L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

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Andrea Signini
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July 26, 2020

"Molti aspetti nascosti della psiche femminile si svelano e si attivano con la maternità che può essere un momento di Rivelazione un'esperienza trascendentale se la accettiamo come tale Se riceviamo il sostegno necessario per  affrontarla".

 

 


Laura Gutman, argentina, è psicoterapeuta junghiana specializzata in relazioni parentali. Ha fondato “Crianza”, istituzione che comprende la Scuola di Formazione Professionale di Crescita. Autrice di numerosi best-seller su nascita e puerperio, offre in questo libro importanti spunti di riflessione per chi si appresta a diventare madre.

Il parto, lungi dall'essere una separazione instaura invece una vera e propria fusione emozionale tra madre e bambino, una comunicazione basata su energie sottili e in contatto continuo con l'ombra.

La vera separazione si attua con la fine della fusione emozionale eavviene intorno ai 2 anni e mezzo del bambino, che coincide con l'inizio dello sviluppo del linguaggio verbale e con l'utilizzo della prima persona singolare.

Che cos'è l'ombra?

In psicoterapia è il terreno del' inconscio, si riferisce alle parti ignote della nostra coscienza. Robert Bly, nel “Il piccolo libro dell'ombra” paragona il nostro vissuto ad uno zaino che tendiamo a riempire i modo compulsivo con ogni tipo di esperienza, finché lo zaino si fa più pesante e diventa sempre più difficile e doloroso aprirlo e fare spazio.
Il neonato, per una madre, diventa un maestro, una guida perché non ha ancora la possibilità di relegare nell'ombra aspetti che l'adulto cosciente rifiuta.

"La maternità apre il cuore lo espone alla miseria, all'allegria, alle insicurezze, alle situazioni ancora da risolvere, da comprendere e ci consente di mostrarci fragili".


Dopo il parto, per due anni, la mamma non può considerarsi un individuo ma una diade, una mamma- bambino.
Si ritrova la madre con la sensazione di perdere i propri riferimenti, la propria razionalità, vivendo come se fosse uscita dal mondo: un'emozione che viene etichettata spesso come “depressione puerperale”, in realtà sta avvenendo un necessario e non rimandabile incontro con la propria ombra.
L'autrice alterna alle parti teoriche casi esplicativi con le quali entra in contatto nel suo lavoro di psicoterapeuta.
Il parto diventa una vera e propria “destrutturazione spirituale”, una rottura emozionale che permettere il passaggio alla realtà di due persone. Purtroppo c'è scarsa consapevolezza rispetto al parto e a questo “rompersi pienamente”:
le nascite vengono sempre di più indotte, le anestesie e la fretta di sbrigare la pratica lascia la donna lacerata e stordita come un vulcano che appena eruttato. Si ritrova con le sue macerie, e con i suoi lapilli ancora incandescenti.

Purtroppo aumentano i casi di violenza ostetrica, indicatori della poca sensibilità che la società di oggi ha attuato verso questo importante momento di passaggio: ricovero precoce, rasatura, clistere, flebo, ossitocina sintetica, episiotomia, anestesia epidurale, sono tutte situazioni che vengono vissute come prassi medica spesso non richiesta e che rendono questo momento meno naturale possibile.

Un'altra fase importante che merita di essere sostenuta è quella dell'allattamento che l'autrice definisce “incontro amoroso” che presuppone tempo dedicato e intimità, proprio come un atto sessuale.
"Il parto e l'allattamento sono le migliori opportunità affinché una donna si connetta con gli aspetti più naturali del suo essere essenziale"
Le difficoltà incontrate dalle madri nell'allattamento spesso hanno origine nella mancata comprensione che si tratta appunto di un atto d'amore e non solo di una somministrazione di cibo: per allattare è necessario avere introspezione e equilibrio, entrare nel mondo dell'ascolto profondo e dell'intuizione affinché il bambino non solo si nutra del latte ma anche del contatto permanente e corporeo con la madre.
Una figura interessante che sostiene la donna in questo momento di passaggio è la doula, termine proviene dal greco, che significa “schiava della donna” e indica le operatrici che accompagnano le puerpere in questa nuova identità.

Uno spunto interessante riguarda la capacità di comprensione dei neonati: l'autrice invita le persone a parlare con loro perché essi comprendono tutto, anche ciò che non si vede. Un , infatti, comprende il linguaggio verbale anche se non lo sa usare e reagiscono con violenza quando non vengono considerati esseri capaci di comprendere; quindi l'autrice invita i genitori a parlare loro, a spiegargli come sarà la giornata, chi si prenderà cura di loro e perché, spiegando cosa il genitore farà in questa assenza; è importante non negare mai quello che sentiamo, e comunicarglielo, fosse anche l'origine delle nostre preoccupazioni o delle nostre allegrie, il bambino che sa rimane distante dall'ansia. Parlare al neonato in prima persona, dunque, nel modo più diretto, dire la verità senza emettere giudizi: questi i consigli dell'autrice, perchè quando una persona parla partendo da se stessa e da quello che prova non crea conflitti ma genera comprensione, esprimersi risulta più semplice.

Che ruolo ha il padre?
"La funzione paterna è fondamentale in due precisi momenti: il primo tra la nascita e due anni coincide con il sostegno attribuito alla diade madre-bambino; il secondo, dopo i due anni, si riferisce alla separazione che corrisponde alla strutturazione del proprio io da parte del bambino insieme al distacco emozionale della mamma".

Il padre, dunque, oltre ad offrire un aiuto concreto, accompagna la madre al contatto con l'ombra, appoggiando attivamente l'introspezione; è auspicabile che la mamma riconosca e comunichi al bambino la funzione svolta dal padre. Anche le madri single hanno bisogno di trovare dei separatori emozionali che permettano loro di rompere la fusione; tale separazione può arrivare tramite un lavoro, un'attività artistica o sportiva, per loro sarà necessario creare una rete di aiuto e incontro con le altre madri.

I sintomi del bambino trasmettono informazioni sul cammino di introspezione della madre: la malattia porta luce e consapevolezza sugli aspetti che abbiamo rilegato nell'ombra, pertanto non va vista solo da un punto di vista fisico, ma è importante comprenderne il linguaggio.
L'autrice porta l'empio di malattie come i raffreddori o alterazioni della mucosità: respirare ci unisce alla vita e agli altri, questo tipo di sintomi sono indice di relazioni: quando non possiamo respirare vuol dire che stiamo respingendo la vicinanza degli altri e desideriamo solitudine; lo starnuto diventa di segnale di allontanarsi e bisogno di un contatto più profondo con se stessi. I bambini asmatici sentono forte l'esigenza di contatto fisico e della presenza della madre; l'allergia è il rifiuto e la difficoltà a riconoscere l'aggressività; le infezioni indicano una rabbia contro qualcosa o qualcuno;i problemi digestivi indicano scontenti emozionali legati a cosa voglio e come posso rifiutare qualcosa che non mi piace.

Un libro importante, per prepararsi con consapevolezza ad un momento di passaggio che trascende l'aspetto di luce e positività che siamoabituati a vedere e offre importanti occasioni di comprensione della propria trasformazione emotiva e fisica.

 

Maternità tra estasi e inquietudine - Laura Gutman

Terra nuova edizioni

July 26, 2020

 Ci sono libri che hai bisogno di rileggere quando la poesia della vita sembra perdersi dietro una quotidianità ritmata da esigenze estranee alla propria fame di bellezza.

Ci sono libri che nutrono dimensioni sottili della accorgersi.
Le specie del sonno è uno di questi libri: con l'introduzione da Italo Calvino e chiuso dalla penna di Giorgio Agamben, è dedicato ad Anna Maria Ortese e a José Bergamin.

Il libro di Ginevra Bompiani parte dal mito, visto con gli occhi illuminati di chi riesce a calarlo nel presente per farne azione creativa.

 Una mitologia che parte dalla lontananza per poi avvicinarsi e percorrerti dentro, che ti fa volteggiare tra le parole, capaci di dare voce al proprio sentire, al proprio pensare.

nella prima l'autrice tesse le storie della natura di esseri mitologici come gli ermafroditi, i Centauri, le Amazzoni, Eros e Psiche, Pan, e lo fa andando a scandagliare aspetti dell'animo umano alle quali il mito silenziosamente si rivolge.

Nella seconda parte il protagonista è Eracle e le sue fatiche, all'interno delle azioni dell'eroe emerge il senso della vita, del proprio cammino e della comprensione del mondo.

È una scrittura maestra, quella di Ginevra Bompiani, raffinata ed elegante, evocativa e mai scontata.
È un vero repertorio delle umane emozioni raccontate attraverso storie che accaddero un tempo che continuano ad accadere: un ventaglio di toni che vanno dalla malinconia alla stanchezza, dalla disperazione al pianto, dall'allegria alla spinta decisionale.
È un libro che cura e lo fa accarezzando con storie antiche vestite di poesia di poesia


 “Niente è per l’uomo più difficile che guardare un albero senza amore, una campagna senza gelosia, un brandello di schiuma senza desiderio; niente gli è più alieno che l’assenza di lacerazione tra diverse specie di amore; voglie e nostalgie si contendono i suoi passi come mendicanti spagnoli appesi alle vesti; e se, con un gesto negligente, li scrolla da sé, ecco apparire all’orizzonte un nugolo di polvere (cavalieri? bufali? mulinelli?) che subito affretta il suo passo e lo trascina, innocente, verso una morte perversa”. 

GINEVRA BOMPIANI
Le specie del sonno
Quodlibet

June 26, 2020

Emiliano Federico Caruso, giornalista, fotoreporter professionista e scrittore di viaggio, in 22 anni di questo mestiere ha collaborato anche con “Il Fatto Quotidiano” e altre testate nazionali. Attualmente scrive per “Antimafia Duemila”, “Kmetro0” e “Terre Incognite”, dove si occupa di reportage su luoghi insoliti, inchieste sulla criminalità organizzata, geopolitica, cronaca e religioni. Vicedirettore del periodico “L’Attualità”, considera Enzo Biagi e Tiziano Terzani i maestri a cui ispirarsi, e da sempre è un convinto difensore del giornalismo da strada fatto di scarpe consumate, taccuini, persone e luoghi vissuti dal vivo.

Partendo dai ricordi di un viaggio in treno sulla rotta Slavutych-Semykhody, al confine tra Ucraina e Bielorussia, in questo libro, arricchito da una prefazione di Giorgio Fornoni, l’autore attraversa alcuni dei suoi reportage pubblicati negli ultimi anni. Dalle sale dei reattori della centrale di Chernobyl fino alle manifestazioni dei Gilet Gialli a Parigi, dagli incontri con i pescatori pugliesi fino agli avamposti della Seconda guerra mondiale in remote isole del nord della Scozia, senza dimenticare la geopolitica dell’est Europa, le religioni, il traffico di droga, la criminalità organizzata e il terrorismo.

Anni di notizie, avventure e qualche rischio, sempre con una forte passione per il mestiere di giornalista e con la voglia di scendere in strada, per vedere le cose con i propri occhi e sentirle con il proprio cuore prima di scriverle. 

AMAZON

May 15, 2020

Nato a Roma nel 1976, Emiliano Federico Caruso è cresciuto divorando i romanzi di Michael Ende, Jules Verne, Tolkien, Ray Bradbury e la narrativa horror/fantasy in generale.

Da sempre fortemente appassionato di H.P.Lovecraft, George Orwell ed Edgar Allan Poe, dopo 22 anni di carriera nel giornalismo ha iniziato a dedicarsi seriamente alle numerose bozze di racconti che, da anni, riposavano nel suo cassetto, pubblicando con Amazon Edizioni il racconto "Il sepolto di Ghar'Strag" e la raccolta "Tre racconti nel buio", che include le storie horror "La scomparsa di Alexander Taylor", "La madre eterna" e "Il parassita di pietra".

Nei suoi racconti, dove si avverte forte l'influenza di Lovecraft, Caruso ci accompagna tra le nebbie della Scozia, nella quale si è già recato più volte come reporter, per raccontarci storie di demoni, vichinghi, mutazioni, antiche tombe e culti proibiti.

Nel "Il sepolto di Ghar'Strag" un gruppo di vichinghi decide di recarsi in una misteriosa isola circondata da nebbie e tempeste per dare una degna sepoltura al loro thane. Guidati da una strana creatura, scopriranno ben presto che esistono destini peggiori della morte per un guerriero.

"La scomparsa di Alexander Taylor" narra di agente letterario che inizia a indagare sull'insolito ricovero in ospedale del suo vicino di casa, un celebre botanico ossessionato dalle particolari proprietà di alcune piante, e ben presto capirà fino a che punto si sia spinto il dottore nelle sue ricerche.

Ne "La madre eterna" due giovani amici che vivono in un vecchio palazzo della zona portuale di Granton si dedicano alle ricerche sulla storia di una famiglia che viveva nello stesso edificio quarant'anni prima. Scopriranno che qualcosa del passato doloroso di quella famiglia risale periodicamente dai sotterranei di Edimburgo.

 

 

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May 06, 2020

Stefano Mancuso è il direttore del laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell'Università degli Studi di Firenze e autore di saggi sull'intelligenza vegetale come L'incredibile viaggio delle piante (Laterza 2018), Plant revoluction (Giunti editore 2017), Botanica. Viaggio nell'universo vegetale (Aboca edizioni 2017), Verde brillante, sensibilità e intelligenza del mondo vegetale con Alessandra Viola (Giunti editore 2015), Biodiversi con Carlo Petrini ( Slow Food 2015), Uomini che amano le piante (Giunti editore 2014).

Il libro si si apre invitando il lettore a avere gli stessi occhi degli astronauti della missione Apollo 8 che nel 1968 scattarono la foto Earthrise: ci fornirono l'immagine di "un pianeta verde per la vegetazione bianco per le nuvole, blu per l'acqua".

In questo libro l'autore dà voce alle piante, che vengono viste come una nazione a tutti gli effetti, la cui bandiera è verde, bianca e blu, ed consta di una popolazione che è la più numerosa e diffusa sulla terra (basti pensare che sono gli alberi sono oltre 3000 miliardi), una nazione che comprende ogni singolo essere vegetale presente sul pianeta; una vera potenza planetaria, insomma, senza la quale non esisterebbe la vita.

L'articolo 1 stabilisce che "la terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente": in questo primo articolo l'autore si domanda che cosa realmente noi percepiamo come “normale” poiché viviamo la nostra quotidianità dentro una bolla che ci collega solo con i nostri simili, con gusti conformi ai nostri. L'uomo si sente il padrone del pianeta quando in realtà" la sua quantità di biomassa è pari a un decimillesimo dell'intera biomassa del pianeta".

Il secondo articolo ci mostra come la specie predatoria umana possa creare dei profondi squilibri nell'ecosistema; viene citato l'esempio dell'affare del colore rosso, una tinta utilizzata dagli Aztechi che derivava da una coccinella che viveva sulle pianta del fico d'india. Molto richiesta, questa produzione rimase monopolio della Spagna, finché spie britanniche non ne capirono il segreto. Per iniziare la produzione di cocciniglia in Australia, fu trapiantato anche il fico d'India e il risultato fu che gli insetti tanto desiderati morirono subito mentre i fichi d'india conquistarono il loro territorio australiano.
Per fermare l'avanzata del fico d'india l'uomo immette nell'ecosistema un lepidottero parassita dell'opuntia: questo parassita, però, comincia a minacciare interi ecosistemi durante il suo cammino andando ad attaccare i fichi d'india di San Salvador delle Bahamas, una delle principali fonti di vita e di cibo per le popolazioni del luogo.

L'articolo 3 della Nazione delle piante si basa sul principio della democrazia vegetale, caratterizzata da un aspetto decentralizzato e diffuso, che non riconosce alcun tipo di gerarchia. Le piante, lungi dall'essere inferiori, hanno attuato strategie di sopravvivenza (anche detta intelligenza) che ha permesso loro, seppur non dotati di un movimento effettivo, di sopravvivere. La loro particolarità si realizza nella distribuzione, a differenza dell'uomo che, invece, concentra le funzioni vitali in singoli organi. L'uomo replica questa organizzazione centralizzata e verticistica (propria del suo corpo) anche nella sua società: hanno strutture piramidali aziende, uffici, scuole, associazioni, eserciti, e questo tipo di organizzazione ha come unico, blando vantaggio la velocità, proprio perché, essendo una persona sola a decider le azioni da compiere questo permette una rapidità maggiore.
Una rapidità che, però, presuppone una burocrazia che ricalca di nuovo un' impostazione gerarchica. Qualsiasi organizzazione centralizzata e gerarchica è fragile. Le piante, invece, sono esseri modulari costituite, appunto, da singoli moduli che si ripetono infinite volte e formano strutture sempre più complesse ma che non hanno un centro fondamentale, quindi nessuna parte è fondamentale o più importante rispetto alle altre.

L'articolo 4 vede la Nazione delle piante rispettare i diritti di ogni essere vivente ma anche delle generazioni future.
Nel suo percorso la Terra subito 5 estinzioni di massa e altrettante estinzioni minori, prima di arrivare ad un Era definita “antropocene”, che vede come predominante l'azione tellurica dell'attività umana.
Peccato che un gruppo di ricerca nel 2014 ha stimato il tasso di l'estinzione della terra 1000 volte superiore rispetto a prima dell'apparizione dell'uomo: la distruttività umana influenza le altre specie viventi e nello stesso momento si condanna a morte da sola.
Le piante sono l'anello di congiunzione tra il sole e la terra (grazie ai cloroplasti) e sono state loro a rendere ospitale e possibile la vita sul nostro pianeta.

 
 Stefano Mancuso


Le piante sono in grado di ridurre la quantità di CO2 nell'atmosfera permettendo agli altri esseri viventi di conquistare le terre emerse: è per questo che è importante bloccare ogni deforestazione e sarebbe auspicabile che le nostre città fossero coperte di piante ed alberi per permetterci un'aria respirabile e il diritto ad un'atmosfera pulita.
L'articolo successivo vieta di predare qualsiasi risorsa che non si possa ricostituire mentre il settimo articolo si schiera contro i confini e le barriere, e garantisce ad ogni essere vivente la possibilità di vivere e trasferirsi senza limitazioni.
L'ottavo articolo riconosce il mutuo appoggio fra le comunità naturali come strumento reale di progresso evoluzione: un'affermazione che va contro i principi darwiniani, mentre si dimostra più vicino all'idea anarchiche di Kropotkin sul mutuo appoggio come fattore di evoluzione. A partire dai rapporti simbiotici fra batteri per arrivare ai reciproci vantaggi delle fusioni tra fungo e alga, l'autore tesse un elogio della cooperazione, attraverso la quale la vita ha imparato ad ottenere risultati che non sarebbe stato possibile raggiungere in modo competitivo ed egoistico.

Un libro che si presenta come un “inchino” a queste anime silenziose e generose grazie alle quali siamo vivi, e continueremo ad esserlo. Solo da specie così evolute possiamo apprendere le lezioni di vita più importanti che la Costituzione delle piante ha descritto.

Stefano Mancuso
La Nazione delle piante
Laterza 


April 01, 2020

Una storia poco conosciuta ma che merita di essere raccontata è quella di Giulia Tofana che visse nel XVII secolo tra Palermo e Roma, narrata dalla penna di Adriana Assini, scrittrice a acquarellista romana, autrice di diversi romanzi storici come Le rose di Cordova, 2007, Un caffè con Robespierre, 2016, Agnese, una Visconti, 2018. 

Giulia, “figlia di cento padri” tanti sono stati clienti della madre, nasce a Palermo in una condizione di estrema povertà e sin da quando era adolescente inizia l'arte antica della meretrice; il suo merito (o forse quello di sua madre)   è quello di aver inventato una pozione capace di dare la morte senza destare sospetti di avvelenamento.

Grazie all'amicizia con un frate speziale che la riforniva delle “polveri” necessarie, mise a punto la sua miscela che rimase nella storia con il nome di “acqua tofana”:

“...in una pignatta otturata col sapone per impedire che sfiatasse, non bolliva la solida brodaglia servita a pranzo e a cena, bensì un composto che richiedeva mano esperta, precisione nelle dosi e una certa perizia nel mescolare due once di arsenico, un mezzo tari  d'antimonio con una foglietta d'acqua chiara”.
I suoi servigi erano per clienti di diverse estrazioni sociali: c'era chi pagava “100 doppie d'oro”, mentre, a chi non poteva permetterselo, Giulia chiedeva in cambio un paniere di uova fresche o un boccale di farina.


Giulia scelse di usare questa capacità farmacologica per metterla a servizio delle donne che avevano subito abusi da parte dei mariti.

Bastavano poche gocce da mettere nella zuppa o nel vino mantenendo però rigore e regolarità e “ci si poteva liberare dei nemici nel giro di poche settimane senza correre il rischio di essere scoperti”.

Infatti l'abilità di Giulia è stata quella di essersi esercitata nella creazione di un liquido insapore, trasparente e senza odore. Nei primi giorni l'effetto era quello comune a molto malanni come febbre o vomito per arrivare poi all'attacco di cuore ma mantenendo un colorito roseo che allontanava ogni sospetto di omicidio.

Giulia si raccomandava alla donna di non dare nell'occhio e di mantenere un atteggiamento consono alla malattia prima e al lutto poi.

“Io sono la speranza di tante sventurate che nessun giudice difende, che nessun Santo protegge: ci oltraggiano ma non ci domandano perdono, ci uccidono e se la cavano con una ammenda; di fronte a simili ingiustizie non posso che vantarmi della mia invenzione”.

La giustizia è questione di maschi, e Giulia lo sa.

“...Se i magistrati avessero più a cuore la giustizia di Giulia Tofana non ce ne sarebbe alcun bisogno, ma nei tribunali sono tutti uomini e gli uomini vogliono il male delle donne, nonostante siano carne della loro carne”.

Costretta a lasciare Palermo insieme alla sorella Gerolama per alcuni ombre inquisitoriali che aleggiavano su di lei, portandosi dietro le quattro sante protettrici della città (Agata, Ninfa, Cristina e Oliva) arrivò a Roma seguendo frate Girolamo, dove continuò la sua missione di assassina di mariti violenti e non voluti. La sua acqua tofana porterà alla morte 600 vittime, e l'inquisizione murerà a vita le mogli a palazzo Pucci a Porta Cavalleggeri.
Due amori si intrecciano nella vita della protagonista: il barone Manfredi che arriverà fino a Roma per cercarla e quello di Frate Girolamo, che nonostante i suoi abiti religiosi, la amerà e si dedicherà al suo benessere intercedendo per la sua salvezza fino alla fine.
Un romanzo scorrevole, che ben delinea e tratteggia la forza della protagonista, sottolineando la sua assertività e la sua sicurezza. Giulia, infatti, non ha mai calpestato se stessa e fino all'ultima pagina la vediamo rifiutare situazioni di comodità per mantenere fede alla sua libertà di donna.

 

 

ADRIANA ASSINI
GIULIA TOFANA
Gli amori, i veleni
Scrittura e Scritture editore










March 21, 2020

"Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" - J. Steinbeck.

 

Era una bellissima giornata di primavera, ho spalancato le finestre della mia stanza ed ho alzato gli occhi al cielo ed il sole ha iniziato a scaldare il mio viso regalandomi una magnifica sensazione di benessere. Da quell'istante ho capito che grande dono avevo avuto ed ho ricominciato a vivere ...

Il mio libro è una raccolta di storie della città di Roma. Attraverso racconti tramandati da alternativi sarà possibile visitare luoghi e monumenti sconosciuti collegati a leggende risalenti al periodo della vecchia, bella Roma.

«Nel 1652 il Papa inaugurò la consuetudine del Lago di Piazza Navona. La grande piazza completamente allestita donando al popolo romano, un po 'di affresco dalla calura estiva »...

«Le ragazze romane portavano i loro fidanzati a bere alla Fontanella, la sera prima della partenza dei loro uomini» ...

«... San Domenico, il fondatore dell'ordine dei padri, fu colui che piantò il primo albero di arance su questo terreno e da otto secoli la stessa pianta fiorisce puntualmente ogni anno ad agosto, nel pieno dell'estate» ...

Ho voluto regalare un'immaginaria visione della città di Roma a tutte le persone che non hanno la possibilità di poter «vivere» la storia della Città Eterna. A volte sussistono impedimenti fisici che considerano una chiusura mentale, oltre che fisica, nella quale tutto può divenire buio e freddo. Il mio desiderio è quello di riuscire a scaldare il cuore delle persone, regalando un po 'di sole un chi non lo sente più da tanto tempo ... Dono i miei occhi a chi non può vedere.

 

 

acquistabile su Amazon.it    formato Kindle

 

March 04, 2020

L'ultimo libro di Marina Valcarenghi pubblicato dalla Moretti & Vitali nella preziosa collana “Amore e Psiche” è un lavoro appassionato sul desiderio.

La collana, diretta da Carla Stroppa da Marta Tebaldi ha come caratteristica peculiare quella di partire dai miti antichi per attualizzarli e calarli in situazioni psicologiche attuali.


Il mito da cui parte l'autrice del “L'aggressività femminile” è proprio quello di Amore e Psiche, un mito che ci condce nei nei tortuosi sentieri del desiderio e della passione; la storia di Psiche, infatti, e' la possibile storia di un'anima che trascende ogni età e tempo.

I moti turbolenti dell'animo di Psiche la portano a fuggire il ritmo quotidiano caratterizzato da una malinconia che oggi potrebbe essere definita “depressione”. Una depressione che può incanalarsi nella demotivazione, nel disinteresse verso ciò che un proprio desiderio può iniziare a mostrare, nella delegittimazione, ovvero nella sfiducia in se stessi e nel divieto che ci auto-imponiamo nel dare concretezza al nostro desiderio.

I lacci che ci frenano dal seguire questa spinta desiderante possono essere chiamati anche vittimismo, dipendenza relazionale, immobilità, dettata anche da traumi antichi.

Ad attivare la trasformazione di Psiche in quella che realmente poi lei diventerà, saranno le molte prove che Afrodite presenterà alla fanciulla, e che la porteranno a diventare un anima "infinita, magica collettiva perché la sua energia può andare oltre la vita mortale".
Ma per arrivare ad essere la propria potenza, la ragazzina dipendente dalla famiglia e infelice dovrà necessariamente passare per degli stadi di consapevolezza.
La prima scelta per porsi nel cammino della passione e del desiderio implica il coraggio e la trasgressione (che non è così sinonimo di disobbedienza ma si volge verso una scelta che rompe un equilibrio).
Una trasformazione alimentata da Eros, che la tradizione avvicina più a un demone che un Dio, una forza capace di spalancare nuovi orizzonti all'anima, così come solo il figlio di Afrodite e di Caos sa fare.


A salvare Psiche del suo primo tentativo di suicidio è Pan che rappresenta un selvaggio e primordiale istinto di vita, Pan è un essere ibrido tra un bambino e una capra, vive nei boschi, regna in quel confine tra umano e animale ed è emblema della dimensione selvatica e incivile di ognuno di noi.
Pan invita psiche a pregare... E subito dopo Psiche riconosce le proprie ombre e chiude i conti con il suo passato rappresentato dalle sue sorelle avide e diffidenti; da questo momento le sue compagne, nella ricerca di Eros, saranno solitudine speranza.
Le prime prove che Psiche deve affrontare riguardano la minuzia, come quella di separare semi ammucchiati alla rinfusa: un esercizio di pazienza che implica organizzazione, distinzione, separazione, attenzione al piccolo,al dettaglio.
"Temprare la nostra anima ci ricorda il mito e prima di tutto mettere ordine, distinguere per strutturare un sistema personale di pensieri, di emozioni e anche di valori morali".
Le peripezie di Psiche la porteranno fin nell'oltretomba, sempre sostenuta da piccoli aiutanti.
Un viaggio nel profondo, un una dimensione legata al buio, al chiuso, condizione imprescindibile per la vita umana: la sua ultima avventura la porterà davanti a Persefone, regina del mondo sotterraneo, depositaria del mistero all'origine della vita e della morte.


Si ritroveranno e si ricongiungeranno Anima e Passione: "comincia il tempo della gioia che non è un dono ma il risultato di una ricerca, un tempo di armonia, di pienezza che può solo essere provvisorio,ma lascia luce nel suo passaggio".



Marina Valcarenghi
La passione necessaria
Moretti e Vitali




February 16, 2020

Perchè gli esseri umani sono così attratti dal narrare?

È una domanda a cui risponde Jerome Brune nei suoi libri, soprattutto ne “La mente a più dimensioni” e nel “La fabbrica delle storie”.

Jerome Bruner, psicologo stantunitense, è stato un pioniere della psicologia cognitiva e culturale, andando ad integrare e ampliare le ricerche di Piaget e Vygotskij e divenendo interprete dello strutturalismo pedagogico.

Essere un “animale narrativo” ha consegnato alla specie umana un vantaggio evolutivo e Bruner nei suoi libri ci spiega perchè.

Narrare deriva etimologicamente dalla radice gna-, che significa “rendere noto”, “consapevole”- ma può anche includere la definizione “Chi sa in un determinato modo[1] a cui si aggiunge il suffisso -zione, connesso all'azione. Narrare quindi presuppone consapevolezza e punto di vista, ed è, quindi, un'operazione mai innocente, ma che ingloba sempre dei fini più o meno espliciti.

In La mente a più dimensioni, Bruner descrive due modalità cognitive diverse e complementari: la comprensione paradigmatica e la comprensione narrativa.

La prima organizza la conoscenza in modo geometrico: categorizzando, mettendo in relazione la causa con l’effetto, comparando, calcolando: può essere definita una forma di conoscenza di tipo scientifico che, seguendo un tracciato lineare basato sul criterio logico, consente una sola rappresentazione alla volta della realtà, utilizzando, per la validazione dell’esperienza, il principio fondato sul binomio vero/falso. Il suo linguaggio è disciplinato dai requisiti della coerenza e della non contraddizione.

Diversamente la modalità narrativa consente una pluralità di ricostruzioni/rappresentazioni contemporanee, avvalendosi non della logica causa-effetto ma dei diversi e numerosi piani di realtà che conducono il pensiero verso rotte infinite, come infinite sono le interpretazioni e le logiche possibili. Il pensiero narrativo interpreta i fatti umani mettendoli in relazione fra di loro e costruendo storie connesse al contesto, che non possono presciendere dalll' intenzionalità (voler fare qualcosa) e dalla soggettività (il proprio punto di vista) dei protagonisti.

In La fabbrica delle storie, Bruner offre un’interessante lettura comparata della relazione tra il Sé e la narrazione:

il Sé è teleologico, pieno di desideri e di aspirazioni, intento a perseguire scopi ed è di conseguenza sensibile agli ostacoli, risponde al successo o al fallimento: ed è vacillante nell’affrontare esiti incerti; il Sè ricorre alla memoria selettiva per adattare il passato alle esigenze del presente e alle attese future ed è orientato su “gruppi di riferimento” e su “altre persone importanti” che forniscono criteri culturali mediante i quali giudica se stesso; può rendere ragione e assumersi la responsabilità delle parole con cui formula se stesso e prova fastidio se non trova le parole; è capriccioso, emotivo, sensibile alle situazioni ma tende a ricercare e difendere la coerenza, evitando la dissonanza e la contraddizione mediante procedure psichiche altamente evolute.

Sul piano narrativo, le stesse peculiarità del Sé possono diventare regole per scrivere un buon racconto, coscienti del fatto che un racconto vuole una trama e per avere una trama interessante sono necessari ostacoli per il conseguimento di un fine; gli ostacoli fanno riflettere le persone e dotano i propri personaggi di alleati e relazioni.

Una storia apre porte, sprona a riflettere su infinite possibil interpretazioni, instilla il dubbio laddove la logica, consolidata dall’abitudine, condurrebbe sempre alla stessa risposta: crea disordine dove c’è ordine; infrange regole e si sviluppa nelle crepe dell’ovvio e del prevedibile. Una storia è vita.

Bruner J. La fabbrica delle storie, Laterza, pg 31

January 28, 2020

Lorenza Mazzetti, Lory per i tanti che le sono stati amici, ha da pochi giorni portato a termine il suo cammino terreno iniziato 92 anni fa.

Lorenza è stata originale regista d’avanguardia, scrittrice di travolgente talento e pittrice dalla delicatissima sensibilità.

La sua esistenza è rimasta segnata dalla tragedia abbattutasi sulla famiglia degli zii che, rimasta orfana, l’avevano accolta con loro, insieme alla sorella gemella Paola. Nella strage della famiglia Einstein (nota anche come strage di Rignano o del Focardo), verificatasi il 3 agosto 1944, nel territorio di Rignano sull’Arno, ad opera delle milizie naziste, morirono tre donne: Cesarina (Nina) Mazzetti, Luce e Annamaria Einstein, moglie e figlie di Robert Einstein (cugino di Albert), il quale si diede la morte nell’anno successivo. Dalla strage (destinata certamente a colpire il grande scienziato fuggito negli USA), Lorenza e Paola si salvarono perché “di un’altra razza”.

Da questa terribile esperienza nascerà, molti anni dopo, Il cielo cade, il libro più bello di Lorenza e uno dei libri più belli del nostro intero panorama letterario del XX secolo.

Con lei, esce dal piccolo palcoscenico di questo incomprensibile e misterioso mondo una donna di intelligenza rara, eterna bimba-monella, sempre bramosa di nuove monellerie.

In campo cinematografico è stata una pioniera. In campo letterario ci ha regalato gioielli di brio narrativo e di straordinaria intensità lirica. In campo pittorico, ci ha continuamente stupito per la ricchezza della sua zampillante creatività.

Sul piano umano, ci ha lasciato dentro il suo immenso bisogno di amare e di essere amata, la sua insaziata e insaziabile voglia di scoprire e di inventare; la sua impertinente capacità di riuscire a sorridere alla vita, anzi, di far sorridere la vita; la sua mai spenta volontà di aiutare il mondo ad essere un po’ meno folle, ad essere un po’ meno crudele, ad essere un po’ più in grado di desiderare il Bello e il Vero, rivolgendo lo sguardo, sempre, a chi ha mani fragili e cuore grande, voce debole e diritti negati.

Lorenza Mazzetti viene perlopiù amata, ammirata e ricordata per essere stata vittima e testimone delle atrocità delle persecuzioni razziali naziste, ma non andrebbe assolutamente dimenticato il fatto che essa abbia saputo farsi anche analista lucidissima del fenomeno della Shoah, riuscendo come pochi a cogliere i legami profondi tra antisemitismo moderno e antigiudaismo cristiano.

In una intervista di qualche anno fa, dopo aver messo in luce come l’odio verso gli ebrei “fosse legato al disprezzo e alimentato e ‘giustificato’ dal disprezzo”, sottolineava come odio e disprezzo non fossero una creatura di Hitler, bensì una pesante eredità pervenutagli da un lontano passato in cui la civiltà cristiana si è insistentemente prodigata nella costruzione teologica dell’ “immagine demonizzata di un intero popolo colpevole di ‘deicidio’, macchiato da una colpa, cioè, di una gravità unica e incommensurabile, da una colpa capace di contaminarlo indelebilmente e per sempre, senza possibilità di perdono.”

Nella stessa intervista, poi, facendo riferimento al Saggio sul dono dell’antropologo francese Marcel Mauss, mi colpì anche la sua capacità di farsi pensatrice interprete-terapeuta dei mali del mondo contemporaneo. Nel confrontare, infatti, la sensibilità arcaica di un’umanità “primitiva”, legata al culto degli antenati e al sacro rispetto nei confronti della natura, con quella oggi imperante, giungeva a rimproverare noi moderni (schiacciati “dall’orrenda logica dominante del profitto”) di aver smarrito la capacità di “guardare a tutto ciò che ci circonda come a un immenso ‘dono’”, venendo ad infrangere, in tal modo, “il circolo virtuoso del dare-ricevere-ricambiare”, con la tragica ineluttabile conseguenza di non riuscire più a “coltivare in noi un profondo, inesauribile sentimento di riconoscenza”.

Chi sa dare e chi sa accettare - aggiungeva poi - sa che non può vivere solo, sa che non può vivere senza restituire la solidarietà umana.”

E, con solare saggezza, concluse la chiacchierata esprimendo la speranza che ai giovani si potesse riuscire ad insegnare la “cosa più importante”:

la bellezza della riconoscenza e il suo sorriso risanatore”.*

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*Roberto Fantini, Il cielo dentro di noi, Graphe.it, Perugia 2012, pp. 22 e 26.

Lorenza Mazzetti, di famiglia valdese, ha vissuto l’infanzia in Toscana con la zia Nina Mazzetti sposata a Robert Einstein, cugino di Albert, che l’aveva adottata insieme alla gemella. Il trauma dell’assassinio politico della sua famiglia adottiva, perpetrato dalle SS per rivalsa contro Einstein che si era rifugiato in America, ha segnato tutta la sua vita. Su questo tema e su questi ricordi ha scritto : Il cielo cade (Premio Viareggio 1962),  Uccidi il padre e la madre (ripubblicato da La nave di Teseo con il titolo Mi può prestare la sua pistola per favore?), Con rabbiaDiario Londinese e Album di famiglia

È stata una delle fondatrici del Free Cinema Movement. Ha realizzato due film: K e Together, entrato nel palmarès del Festival di Cannes come miglior film d’avanguardia.

La sua mostra “Album di famiglia” è stata presentata in molte città italiane ed europee.

Sempre desiderosa di fare conoscere la tragedia della sua famiglia e di favorire una giusta memoria e una attenta e responsabile coscienza etica e civile, anche in età avanzata, ha preso parte a innumerevoli iniziative culturali, con particolare interesse al mondo dei giovani.

La sua ricca esperienza terrena si è conclusa lo scorso 4 gennaio.

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