L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Politics (400)

    Carlotta Caldonazzo

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June 25, 2020

Oltre ad aver esacerbato ingiustizie sociali e attriti internazionali, la « crisi sanitaria » sembra aver impresso un’accelerazione significativa alla transizione digitale, facendo emergere essenzialmente due interrogativi circa il futuro delle collettività organizzate : il rapporto tra l’uomo e la macchina, schermi inclusi, e l’impatto sociale e ambientale dell’evoluzione di questa complessa relazione, soprattutto a partire dalla seconda rivoluzione industriale

 

 

I flagelli che, a intervalli più o meno lunghi, colpiscono le collettività organizzate, come l’ingiustizia sociale, la guerra e il dogmatismo totalitario, sono al contempo la conseguenza e il contesto di realizzazione delle scelte dell’uomo. O meglio, delle classi dominanti, che dell’uomo si ergono a unico portavoce legittimo, per imporre come legge universale il proprio interesse particolare. Ad esempio, la società di massa e le sue derive totalitarie del XX secolo, da una parte sono il risultato della dominazione della borghesia produttiva e produttivista, dall’altra sono il contesto in cui essa ha imposto come leggi universali le leggi del mercato, sacrificando il rispetto tanto dell’uomo quanto dell’ambiente. Da questo punto di vista, le spinte democratizzanti e le svolte autoritarie che si intersecano e si succedono all’interno dello stesso contesto sono integrate, in varia misura e con vari metodi, nel sistema sociale all’interno del quale si sviluppano. In tal modo, la struttura di questo sistema viene preservata, anche quando apparentemente si lascia spazio al cambiamento o, come si sente spesso dire, al progresso. Progresso e velocità si possono infatti considerare due nozioni chiave nei sistemi sociali che si sono costituiti dopo la seconda rivoluzione industriale e a partire da essa. Nondimeno, dal punto di vista dell’esistenza umana e degli ecosistemi, non sempre ciò che la scienza e la tecnica propongono come progresso rappresenta davvero un bene per l’uomo e per la natura. Inoltre, poiché la seconda rivoluzione industriale ha prodotto un’interdipendenza finanziaria sempre maggiore a livello mondiale, e sempre più stretta in ragione della crescita, tali mutamenti incidono spesso negativamente sulle relazioni internazionali, come è avvenuto (e come avviene tutt’ora) nel caso del petrolio, materia prima indispensabile per l’economia globale, e di altre materie prime strategiche, incluse le terre rare. Infatti, la presenza nel sottosuolo di un determinato territorio di una materia prima strategica ha comportato finora sfruttamento dissennato, colonizzazione, instabilità e conflitti. Ciò significa la distruzione degli ecosistemi, uomini inclusi.

Alle radici di questa scienza esatta persuasa allo sterminio, non c’è tanto il culto positivista della scienza e della tecnica, quanto, più propriamente, le idee di sfruttamento e dominazione che esso implicava, in base non a una consequenzialità logica, ma a un paralogisma politico. Quest’ultimo consisteva nell’asservimento (tragicamente attuale) del progresso scientifico-tecnologico agli interessi della borghesia dominante, quindi, in ultima istanza, ai dogmi del profitto e dell’espansione indefinita del mercato. In altri termini, quel dogmatismo che la borghesia, in quanto classe oppressa, aveva vigorosamente deplorato nell’ancien régime, su basi razionali e scientifiche, nella seconda metà del XIX secolo divenne uno strumento per inquadrare il progresso nell’ingranaggio del sistema capitalista di produzione, mercificazione e consumo. Similmente, quella stessa classe dirigente inquadrò la società di massa nei meccanismi alienanti della fabbrica e in organizzazioni che assicuravano il controllo radicale delle gerarchie sociali, fino a orientare i consumi dei singoli in base alle esigenze del mercato, come avvenne nel secolo scorso. Dietro l’individualismo sul quale si fonda l’ossessione del successo materiale personale, si cela in realtà la scomparsa dell’individuo in quanto tale e la sua rinascita come anello delle catene produttive e commerciali. Come scriveva José Ortega y Gasset nella Ribellione delle masse (1930),ormai non ci sono più protagonisti: c'è soltanto un coro.Il consumismo dilagante, quindi, altro non è se non uno dei risultati dell’attuazione di una strategia di controllo della società attraverso il controllo e l’orientamento dei consumi. Da questo punto di vista, il salto di qualità operato dalla società di massa digitale, con l’attenzione crescente rivolta dai principali attori del mercato ai big data, può spiegare una tendenza emersa in tutta la sua evidenza durante i mesi di chiusura delle attività produttive considerate non necessarie, come misura di prevenzione della diffusione dei contagi da Covid-19. Perdita di posti di lavoro, precarizzazione delle condizioni economico-sociali e conseguente aumento del disagio e del malcontento sociali : sono questi alcuni dei segnali della difficile gestione di collettività in via di impoverimento e sempre più esposte alle catastrofi naturali.

Tuttavia, dal punto di vista dell’uomo, la globalizzazione, la finanziarizzazione progressiva dei sistemi economici e la tendenza a ricorrere sempre più alla tecnologia e sempre meno alle potenzialità umane, tre aspetti fondamentali della società di massa digitale, sono sfociati in una nuova strategia di controllo da parte delle classi dominanti. Come sottolineava il filosofo Paul Virilio, l’accelerazione dell’informazione permessa dalla diffusione di Internet e delle reti sociali come mezzi di comunicazione di massa, ha generato il passaggio dalla standardizzazione delle opinioni alla sincronizzazione delle emozioni. Una trasformazione che consente un controllo più sottile, quindi più efficace, dei comportamenti individuali, poiché agisce sulla dimensione a-razionale dell’emotività. In tal modo, qualsiasi stato d’animo confezionato e fatto circolare sulla Rete può diventare virale, ossia propagarsi indefinitamente attraverso le sue maglie. In modo analogo al concetto di rete, la nascita e lo sviluppo del web sono stati caratterizzati da una spiccata dialettica iniziale tra due concezioni contrapposte, che corrispondevano a due diverse visioni della società. La prima è quella utopica, della Rete come strumento di comunicazione, di accesso gratuito e universale alla conoscenza e all’informazione, e di impegno civico (non politico, vale la pena di osservare). Idee che animano, ad esempio, l’organizzazione Wikileaks di Julian Assange. La seconda, invece, è quella realista (più realista del re), della Rete come mezzo di controllo capillare del tessuto sociale, in tutti i suoi aspetti, dalla vita professionale a quella privata, fino ad arrivare all’intimità, che negli ultimi decenni è stata sempre più teatralizzata, prima dalla televisione, poi anche dalle reti sociali. La vittoria, almeno finora, di quest’ultima, non è da attribuire alla tecnologia in sé, ma alla sua sottomissione ai principi e alle dinamiche del neoliberalismo. In primis, il predominio della proprietà privata sulla protezione della vita privata, quindi sulla dignità della persona. Un aspetto, questo, che verosimilmente si può considerare insito nel mercantilismo borghese ancor prima della seconda rivoluzione industriale, se è vero che il filosofo Jean-Jacques Rousseau, nel Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini (pubblicato nel 1755, prima, dunque, dell’affermazione della borghesia come classe dominante), individuava in quest’ultima, generata dalla nascita della proprietà privata in concomitanza con la nascita della società civile, la radice di ogni male della società.

 

In questo quadro si potrebbe dunque inscrivere la complessa evoluzione del rapporto tra l’uomo, la natura e la macchina negli ultimi due secoli, fino ai dibattiti più recenti sull’intelligenza artificiale e sull’eventualità di uno scontro futuro con l’intelligenza umana, sull’integrazione tra potenzialità umane e tecnologia (si pensi al cyberpunk o al pensiero transumanista), sull’introduzione sempre più massiccia nel lavoro di macchine dal crescente grado di sofisticazione, o ancora sul capitalismo della sorveglianza. Inoltre, la transizione digitale, che è al contempo tecnologica, energetica (dagli idrocarburi alle energie rinnovabili, ma anche alle terre rare) ed esistenziale (porzioni sempre più consistenti di esistenza vengono proiettate e trasferite dalla realtà fisica alla realtà virtuale), pone il problema della sua sostenibilità ecologica. In sintesi, promette di mantenere inalterate le dinamiche economiche e sociali soggiacenti al neoliberalismo globalizzato, ossia lo sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, in misura crescente e con metodi sempre meno controllabili da parte dei più. Il che significa che la digitalizzazione, che ha consentito una brutale accelerazione dei ritmi di vita degli individui (con conseguenze devastanti sul piano psicologico), al punto da sincronizzare le emozioni delle masse, produce la stessa scia di ingiustizia e diseguaglianza delle precedenti rivoluzioni industriali, in quanto è stata elaborata, ed è attualmente in corso di realizzazione, nel medesimo ingranaggio dell’economia di mercato.

June 19, 2020

 SULLA RECENTE INTERVISTA DI AHMADINEJAD A UN CANALE TELEVISIVO AMERICANO (il canale statunitense in lingua persiana "US Iran Tv" - 15 giugno 2020)

Ahmadinejad ha affermato che i governi dell'Iran e degli Stati Uniti dovrebbero riconoscersi reciprocamente, che gli Stati Uniti dovrebbero rispettare l'indipendenza dell'Iran e che l'Iran dovrebbe smettere di demonizzare gli Stati Uniti, e che i due governi devono sedersi e parlare in un'atmosfera di giustizia e rispetto.

Sono rimasto profondamente rattristato dalle posizioni di Ahmadinejad. Ahmadinejad non vede che gli Stati Uniti non rispettano nemmeno i diritti della propria gente? Non vede che gli Stati Uniti non rispettano neanche l'accordo che loro stessi hanno preparato e firmato? Ahmadinejad non sa che la politica mondiale non è un luogo per dibattiti sentimentali ed eleganti come il "dialogo delle civiltà" (ideato a suo tempo dall'ex Presidente Khatami, ndt)? Non sa che finché gli Stati Uniti traggono beneficio dalle centinaia di miliardi di dollari della vendita delle armi ai corrotti Sauditi, Emirati e Qatar, e che fintanto che con le loro ottocento basi militari premono il loro ginocchio sul collo del mondo, e con le decine di basi militari nella regione e la loro presenza occupante in Iraq, in Afghanistan e nel Golfo Persico premono il loro ginocchio sul collo della nostra regione, e finché con le sanzioni premono  il loro ginocchio sul collo del nostro popolo, non si può avere un dialogo rispettoso e alla pari? Non sa che il dialogo con condizioni inique equivale ad arrendersi?Ahmadinejad! Una volta eri un simbolo di resistenza contro gli Stati Uniti. Da quando ti sei unito a molti riformisti e hai riconsiderato le posizioni anti- imperialiste?No, signor Ahmadinejad! Gli Stati Uniti comprendono solo il linguaggio della forza e della potenza, e non abbiamo altra scelta che diventare più forti aumentando la nostra potenza militare e cercando di cacciare la presenza militare americana fuori dalla regione da un lato, e combattendo la corruzione e la discriminazione dall'altro. La strada è una, signor Ahmadinejad. Resistenza. Resistenza contro gli Stati Uniti e contro la discriminazione, la corruzione e la borghesia interna.

Ali Alizadeh, analista iraniano.

June 19, 2020

Nell'articolo pubblicato sul sito kremlin.ru e nella rivista americana National Interest, il presidente russo Vladimir Putin spiega al pubblico occidentale qual è la vera lezione del 75° anniversario della Seconda Guerra Mondiale, evocando il revisionismo storico che mina tutt'oggi le relazioni fra i Paesi.

“Putin fa più volte riferimento agli archivi, chiede alle nazioni occidentali vincitrici della Seconda Guerra Mondiale di aprire a tutto campo gli archivi e, sulla base di questi, intavolare un dibattito storico il più oggettivo possible” – sottolinea Tiberio Graziani, Chairman di Vision&Global Trends (Istituto Internazionale per l’ Analisi Globale) di Roma.

 Attraverso un racconto, a tratti molto personale, Putin pone l’accento sulla responsabilità comune nei confronti della storia, ma anche del futuro. Possiamo dire che Putin ribadisce attraverso la storia l’identità della Russia? Chiede Tatiana Santi di Sputniknews.com a Graziani.

“Il fatto della continuità storica fra l’Unione Sovietica e la Federazione Russa non si ferma qui, perché Putin spesso nei suoi discorsi sottolinea la continuità con il periodo presovietico. Parliamo della continuità storica della Russia ortodossa, non soltanto della Russia atea sovietica. Questo riferimento al patriottismo è tipico della cultura russa: l’identità russa si basa sulla famiglia e sul sentimento patriottico.

Sicuramente il revisionismo storico pone dei seri problemi. Vediamo una reinterpretazione del passato storico ai fini dello scontro politico attuale. È un passato storico che per quanto riguarda la Russia, erede dell’Unione Sovietica, è comune con i Paesi alleati. Questo voler rimescolare le carte ha una finalità di tipo esclusivamente politico e

rientra nel contesto della demonizzazione della Russia, quale essa sia sovietica o post sovietica in contrapposizione ai cosiddetti valori occidentali, basati sull’individuo e sul libero mercato.

 
 Tiberio Graziani

Il parallelo fra il passato storico e il futuro induce ad una riflessione per gestire meglio il presente e prospettare un futuro più consapevole. Il fatto che Putin abbia fatto riferimento alle 5 grandi potenze è interessante, tuttavia è evidente che il quadro geopolitico è molto cambiato, soprattutto negli ultimi 10 anni. Fare riferimento esclusivamente alle 5 potenze forse è troppo poco, perché molte di queste potenze appartengono ad un campo ben specifico, quello occidentale guidato dagli Stati Uniti. Per trovare soluzioni post-Covid bisogna introdurre in questo consesso anche altre potenze come l’India e il Brasile.

Volevo in conclusione sottolineare una curiosità: durante il suo lungo articolo Putin fa più volte riferimento agli archivi, chiede alle nazioni occidentali vincitrici della II Guerra mondiale di aprire a tutto campo gli archivi e, sulla base di questi, intavolare un dibattito storico il più oggettivo possibile. La Russia da questo punto di vista ha fatto molto. Mi rendo conto che tutto non si può aprire, dopo 75 anni però occorre essere il più oggettivi possibili.” Conclude Graziani.

June 13, 2020

L'apparente tolleranza e il principio del "melting pot" (la commistione di individui di origini, religioni e culture diverse con il risultato di costruire un'identità condivisa) in realtà non nascondono altro che una palese discriminazione nei confronti dei membri della comunità afroamericana. L'atteggiamento nei confronti degli americani bianchi e neri in termini di salari, lavoro, istruzione e questioni legali rimane tutt'altro che equivalente. La polizia mostra più chiaramente questa differenza, abusando del proprio potere nei confronti degli afroamericani, tradizionalmente visti come la maggiore minaccia per la sicurezza del paese.

Ci sono abbastanza precedenti per una questa violazione dei diritti umani – né sono valse le forti proteste nel Maryland nella primavera del 2015. Il disegno di legge sulla riforma della polizia, preparato dai democratici e che suggerisce un aumento della responsabilità delle forze dell'ordine per le violazioni commesse, non cambierà comunque l’attuale situazione e il sistema di garanzie sociali adottato negli Stati Uniti, istituito nell'ambito dell'esclusività e dell'individualismo americano peggiora le cose. La divisione tra la posizione stabile delle élite bianche e la società afroamericana perdura, molti rappresentanti rappresentanti di questi ultimi non hanno nemmeno un'assicurazione sanitaria e la possibilità di soddisfare i loro bisogni primari. La pandemia del coronavirus e le devastanti rivolte hanno mostrato chiaramente una cosa: il capitalismo liberale americano è attualmente in profonda crisi. Qual è il destino della società americana? A cosa porteranno le proteste? La discordia nel percepire i valori e il desiderio di sostenere al contempo un proprio fratello ucciso dalla polizia non solo è causa di scontri aperti, ma stanno portando la società alla distruzione. E le ragioni stanno nel nello stesso sistema, alla radice delle sue dinamiche e tradizioni stabilite. L’ opinione è stata espressa da Tiberio Graziani, Presidente della Vision & Global.

 

Nihil sub sole novum”.  Le proteste interetniche sono una costante delle dinamiche politiche e socio-economiche statunitensi. In un certo senso, la stessa storia degli Usa può essere interpretata come la storia delle relazioni tra gruppi etnici, declinata nel quadro della specifica ideologia nordamericana del Destino manifesto.” Per Graziani che continua:”La peculiarità di tale ideologia, peraltro strettamente connessa ai valori moderni del liberalismo ed alla loro attuale evoluzione, è quella di circoscrivere il proprio orizzonte concettuale nei limiti della interpretazione neotestamentaria della propria storia e di fornire una giustificazione morale dell’ operato ai ceti e gruppi etnici che dominano la società statunitense.

 

L'idea della costruzione della City upon a Hill, tuttora alla base del progetto egemonico statunitense ci restituisce, oggi, un Paese dilaniato ed insicuro, alla perenne ricerca di un nemico interno (ora il nero, ma anche il poliziotto) o esterno (ora la Cina, ma anche la Russia) e della "felicità". Le violente proteste di questi giorni ricordano ai cittadini statunitensi e all'opinione pubblica mondiale che il "sogno americano" è in realtà un incubo del quale, periodicamente, sono vittime i ceti e i gruppi etnici più emarginati. Da questo incubo, purtroppo, difficilmente i dominati potranno destarsi, poiché le loro proteste sono già largamente strumentalizzate nell'ambito dell'attuale scontro tra i loro dominatori. Il peloso sostegno dato alle proteste dagli esponenti del Partito Democratico ha lo scopo di condizionare la potenziale ribellione delle piazze e di ricondurla nella usuale dialettica della democrazia americana” conclude Graziani.

June 07, 2020

 

Dopo il caso Cambridge Analytica del 2018, ora Facebook  crea una funzione che dovrebbe consentire agli utenti di vedere quante e quali informazioni  private vengano condivise con le app esterne. E’ il tasto "Off-Facebook Activity" annunciato dallo stesso Mark Zuckerberg in un post sul blog aziendale.

 

 

I media russi, cinesi ed altri controllati dallo Stato verranno etichettati, mentre ci sarà un’eccezione per i media occidentali. La politica è quella di informare gli utenti che alcuni media ricevono fondi dai rispettivi governi. Aggiungiamo noi comunque che anche in occidente molti media usufruiscono di sovvenzioni governative, e forse sarebbe il caso segnalare anche i media occidentali.

L a “marchiatura” già appare sulle pagine social di Sputnik e RT per la Russia, su Xinhua e People’s Daily media cinesi , su TV Press iraniano, nonché su alcuni mezzi d'informazioni di Corea del Nord, Filippine, Marocco, Tunisia e Thailandia.

“Dobbiamo prima di tutto ricordare che Facebook è una piattaforma di uno dei principali gruppi mondiali che gestiscono l'informazione e la comunicazione digitale. Ha un

 
 Mark Zuckerberg

enorme potere. Oltre a ciò occorre ricordare che appartiene a una compagnia privata, vincolata solo dalle leggi del mercato e - negli Usa - con molta difficoltà dalle pseudo restrizioni antimonopolio. Questi fattori offrono a Facebook ampi gradi di libertà, inclusa quella di "censurare". L'atteggiamento assunto da Facebook è paradossale: da una parte favorisce e promuove la libertà di informazione - giacché proprio grazie a tale libertà i soci che la posseggono possono fare profitti - per un altro verso, invece, impone arbitrari criteri di tracciabilità (le etichette) che di fatto conculcano la libertà di espressione”, ha detto Graziani, Chairman di Vision&Global Trends. “I pregiudizi contro alcuni Paesi (Russia, Cina, Iran) muovono, oltre che da motivazioni ideologiche, dal fatto che queste infrastrutture digitali ormai sono diventate uno degli elementi costitutivi del potere esercitato dal cosiddetto sistema occidentale a guida statunitense. Per tale motivo costituiscono uno dei più importanti asset di cui il sistema occidentale dispone per mantenere posizioni ormai residuali di egemonia geopolitica”, ha aggiunto Graziani.

Per  Fabio Squillante, Direttore Generale di Agenzia Nova che han la sede principale a Roma, “Il social network sta utilizzando la censura come se fosse il suo compito. È successo anche in passato. In Italia, per esempio, hanno oscurato alcuni siti dell’estrema destra, però il tribunale li ha fatti riaprire perché solo la legge può censurare questo o quel soggetto. A mio avviso, è un problema di regolazione dei social network che si pone non solo nei confronti della Russia e di altre nazioni, ma anche nei confronti dei soggetti italiani e persino nei confronti del presidente degli Stati Uniti”.

“Molte piattaforme social si comportano oggi in questa maniera. Pochi giorni fa Twitter ha censurato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti aveva messo in evidenza due tweet, uno dei quali è stato oscurato per la violazione delle regole «sull'incitamento alla violenza». Era un messaggio in cui Donald Trump minacciava di chiamare le forze armate nel caso in cui i saccheggi fossero proseguiti.”

June 06, 2020

I romani hanno preferito andare al mare a “mostrar le chiappe chiare”

Roma 6 giugno 2020 -  Momenti di tensione al Circo Massimo - scene di panico alla manifestazione indetta dagli Ultrà e Forza Nuova a Roma. Si doveva manifestare pacificamente contro l’attuale governo giallo-rosso, ma sin dall’inizio alcuni manifestanti hanno cominciato a lanciare oggetti e bombe carta verso le forze dell’Ordine e giornalisti, alcuni di questi sono stati inseguiti. La situazione dopo pochi minuti dall’inizio è degenerata nonostante l’esiguo numero di manifestanti. Sebbene abbiano giocato in casa i romani hanno preferito disertare, vista la bella giornata per andare forse, al mare, e hanno lasciato campo libero nel maestoso spazio del Circo Massimo ai poveri Ultrà del Nord, svegliatisi all’alba per venire a Roma senza bandiere e con la maglietta bianca per testimoniare lo spirito patriottico. A causa degli incidenti e delle defezioni la manifestazione si è rivelata purtroppo un flop. Imponente lo schieramento delle forze dell’ordine intervenute anche con elicotteri per controllare dall’alto. Molte persone identificate, otto i fermati.

June 04, 2020

 

Gli ARANCIONI denunciano l'illegittimità della classe politica (video)

 

Il pensiero economico degli ARANCIONI (video)

June 03, 2020

Roma 2 giugno 2020

 

 

 

 

May 30, 2020

Roma 30 maggio 2020

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