato come il vero padre della conoscenza, sottolinea l’entità dei rischi e della pericolosità degli attuali “vaccini anticovid”, non sufficientemente testati.
“La frequenza di incidenti mortali - scrive - dopo la vaccinazione è “sottostimata”, secondo il Direttore dell’Università di Heidelberg, Peter Schirmacher, che aggiunge: ‘Il vaccino è la causa della morte nel 30-40% delle autopsie delle persone vaccinate di recente’ “.
Inoltre, anche l’efficacia stessa dei vaccini somministrati risulterebbe alquanto incerta, come dimostrerebbe il caso dei membri della Guardia Svizzera, tutti vaccinati, risultati positivi al COVID-19, nonché la situazione critica di Israele, uno dei paesi più vaccinati al mondo.
Ma particolarmente degne di attenzione risultano le sue parole destinate a mettere in luce la sua esigenza di “testimoniare e sostenere così tutti quelli che si permettono di pensare diversamente, di reagire con intelligenza ed evitare con convinzione ciò che non è ragionevole”.
“Quanti dei miei cari colleghi - dice - hanno purtroppo ceduto a un trattamento medico a cui non davano pieno consenso, obbligati dalla forza, per riottenere delle libertà? Per me - aggiunge - è fondamentale difendere con convinzione la Libertà. Perché dovrei obbligarmi a qualcosa della cui assurdità sono cosciente?”
Ma la parte della lettera indubbiamente più interessante è quella che mette in chiara evidenza l’oggettiva contraddittorietà della posizione ipervaccinista assunta da papa Francesco rispetto a quelle che sono le posizioni tradizionali della Chiesa cattolica, limpidamente espresse dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 21 dicembre 2020, secondo cui
“appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria”.
Inoltre, il documento della Pontificia Accademia per la Vita, del 5 giugno 2005, afferma con chiarezza che è doveroso combattere i “vaccini illeciti”, ossia quelli “preparati da feti umani abortiti, arrivando anche ad auspicare l’obiezione di coscienza da parte del personale medico cattolico
“rispetto all’uso di vaccini prodotti mediante ceppi cellulari di origine fetale umana abortiva.”
“Ora - prosegue Udressy - il Vaticano, l’istituzione della Chiesa, ha scelto il vaccino Pfizer, testato su linee cellulari abortive. Che pensare? Addirittura impone il vaccino a tutti i suoi dipendenti, benché come Stato sovrano, avrebbe la possibilità di scegliere dei prodotti non contaminati dall’aborto, che pure esistono.
Come cattolico che segue il Magistero, avrei il dovere di battermi contro le scelte vaccinali della Città del Vaticano?
Se si leggono i documenti citati, si deve rispondere di sì.
(…)
Ciò che è certo in tutto questo, - conclude - è che quanto stiamo vivendo non ha più niente di umano né tantomeno di cristiano, ed è davvero intollerabile vedere la santa Città del Vaticano arrivare a questo punto!”
Pierre André, da cattolico coerente, ha scelto di non essere più al servizio del papa e di ritornare, all’età di 24 anni, nel suo Canton Vallese. Riprenderà presto, senza lasciapassare verde ma con animo lieto, il suo vecchio lavoro di falegname.
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Alle 9 del mattino Athos de Luca è già accanto al piccolo palco, quest’anno senza verde intorno, concentrato a ripassare i suoi minuscoli appunti per la scaletta degli interventi. Campeggia alle sue spalle la scritta grande: “Mai Più Hiroshima 1945-2021”. La piazza conta meno presenze degli anni precedenti e anche i relatori sono di meno, così De Luca ha più spazio per l’introduzione. Ringrazia Forze dell’ordine, i militari, il I° Municipio, e prega la manodopera che sta effettuando dei lavori nell’ala destra della piazza di contenere il rumore.
Sottolinea che sono 23 anni che organizza questo evento. Quest’anno è d’obbligo ricordare la madrina che non c’è più: Carla Fracci. Lo fa con minuzia di riferimenti biografici. Aveva 84 anni, è stata considerata tra le 14 ballerine più brave al mondo, Montale la definì “l’eterna fanciulla danzante”, diceva che la danza non è questione di gambe ma di testa. Per questo motivo ogni edizione della commemorazione è anche un evento artistico, perché la bellezza e la cultura salveranno il mondo. Se si continua ogni anno è perché la forza delle cose è nella durata. Il disastro di Hiroshima ha rappresentato il punto critico più profondo nel mondo: l’arma nucleare usata sulla popolazione civile. E’ un’arma che non dovrebbe essere né prodotta né usata. Einstein diceva che se scoppiasse la guerra nucleare torneremmo all’età della pietra. Abbiamo in Europa due generazioni che non hanno conosciuto la guerra, a loro si rivolge per far capire che la Pace non è un dato acquisito ma un bene che va guadagnato e per il quale dobbiamo impegnarci tutti. Senza risolvere le diseguaglianze nel mondo non c’è pace. Da una parte abbiamo benessere e spreco, da un’altra mancanza di cibo. Il Presidente Sandro Pertini diceva: «Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai».
I “caccia” hanno un costo con il quale si può sfamare il mondo. Dobbiamo batterci per la Pace e la convivenza pacifica, devono farlo anche il nostro governo e gli organi internazionali per garantire questo bene primario. Questo è un monito per tutti, mantenere la pace costa fatica ma è la fatica più importante. La banda dei Carabinieri intona l’inno nazionale giapponese e poi quello italiano. L’attore Fabrizio Barboni, presentato come un amico, trasmette i saluti del I° Municipio e poi legge la poesia di Nazim Hikmet “La bambina di Hiroshima” : «avevo occhi limpidi, li ha resi di vetro». La cantante Heiko Misumi, una presenza abituale della cerimonia, si esibisce intonando le canzoni “Libellule rosse” e “Questa strada”: un flauto vestito di blu, di immensa grazia e compostezza. Poi viene introdotta Paola Iorio, direttrice della scuola di ballo che porta ogni anno in piazza allieve ed allievi. Ricordando Carla Fracci legge una lettera che lei aveva scritto, consapevole di non avere molto tempo avanti a sé. Voleva essere ricordata come una donna forte, che aveva lavorato tanto, tornando ad essere sempre e soltanto Carla. Iorio ha scelto il balletto con il quale Carla Fracci si esibì per la prima volta, seduta con una bambola. Sottolinea che la novità quest’anno è un’allieva giapponese: è lei e solo lei a tenere la colomba della pace alla conclusione del balletto, eseguito da dodici fanciulle-libellule in bianco, sulle note di un’orchestra di violini.
Segue l’intervento di Patrizia Sterpetti della sezione italiana di Women’s International League for Peace and Freedom. Per ricordare con coerenza dobbiamo continuare a contrastare i due mali intrecciati, alla base del disastro di Hiroshima e Nagasaki: la guerra e le armi nucleari. Esattamente da 100 anni, nel suo 3° congresso a Vienna nel 1921, la Wilpf, adottò il Manifesto per il Disarmo totale, ispirato dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale. Nel corso degli anni tutti i tipi di armamento sono stati problematizzati, in particolare prima le armi chimiche e biologiche, con un intervento che portò all’adozione del Protocollo contro le armi chimiche a Ginevra nel 1925, poi il nucleare. In occasione della Conferenza di Bejing del 1995 è stato sottolineato da Wilpf il connubio necessario tra Uguaglianza tra uomini e donne, Pace e Sviluppo. Per reagire alle impasses delle revisioni del Trattato di Non Proliferazione nel 1999, è nato il programma di monitoraggio di tutti gli armamenti denominato “Reaching Critical Will” e dopo ciò la partecipazione alla redazione del testo del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, adottato a New York nel luglio 2017 con il voto di 122 Paesi membri ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021 – senza alcun eco nei media italiani – e ormai ratificato da 55 Paesi. Il Disarmo, che Wilpf Italia ha fatto includere tra le Azioni del IV ° Piano italiano di attuazione della Risoluzione 1325 su Donne, Pace, Sicurezza” monitorato dal Consiglio Interministeriale dei Diritti Umani del Ministero degli Affari Esteri; la soluzione delle controversie in modo negoziato (nello spirito originario delle Nazioni Unite); la parità uomo–donna e bambini; il rapporto stretto con gli animali, le piante e tutto l’ecosistema, divulgato da una pedagogia specifica, come espresso da donne eco pacifiste, ecologiste, antispeciste sin dal 1700, sono le quattro strategie per la vivibilità e la sopravvivenza del pianeta. Abbiamo di fronte la COP 26, la conferenza sugli accordi di Parigi il prossimo novembre a Glasgow, in Scozia.
L’obiettivo di Wilpf e di altre organizzazioni pacifiste sarà quello di includere fra i fenomeni scatenanti l’inquinamento ambientale e l’ecocidio, gli effetti delle attività militari. Contemporaneamente si sta costituendo un coordinamento antinucleare europeo e il 5 settembre una catena umana protesterà contro il trasferimento nella base tedesca di Büchel delle bombe nucleari B-61 12, triste destino che coinvolge anche l’Italia, che in violazione dell’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione ha accolto bombe nucleari statunitensi, in ossequio all’atlantismo. Ma i dati rivelano che le popolazioni sono contrarie alle armi nucleari e favorevoli alla ratifica del Trattato di Proibizione. Questo è l’obiettivo di ICAN, International Campain Against Nuclear Weapons di cui in Italia fanno parte diverse organizzazioni come Wilpf, Rete Disarmo, Senza atomica, Medici per la prevenzione della guerra nucleare, Disarmisti esigenti, Peace Link, Pax Christi, IALANA, Pressenza, Majors for Peace e condiviso da molte associazioni e reti, non ultima il Gruppo Pace, Disarmo Giustizia Globale de La società della cura. Questo movimento di opinione deve essere reso edotto su quali sono le banche italiane che finanziano il nucleare. Un ulteriore iniziativa portata avanti da associazioni come “The Wapon Watch” e il “Comitato Danilo Dolci di Trieste” mira alla denuclearizzazione e neutralità dei porti italiani, a partire da Trieste. E’ inoltre in atto la campagna “No Fist Use Global” per la prevenzione della guerra nucleare e l’eliminazione di queste armi. La Wilpf vuole Trattati che portino alla pace contro accordi e alleanze foriere di conflitti e insicurezza umana; l’empowerment delle donne, il cui elettorato è prevalentemente pacifista, per far regredire il trinomio Maschilismo, Militarismo, Ecocidio e chiede l’abolizione totale delle armi nucleari partendo dalla ratifica del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
L’Italia dovrebbe essere tra i Paesi osservatori alla prima riunione degli Stati parte, che si terrà nel gennaio 2022 a Vienna ed essere tra i Paesi che coprono le spese dei Paesi vittime del nucleare. Purtroppo c’è il rischio concreto di una concomitanza con la decima revisione del Trattato di Non Proliferazione, che si svolgerà dal 4 al 28 gennaio 2022 a New York. Insieme a molte associazioni, Wilpf ritiene scellerato l’orientamento a considerare il nucleare civile una soluzione per la riconversione energetica in Italia. L’impegno di tutti per il cambiamento è quanto si deve alle vittime di Hiroshima, Nagasaki e di altre le guerre, esercitazioni, attività con uso di armi nucleari. Penultimo intervento è quello del rappresentante diplomatico giapponese, letto in italiano. Esprime solidarietà alle vittime del passato e a coloro che ancora soffrono. Una nuova minaccia affligge il mondo come il nucleare: il corona virus. Si stanno svolgendo i giochi olimpici in Giappone, di cui assistiamo giornalmente ai risultati. E’ stato un notevole impegno promuovere i giochi olimpici, simbolo di pace nella comunità internazionale.
Il Giappone, unico Paese vittima dell’era atomica, continuerà a dare il suo contributo in questo senso. Arriva il momento dell’omaggio da parte del “Comitato Terra e Pace” ad una organizzazione della società civile. Athos de Luca specifica che non è un premio ma un attestato di stima, assegnato quest’anno all’Ordine dei medici, che tanto si sono spesi durante la pandemia. Invita a parlare Cristina Patrizi, che con un breve ringraziamento ricorda i quattrocento medici morti e l’importanza fondamentale della protezione della Salute e della Pace. De Luca, offrendo l’omaggio, spiega che si tratta di un piccolo fossile, per ricordarci che la vita viene da molto lontano, - per chi crede da Dio, per gli altri dall’evoluzione della specie - e lontano noi dobbiamo poter arrivare. Il trombettiere della banda dei Carabinieri esegue l’assolo e la cerimonia finisce seguita da saluti calorosi. Il 76 ° anniversario di Hiroshima ha unito ancora e dimostrato la determinazione ad agire per abolire le armi nucleari.
Vent’anni sono trascorsi dalle terribili vicende del G8 di Genova, da quelli che Amnesty International ebbe a definire come “una violazione dei diritti umani di dimensioni mai viste nella recente storia europea”. In molti, fra gli agenti coinvolti in quegli eventi, sono rimasti totalmente impuniti, non soltanto per via della prescrizione, ma anche a causa dell’impossibilità di individuazione dell’identità dei responsabili.
Due funzionari di polizia, tra l’altro, Pietro Troiani e Salvatore Gava, condannati in via definitiva a tre anni e otto mesi più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici (Troiani per aver introdotto le due bombe molotov nei locali della scuola Diaz e Gava per averne illecitamente registrato il ritrovamento) hanno anche potuto ricevere, nello scorso ottobre, una sconcertante promozione alla carica di vicequestore. Promozione opportunamente definita dal Direttore generale di Amnesty Italia Gianni Rufini come “un’offesa alle centinaia di persone che vennero arrestate, detenute arbitrariamente e torturate in quella pagina nera della storia italiana”.
Negli anni successivi, non sono certo mancate altre circostanze in cui agenti di polizia hanno fatto ricorso ad un uso sproporzionato della forza, nel corso di manifestazioni o assemblee pubbliche.
Vedi, ad esempio, il caso del tifoso del Brescia, Paolo Scaroni, che, il 24 settembre 2005, ebbe l’esistenza distrutta a causa di una violenta aggressione da parte delle forze di polizia: due mesi di coma e stato di invalidità al 100%.
Nel suo, come in casi analoghi, non è stato possibile ottenere giustizia per l’impossibilità di identificare i suoi aggressori.
La risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012, sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea ha esplicitamente esortato “gli Stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”.
Anche da parte del Relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla libertà di assemblea pacifica e di associazione e di quello sulle esecuzioni extragiudiziali è provenuta, in merito alla corretta gestione delle manifestazioni, la raccomandazione secondo cui “ i funzionari delle forze di polizia siano chiaramente e individualmente identificabili, ad esempio esponendo una targhetta col nome o con un numero.” Ora, nella maggior parte degli stati dell’Unione europea (21 su 28), identificare gli agenti di polizia impegnati nel mantenimento dell’ordine pubblico è diventata la regola. La Germania la prevede in nove regioni su sedici, mentre in Ungheria e in Svezia, pur non essendoci un obbligo, gli agenti espongono nome, carta d’identità, grado sull’uniforme e un codice sull’ equipaggiamento speciale.
Al momento, restano ancora fuori soltanto: Austria, Cipro, Lussemburgo, Olanda e Italia. Al fine di raggiungere l’obiettivo anche nel nostro paese, Amnesty International sta rivolgendo una petizione alla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, in cui, fra l’altro, si dice:
“Crediamo sia ormai urgente la previsione di misure che consentano l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. (…) Crediamo fortemente che l’introduzione dei codici identificativi sarebbe non solo uno strumento di garanzia per il cittadino, ma anche e soprattutto di maggiore tutela per tutti gli agenti che svolgono il proprio lavoro in maniera corretta.”
(https://www.amnesty.it/appelli/inserire-subito-i-codici-identificativi/)