
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Lo scorso 10 luglio il prestigioso tour di presentazioni del saggio Il Liberale Pannunzio – Tutto l’oro del mondo? a cura del Prof. Pier Franco Quaglieni ha raggiunto Saint-Vincent. Il primo evento, quello ufficiale, si è svolto alla Fondazione De Fonseca ( Via Pietro Micca – Torino). Sono seguite due importanti tappe: al Salone internazionale del libro di Torino e alla Librerie Italienne di Parigi (poco distante dall’ Operà). Nelle prossime settimane sono previste presentazioni nelle principali città italiane. Mario Pannunzio torna a rivivere in un intrigante saggio. Vita e opere di un grande intellettuale e politico raccontata con una scrittura elegante e raffinata. Attraverso un’opera ricca di dettagli, testimonianze illustri e di godibile lettura, il Prof. Pier Franco Quaglieni tratteggia la figura di uomo diviso tra giornalismo e politica. Un comunicatore filosofo che non ha voluto mescolarsi all’esercizio del potere e ha lasciato traccia delle sue azioni, per alcuni discutibili, e la saggezza dei suoi insegnamenti in particolare quella di offrire al lettore un racconto privo di baciamani per il dovere di raccontare ciò che è davvero accaduto. Un lusso che solo i “cronisti non ordinari” possono permettersi.
Un'élite nella sala conferenze della Biblioteca Primo Levi di Saint-Vincent, ha seguito con particolare interesse l’esposizione della vita e delle opere di un grande intellettuale e politico.
Mario Pannunzio con una grande facilità di scrittura è sempre stato un lavoratore infaticabile, sollecitato dagli avvenimenti che incalzano in lui il bisogno di tradurli in parole come se una macchina da scrivere battesse ininterrottamente nella sua testa. Tra il 1933 e il 1935 fu impegnato in tre riviste, fondate insieme a un gruppo di amici. Merita una citazione “ Oggi Settimanale di lettere ed arti”. Nel 1937 fu chiamato alla redazione di Omnibus fondata da Leo Longanesi. Negli anni successivi con Arrigo Benedetti diede alle stampe un settimanale per intellettuali anticonformisti, lo chiamò “Oggi", tuttora in edicola . Anche questa testata non ebbe vita lunga e nel 1942 fu chiusa, sempre per motivi politici.
Durante l'occupazione tedesca di Roma, Pannunzio costituì il Movimento liberale italiano. Il giornale del neonato movimento fu «Risorgimento Liberale» un foglio clandestino che uscì irregolarmente tra il 1943 e 1944 e che procurò a Pannunzio l’arresto mentre si trovava nella tipografia del giornale; trascorse alcuni mesi nel carcere di Regina Celi. In seguito diventa direttore di «Risorgimento Liberale», organo ufficiale del ricostituito Partito Liberale Italiano. In anni caratterizzati da forti contrasti ideologici, egli non esitò, andando controcorrente, a denunciare il dramma delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e dei prigionieri italiani in Russia. Il suo antistalinismo procedette di pari passo col suo antifascismo Nel 1949 fonda e dirige il settimanale politico, economico e letterario "Il Mondo" . Il settimanale fu chiuso l'8 marzo 1966.
Alcuni nemici di Pannunzio lo hanno accusato di incoerenza e trasformismo, senza capire che egli seguiva semmai una coerenza interiore che nelle sue ideologie non trovava mai un sufficiente riscontro. Quasi che proprio lui, per alcuni, lo spietato analista della realtà politica, fosse invece il più ostinato degli utopisti ma con la straordinaria capacità della sua penna sapeva trascinare ogni volta il pubblico dalla sua parte. Sotto questo aspetto Pannunzio è stato forse il più grande persuasore della borghesia italiana è in effetti difficile difendersi dalla sua prosa adamantina e insieme insinuante, dialettica e tuttavia costruttiva. Una prosa che mette alle corde, e che forse nessuno è mai riuscito ad imitare. Se si comincia a leggere un suo articolo, o soffrendo o gongolando si dovrà comunque arrivare fino in fondo. Avere il coraggio di dire quel che si pensa e soprattutto di non sconfessare il passato, non è dote comune nemmeno di questi tempi, in cui ipocrisia e viltà sono largamente praticate. Mario Pannunzio morì nel 1968 all'età di 57 anni . Sulla bara volle una copia de I promessi sposi, il celeberrimo romanzo di iAlessandro Manzoni, autore di cui apprezzava il temperamento liberale e l'umanesimo cristiano.
Nel 1968 è stata fondata in suo onore, a Torino, l'associazione culturale «Centro Pannunzio» per iniziativa di Arrigo Olivetti, Mario Soldati e Pier Franco Quaglieni, che la dirige sin dalle origini.
Al lettore il piacere di scoprire la vita di Mario Pannunzio in questa lettura affascinante che ne costruisce le tappe più significative mostrando tutta la passione che muove il grande saggista Pier Franco Quaglieni . Un libro nitido nella scrittura e intenso nei sentimenti. Un viaggio tanto ardito quanto pieno di informazioni realistiche e concrete.
In appendice il libro pubblica per la prima volta il carteggio intercorso tra Benedetto Croce e Mario Pannunzio.
Da sx Ennio Pedrini - Editore , Lina Conte - Presidente della Biblioteca Comunale “Primo Levi”, Prof. Pier Franco Quaglieni autore del saggio Il Liberale Pannunzio – Tutto l’oro del mondo? – Paola Cortese - Assessore alla Cultura del Comune di Saint-Vincent. |
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Il prof. Pier Franco Quaglieni è docente e saggista di storia contemporanea. Diventa giornalista nel 1968. Iniziò a scrivere i primi articoli quando era al Ginnasio e da allora ha sempre continuato a scrivere.. È Presidente fondatore ed è Direttore generale del Centro di Studi e Ricerche “Mario Pannunzio” di Torino dal 1968, da lui fondato, ventenne, insieme ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati. È succeduto ad Arrigo Olivetti, Mario Bonfantini, Edoardo Ruffini, Mario Soldati ed Alda Croce che sono stati presidenti del Centro ‘Pannunzio’ prima di lui. Laureato in Lettere all’Università di Torino, è stato allievo di Aldo Garosci e di Franco Venturi.
Collaboratore di importanti riviste tra cui La Nuova Antologia di Giovanni Spadolini e Nord e Sud di Francesco Compagna, scrive per lunghi anni prima sul quotidiano La Gazzetta del Popolo e poi su Stampa Sera, La Stampa e altri quotidiani.
Dal 1970 al 1975 è stato Vice Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo.
È Componente del Comitato Scientifico della Fondazione “Filippo Burzio” e Vice Presidente della “International Federation of free culture” di Londra.
Ha fondato nel 1967 il gruppo studentesco “Riforma Democratica Universitaria” che si è battuto contro la nascente contestazione nell’ambito dell’Università di Torino.
Ha collaborato intensamente con l’U.S.I.S. e con il Consolato U.S.A. di Torino negli Anni ’70 e ’80, ospitando ed organizzando incontri con personalità della cultura nord-americana in tempi nei quali in Italia imperversavano le BR e il Consolato era meta di continui cortei e sit-in antiamericani.
Il Sindaco di Torino nel 1984 lo ha insignito del Sigillo d’Argento di benemerito della Città di Torino. Nel 1998 il Sindaco di Torino gli conferisce una targa di benemerenza per la sua attività di organizzatore e promotore di cultura. Nel 2008 il Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte gli conferisce una targa di benemerenza per i quarant’anni di direzione e di presidenza del Centro ‘Pannunzio’. Il Sindaco di Alassio nel 2007 gli conferisce l’Alassino d’oro, massimo riconoscimento della Città. Nel 2003 il Rettore dello storico Convitto Cicognini di Prato gli conferisce il titolo diEducatore Onorario. Nel 2002 i Licei Pantaleo e Giovanni Gentile di Castelvetrano gli conferiscono una targa in cui lo si definisce Vir bonus dicendi peritus.
È presidente della Giuria dei premi letterari Mario Soldati e Mario Pannunzio.
Presidente della Deputazione Subalpina per la salvaguardia di Venezia.
Ha vinto, tra gli altri, i Premi giornalistici Venezia, Salvemini, Arrigo Benedetti, Ernesto Rossi, Lucca, Prezzolini ed i Premi internazionali di cultura Voltaire, Tocqueville, Benda. È stato inoltre insignito del premio Einaudi scuola e Cavour-Italia. Nel 2008 ha ottenuto il Leon d’oro alla carriera per i suoi quarant’anni di giornalismo.
Autore di importanti pubblicazioni storiche tra cui Figure del Piemonte laico, Pannunzio ed il Mondo, Gozzano e il suo tempo, La Destra storica, Cavour e l’Europa, Giolitti e la sua età, Giolitti nella storiografia crociana, Cavour e Giolitti, Einaudi e Giolitti, Romeo storico di Cavour, Gobetti, Omodeo e il Risorgimento. È stato tra i primi studiosi in Italia ad occuparsi di temi scottanti come quelli delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Ha contribuito altresì a rivalutare il ruolo dell’Esercito regolare nella guerra di Liberazione e la Resistenza non comunista. Ha collaborato per la storia delle dottrine politiche e la storia contemporanea al Grande Dizionario Enciclopedico UTET. È stato Direttore della Collana Quaderni laici.
Per la Storia di Torino diretta da Valerio Castronovo ha scritto un importante saggio sulla storia delle istituzioni culturali subalpine. Curatore di alcune edizioni delle opere di Benedetto Croce, è autore anche di saggi sulla letteratura latina e di una traduzione del liber catulliano. Ha curato la pubblicazione del Carteggio Croce-Pannunzio su invito di Alda Croce figlia del filosofo.
È inoltre autore di pubblicazioni storiche edite dalla Città di Torino tra cui il volume Memorie di pietra e Le nostre radici. Coautore della Storia del Parlamento italiano in venti volumi.
È stato insignito dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga – motu proprio – della onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica nel 1991 e nel 1999 dal Presidente Scalfaro – sempre motu proprio – di quella di Cavaliere di Gran Croce, massima onorificenza dello Stato.
Ha promosso importanti mostre storiche (Cavour) e storico-artistiche (I disegni di Leonardo alla Biblioteca Reale di Torino, Visti da Chicco, Il graffio di Gec, Torino liberty, I luoghi pavesiani, Dal “Risorgimento liberale” al “Mondo”, Il Mondo di Maccari, ecc.).
È stato insignito dal Presidente della Repubblica Scalfaro della Medaglia d’Oro di Benemerito della Scuola della cultura e dell’arte all’età di 46 anni, dopo che nel 1978 il Centro ‘Pannunzio’ ricevette lo stesso prestigioso riconoscimento, ad appena dieci anni dalla sua fondazione con decreto del Presidente Sandro Pertini.
È stato direttore del giornale Scuola Nuova, Segretario Nazionale e poi Presidente della Federazione Italiana Docenti F.I.D.
Nel 1998 la Fondazione “Popper” di Vienna ha promosso la pubblicazione di un libro su di lui e la sua attività scientifica e culturale dal titolo Professore di Libertà: oltre cento testimonianze di particolare significato ed autorevolezza.
Nel 2009 è uscito per le edizioni di Genesi un suo volume su Mario Pannunzio dal titolo emblematico: Liberali puri e duri – Pannunzio e la sua eredità in cui raccoglie molti suoi saggi ed articoli con testimonianze, tra gli altri, di Soldati, Spadolini, Laurenzi, Valiani, Montanelli, Man, Pera, Bettiza, Conso e Mathieu. Un’opera importante che ha fatto discutere perché Quaglieni dimostra in termini storici il profondo liberalismo pannunziano rispetto alle interpretazioni tramandate da una certa vulgata, volte a ridurre Pannunzio ad una icona dell’antifascismo laicista.
È considerato il massimo studioso di Mario Pannunzio e del “Mondo”, il settimanale fondato e diretto per 18 anni da Pannunzio.
In occasione del centenario della nascita di Pannunzio ha curato Mario Pannunzio. Da Longanesi al “Mondo”. Nel giugno 2010, avendo proposto la costituzione di un Comitato Nazionale per le onoranze a Mario Pannunzio per il centenario della sua nascita, ha rinunciato al contributo ministeriale stanziato con una lettera al Ministro dei Beni culturali in cui, considerando i tempi difficili che si profilavano per l’economia italiana, sostenne che il Centro “Pannunzio” avrebbe sostenuto con i suoi soli mezzi le manifestazioni promosse in tutta Italia. Nel 2010 ha girato città e grandi e piccole per commemorare Pannunzio in convegni e conferenze. È stato il promotore del francobollo emesso da Poste Italiane in 4 milioni di copie per onorare Pannunzio per il centenario della nascita e scrive sul bollettino ufficiale dell’emissione del francobollo un profilo storico di Pannunzio.
Nello stesso 2010 accetta invece di far parte del Comitato Nazionale per il centenario della nascita del Conte di Cavour presso il Mibac, ritenendo che per l’artefice dell’unità d’Italia fosse indispensabile che lo Stato italiano lo onorasse adeguatamente.
Nel 2010 pubblica Pannunzio e la sua eredità, vincendo un bando della Regione Piemonte. Il volume è stato diffuso gratuitamente a tutte le scuole e biblioteche del Piemonte, della Liguria e delle principali Biblioteche italiane.
Nel 2011 è protagonista di centinaia di incontri per il 150° dell’Unità d’Italia a cui viene invitato come relatore e conferenziere.
Nel 2013 cura la riedizione per “Libro aperto” delle “Memorie di Marcello Soleri”, scrivendo un’ampia introduzione storica sul ministro liberale piemontese che fu l’erede di Giovanni Giolitti. Inoltre, in occasione dei 45 anni del Centro “Pannunzio” promuove e partecipa in prima persona alle manifestazioni per questo anniversario che viene festeggiato in tutta Italia in quanto gradualmente il Centro Pannunzio da associazione preminentemente piemontese diventa una realtà nazionale con Sezioni che operano in molte città.
Il 21 maggio 2013 viene festeggiato nella Sala Rossa del Consiglio Comunale di Torino dal Sindaco Fassino con una cerimonia a lui dedicata al termine della quale il Sindaco gli conferisce un riconoscimento a nome dell’intera Città.
Il 3 giugno un’analoga manifestazione viene promossa dal Consiglio Regionale del Piemonte nell’Aula dell’Assemblea legislativa e in quella occasione gli viene offerto un libro con 120 testimonianze sulla sua attività di studioso e animatore del Centro Pannunzio dal titolo emblematico Il Centro Pannunzio e un maestro di libera cultura con prefazione di Piero Ostellino.
Il libro è stato presentato in molte città italiane, in concomitanza con i festeggiamenti per i 45 anni del Centro.
Prof. Pier Franco Quaglieni
Il Liberale Pannunzio – Tutto l’oro del mondo?
Edizioni Pedrini
Pagine 206
Roma, 3 luglio 2025. Si è appena concluso al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia lo spoglio della seconda e ultima votazione del Premio Strega, che ha proclamato Andrea Bajani, con il romanzo L’anniversario (Feltrinelli), vincitore della LXXIX edizione. Il premio è stato consegnato da Andrea D’Angelo, vicepresidente di Strega Alberti Benevento.
La serata, condotta da Pino Strabioli, è stata trasmessa in diretta su Rai 3. Tra gli ospiti, Anna Foglietta ha recitato un monologo dedicato a Pasolini, in occasione del cinquantenario della sua scomparsa, mentre Filippo Timi, accompagnato dai musicisti Rodrigo D'Erasmo e Roberto Angelini, ha letto brani tratti dai libri in concorso. Durante l'evento è stata intervistata anche Anna Foa, vincitrice della prima edizione del Premio Strega Saggistica con il suo libro Il suicidio di Israele (Laterza).
Sono intervenuti: Giovanni Solimine e Stefano Petrocchi, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Bellonci; Giuseppe D’Avino, presidente di Strega Alberti Benevento; Claudia Corazza, responsabile Ufficio Sponsorships di BPER Banca, e Luana Toniolo, direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Donatella di Pietrantonio, vincitrice della scorsa edizione, ha presieduto il seggio di voto. Gli ultimi cento voti sono stati scrutinati dal vivo fino alla proclamazione dell’autore vincitore.
Il totale dei voti espressi, 646 (pari all’92 % degli aventi diritto), ha portato alla vittoria il romanzo di Andrea Bajani, L’anniversario (Feltrinelli), con 194 voti. Seguono Elisabetta Rasy, Perduto è questo mare (Rizzoli), con 133 voti; Nadia Terranova, Quello che so di te (Guanda), con 117 voti; Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo (Mondadori), con 103 voti; Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), con 99 voti.
Il Premio è stato assegnato da una giuria composta da 400 Amici della domenica, a cui si aggiungono come di consueto 245 votanti dall’estero selezionati da 35 Istituti italiani di cultura nel mondo (che esprimono ciascuno 7 giurati tra studiosi, traduttori e appassionati della nostra lingua e letteratura), 25 voti collettivi provenienti da scuole, università̀ e circoli di lettura delle Biblioteche di Roma, 30 voti di lettori forti scelti nel mondo delle professioni e dell’imprenditoria.
Andrea Bajani |
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Tra i nuovi giurati entrati quest’anno a far parte degli Amici della domenica: le scrittrici Francesca Giannone, Federica Manzon e Rosella Postorino e gli scrittori Sebastiano Nata e Daniele Rielli; Chiara Faggiolani, direttrice del Master in Editoria, giornalismo e management culturale della Sapienza; Ludovica Jaus, organizzatrice di eventi; Alessio Vannetti, Chief Brand Officer di numerose case di Moda.
Grazie alla collaborazione con il MAECI, quest’anno sono 34 gli Istituti italiani di Cultura all’estero coinvolti nella giuria. Ecco quali: Addis Abeba, Amburgo, Amsterdam, Atene, Beirut, Berlino, Bruxelles, Buenos Aires, Città del Messico, Il Cairo, La Valletta, Lione, Lisbona, Londra, Los Angeles, Madrid, Monaco, Montréal, New York, Parigi, Pechino, Praga, San Francisco, Santiago, Seoul, Stoccarda, Stoccolma, Strasburgo, Tirana, Tokyo, Tripoli, Tunisi, Varsavia, Vienna.
Anche quest’anno lo Strega Tour continuerà con l’autore del libro premiato toccando il 5 luglio Cervo, il 6 luglio Lonato del Garda, il 9 luglio Roma (Festival Letterature), il 20 luglio il Festival della Marina di Villasimius, il 26 luglio Vieste (Il Libro Possibile), proseguirà poi ad agosto per poi riprendere e concludersi in autunno.
Il Premio Strega è promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Strega Alberti Benevento, con il sostegno di Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con BPER Banca, media partner Rai, sponsor tecnici Librerie Feltrinelli e SYGLA.
Martedì 8 Luglio u.s. presso il Parco dell'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa San Grato ad Ivrea (to ) un pubblico numeroso ed eterogeneo ha ascoltato l’autore Enzo Bianchi con grande attenzione e rispetto, e, nella prima ora senza fare domande o commenti, mantenendo un atteggiamento di profondo rispetto. Anche l’'opera “Vivere la morte” dell'autore Enzo Bianchi, scritta all’età di quarant’anni, ha certamente suscitato nei presenti pensieri e considerazioni degni di nota, commentata anche dal libraio Davide Gamba all’inizio delle presentazioni. Il contenuto dell'opera "COSA C'E' DI LA'" Inno alla vita, ha stimolato i presenti a riflettere sulla morte portando a nuove intuizioni o approfondimenti in effetti … Che ne è dei mie giorni? È la domanda che molti si pongono davanti all’incedere degli anni. Alla soglia dell’età anziana, Enzo Bianchi ci affida una meditazione poetica e non dogmatica. Quelle del priore della Comunità di Bose sono riflessioni maturate nel corso della vita, fatte di rievocazioni, di momenti belli, di sguardi che accarezzano volti cari , le mani di chi sta per affrontare il sonno eterno. Le racchiude come un tesoro anche questo libro, che regala osservazioni preziose sulle sensazioni, sui piccoli e semplici gesti che a volte perdiamo di vista, e incoraggia a proseguire il proprio cammino senza rimpianti. In questo incontro con i lettori ha raccontato l’amore con gesti e parole. Egli sottolinea che l’educazione spesso si concentra sul saper fare, trascurando invece il saper essere, ovvero quel sapere che ci prepara alle sfide interiori: come risolvere le proprie paure e contraddizioni, come affrontare le sofferenze, come essere in pace con sé stessi e gli altri. Enzo Bianchi sottolinea come di fronte alle inadeguate risposte della religione, si fanno strada i saggi del passato e i loro “segreti” per sviluppare la vita interiore. Pensieri che possono aiutarci a vivere, perché se il nostro mondo è cambiato, il cuore dell’essere umano rimane lo stesso. "COSA C'E' DI LA'" Inno alla vita è un viaggio all’interno dei misteri della vita e della morte, un cammino rivolto ai credenti e non credenti. Un’opera unica che guida il cuore in un pellegrinaggio interiore. Questo libro è un affascinante cammino lungo i sentieri dell’anima oltre le porte del tempo, un percorso che conduce là dove si annida il mistero e sentimenti multiformi, che possono assumere diverse facce. Quella positiva di una temporanea separazione dal mondo per rientrare in sé stessi. E quella intrisa di dolore, che nasce nella malattia, nella perdita, nel sonno eterno. Enzo Bianchi insiste sull’importanza della Bibbia un insegnamento dirompente che svela chi siamo e ad accompagnarci nelle sue riflessioni si aggiungono le parole di grandi pensatori, porta d’accesso privilegiata alla nostra interiorità, insieme alle esperienze dirette del grande autore Enzo Bianchi che nei suoi libri intesse con i lettori un dialogo intenso e profondissimo.
Nel corso della serata, Enzo Bianchi confida la presenza di due libri sul suo comodino come parte della sua routine notturna: La Bibbia e Il "De Rerum Natura" di Lucrezio che egli sostiene sono entrambi capaci di condurci al cospetto di un cuore colmo di misericordia, che sa amare in grande. Entrambi i testi antichi assicurano a Enzo Bianchi estrema pace. Riferendosi al "De Rerum Natura" egli afferma: “Si tratta del più bel libro che sia mai stato scritto in tutto il nostro Occidente”, ci mette in contatto con la natura. Enzo Bianchi, in diversi commenti, sottolinea il suo amore per la natura che lo ha portato, all’età di 13 anni, a chiedere a suo padre di ricevere in dono un orto. Il "De Rerum Natura" di Lucrezio – ribadisce Bianchi - è un poema straordinario che espone la filosofia epicurea, cercando di
Da sx l’autore Enzo Bianchi, il moderatore libraio Davide Gamba, Elena Testa Direttrice dell'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa – Ivrea – To |
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liberare l'uomo dalle paure e dalle superstizioni, in particolare quella della morte e degli dei. L'opera tratta temi come la fisica, l'antropologia e la cosmologia, spiegando l'universo.
ENZO BIANCHI ha fondato la Comunità monastica di Bose di cui è stato Priore fino al 2017. È autore di testi sulla spiritualità cristiana e sul dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo. Tra i suoi numerosissimi saggi ricordiamo «Dono e perdono» (2014), «Spezzare il pane» (2015), «Gesù e le donne» (2016), tutti pubblicati con Einaudi. E con il Mulino «Ama il prossimo tuo» (con M. Cacciari, 2011) e «La vita e i giorni. Sulla vecchiaia» (2018). Per Einaudi, inoltre, nel 2021 ha pubblicato la Bibbia integrale in una grande e innovativa traduzione per i credenti e per i laici.
ENZO BIANCHI
"COSA C'E' DI LA'" Inno alla vita (Ed Il Mulino) pagine 147
Il libro di Massimo Blandini, esperto di sicurezza, si propone di essere una risorsa fondamentale per chi desidera approfondire le complesse dinamiche della criminalità e della prevenzione, trattando temi rilevanti e attuali in un contesto sociale caratterizzato da un crescente allarme. L'approccio multidisciplinare permette di affrontare non solo l'analisi dei dati sulla criminalità, ma anche la percezione soggettiva della sicurezza, che può essere fortemente influenzata dai media e dalla narrativa pubblica. In particolare, l'importanza dei social media nell'influenzare la percezione della criminalità è un tema cruciale, poiché queste piattaforme contribuiscono a diffondere informazioni in tempo reale, ma possono anche amplificare paure infondate e creare una sensazione di
insicurezza potenzialmente sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti. È essenziale riconoscere come il linguaggio utilizzato nei media possa modellare il dibattito pubblico e influenzare le politiche di sicurezza, portando a reazioni emotive che potrebbero non riflettere i dati oggettivi. Il volume dedica attenzione anche alle problematiche di inciviltà e degrado urbano, esplorando come gli ambienti fisici possano incoraggiare o dissuadere comportamenti devianti. La progettazione degli spazi urbani gioca un ruolo fondamentale nel promuovere la sicurezza e l'inclusione sociale, e questo aspetto merita un’analisi approfondita e soluzioni innovative.
Un’occasione rara di dialogo tra arte, filosofia e intelligenza artificiale ha animato la cornice prestigiosa del Festival dei Due Mondi di Spoleto la scorsa domenica 6 luglio presso il Salone d’Onore di Palazzo Leti Sansi, dove si è tenuta la presentazione ufficiale del libro “Extrafallaces” dell’Avvocato Fabrizio Abbate, saggista, giurista e Direttore del Salotto Letterario dell’AI / Enia.
Extrafallaces una parola d’ordine e molti misteri, Extrafallaces un grido di libertà nel cuore del neoevo.
La Saga del #NEOEVO continua con questo nuovo giallo, differente però dal precedente.
Un giallo epico, che si svolge nel NEOEVO, e il neoevo si rivela qui essere il tempio dell'IA, cioè il tema dominante ed identificativo del #neoevo è proprio la svolta dell'intelligenza artificiale che pervade tutto il giallo che narra vicende , complotti e intrighi così reali che si parla di fantaRealtà non di fantascienza. Il giallo infatti crea un’atmosfera di suspence (non ansiogena) ma descrive ipotesi di un futuro possibile, con le movenze di un giallo d’azione, in cui ci sono scelte decisive da fare per difendere le libertà e i diritti.
Che ruolo gioca l’IA? A chi risponde? Quali sono i suoi obbiettivi? Quali nuovi rischi ci sono per le libertà? I pericoli sono maggiori o minori di quelli degli oligarchi, padroni del mondo?
Tra i vecchi oligarchi sconfitti e fuggiti e nuovi padroni inizia una lotta per il potere, entrambi i gruppi si rivolgono all’Intelligenza artificiale, per trovare la soluzione ,ma pian piano ciascuno comincia a dubitare: a chi risponde realmente l’IA ? a qualcuno forse nell’ombra?
Anche Astrolìa chiamata in causa, dovrà capire cosa è veramente l’IA, i suoi pro e contro, i suoi enigmi e pericoli, i tradimenti ma anche le opportunità , sorprendenti, inaspettate e incredibili.
Tutto scivola , di mossa in contromossa, nel titanico scontro finale ( il duello universale). Uno scontro emblematico, pieno di sorprese e colpi di scena.
Un giallo epopea , per scavare nel passato e capire il futuro, ( il tempo onnipresente, il tempo limbo )ma anche per riflettere su tutti gli aspetti dell’IA, in modo critico.
#Extrafallaces è la parola d’ordine, segreta.
Ma essa stessa nasconde, forse, qualche mistero. composta da due vocaboli latini (extra e Fallaces) che nascondono un messaggio, e quando viene usata ,forse ,una sorpresa ( per chi sa capire).
Io sono l’Algoritmo Supremo DIO TUO Non avrai alcun altro algoritmo all’infuori di me, adesso e per sempre nei secoli dei secoli e per l’eternità, sia fatta la MIA volontà, e così sia.
L’evento è stato promosso da Spoleto Festival Friends con il patrocinio ufficiale dell’Ente Nazionale per l’Intelligenza Artificiale (ENIA) e si è inserito tra gli appuntamenti più attesi della settimana, con un parterre d’eccezione e riflessioni ad alto contenuto intellettuale e civile. Accanto all’autore sono intervenuti: Ada Urbani, Presidente di Spoleto Festival Friends; Padre Paolo Benanti, teologo francescano e docente di etica all’Università Gregoriana, figura di riferimento internazionale nell’ambito dell’algoretica; Costantino D’Orazio, Direttore regionale dei Musei dell’Umbria e curatore di rilievo nel panorama artistico contemporaneo; Valeria Lazzaroli, Presidente di ENIA; Luciano Tarantino, Vicepresidente ENIA e sviluppatore di intelligenza artificiale predittiva; Adolfo Spanò, manager di Digital Value S.p.A.; Monique Veaute, Direttrice artistica del Festival dei Due Mondi, che ha portato il saluto della Federazione Carla Fendi.
Lo scorso 27 giugno 2025 si è conclusa la prima parte della programmazione letteraria di Noir & Dintorni patrocinata dal Grand Hotel Billia di Saint-Vincent (Valle d’Aosta). Moderatore Enrico Martinet giornalista de La Stampa- Il progetto Noir & Dintorni sarà riproposto a partire da settembre p.v. .- Info: www.billia.it
Un folto pubblico, prettamente femminile, ha seguito con particolare interesse le argomentazioni degli autori. I libri noir attraggono non solo per la loro atmosfera cupa e pessimista; il noir attrae perché racconta la verità che riflette le complessità della condizione umana e le sfide del mondo moderno.
Non tutti i colpevoli sono giustiziabili e non sempre chi indaga nella ricerca della verità vuole che siano giustiziabili. Uno dei temi che lega i due romanzi si identifica come una fuga dal passato che poi torna e impedisce di scappare dalle proprie colpe. Questa situazione accade a Napoli nei quartieri descritti da Giancarlo Piacci e, accade a 2500 metri di altezza di una valle che sembra perfetta nel romanzo di Gian Andrea Cerone. Ed è questa la pervasività del male che è connaturato alla nostra natura umana.
Giancarlo Piacci
NOSTRA SIGNORA DEI FULMINI
Guanda Editore 372 pagine
Più adrenalinico di un thriller, più intrigante di una spy story, interessante per l’ equilibrio tra ricerca giornalistica e tensione narrativa.
Un noir che si immerge nelle strade di Napoli, mostrandone i dolori e le contraddizioni, senza cedere a stereotipi.
"Nostra Signora dei Fulmini" è un romanzo che parla di un piccolo paese di mare dove sta per essere inaugurata una forma di acquacoltura che utilizza tecniche industriali per massimizzare la produzione di pesce; un evento che crea divisione e conflitto sociale
La storia descrive inoltre lo stato d'animo e la condizione di Vincenzo, un personaggio turbato e angosciato e coinvolto in un omicidio avvenuto in circostanze misteriose.
Dosando storia e mistero e mescolando con sapienza, i tarocchi usati dalle donne come uno strumento di introspezione, intrighi e amori contrastati, Giancarlo Piacci dà vita ad un grande affresco che svela anche l’anima più oscura di Napoli, quella che forse nessuno ha mai raccontato. Un noir che dal ritmo serrato, tiene avvinti fino all’ultima pagina.
Giancarlo Piacci (1981) vive e lavora a Napoli. Da più di dieci anni è uno dei librai di riferimento del centro storico. Ha esordito nel 2022 con il romanzo I santi d’argento.
Gian Andrea Cerone
LA CURVA DELL’OBLIO
Salani Editore - 320 pagine
Lasciatevi sedurre da questo romanzo che usa, anche l’espediente della immancabile firma del killer attraverso la “ simbologia di un fiore raro” per dare forma a un noir implacabile. Due ispettori e un serial killer si affrontano sullo sfondo di una Milano in preda alla paura.
Tra Milano e la Val di Fassa due indagini procedono sullo stesso piano, come se fossero due linee che non si incrociano. Ma non sarà un’impresa facile per il commissario Mandelli e l'ispettore Casalegno, i due protagonisti principali.
Sul solco di Vitali e Malvaldi, il romanzo La Curva dell’Oblio ci offre anche uno sguardo ironico sulla provincia italiana, tra equivoci, colpi di scena e una bella dose di mistero.
Una narrazione densa di intrighi e svolte inaspettate. Un romanzo mozzafiato che conferma l’abilità di Gian Andrea Cerone nel tratteggiare con sagacia i suoi personaggi, sempre convincenti e ben cesellati.
Un travolgente e inquietante romanzo noir che chiunque, anche il lettore più razionale, non potrà fare a meno di seguire fino in fondo.
Gian Andrea Cerone è uno di quelli che affrontano la letteratura con l’unica ambizione di essere coerenti con la vita e con l’epoca che gli è toccato vivere.
Gian Andrea Cerone, savonese classe 1964, milanese d’adozione, ha una lunga esperienza nell’ambito della comunicazione, dell’editoria tradizionale, televisiva e digitale. Tra i numerosi incarichi svolti, è stato responsabile delle relazioni istituzionali presso il ministero dello Sviluppo Economico e presso EXPO 2015. Nel 2018 ha fondato la piattaforma editoriale di podcast Storielibere. Dal 2022 pubblica con Guanda i romanzi della serie che vede in azione la squadra investigativa dell’Unità di Analisi del Crimine Violento di Milano: Le notti senza sonno, Il trattamento del silenzio (entrambi finalisti al Premio Scerbanenco e vincitori del Premio Franco Fedeli dedicato alla narrativa poliziesca) e Le conseguenze del male.
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Da sx il moderatore Enrico Martinet giornalista de La Stampa, gli autori Gian Andrea Cerone LA CURVA DELL’OBLIO, Giancarlo Piacci NOSTRA SIGNORA DEI FULMINI |
Sveva Casati Modignani
LUI, LEI E IL PARADISO
Edizioni Sperling & Kupfer pagine 468
Raramente si scopre una scrittrice di questo calibro. Una trama dove gli eventi avanzano veloci, avvolti in una prosa generosa. Vivere bene + un’attitudine che si può imparare. Scopriamo così che in un mondo dominato dal mercato, dal profitto, la gioia è qualcosa di magico, che si può costruire ogni giorno quasi a nostra misura: coltivando legami profondi e assaporando pienamente il presente. L’incontro trascendentale tra un facoltoso imprenditore e una scrittrice di romanzi popolari è scorrevole, è narrata in modo elegante e tratta di temi quanto mai attuali in maniera delicata e mai pedante. Ci sono verità nascoste dietro a ogni apparenza perfetta. Sveva Casati Modignani torna con “Lui, lei e il Paradiso” un romanzo magico e ipnotico, che s’interroga sul tempo e sulle innumerevoli possibilità che ogni scelta racchiude in sé. Cronache minime di una normalità apparentemente ordinaria, cucite insieme dalla memoria e dalla fatica di esistere. Un romanzo meraviglioso.
Sveva Casati Modignani
LA VIGNA DI ANGELICA
Edizioni Sperling & Kupfer pagine 476
Viviamo tutti all’oscuro di qualcosa che ci riguarda. Ovvero il senso della vita. “La vigna di Angelica” è un libro capolavoro dove un’esuberante e colta imprenditrice vitivinicola ci trascina fino all’ultima riga lasciandoci addosso un desiderio impaziente di ricominciare a leggere daccapo, persuasi che al mondo tutto possa accadere. Toccante, autentico percorso da un delicato umorismo, questo romanzo scava sull’incostanza dei sentimenti, sul tradimento, sugli attriti della vita che disfano i sogni, li rimodellano, li spingono più in là mutandone sempre il tragiytto. Leggendolo scopriremo che l’amore non è solo compiacimento di sé né si esaurisce nella coppia, capiremo qualcosa di importante su noi stessi. Le storie di Sveva Casati Modignani prendono fino in fondo: dove i personaggi intensi e umani si muovono disorientati tra le inquietudini di una società solo apparentemente perfetta.
SVEVA CASATI MODIGNANI una delle firme più amate della narrativa contemporanea. I suoi romanzi sono tradotti in venti Paesi e hanno venduto oltre dodici milioni di copie. L’autrice vive a sempre a Milano nella stessa casa dove è nata e che apparteneva a sua nonna.www.svevacastimodignani.it Seguila su Facebook Sveva Casati Modignani pagina ufficiale
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da sx Laura Pezzino, moderatrice, Elisabetta Rasy - Perduto è questo mare (Rizzoli), Michele Ruol - Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), Nadia Terranova - Quello che so di te (Guanda), Paolo Nori - Chiudo la porta e urlo (Mondadori), Andrea Bajani - L’anniversario (Feltrinelli). |
Lo Strega Tour presente in numerose città italiane, lo scorso 11 giugno ha raggiunto Saint-Vincent (Valle d’Aosta) - i cinque finalisti hanno presentato le loro opere letterarie dialogando con Laura Pezzino, giornalista, scrittrice e direttrice della fiera Book Pride di Milano. Lo Strega Tour è promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Strega Alberti Benevento e BPER Banca. Il vincitore sarà annunciato giovedì 3 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, la cerimonia sarà trasmessa in diretta televisiva da Rai Tre.
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Andrea Bajani - L’anniversario (Feltrinelli) Il romanzo pone al centro le dinamiche familiari, spesso segnate da conflitti, manipolazioni, mancanza di comunicazione e forme di abuso. Famiglie senza amore e di un amore senza futuro, dove i soggetti si ritrovano spesso da soli contro tutto e tutti. Un libro lucido, freddo, scarno e tuttavia sotto ogni aspetto di una forza eccezionale. Di pagina in pagina una sottile inquietudine si impadronisce del lettore: merito di un autore capace di scavare con grande abilità nelle paure di molte famiglie di oggi. Nadia Terranova - Quello che so di te (Guanda) Un sorprendente ritratto dell’animo femminile, condensato in pagine intime e spiazzanti. Le “vicissitudini della vita", le difficoltà, le traversie e le sfide della bisnonna Venera rinchiusa per un breve periodo in un ospedale psichiatrico. Un libro intenso e struggente, che ha la capacità di dare voce a chi non ce l’ha e di raccontare il mondo segreto e solitario delle donne spesso chiuse fra le mura di casa e destinate solo a obbedire nella solitudine. Al centro delle ricerche anche le cartelle cliniche dei vecchi manicomi. Un libro da respiro ampio che getta luce sulle trame che legano le vite delle persone. Elisabetta Rasy - Perduto è questo mare (Rizzoli) I dialoghi brillanti insieme alla ricchezza di registri, caratterizzano questo romanzo che trabocca di storie intrecciate sotto il segno del “mare di Napoli”, a sua volta personaggio centrale che trasmette segnali e travolge le esistenze. Una storia esemplare di due amici diversi eppure profondamente legati: il padre di Rasy e lo scrittore Raffaele La Capria. Un grande romanzo contemporaneo che include anche tutte le sfaccettature del difficile rapporto tra padre e figlia, situazioni che l’autrice collega a grandi pensatori come Kafka ed Enea; una riflessione sulla storia e sulla condizione umana e un invito a riflettere su l'esperienza di transizione e di ricerca di un nuovo inizio. Michele Ruol - Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa) Un romanzo che riesce a mantenersi lieve ma offre piacevoli sorprese attraverso l’enumerazione e descrizione di singoli oggetti. Gli oggetti diventano "ponte" tra ciò che è stato e ciò che non sarà più, soprattutto, come in questo caso, in situazioni di lutto. E riconosceremo in questa storia quella di ogni famiglia che ha il coraggio di deviare la rotta del destino. Non solo un romanzo di formazione ma anche una fiaba a tinte forti, di cui possiede l’inesorabile fatalità dei personaggi, degli oggetti e degli eventi. Paolo Nori - Chiudo la porta e urlo (Mondadori) Un libro che fonde mirabilmente le vite di grandi pensatori con la letteratura dialettale di Raffaello Baldini. Oltre a raccontare la vita del poeta e scrittore di Santarcangelo di Romagna questo romanzo vuole essere anche punto di riferimento per riflettere sulla vita e sulla ricerca di un senso esistenziale. Il romanzo corre veloce e ci porta nel mezzo della storia, a vivere, lottare e riflettere insieme ai protagonisti. Un ritratto fuori dagli schemi. Un libro di storia personale e collettiva, scritto con devozione e cura, quasi un’opera d’altri tempi, che si legge d’un fiato.
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Un’indagine stimolante per riflettere su noi stessi. Faggin scrive il “grande romanzo del mondo interiore” portando in porto un lavoro insieme di documentazione e profetico. La spiritualità si distingue da una teoria scientifica perché pretende di incarnare una verità eterna mentre la scienza è consapevole della propria fallibilità, del proprio essere soggetta a continue modifiche. Parole oggi più he mai attuali, che rendono questo libro una preziosa arma di autodifesa intellettuale. Federico Faggin, un brillante divulgatore innamorato della scienza, da alle stampe questa raccolta di riflessioni invitandoci a meditare sui grandi temi del vivere. La scienza e la spiritualità, la coscienza e il tempo e soprattutto il mutevole tempo interiore dell’io, sono i temi del nuovo saggio di Federico Faggin, l'inventore del microprocessore, la cui profonda competenza scientifica si innerva di un’appassionata sensibilità verso la spiritualità. Uno sconfinato mare, una dimensione fondamentale della psiche e della vita che lo scienziato-umanista ci invita ad attraversare con animo sempre attento.
FEDERICO FAGGIN risiede negli Stati Uniti dal 1968. Fu capo progetto e progettista del microprocessore Intel 4004 e responsabile dello sviluppo dei microprocessori Intel 8008 Intel 4040 e Intel 8080 e delle relative architetture. Fu anche lo sviluppatore della tecnologia MOSS con gate di silicio che permise la fabbricazione dei primi microprocessori e delle memorie EPROM e RAM dinamiche e sensori CCD. Nel 1974 fondò e diresse la ditta Zilog, la prima azienda dedicata esclusivamente ai microprocessori, presso cui dette vita al famoso microprocessore Z80, tuttora in produzione. Nel 1986 Faggin co-fondò e diresse la Synaptics azienda che sviluppò i primi touchpad e touch screen. Ha ricevuto importanti riconoscimenti per la tecnologia e l’innovazione: nel 2010 dal Presidente Obama e nel 2019 dal Presidente Mattarella. Nel 2011 ha fondato la Federico and Elvia Faggin Foundation, un’organizzazione no profit dedicata alla studio scientifico della coscienza, con cui sponsorizza programmi di ricerca teorica e sperimentale presso università e istituti di ricerca statunitensi e italiani. www.fagginfoundation.org
Federico Faggin OLTREL'INFINITO Dove scienza e spiritualità si uniscono Edizioni Mondadori pagine 301 |
Bruna Osimo
UNA DONNA SOLA AL COMANDO
MARISA BELLISARIO, IL GRANDE SOGNO
Giacovelli Editore pagine 177
Una biografia sincera, che rappresenta un’occasione straordinaria per osservare da vicino la vita di una donna temeraria, decisa e ferma nelle proprie azioni e decisioni, così sedotta dal lavoro da trasformare le sue intuizioni in capolavori aziendali futuristici. Un tentativo onesto di rivisitare gli avvenimenti mostrandone i successi ma anche i lati nascosti o controversi sul coraggio di una donna manager che volle e seppe resistere in un ambiente lavorativo dominato da stereotipi e pregiudizi. Il libro è godibile e fa riflettere sul fatto che l'uguaglianza di genere nelle aziende è tuttora un problema complesso e diffuso, con diverse sfaccettature che vanno oltre il semplice divario retributivo. “Marisa Bellisario ha insegnato che perseguire i propri sogni è un atto di coraggio, promuovere un ambiente di lavoro sano, che mette al centro le persone non è impossibile, ma anzi è il fattore che supporta il delicato processo che permette ad un’idea di diventare realtà”.
BRUNA OSIMO ha lavorato in Italel, testimone diretta dell’avventura vissuta dall’azienda negli anni Ottanta dove ha anche collaborato all’attuazione di un programma di formazione del personale interno per la riconversione all’elettronica di prodotto e di processo, nello scenario di transizione al digitale che inizia in quegli anni delle telecomunicazioni e in Italia. Ha vissuto a Mosca, dove a metà degli anni Novanta è responsabile della start up di un centro di formazione per tecnici di telecomunicazione (Mositatel Training Center), una joint venture non profit tra Itatel e l’Università di Telecomunicazioni e informatica di Mosca (MTUSI). È libera professionista, e da dieci anni collabora con una società di Milano nell’outplacement, forte anche dall’esperienza di Orientamento attitudinale maturata nella collaborazione con l’Università Bocconi a partire dal 2003. Appassionata di arte e musica, è laureata in filosofia.
Alberta Biressi, esperta praticante ed insegnante di Yoga al suo esordio letterario, ci racconta una storia drammatica di una vita profondamente ferita che ha saputo rifiorire, scoprendo la dimensione dell’incontro e dell’affratellamento. Ci racconta una storia ambientata nell’area pasolinianamente nota dell’Idroscalo di Ostia, una storia di degrado, ma anche di ritrovata umanità. E ci parla del protagonista del racconto (Cesare), che, superate vicende di grande sofferenza, è approdato ad una concreta forma di saggezza personale, in cui si coniugano il messaggio dell’Attimo fuggente di Peter Weir e quello di Uno psicologo nel lager di Viktor E. Frankl:
saper riempire di senso, di valore e di bellezza il presente che ci è donato e saper resistere all’odio ed alla violenza, trovando dentro di sé la forza di camminare nell’amore.
Con Alberta, delicata scrittrice di rara sensibilità, autrice di un libro prezioso che meriterebbe di entrare nelle aule delle nostre scuole, è nata la conversazione che segue.
Cosa ti ha spinto maggiormente a narrarcela? La stima verso il suo protagonista? La speranza che possa risultare di aiuto e di
Alberta Biressi |
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insegnamento a qualcuno? Oppure?
La prima cosa che mi ha colpito di Cesare è stata la voce, chiara, determinata, intonata nel cantare durante la messa all’Idroscalo. E’ così che l’ho notato. Poi mi hanno incuriosito le cose che diceva di sé. Raccontava di essere stato un delinquente, una persona spregevole e, dato che ho sempre avuto una particolare attrazione per le persone dal vissuto difficile, gli ho chiesto se aveva voglia di dirmi qualcosa di più. Conosciuta poi la sua storia, ho sentito quasi come “ un dovere” scriverne.
I maltrattamenti sui deboli, come lo sono i bambini, gli anziani e gli animali, mi toccano sempre molto e credo che questo sia il principale motivo per cui ho scritto di lui.
Cesare ha più volte ricordato, durante i nostri incontri, l’importanza della presenza di frate Mario, conosciuto in riformatorio. So che ancora oggi, ogni tanto, lo sente. Lui gli ha insegnato a essere prima di tutto amico di se stesso, a prendere in mano la sua vita, a diventare più consapevole e responsabile. Gli ha dato fiducia e gli è stato vicino nei momenti più bui, aiutandolo nel lungo percorso di riconoscimento ed elaborazione del male subito e la via liberatoria del perdono. Oggi Cesare parla con grande rispetto e gratitudine della sua compagna e della famiglia di lei che lo ha accolto con semplicità e senza pregiudizi; la presenza dei nipotini lo rende felice e lo motiva.
“Ogni persona che entra nella nostra vita è unica … Due anime non si incontrano mai per caso.”
Insomma, se non è il “caso” a farci incontrare determinate persone … allora, cosa?
Io so che quando sono attratta, incuriosita da una persona che non conosco, ho bisogno di lasciare che l’incontro accada, quindi mi rendo disponibile, restando aperta a cogliere una qualsiasi forma di dialogo (uno sguardo, un sorriso, un gesto, una parola);
a volte sono io a stimolarlo, altre volte c’è bisogno dell’intermediazione di qualcosa, per esempio un libro, il cane che ci accompagna, che diventa il pretesto per “rompere il ghiaccio”. Ci sono stati degli incontri, anche solo della durata di un viaggio in treno, in autobus o nelle sala d’attesa di un qualsiasi posto, che mi porto dentro con gioia e gratitudine per la loro immediatezza e gratuità. Estranei, mai più rivisti, di cui non conosco neanche il nome, con i quali, anche solo per poco tempo, si crea una certa confidenza e intimità.
Idroscalo di Ostia |
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Sento che questi momenti danno maggiore vita alla mia giornata.
Che cosa sia di preciso non so, ma so che non è mai un caso e che tutto questo ha un senso.
Non so dare una risposta sicura;
io non ho mai chiesto a Cesare che significato abbiano avuto per lui i nostri incontri, ma dalla semplicità e disponibilità con cui sono avvenuti, credo che ci sia stata reciproca stima e simpatia e che entrambi abbiamo scoperto qualcosa di noi stessi dal nostro esserci conosciuti.
QUALCHE CENNO AUTOBIOGRAFICO
Mi chiamo Alberta Biressi, sono nata a Bergamo il 20 marzo 1958. Ho trascorso la mia infanzia e adolescenza in una casa isolata ai confini del bosconelle vicinanze della città; nella nostra casa non c’era la TV, ma neanche il riscaldamento, l’acqua potabile e d’inverno si andava a scuola con la slitta, in compenso si leggeva e così ho trascorso molto del mio tempo tra i libri; è nato così l’ amore per la scrittura che è sempre stato il mio canale privilegiato di comunicazione. Taciturna, solitaria, ho trovato il modo di esprimermi scrivendo. Mi sono trasferita a Roma ventisette anni fa per amore, o almeno così credevo che fosse, ma in questa città mi sento sempre “ una turista per caso”. Abito a Ostia in una casa di fronte al mare. Da quarantasette anni insegno yoga, questa è la mia professione. Attualmente mi occupo soprattutto di Formazione; dirigo una mia scuola e collaboro con altre. |
ALBERTA BIRESSI
NESSUNO NASCE IMPARATO
Homeless Book (www.homelessbook.it)
Febbraio 2025
La poesia ha da sempre avuto un ruolo importante nel raccontare la storia sociale di un popolo. Scrivere poesie è un modo difficile e severo, come quello dello scienziato, dell’economista o dello storico di comprendere e spiegare il mondo
Premessa
La poesia in generale è un vasto e complesso campo di studio. Attraverso letture e ricerche di diverso impegno storico- artistico, morale e civile e annotazioni scritte durante i mei viaggi compiuti nei primi anni novanta ho focalizzato la mia analisi sui punti chiave e degli eventi storici che hanno caratterizzato la nascita e l’evoluzione della poesia in Africa, Asia, Sud America e Nord America, quattro dei sette continenti della Terra insieme all’Europa, all’Oceania e all’Antartide. Raccontare la storia della poesia in modo conciso e con lo stile giornalistico è un’impresa complessa. Raccontarla con chiarezza e passione e senza annoiare è ancora più difficile.
La poesia in Africa, che per molti secoli fu un continente silenzioso, ha ricominciato a parlare; ma il suo dramma consiste nel non avere voce, cioè lingua propria. Il colonialismo europeo ha molti torti nei riguardi del continente africano: per imporre l’imperialismo economico e sfruttare le risorse della terra, ha spogliato gli indigeni di tutti i loro beni e soprattutto della loro cultura, imponendo lingue, costumi e governi europei. Oggi la situazione sta mutando: è l’Africa che entra in Europa, fa sentire la sua voce e vuol far conoscere la sua civiltà, che per un secolo si è nascosta nelle foreste, fra i riti delle tribù, nelle favole e nei canti ripetuti oralmente, nelle musiche trasmesse dai tam- tam. Dopo la distruzione compiuta dai coloni francesi della preziosa biblioteca araba di Abdel Kader, nel 1847, l’unica grande biblioteca nazionale africana fu il popolo stesso che salvò il patrimonio culturale arabo attraverso la tradizione orale.
Nel tempo del colonialismo, l’Europa aveva costruito un’immagine falsa dell’uomo di colore, deformando l’interpretazione sudamericana dei riti religiosi e di costumi storici in miti che giustificavano l’iniziativa di cosiddetta civilizzazione. Cosicché in Europa gli africani servivano solo come ballerini o suonatori di jazz, pugili, o portieri d’albergo, e soprattutto come truppe da guerra; in patria erano braccia per i lavori più estenuanti. Nel ‘700 cominciò una lentissima e saltuaria opera di revisione (specialmente per opera di Montesquieu), insieme con il processo di decolonizzazione. Il progresso della scienza, lo sviluppo dell'antropologia e dell’etnologia, l’affermazione democratica del II dopoguerra, le ideologie politiche che seguirono, hanno favorito l’opera di liberazione dell’Africa. La nuova generazione di poeti esce generalmente da famiglie borghesi che hanno potuto mandare i figli a istruirsi a Berlino, Londra, Parigi e Roma, e quindi sono ritornati in Africa con conoscenze, competenze e una lingua non africane ma decisi a servirsene per affermare i loro diritti. I poeti africani tentano di liberarsi da questa sudditanza forzando il mezzo linguistico ad accogliere gli elementi dei loro dialetti indigeni e cantando il mondo originario della loro natura autentica, del loro amore e del loro soffrire e di tutte le passioni prepotenti ignote all’ormai stanca Europa La poesia africana ha eliminato ogni traccia di folklore e ha esaltato il senso della libertà, la ricchezza delle passioni, la grandiosità della natura di una terra non ancora guastata dalla tecnica, il giusto rapporto dell’uomo con la natura, ha cantato il senso religioso, la storia del popolo e la sua tradizione di favole. L’avvenire della cultura africana sta nel recupero e nella conservazione intatta del proprio patrimonio passato di tradizioni, canti, riti e di vita collettiva e al tempo stesso nel suo superamento verso strade completamente nuove. Merita una citazione Guy Tirolien poeta della Guadalupa, una delle voci più accorate e autentiche della più della nuova letteratura africana. La giovane Africa esprime nei canti del suo poeta la volontà di essere se stessa e di salvare il suo amore per la natura e il suo patrimonio di tradizioni.
La poesia asiatica ha tradizioni antichissime, millenarie e profonde radici religiose. Dalla Palestina all’India, alla Cina, la poesia religiosa, epica e popolare, presenta documenti remoti di rara maturità culturale. Meritano una citazione, i nomi dei Libri dei Salmi (Ebrei), del Mahabarata e del Ramayana (India), dell’Avesta (Persia) e il Libro dei Fiori (Cina). Le forme espressive sono mutate nel tempo, ma il misticismo è sempre rimasto alla base del canto dei poeti, specialmente orientali. Il Confucianesimo, il Taoismo, il Buddismo, hanno dato di volta in volta alla poesia contenuti di pensiero che variano di popolo in popolo, ma che hanno in comune il denominatore religioso.
Nel secolo XIX, la cultura asiatica dall’Armenia, all’India, alla Cina ha subito le influenze delle culture occidentali, chi dell’America, chi dell’Inghilterra.
Dal secolo scorso, si cercano nuove strade alla poesia: in quasi ogni Paese sta realizzandosi una riforma culturale autonoma che cerca di collegare il presente al passato, recuperando ciò che di autentico e originale aveva la poesia antica, ma sfrondandola di quell’apparato di complesse regole metriche e linguistiche che rendevano la cultura accessibile solo alle classi dominanti. È rimasta tuttavia nella poesia orientale una ricchezza di sentimenti, una delicatezza di toni, un senso sublime dell’amore e del dolore umano che collega senza fratture la poesia di oggi a quella del passato. Della saggezza asiatica meritano una citazione: Mencio (filosofo - Cina 372-389 a. C.), Ardaschir I (Persia III Secolo); Nichiren (monaco buddista giapponese).
La letteratura statunitense rispecchia i contrasti e i fermenti di una società giovane e composita e riassume e interpreta la storia avventurosa e contradditoria di un Paese che è nato, si è consolidato ed è balzato alla guida del mondo in un giro rapidissimo di anni. La poesia statunitense, nata di recente, per evidenti motivi storici, è cresciuta col complesso d’inferiorità rispetto alla madre europea di cui aveva ereditato la lingua e le tradizioni, finche, grazie alla vitalità della sua natura e alle spinte formatesi nel suo interno, ha spezzato i vincoli di sudditanza e ha proceduto con piena autonomia. Il gusto dell’avventura e l’ottimismo di una società in rapida crescita hanno dato vita a una letteratura epica che ha avuto nelle imprese dei pionieri il suo tema favorito. La società americana si è sviluppata su radici religiose, che poi si sono mescolate con la baldanza e la completa disponibilità dei cercatori di terre e d’oro, con le frustrazioni degli emigrati cariche di una disperata volontà di affermazione a qualsiasi costo e di rivalsa sugli altri, in un crogiuolo d’idee e di contradizioni che non si è ancora sedimentato e chiarito. Tutto ciò si riconosce e si trova nella poesia americana. Questa è nata dopo la narrativa - una narrativa di frontiera in cui sono confuse storia e leggenda e che ha creato le ottimistiche fantasiose avventure, allegre e iperboliche, di David Crokett e Pecos Bill - e al suo inizio si ridusse a canti popolari o a deboli imitazioni della lirica europea. Il primo poeta che diede forme originali allo spirito pionieristico è Walt Whitman. E’ questi è sempre un verseggiatore spesso prolisso ed enfatico, che tuttavia rappresenta la nuova America, fiera delle sue origini, certa del suo futuro. E’ il poeta dell’ottimismo che si contrappone alla delusione e alla protesta dei poeti d’oggi poiché la società in cui cantava Whitman non aveva ancora preso coscienza delle sue contraddizioni: i problemi più scottanti erano ancora latenti e col passare dei decenni sono emersi con l’inasprirsi delle disuguaglianze – più amare in una società opulenta – con il risveglio del gruppo nero che ha spaccato in due anche il mondo bianco, e infine con la complessità delle angosce dalle quali l’uomo di cultura americano si è improvvisamente reso conto di essere dominato. Il ritmo febbrile della vita occupata quasi esclusivamente da problemi di lavoro, di benessere, di successo e di potenza, il problema delle città sempre più gigantesche e soffocanti, la solitudine dell’uomo, crescente di pari passo con il crescere delle dimensioni sociali; il senso di colpa di una società forte e ricca verso i deboli e poveri; l’insufficienza di prospettive del modo di vivere americano, sono le cause che hanno portato alla formazione accanto al gruppo perfettamente integrato della grande finanza, del potere politico, del divismo, dell’affarismo, del tecnicismo portato al massimo, dell’industrializzazione gigantesca, e della sovrapproduzione, anche di fenomeni di distacco, che si configurano nel vagabondo, prima, e poi nel beat, nell’hippy e altro. Nella poesia americana tutto ciò è presente e alimenta sia la protesta sia il lamento.
La poesia afroamericana si presenta dapprima con i work songs: canti anonimi di lavoro che con il loro ritmo regolare e martellante accompagnavano i movimenti delle persone costrette al lavoro forzato e senza libertà nella loro uguale fatica; e ci furono i plantation songs, canti delle piantagioni, i railroad songs, che nascevano tra i lavoratori delle ferrovie, gli steam beat songs, dei battelli fluviali i chain gang songs, dei lavori forzati. Poi quando la comunità nera incontrò la parola di Cristo, è in essa trovò un appoggio e speranza, nacque quella forma affascinante e unica, mista di musica e di preghiera, di misticismo e sensualità, di religione e di protesta accorata, che è lo spiritual.
La letteratura sudamericana ha fortemente risentito degli eventi storici che hanno interessato il continente. Colonizzate dagli spagnoli e dai portoghesi, le popolazioni indigene sono state spogliate non solo del potere politico ed economico e della loro libertà, ma della loro religione, del sistema giuridico, delle arti, delle tecniche agricole e industriali, del costume in senso pieno. Civiltà nobili e prestigiose come quella Maya, Quiché, Azteca, Quechua, e Inca, sono state distrutte. Le lingue native sono state soppiantate dalle lingue dei colonizzatori e ne restano solo esigue testimonianze, salvate grazie alla vastità del territorio che ha impedito la totale penetrazione degli invasori.
L’influenza spagnola ha quindi dominato e domina tuttora ogni espressione artistica, in questo continente. Nella prima metà del XIX, l’esempio dell’indipendenza degli Stati Uniti, della rivoluzione francese e il tramonto dell’impero spagnolo favorirono le esigenze di libertà dei paesi sudamericani. Questi, dal 1800 al 1821, conquistarono la loro indipendenza politica dalla Spagna e dal Portogallo, ma non si sottrassero alla loro influenza culturale: tuttora la cultura del Sudamerica è chiamata ispanoamericana e risulta dalla fusione di elementi europei con le profonde radici indigene sopravvissute e ricuperate.
I poeti sentirono tuttavia la necessità di riscoprire la propria terra nel suo paesaggio elementare, nelle sue tradizioni antiche e nel bisogno presente di riprendersi la propria libertà e i costumi autentici della razza. Cosicché, fin dal suo nascere, la poesia, anzi tutta la letteratura sudamericana è da considerarsi “ impegnata”, perché legata alla rinascita nazionale e alla trasformazione politica e sociale del Paese. Nel secolo scorso la situazione storica politica del Sudamerica si è ulteriormente complicata: le ideologie europee vi hanno trovato un terreno di lotta: le idee socialiste si sono diffuse, favorite da forti squilibri economico sociali; le avventure dittatoriali sono state incoraggiate dall’instabilità politica. I poeti riuniscono in unico discorso le ragioni diverse delle battaglie, economiche, culturali, contro i padroni esterni e interni, vecchi e nuovi. Merita una citazione, il fenomeno letterario che fiorì negli anni sessanta tra le baracche del Brasile: Quarto de Despejo è il diario struggente di Carolina Maria de Jesus, che ha rivelato al mondo il tesoro di sensibilità e d’ingegno che, nonostante la degradazione della fame, riuscì a esprimersi attraverso le parole di una raccoglitrice di stracci. Il successo del libro ebbe un grande merito: liberò Carolina e i suoi figli dalle favelas. La seconda opera della coraggiosa scrittrice brasiliana cadde nel silenzio e l’autrice rientrò nel mondo dei favelados. Il problema delle favelas nel Brasile è tuttora attuale e complesso. Nonostante alcuni progressi nella pacificazione e nell'urbanizzazione, le favelas rimangono aree di grave povertà, marginalizzazione sociale.
Conclusioni
La poesia può dare voce a chi non ha voce, a chi è spesso escluso dai racconti storici ufficiali, permettendo di conoscere e comprendere meglio le dinamiche sociali più nascoste ma la curiosità dei consumatori di libri è spesso effimera e i libri di poesia che appartengono a un genere elitista, tendono a essere letti meno rispetto ad altri generi letterari.
“Occorre leggere la poesia come se essa fosse la cosa più importante del mondo perché essa è stata tale per chi l’ha scritta” affermava Giosuè Carducci,
Da sempre l’essere umano si è interrogato sul significato della vita e sulla creazione, senza riuscire a dare una risposta definitiva. Nel corso della storia, in tanti si sono affidati a credenze religiose e spirituali, che hanno offerto conforto, ma talvolta alimentato anche paura e incertezze. Le religioni hanno spesso posto l’accento sul mistero della morte e dell’aldilà, senza fornire spiegazioni definitive. Con questo saggio,
l’autore intende esplorare i grandi misteri dell’Universo, indagare il male, la sofferenza, la felicità, cercando di comprendere meglio ciò che è sempre stato avvolto nel mistero. E’ un personale tentativo di far luce su questioni fondamentali, andando oltre le tradizioni, per avvicinarsi alla verità in modo più consapevole e sereno.
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Col fratello del Presidente il senatore Ted |
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È uscito nelle librerie e online il volume “Ecco chi ha ucciso John Kennedy” di Diego Verdegiglio, curato da Andrea Proietti Lupi, per l’editore Carlo Mancosu di Roma. L’opera è una riedizione aggiornata di quanto Verdegiglio e Mancosu pubblicarono nel 1998. Dopo decenni di dubbi, polemiche e ricerche controverse, questo libro è l’opera italiana più completa e aggiornata su quella tragedia. Da essa emerge con chiarezza l’identità del vero assassino, svelando una conclusione del tutto sorprendente. Basandosi sulle varie investigazioni ufficiali e su ricercatori accreditati, sia in Italia che all’Estero,
Con la sorella del Presidente Jean Kennedy Smith |
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Verdegiglio (che vide sfilare il Presidente a Napoli il 2 luglio 1963) ripercorre, fin dalle prime ore del dramma, tutte le indagini pubbliche e private, nonché le numerose “rivelazioni” succedutesi in questi sessantadue anni, avvalendosi anche della collaborazione di noti patologi legali, criminologi e periti balistici.
A conferma dei dati emersi dalle ricerche, l’Autore ha effettuato personalmente delle prove di tiro col fucile italiano Carcano 91/38 utilizzato da Lee Oswald e vari sopralluoghi a Dallas, a Washington, a Boston e a New Orleans, analizzando e confutando anche le teorie di Jim Garrison, Mark Lane, Oliver Stone, Giovanni Minoli e Gianni Bisiach. L’opera ci guida attraverso i meandri di una storia tragica e appassionante al tempo stesso e costituisce la risposta più convincente e veritiera a tutte le domande che ci siamo posti in questi decenni sul “delitto del Novecento”. Il recentissimo ordine di desecretazione degli ultimi documenti sul “delitto Kennedy” da parte del presidente americano Donald Trump ha creato ulteriore attesa per conoscere i dati definitivi di una storia che nel 1963 sconvolse il mondo. Per chi legga i risultati di questa ricerca di Verdegiglio scevro da pregiudizi e da errate valutazioni, sarà possibile apprezzarne la validità storica e la serietà documentaria. Le tesi anticonformiste dell’Autore susciteranno sicuramente un acceso dibattito e un grande interesse negli studiosi e negli appassionati di Storia del Novecento. Il volume è già stato presentato con successo al Teatro Comunale di Sant’Oreste (Roma) e alla Libreria Borri della stazione Termini. Sono intervenuti come esperti il professor Leonardo Grimaldi, medico legale dell’Università Cattolica di Roma, lo psichiatra
Presentazione del libro |
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criminologo clinico Prof. Vincenzo Mastronardi, della Sapienza, e l’esperto balistico Dott. Giorgio Matarazzo.