L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Difficile di questi tempi conoscere la verità su qualsiasi argomento. Per decenni, durante il secondo dopoguerra, siamo stati immersi nell'ideologia pseudo-occidentale, ma più che altra mercantilistica, che ha proposto e imposto Valori, Principi, Prassi e Costumi non necessariamente utili ma in cui credere ciecamente. Una volta assorbita e assimilata la componente ideologica ci siamo trovati immersi nella manipolazione dell'informazione. È stato un passaggio obbligato perché le falsità proclamate dalle ideologie avevano bisogno di una comunicazione che le perpetuasse. La manipolazione ci ha tragicamente fatto perdere la cognizione della verità. Eppure tutti dicono di cercarla perfino nella sua forma superlativa: il verissimo.Così il Vero, che dovrebbe già essere assoluto, si riduce a un “quasi” vero, in parte vero, non del tutto vero che permea la sfera cognitiva e la altera. Il vero e il falso si compenetrano e confondono. Sappiamo però che chi dispensa facili verità è un millantatore o un imbonitore, un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto. Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso.un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto. Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso. un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto.Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso.
In questi giorni la vicenda del rapimento e l'uccisione di Aldo Moro avvenuta 45 anni fa è descritta, ricostruita e commentata dal generale Piero Laporta in un libro autoprodotto disponibile in libreria e su Amazon: “Raffiche di bugie a via Fani” (ISBN9798385587193) . Il titolo è già indicativo del metodo avviato dal generale per riprendere la vicenda che non solo toccò emotivamente tutta la nazione, ma che espose l'Italia al primo vero pericolo per la propria sopravvivenza democratica: il terrorismo.Non quello internazionale che comunque già insanguinava mezzo mondo, ma quello interno perpetrato dalle frange nere neofasciste e quelle rosse comuniste con legami interni con apparati dello Stato, criminalità organizzata e massoneria e collegamenti internazionali con i servizi segreti di vari paesi “alleati e amici ” e “non alleati e non nemici”.
Piero Laporta è generale dell'Esercito proveniente dall'Arma del Genio. Fa parte di quella sparuta schiera di ufficiali che hanno detto e scritto mentre erano in servizio cose che nessuno si aspettava ma abbastanza di buon senso e ragionate da non poter essere censurate. La porta ha spesso toccato i limiti della libertà di espressione concessa anche ai militari (per graziosa elargizione della democrazia) ma sempre con una tale sagacia e franchezza da non poter essere impugnata contro di lui. Semmai i condizionamenti ei tentativi manifesti di silenziamento sono venuti dall'esterno del mondo militare invitandolo “a nozze” in un terreno che presto lo ha visto maestro e divertito contendente: quello giudiziario.Un ambito nel quale si è specializzato nella lettura e l'interpretazione delle leggi, delle relazioni ufficiali, dei reperti, delle escussioni testimoniali proprio attraverso l'esame degli atti che legislatori, magistrati, avvocati, esperti e consulenti stilavano e che spesso assieme ad accusa e contestazioni contenevano plateali svarioni ed errori grossolani. Con questa esperienza, gratificante e comunque pagata di persona, Laporta ha superato vari ostacoli aprendo la strada italiana ad un metodo di analisi diverso: non la ricerca della verità ma la ricerca delle bugie, delle menzogne volontarie e involontarie, frutto di pregiudizi ideologici o di semplici castronerie.Il metodo non è certo nuovo e quasi tutta la letteratura del giornalismo investigativo si basa sulla ricerca delle bugie e dei “vizi” di forma e sostanza. Sono bastate due o tre menzogne rivelate sul Vietnam per portare alla fine della guerra e alla sconfitta materiale e morale degli Stati Uniti. Un paio di bugie esposte dal Watergate hanno liquidato un presidente degli Stati Uniti, altre due sono ora esposte per liquidarne un altro, mentre un'altra serie di rivelazioni sull'Ucraina denuncia la fallacia dell'intera narrazione occidentale su quella guerra e sui suoi veri scopi e responsabile. La novità assoluta di Laporta e del suo libro sta nel fatto di esporre un racconto massa di bugie, incongruenze e mistificazioni da rendere l'intera storia conosciuta di quel delitto incredibile.Una sola di esse sarebbe sufficiente per avere uno scoop giornalistico ea promuovere una revisione di tutta la verità giudiziaria o extragiudiziaria ormai consolidata. Ma Laporta le espone tutte, e tutte assieme le ripete e ribadisce: in maniera brutale e raffinata, sottintesa e aperta, quasi alla ricerca di uno scontro con tutti. Uno che scontro possa portare in tribunale qualcuno e lui stesso dandogli modo di riaprire il “caso Moro” su basi nuove se non di prove almeno di dubbi legittimi e fatti ritenuti incontestabili diventati più che contestabili e inaccettabili anche e soprattutto a distanza di quasi mezzo secolo .Le “bugie” denunciate da Laporta riguardano tutta la vicenda: non furono soltanto quattro terroristi fai da te a sparare su Aldo Moro ma “lo Stato e le BR”, professionisti del crimine e dei servizi segreti. Aldo Moro non era a via Fani quando fu massacrata la sua scorta; dopo 55 giorni di prigionia chi gli sparò al cuore non volle firmare il delitto ma nascondere le torture inflitte. Il riferimento dell'autopsia sul suo corpo è incompleto. Ci fu un traditore, un Giuda, forse, ma lo Stato stesso tradì Moro. E le sue lettere dalla prigionia contengono sotto forma di complicati anagrammi informazioni preziose sulla verità. Non c'è un aspetto della vicenda sul quale Laporta non espone la falsità.E di esse è certo, non perché sia depositario di una verità nascosta ma perché la narrazione e le conclusioni “ufficiali” che lui e altri pochissimi analisti hanno acquisito e verificato nel corso di quasi mezzo secolo fanno acqua da tutte le parti e la verità, qualunque essa sia, spilla dai fori delle raffiche di bugie rischiando di disperdersi irrimediabilmente. Sono i documenti a parlare ei ragionamenti razionali ad elaborare i dubbi che la Magistratura, in questo Laporta è chiaro, ha l'obbligo di dirimere individuando esecutori e mandanti. Quelli veri. Non è un compito facile. Lo stesso lavoro di Laporta lo complica con collegamenti inesplorati o volutamente tralasciati da parte delle autorità competenti e dei media.La porta non finge di essere asettico e distaccato, è passionale e vuole dimostrarlo con le parole enfatizzate, i puntigli esasperati, le ripetizioni, le annotazioni, gli aggettivi e gli insulti, e con la stessa grafica zeppa di “accidenti”. Egli partecipa emotivamente con foga e una prospettiva critica e “militare” formata e de-formata dagli anni della guerra fredda – gli anni di Moro- in cui bisognava credere in un mondo minacciato da un Grande Male e difeso da un Grande Bene. Insiste sulla matrice tutta italiana del delitto ma cita ripetutamente Cia e Kgb apparentemente per esonerare la prima e accusare il secondo, mentre per Stasi (Germania Est) e altri Servizi nazionali e stranieri è più che esplicito.Il suo modo di chiamare la Disinformazione operata dallo stato italiano e dai nostri media con il nome russo Desinformatsiya non è un vezzo linguistico ma una chiara allusione alla matrice ideologica e operativa sovietica che secondo lui sarebbe alla base di tutta la disinformazione globale. Un primato forse meritato ai tempi di Stalin ma che l'Occidente dovrebbe reclamare dopo mezzo secolo di sistematica disinformazione istituzionale. Tuttavia, toni e visioni personali a parte, il cumulo di bugie denuncia da Laporta fa del suo libro qualcosa di più del semplice “sasso nello stagno”. Il libro non provoca onde concentriche che pian piano approdano alle rive. Ogni pagina lancia un macigno e tutte assieme provocano onde che interferiscono fra di loro, annullandosi e amplificandosi,finendo per sollecitare e collidere con le accuse ei sospetti di complottismo, revisionismo, disinformazione che puntualmente toccano chi non si adegua ad una narrazione precostituita. Il risultato è la creazione di una turbolenza generale, una vera e propria tempesta che modifica lo “stagno”, di per sé allegoria dell'immoto e del putrido. Ma anche questo non è casuale: Laporta, con le sue cannonate contro le raffiche vuole bonificare lo stagno anche a costo di eliminarlo: acqua e fango. Esponendo le bugie egli esaminò la melma che ricopre questa vicenda e che è tuttora in fase di accrescimento ed espansione anche in altri campi.
*
L'autore del libro: Piero Laporta – Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerato) Piero Laporta s'è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed.Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg) Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://www.pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.(dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ ) Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli. (dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ ) Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.(dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ )
L'autore della recensione : Fabio Mini è generale del Corpo d'Armata dell'Esercito Italiano ed è stato Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. Ha comandato tutti i livelli di unità meccanizzate ed ha prestato servizio negli Stati Uniti, in Cina e nei Balcani. Ha diretto la Comunicazione della Difesa e l'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze. Laureato in Scienze strategiche con Master di secondo livello, specializzato in Scienze umanistiche e Negoziato internazionale è commentatore di geopolitica e strategia militare. È Consigliere della Fondazione ICSA e membro della Società italiana di Storia Militare. Scrive, tra l'altro, per le riviste “Limes” e “Geopolitica ” , collabora con “l'Espresso” ed è editorialista de “Il Fatto Quotidiano”. È autore di numerosi saggi e una decisione di libri. Tra gli ultimi pubblicati: L'Europa in guerra , La guerra dopo la guerra; Soldati; Mediterraneo in Guerra; La guerra spiegata a...; Eroi della guerra; I guardiani del potere e perché siamo così ipocriti sulla guerra? Per la Libreria Editrice Goriziana (Leg) ha curato le edizioni italiane di Guerra senza limiti dei colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui, Fanteria all'attacco di Rommel, i Diari di Hitler, Paride di B. Liddel Hart e altri.È Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e Commendatore dell'Ordine Militare d'Italia. Tra le insegne straniere è Officer della Legion of Merit Usa ed è insignito delle medaglie al merito militare della PRC e del Kosovo.
Per gentile concessione di Vision & Global Trends
(Storie vere di anziani e di malati rari)
Maddali e Bruni edizioni
Vi sono libri che hanno l'intento di fare comprendere quell'oltre lasciando il lettore arricchito interiormente dove la riflessione diventa tarlo emozionale e la sensazione della nostra impotenza umana si trasforma in specchio dove riflettersi e chiedersi se tutto ciò, potrebbe fare parte di noi.
"Guarda con i miei occhi" per esempio è uno di questi libri. Scritto da un medico, un dottore che della propria vita ha dedicato gran parte, vicino ai malati più fragili, più indifesi e spesso non compresi: gli anziani con le loro malattie legate all'età ma anche a persone non abili e a patologie complesse; malattie rare, forme maligne, depressioni e sofferenze psicologiche- Si tratta del dott.re Carlo Mugelli, medico chirurgo, specialista in geriatria e gerontologia di Firenze che attraverso una scrittura appassionata e emozionale ci trasporta nelle vite di alcuni suoi pazienti dove la disabilità fisica e psicologica hanno minato i loro giorni.
Il lettore che intraprende questa lettura coinvolgente fin dall'inizio, viene immediatamente attratto dal linguaggio letterario dell'autore, un linguaggio che ci trasporta con emozionalità nelle storie di alcuni suoi pazienti che ha tenuto nel cuore e nella mente tanto da riportarle con delicatezza e umanità fra le righe. Vi saranno momenti di rimembranze cliniche del dottore dove evocherà tutte quelle esperienze che lo hanno reso l'uomo e il medico che oggi è. Ogni storia fa male, fa pensare, fa intuire le varie complessità. Storie dove si intuiranno le difficoltà dell'uomo e del medico che non possono scindersi e che per questo vivono due vite a sé: quella di chi per professione deve gestire con le giuste modalità deontologiche il malato e quella dell'uomo che ha pietà, comprensione e vive il coinvolgimento umano/emozionale che spesso è costretto a soffocare per ovvi motivi. Mugelli non solo si limita al racconto della propria esperienza con il malato, ma ne esprime anche le difficoltà familiari di chi vive ogni giorno senza esperienza alcuna quelle patologie che trasformano i nostri cari e nonostante tutto li vigilano con amore.
Si esprimerà anche su quelle realtà quando non tutti gli affetti sono reali e dediti all'amore e dove il malato diventa peso da sostenere delegando altri al sostentamento come un qualsiasi pacco postale. Di tutto questo l'autore ne sente il dolore perché l'uomo a volte sovrasta (per fortuna) la professione.
Ci saranno ricordi, memorie mai dimenticate, aneddoti, si comprenderà quanto il dottor Mugelli fin dagli anni universitari fosse portato alla comprensione e al rispetto del malato, quanto di quei giorni gli sia rimasto dentro ad insegnamento perpetuo ancora adesso. Nelle sue parole pare di sentire la voce di Adolfo, di Mara, del signor Taddeo, di Cesare, della nonna che s'inventa otto nipotini, di Annamaria detta Dudy di Mary sorella di Gianni, di tutto coloro che sono stati toccati da malattie rare, degli anziani che non ricordano nulla, dell'amico perduto e di tutti quelli che grazie ai medici attenti, impegnati, rispettosi del malato rendono il mondo migliore. Un libro che tutti dovrebbero leggere poiché la vita può catapultare ognuno i noi in situazioni che mai penserebbe di vivere né personalmente né trasversalmente. La vita è preziosa e forse ce ne rendiamo ancora più conto solamente nei momenti difficili.
Da pochi giorni è uscito il libro "Una vita di emozioni" di Anna Rita Bassani A&A Marzia Carocci; pagine d'amore e di ricordi verso la propria madre Maria Fortunato scomparsa
recentemente a 100 anni. Era una poetessa introspettiva che ha saputo catturare le immagini ei sentimenti interiori facendone parole in versi ma soprattutto una donna dalle grandi qualità umane che ha saputo trasmettere i propri sentimenti materiali e spirituali con amore e intensità emotiva alla figlia Anna Rita.
Il libro ripercorre aneddoti, rimembranze e spaccati di vita di Maria Fortunato, una donna sempre impegnata in percorsi umanitari, un'attitudine all'ascolto, all'aiuto, alla comprensione. Anna Rita, attraverso le parole stampate, pare prenderla per mano e fa rivivere un passato che non può essere sepolto ma sottolineato per il valore e la potenza che solo l'amore e la dedizione verso l'altro possono osare . Le fotografie inserite nel libro ci rendono ancor più vivo e vivido il carattere e la forza d'animo di una donna che va ricordata e conosciuta attraverso le poesie, i racconti, gli episodi della sua lunga vita. Una donna dagli occhi buoni, dall'eleganza innata che anche dalle pagine di un libro riesce a trasmettere empatia in chi la osserva comprendendone la forza fatta anche di fragilità emozionali. Nella lettura ci rendiamo immediatamente conto di quanto alcune persone non conosciute dai più, abbiano qualcosa che fa la differenza; Maria Fortunato era una di queste.
D-Anna Rita, chi era tua madre?
R-Era una persona generosa e sensibile di fronte alla sofferenza e al dolore umano.
a sua sensibilità non le permise di essere indifferente rispetto al grande mistero della vita e, nonostante i suoi lunghi anni, riuscì sempre a provare emozioni giovanili.
La mamma era una “senza età”.
D- Cosa amavi di più in lei?
R- Affrontava i problemi con calma e serenità, senza trascurare il punto di vista altrui e con l'occhio sempre attento ai propri errori. Mi diceva spesso: “Tesoro non ti preoccupare, a tutto c'è rimedio”. Amavo in lei il suo pensiero profondo e la capacità di scavare nell'animo umano. Era un piacere ascoltarla!
D_ Tua madre ha svolto assistenza nei consultori pediatrici questo negli anni '60, cosa ti ha raccontato di quel periodo?
RI bambini che afferivano ai consultori pediatrici, vivevano in contesti familiari spesso disagiati, con casi frequenti di mamme in difficoltà e figli con problemi psico-fisici. A volte, si presentava la necessità di svolgere un'assistenza non solo medico-sanitaria ma anche sociale e, in questi casi, la mamma prestava servizio a domicilio, con tanto impegno e passione. Al servizio pediatrico in sede, dotato di dispensario di latte in polvere, si affiancava il consultorio mobile , accolto con successo nel territorio da mamme che con i loro bambini affollavano le piazze e accoglievano il personale sanitario con grande entusiasmo.
D- Nel libro parli di una casetta di cartone che tua mamma costruì per te: vuoi parlarcene?
R-Era una casetta delle bambole che, in miniatura, racchiudeva tutte le comodità di una casa, fin nel piccolo dettaglio d'arredamento. Con le sue magiche mani riuscirono a trasformare semplici scatole di cartone in una cucina arredata, in un salone con porta e in una splendida camera da letto, con armadio e toilette, tutto con decorazioni colorate con stoffa e carta adesiva. Fu una grande sorpresa per me trovare la magica casetta come regalo di Natale!
D- Nel libro scrivi che tua mamma ha iniziato a scrivere poesie in un momento di particolare dolore, questo è usuale in chi si accinge in questo tipo di letteratura. Vuoi dirci cosa spinse mamma a scrivere i propri sentimenti in versi?
R-La spinta motrice che la indusse a comporre poesie fu una voce interiore che voleva dar vita ai suoi sentimenti, alle sue emozioni, ai suoi stati d'animo, come la solitudine, che fu il primo motore. Fu la stessa voce che le permise di tradurre in versi il suo passato, che portava sempre nel cuore.
D- Cara Anna Rita, hai un ricordo particolare che non hai annotato nel libro e che vorresti dirci?
R-Il primo giorno di scuola, la nonna le raccomandò di scrivere con la mano destra, dal momento che la mamma era mancina. Con grande sforzo e concentrazione ottenuta nell'impresa e compose i primi segni sul quaderno, proprio con la mano destra. Un vero miracolo!
D- -Dio o il nulla eterno-fu un mantra emotivo che tua mamma sentiva interiormente. Vuoi parlare?
R Il dubbio sul mistero della vita, ha sempre accompagnato e affascinato la mamma e, nello stesso tempo, ha arricchito il suo pensiero, con una spinta emozionale verso l'assoluto, verso un Dio universale, unità di tutte le cose. Di fronte all'immensità sentiva dentro di sé una grande emozione, proprio come recitò nella poesia “La speranza “: In un abbandono travolgente / nello sconfinato universo mi trovai / dove la speranza, / motore della vita, / è l'ultima a morire .
D- Quali sono stati gli insegnamenti profondi che tua mamma è riuscita a impartirti?
e quale domanda non le hai mai fatto e che adesso vorresti farle?
R-Ha stimolato in me il pensiero logico, aiutandomi ad acquisire consapevolezza delle mie emozioni, senza trascurare il punto di vista altrui. Mi trasmise un approccio empatico verso la vita, che mi aiuta a sentirmi “parte di un tutto”.
Alla seconda domanda rispondo così:
Cara mamma,
con me hai vissuto una vita d' intense emozioni che ti hanno reso felice. Qual è l'emozione più grande che ti è rimasta nel cuore?
Credo che la sua risposta sarebbe stata: “quando ti ho stretta per la prima volta sul mio grembo”.
D- Prima di lasciarci cara Anna Rita mi piacerebbe che in poche righe dicessi a chi ti legge perché hai voluto ricordare mamma e se vuoi, al termine, regalaci una sua poesia.
Fu Antonietta Risolo a propormi di scrivere la sua storia. Con entusiasmo accettai, con il proposito di rendere sempre vive le sue emozioni e lasciare una testimonianza della sua vita meravigliosa.
Tra le sue poesie, scelgo quella che dà il titolo alla sua ultima silloge e che rappresenta una parte della sua personalità:
Testa tra le nuvole
Piange, ride e si dispera
quella bimba che non vuol capire
e, ribellandosi, inseguir vorrebbe
quel mondo che ritrovar non puote.
“Che colori, che luce, che sussurìo,
in quel fantastico mondo!....
c'è sempre l'alberello, dai candidi e profumati fiori
coi provvidi rami tesi,
per riabbracciarla
in un ampio
che fermar vorrebbe il tempo.
E le altalene improvvisate
o con la corda pendente dalla ringhiera della scala,
o con la tavola da letto bilanciata su due pezzi di tufo,
in attesa dei piccoli amici
che proiettar si lasceranno in volo.
E sono tutti lì, timidi e indecisi,
ma pur sempre felici,
ora attorno a Bobi che la zampa alza in segno di saluto,
ora dietro al gattino che ratto attraversa il cortile
e alle farfalle che rincorrer si lascian.
E che dire, infine, di testa tra le nuvole,
seriamente occupata a far mangiare
le patatine fritte alla sua bambina
ea seppelir, pietosamente,
quell'uccellino dalla breve vita?
E' tutto intatto e immacolato,
in quel mondo che non può svanire
perché, ribelle e mai paga,
c'è sempre quella bimba
che non vuol morire.
Per educare al futuro troviamo in libreria “Quale mondo quali futuri”, l’ultimo libro pubblicato dall’editore Asterios per il Movimento di Cooperazione Educativa. Destinato a docenti, educatori, operatori socioculturali, ambientalisti, ricercatori, giovani sensibili a questi temi e che vogliano intraprendere un percorso didattico sul futuro, il libro è stato scritto da Giancarlo Cavinato, Marta Fontana, Leonardo Leonetti e Patrizia Scotto Lachianca, autori impegnati da lunghi anni con il MCE nella formazione, per una scuola democratica e cooperativa.
Degrado ambientale, mutamenti climatici, disuguaglianze sociali, riduzione crescente delle risorse del pianeta, con conseguenti trasmigrazioni di popoli, pandemie e nuovi focolai di guerra rendono sempre più incerto il nostro futuro.
L’impatto di tali problematiche sui giovani è molto forte e impegna i docenti nell’offrire ascolto e comprensione per i loro bisogni e a ricercare nuove strategie didattiche, per trovare insieme risposte e speranze per il futuro.
Nato da riflessioni ed esperienze del gruppo Educazione alla pace del MCE, “Quale mondo quali futuri” realizza un percorso di formazione e laboratori didattici per alunni, docenti, educatori e sostenitori dell’idea che futuri alternativi sono possibili e necessari. Così come è necessaria un’educazione attenta al Pianeta, agli esseri viventi, all’ecologia della mente, alla convivenza pacifica, con l’obiettivo di una vita dignitosa e giusta per tutti. Le indicazioni e le proposte concrete esposte nel libro sono orientate in questa direzione. Il testo, alla luce dell’Agenda 2030, della Carta della Terra e dei nuovi paradigmi conoscitivi, affronta come sviluppare, attraverso giochi e attività operative, una coscienza planetaria e la consapevolezza della necessità dell’impegno e della responsabilità di ciascuno.
Il libro è composto di un ricco repertorio di oltre 70 giochi, attività e simulazioni organizzate per obiettivi, temi, materiali occorrenti, istruzioni per insegnanti ed educatori, da proporre a bambini e ragazzi a partire dai 6/7 anni. Alcune attività sono adatte anche alla scuola secondaria.
Le schede-proposta possono essere utilizzate anche per lezioni di educazione civica, in linea con le Indicazioni nazionali.
Collana MCE. Narrare la scuola
Formato 16 x 23
Illustrazioni b/n e colore
Pagine 192
Prezzo di copertina e 23,00
ISBN 9788893132343
Acquisto disponibile presso www.asterios.it
http://www.mce-fimem.it/pubblicazioni/mce-libri/narrare-lascuola/
------------------------------------
* Rosaria Cetro , dirigente scolastico, componente MCE della redazione per la collana Narrare la scuola.
Lo scrittore comasco Silvio Foini è tornato in libreria con il suo ultimo romanzo a titolo "Contado del Seprio Morbus" per i tipi dell'editore varesino Macchione.
Si narra di una terribile pestilenza intorno all'anno 1460 dc che infuriò nelle contrade del Seprio, territorio longobardo. Carestie e morti decimarono le povere popolazione contadine e si dovette ricorrere all'arguzia di un monaco, priore di un piccolo convento di Varese, sostenuto da una divina apparizione per debellarla. Il romanzo ruota attorno al monastero di Torba, oggi patrimonio Unesco, ed al paese di Gor, oggi Gornate Olona.
Il romanzo è l'ultimo dei quattro sulla saga del Seprio medievale, iniziato con "IL MONASTERO DEL MALE" Newton Compton seguito da altri tre sempre per l'Editore varesino Pietro Macchione assoluto interprete del territorio della provincia di Varese. Del primo è stata fatta un'edizione di audiolibro visibile su internet. I romanzi hanno ottenuto un buon seguito in tutta la provincia di Varese e Como.
La bella copertina ad alto impatto visivo è stata realizzata da una giovane, studentessa di nome Gaia Petrarca residente nel territorio del Seprio ed appassionata della sua storia millenaria.
In occasione di un incontro culturale tenutosi presso uno degli ultimi circoli romani in cui si investe ancora il tempo seguendo interessanti confronti tra studiosi, ho casualmente incrociato tal Gabriele Furiosi. Personaggio azzimato, curato tanto nell'estetica quanto nel linguaggio. Sono rimasto colpito dalle sue analisi e dal promettente lavoro che è in procinto di dare alle stampe entro la prossima estate. Raggiunto poi telefonicamente, ho avuto modo di intervistarlo. Il testo che segue, è la fedele trascrizione della comunicazione occorsa.
D Ho avuto modo di assistere al suo intervento a margine dei lavori dedicati alla “Conferenza sui condizionamenti delle masse”. Ho trovato davvero interessanti sia i dati scientifici menzionati, sia l’approccio multidisciplinare impiegato per scandagliare i comportamenti delle masse medesime in relazione coi sistemi del vero potere. Mi aiuti a comprendere più da vicino alcuni elementi della sua persona e questo modo di approcciare al tema.
R Su di me, credo ci sia ben poco da dire. Son semplicemente uno studioso, un ricercatore indipendente. La mente, il cervello, il comportamento, la politica e, più propriamente la natura umana nel suo complesso ed il suo ambiente di riferimento, son stati per trent’anni e, continuano ad esser l’oggetto esclusivo delle mie indagini. Ciò che però senza dubbio, mi distingue dagli altri uomini di scienza, è l’aver recisamente e pervicacemente ricusato sin da giovane l’approccio iperspecialista del nostro tempo, edificando financo una nuova disciplina, la neuropsicobiopolitica applicata all’ambiente.
D Neuropsicobiopolitica applicata all'ambiente! Una sorta di nuova disciplina? In sintesi: qual è la radice di questa indagine sui meccanismi della Natura Umana e qual è la missione di questo innovativo approccio allo Studio?
R Come preaccennatole, ho informato gran parte della mia vita allo studio della natura umana e, di quelle determinanti endogene ed esogene, ovvero biologico-ambientali, che ne hanno condizionato e modellato nel tempo l’espressione genetico-comportamentale. Ben tosto mi son però avveduto che nessuna disciplina, presa singolarmente, era invero in grado d’esplicar e dar conto dell’ineffabile complessità umana: struttura, funzione, cognizione, comunicazione, interazione, comportamento ed ambiente. Ciononostante, l’organismo umano viene ancora studiato a compartimenti stagni, ed alle diverse aree ed organi corrispondono altrettante discipline scientifiche non comunicanti tra loro, sebbene sia stato ormai ampiamente dimostrato che sistema nervoso, endocrino ed immunitario interagiscano costantemente tra loro e con l’ambiente. Ciò mi ha indotto appunto a dar vita alla neuropsicobiopolitica applicata all’ambiente, che contempera gli studi di neurofisiologia, endocrinologia ed immunologia, con quelli di psicologia, filosofia, economia e politologia.
D Durante il suo intervento, ho avuto modo di appuntare “la teoria neurobiologica rivoluzionaria” sul mio taccuino. Ora le domando: per cosa si contraddistingue “la teoria neurobiologica rivoluzionaria” e su quali fenomeni intende gettare luce?
R Una parte delle mie ricerche, ha avuto come oggetto i processi di aggregazione, conflittualità, dominanza e gerarchia all’interno dei sistemi gruppali, consentendomi alcuni anni fa d’individuar il più importante meccanismo neurobiologico alla radice della socialità in genere e dei processi d’attaccamento, gregarismo e leadership in particolare. In altre parole, il succitato meccanismo - che ho chiamato “monofobia”- esplica ed enuclea cosa induca gli individui a ricercar una figura guida e, come si strutturino le gerarchie all’interno del gruppo. Come suggerisce il suo nome, la mono-fobia è un’avversione innatista all’isolamento, la cui filogenesi è riconducibile al rischio di predazione a cui l’isolamento espone. Più propriamente, è un meccanismo neurobiologico difensivo congenito di risposta automatica che viene elicitato da segnali di minaccia e da sensazioni d’insicurezza ed incertezza, spingendo il soggetto a fugar appunto l’isolamento ed a superar il pericolo e l’impasse decisionale ricercando sicurezza, protezione e collaborazione attraverso la connessione sociale con una figura guida o con il gruppo. È d’uopo tuttavia considerare che i livelli basali della monofobia, così come dell’ansia, son tratti stabili della personalità e son ovviamente variabili da soggetto a soggetto.
D In che modo questo “meccanismo neurobiologico” verrebbe a collegarsi al tema ambientale? Quali relazioni sottendono al collegamento tra le due sfere?
R I dati raccolti nelle mie annose e pluridisciplinari ricerche, mi hanno di fatto persuaso che gli organismi non possono che esser studiati e compresi a principiar dalla loro relazione con l’ambiente e, dal loro inesausto modificarsi nel conato di adattarvisi. Potremmo definir la relazione tra organismi ed ambiente, come una coevoluzione biologico-culturale in cui organismi ed ambiente si condizionano reciprocamente. È tuttavia patente che l’uomo, avendo sviluppato metodi plurisecolari di trasmissione culturale e tecnologie sempre più avanzate, sia in grado di condizionar l’ambiente in modo ben più marcato e pervasivo. Tecnologie, che numerosi Stati non esitano ad impiegar tanto sui propri cittadini, quanto su quelli di altri paesi. Mi riferisco ad esempio all’impiego di software spia per controllar politici, giornalisti, ricercatori, medici, attivisti e dissidenti, o alla costante manipolazione dell’informazione attraverso il capillare controllo dei principali media, al fine di orientar e condizionar il pensiero e la percezione della realtà nelle masse.
Già nell’aprile del 2021 nel mio articolo “Libertari e Sicurtari”, evidenziai che le élite dominanti avevano preso contezza che i popoli tendono a barattar la propria libertà, se credono possa esser a rischio la propria sicurezza. Pertanto - statene pur certi - faranno in modo che codesto stato di emergenza ed assoggettamento si protragga il più a lungo possibile, giacché è proprio sulla teme ed insicurezza delle masse che si regge il loro mendace dominio. Come infatti ho seppur concisamente dianzi esplicato, i fattori di minaccia - reali o fittizi che siano - attivano la “risposta monofobica” un meccanismo neurobiologico congenito d’allerta e difesa, che spinge appunto gli individui a ricercar protezione, sicurezza e rassicurazione nell’autorevolezza di una figura guida - sovente incarnata da una figura socialmente autorevole - e o nella connessione con il gruppo. Non è certo un caso che ormai da trent’anni si passi senza soluzione di continuità da un’emergenza all’altra, sia essa economica, bellica, terroristica o pandemica. Mi corre altresì l’obbligo evidenziar che il costante ed artatamente reiterato allarmismo propalato da media e politici non impatta meramente su comportamenti e stati d’animo. Codesti fattori stressogeni - come è ampiamente dimostrato - oltre ad abbassar le difese immunitarie e ad esser cagione di disturbi d’ansia e dell’umore, possono ad esempio comprometter il funzionamento delle surrenali, della tiroide, delle gonadi, del sistema gastroenterico, del cuore e dell’encefalo. Oggi gli studi epidemiologici hanno ampiamente dimostrato che l’eziopatogenesi di molteplici morbilità e mortalità è riconducibile alle risposte neurofisiologiche di adattamento agli stress ambientali. Pertanto - come dimostrerò nel mio trattato - non è possibile studiar in modo approfondito l’uomo, prescindendo da un approccio pluridisciplinare e dal suo ambiente di riferimento, nonché da quei fattori politici e geostrategici che contribuiscono a foggiar il suddetto ambiente. Ambiente, in cui gran parte dei disagi sociali, son invero ahimè artatamente creati dalle politiche imperialiste di taluni Stati e da un’empia cleptocrazia finanziaria, proprio per mantener in un costante stato di prostrazione e sottomissione i popoli.
D Sottomissione dei popoli, cleptocrazia finanziaria... uno scenario corrispondente all'amara realtà dei tempi correnti. Si riconoscono, sostanzialmente, i segnali allarmanti di un futuro ancor più distopico...
R … La complessità del momento presente e, l’impegno che ci attende, potrebbero esser sintetizzati in un mirifico passo di Miguel de Cervantes “combattiamo contro tre giganti, mio caro Sancho: l’ingiustizia, la paura e l’ignoranza.” Ebbene, nell’attuale società neoliberista, l’individuo e la sua autodeterminazione son stati sacrificati sull’altare dell’utile, della competitività e della crescita illimitata, che di fatto nei paesi maggiormente industrializzati stanno accrescendo pauperismo, sperequazione, disagi psichici, consumo di antidepressivi e suicidi. In una società siffatta, non v’è ovviamente spazio per la libera ricerca e, chi intenda intraprenderla non ha altra strada che “il passaggio al bosco”. Cionondimeno, è d’uopo rammentar che nessun governo, sia esso monarchico, oligarchico o democratico, possa reggersi senza il consenso popolare e, le misure autoritarie e liberticide imposte da molti governi nel periodo pandemico, hanno di fatto determinato l’attraversamento di quella linea, di quel meridiano zero di jungeriana memoria che hanno suscitato la riprovazione e la rivolta - pacifica e via internet, s’intende - di numerosi intellettuali. Dai loro articoli, ha così preso abbrivo quel “processo di decondizionamento delle masse”, che da un lato sta appunto minando la capacità di condizionamento sociale della propaganda mediatico-governativa e, dall’altro sta riunendo gruppi di ricercatori indipendenti, intellettuali e liberi pensatori dal cui impegno ed ingegno stanno germinando le premesse di un mondo nuovo. Ma che cos’è un uomo in rivolta? Camus risponderebbe “un uomo che dice no… questo no afferma l’esistenza di una frontiera.” E, sebbene la battaglia sarà lunga e complessa, Codesto è irrefutabilmente il prodromo d’un cangiamento epocale, in cui la comunicazione che per oltre un secolo è stata meramente verticale, ossia dai media ai cittadini, non solo ha cominciato a circolare anche in modo orizzontale - ovvero da cittadino a cittadino - ma a determinarne il successo son finalmente i leader naturali, non un potere iniquo ed autoreferenziale. Ciò ovviamente minaccia la capacità di governi e media di orientar e condizionar le masse e, credete a me, questo sarà il campo di battaglia su cui l’uomo moderno combatterà la sua prossima e più importante battaglia, quella per la Libertà.
E, sebbene la battaglia sarà lunga e complessa, auspico e mi lusingo che la pubblicazione della mia opera e l’innovativa teoria neurobiologica ch’essa espone, possano da un lato favorir il dialogo con le istituzioni e, dall’altro addivenir un infungibile strumento d’esegesi politica ed un baluardo contro le minacce, le pressioni e le manipolazioni del Leviatano.
Chi desiderasse mettersi in contatto con l'intervistato, può farlo inviando una mail a: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Roma, Gennaio 2023
“… i soldi girano il mondo dove vogliono loro, le fabbriche di armi e quelle farmaceutiche sono le grandi potenze che decidono da che parte deve tirare il vento. E noi, in questo orizzonte, cos'altro siamo se non dei poveri maialini d'allevamento, la cui salute, farmacologicamente controllata, ha un unico fine, quello del rendimento? "
SUSANNA TAMARO
Non so quanti, nel mondo della cultura e dell'editoria e, in particolare, nel mondo cattolico, si siano accorti dell'ultimo libro di Susanna Tamaro, Tornare umani*
Certamente se n'è accorta Selvaggia Lucarelli che, in maniera goffamente sarcastica, ha tentato di ridicolizzare la Tamaro, riuscendo soltanto a dare, una volta di più, convincentissima dimostrazione della sua incapacità di confrontarsi con chi ama e pratica il ragionamento e non le mere baruffe dell'insulto volgare e dell'anatema.
E se ne sono anche accorti, fortunatamente, Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi che, sul Foglio del 31 ottobre, hanno dedicato al libro della Tamaro una recensione ampia e riccamente argomentata, non priva di qualche riserva, ma fondamentalmente orientata a sottolinearne e a valorizzarne i contenuti .
Tornare umani è un libro che ha molti meriti e che, pertanto, potrebbe rappresentare uno splendido cadeau natalizio o capodannizio da raccomandare senza esitazione a provax convinti (soprattutto) oppure apostati, a novax, freevax ed anche bohvax.
Si tratta, infatti, prima di ogni altra cosa, di un libro onestissimo e coraggioso, nato dall'amarezza di chi, in questi terribili anni di dichiarata pandemia (funestati da coercizioni vacciniste, demonizzazioni antinovax e “ comportamenti sociali aberranti ”, in cui il virus più pericoloso in circolazione è stato quello “ della paura, dell'ignoranza, del fanatismo e della violenza ”), si è dolorosamente riconosciuto vittima delle menzogne dei governanti del proprio Paese.
La Tamaro, infatti, come tante altre persone nel mondo, si è inizialmente trovata ad accogliere l'invito pressante ed assillante a sottoporsi all'iniezione di Stato, dogmaticamente celebrata come unica possibile risposta all'Apocalisse incombente, per poi accorgersi, giorno dopo giorno , dei tanti aspetti ingannevoli di tutto l'ingranaggio pseudoscientifico e delle strategie mediatico-governative volte a trascinare l'intero Paese in quella che lei definisce “ una vera e propria guerra civile ”.
Forse il pregio maggiore del libro è rappresentato dall'estrema sincerità che caratterizza l'Autrice nel ricostruire un quadro fedele di quanto accaduto e dei cambiamenti inquietanti da lei riscontrati all'interno della nostra società, conducendo un'analisi critica di apriorismi ideologici e di faziosità di ogni genere, e limitandosi ad osservare la realtà fattuale nella sua dolorosa crudezza, con lucidità di intelletto unita a poetica attitudine all'empatia.
E sono davvero molte le pagine che andrebbero menzionate, esaminate e dibattute, sia quando ci parla di come i media hanno diffuso e fomentato la paura, sia quando si chiede come sia stato possibile che tanto rapidamente si siano “ diffusi comportamenti che di scientifico non hanno nulla ” (come l'impiego paranoico e delirante delle mascherine), sia quando si interroga sull'ingannevole efficacia dei salvifici sieri vaccinali, nonché sull'imbarazzante livello etico dei nostri presunti salvatori (ovvero le pluricondannate case farmaceutiche, con Pfizer in primissima linea) …
Ma c'è un capitolo fra i tanti che merita in modo particolarissimo di essere letto e riletto, un capitolo che, in una scuola del futuro, auspicabilmente restituito al rispetto dei diritti umani e delle verità storiche e scientifiche, meriterebbe di essere inserito in qualche splendida antologia o in qualche sapiente libro di storia o di educazione civica: quello intitolato Errare humanum est .
In esso, dopo aver preso atto dei vizi procedurali che hanno consentito la somministrazione dei cosiddetti vaccini senza il rispetto dei necessari processi di controllo e di verifica sperimentali (e, quindi, dell’impossibilità di prevedere i loro effetti a breve, a medio e, soprattutto, a lungo termine), e dopo aver constatato che, oramai, “si hanno le prove sul campo che il susseguirsi di dosi in tempi ravvicinati non fa altro che creare danni sempre più gravi al sistema immunitario”, tanto che “i danni ormai superano i benefici”, conclude che i nostri governanti dovrebbero ringraziarci per aver creduto alle loro promesse (tanto da “essere stati obbedienti come topolini bianchi davanti alla pressoché infinita varietà di limitazioni imposte alla nostra vita”), e successivamente abbandonare “i toni autocelebrativi” e sentirsi chiamati a “chiederci perdono”.
Perdono per il servizio sanitario nazionale distrutto,
le autopsie vietate,
la sudditanza alle case farmaceutiche,
la Tachipirina e “vigile attesa”,
l’”infinità folle di regole che di scientifico non avevano nulla, ma di vessatorio molto”.
“Perdono alle forze dell’ordine, costrette a inseguire i cittadini onesti”,
ai negozianti e ai ristoratori ridotti alla bancarotta,
perdono ai bambini costretti a indossare la mascherina.
Perdono “per tutti i morti chiusi in sacchi neri”,
“per i silenzi della magistratura, dei sindacati, di tutte quelle persone che per anni hanno esaltato la Costituzione più bella del mondo e, all’arrivo del virus, si sono dimenticati di questa bellezza.”
Perdono “alle persone costrette a vaccinarsi per non perdere il lavoro”,
agli anziani isolati nelle Rsa,
a tutti coloro a cui, per mesi, “è stato cancellato il diritto di esistere nella società”.
Il perdono, dice Susanna, è “linfa vitale di ogni rapporto umano”, ma, purtroppo, non ci è ancora dato cogliere segnali in tale direzione. I politici che dovrebbero invocarlo, infatti, proseguono vergognosamente a praticare imperturbabili il “rito dell’autoincensamento”.
“Lungi dal dare spazio a un sentimento umano come il perdono, - scrive, a conclusione del capitolo - abbiamo imboccato la via di una deriva transumana che affonda le radici in una pagina nerissima della storia collettiva.”
Tornare umani è un libro dalle molte anime: un po’ lucida analisi sociologica, un po’ tagliente “j’accuse”; un po’ zibaldone dalle amare riflessioni filosofiche e un po’ toccantissimo lirico diario interiore.
Un libro, insomma, dai forti contrasti, che oscilla fra cupi scenari di sapore apocalittico e orizzonti luminosi di speranza. Fra la dura condanna di una politica che ci sta rubando l’anima e che sembra aver adottato gli allevamenti intensivi come “paradigma della futura umanità” e la convinzione che il nostro cuore sappia portarci ancora alla compassione, alla misericordia, all’umiltà, insegnandoci a chiedere perdono alla “nostra cara amatissima Terra” e a tutte le meravigliose creature che vivono in lei, vittime innocenti della nostra sciocca ignoranza.
Giunti alla fine del libro, sarà veramente arduo, ne sono certo, riuscire a non trovarsi in felice sintonia con la Tamaro nel suo approdare ad una sorta di francescano misticismo, e con il suo rivolgersi, con immensa gratitudine, alle amate (sorelle) rondini :
“ Siano benedette dunque le rondini.
Sia benedetto il segreto nascosto nel mondo.
Sia benedetto lo stupore dello sguardo di ogni creatura chiamata alla vita .
*SUSANNA TAMARO
TORNARE UMANI
edizioni Solferino (settembre 2022)
L'attuale conflitto russo-ucraino, affonda le proprie radici in tempi cronologicamente non
distanti da oggi. Tempi che assumono tutt'altra estensione se inquadrati sotto l'ottica geopolitica da
dove si potrebbe arrivare a parlare – per assurdo – di un'era geologica fa. Il motivo di questa
“distorsione percettiva” risiede tutta nel fatto che la divulgazione offerta a partire dal tristemente
noto 20 Febbraio 2014 (massacro di Piazza Maidan a Kiev) dai mass media afferenti all'universo
del cosiddetto mainstream abbia deliberatamente seguito piste tutt'altro che convergenti a seconda
dell'obbiettivo da raggiungere nei diversi archi di tempo occorsi in questi nove anni.
L'inquinamento dei pozzi dell'informazione è solo uno degli strumenti utilizzati nell'intento di
riuscire a pilotare le menti e le coscienze della popolazione soprattutto occidentale. Infatti, non va
dimenticato che i tre quarti di mondo estranei al mainstream godano di tutt'altro regime relativo alla
teoria ed alla tecnologia dell'informazione e posseggano prospettive diametralmente opposte circa le
dinamiche che hanno condotto il pianeta sull'orlo di una guerra atomica per volontà degli stessi
occidentali sedicenti democratici.
Dunque, allo scopo di far chiarezza in questo mare di menzogne ad orologeria, ho deciso
d'intervistare Francesco Amodeo. Senza ombra di dubbio, il giornalista italiano più esperto in
smascheramenti. Sua la locuzione:
“Complottista è chi racconta cose incredibili che non può
dimostrare. Io ho dimostrato cose incredibili che non potevano essere
raccontate”.
Da questo incontro è nata la seguente intervista. Chi avrà l'opportunità di leggerla, ne uscirà
con una prospettiva scevra da qualsivoglia aspetto retorico negativo e sfavorevole. Ma soprattutto
ricaverà il dato essenziale: la capziosità dei “professionisti dell'informazione” non si arresta
nemmeno davanti alla minaccia nucleare.
D:
Il titolo del suo ultimo successo editoriale s'intitola “Perché il conflitto è NATO”. Al di là dell'acuto
gioco di parole, qual è il carattere dominante dell'opera e – se c'è – qual è la scintilla che ha acceso
l'iter delle complesse ricerche?
R:
In buona sostanza, si tratta di un esercizio che possiamo paragonare ad una sorta di imponente
riassunto. Un lavoro di emeroteca che ho inteso condurre allo scopo di sbattere la realtà in faccia a
chi, incurante dei danni provocati da una distorta informazione, si ostini a farne di nuovi ogni
giorno arrivando persino a contraddirsi pur di continuare ad assecondare i desiderata di scaltri
editori mossi da interessi spesso inconfessabili. E per riuscire in questo intento – salvo rarissime
eccezioni – ho fatto uso di fonti esclusivamente occidentali. Statunitensi in primis; ovvero quelle
provenienti dalla Nazione che più di tutte ha interesse a mantenere celati determinati aspetti per
scongiurare scomodi conflitti senza confini, per intenderci.
Poi, quando mi sono sentito sicuro e soddisfatto del materiale raccolto, non ho fatto altro
che riunire le tessere, dando così forma ad un mosaico completo intelligibile a chiunque.
La parte iniziale mi ha particolarmente impegnato. Non è stato facile ripercorrere quelle
che erano state spacciate come le ragioni ufficiali che avrebbero portato Putin a prendere le
distanze dall'Alleanza Atlantica e da altri riferimenti internazionali, e ridare forma a quello che
una forma non aveva. È il solito giochino volto a responsabilizzare solo ed esclusivamente un
soggetto per farlo apparire pericoloso, sporco e cattivo agli occhi dell'opinione pubblica. Si
definisce propaganda. Ed è proprio questa la prima vittima di cui liberarsi se si ha intenzione di
fare le cose come si deve.
Per venire alla seconda parte della domanda, rispondo dicendo che la scintilla che ha
acceso l'iter delle ricerche è riconducibile al massacro di Piazza Maidan del 2014. Anche qui,
stesso copione: da un lato la versione secondo cui il popolo sarebbe sceso in piazza al fine di
ottenere le dimissioni dell'allora Presidente ucraino Janukovyc accusato di non aver inteso
sottoscrivere determinati accordi europei perché ritenuto mero fantoccio nelle mani di Putin; e
dall'altro chi vedeva in quel bagno di sangue di innocenti un vero e proprio colpo di Stato ai danni
Francesco Amodeo |
del popolo ucraino poi costretto a nuove elezioni sotto asfissiante controllo statunitense affinché
dalle urne uscisse un premier inviso alla Russia ma ben visto dai controllori.
Stante il fatto che la verità è una solamente, mi sono messo a studiare per ricostruire con
documenti alla mano se Janukovyc fosse realmente filorusso o meno. Io stesso vengo individuato
come filoputiniano da coloro i quali sono impegnati da mattino a sera a raccontare menzogne solo
perché racconto la verità vera e non mi allineo a quella ripetuta dal mainstream.
D:
Si accennava alle diverse fonti giornalistiche occidentali. Quale, tra le molte consultate, le ha
consentito di dare il là al lavoro di recupero delle tessere del mosaico?
R:
Senza dubbio un articolo apparso sul settimanale tedesco Der Spiegel risalente al 2014. Pezzo che
ho ampiamente citato nel mio lavoro. In esso si riportava chiaramente che l'ex Presidente ucraino
non fosse affatto filo-russo e men che meno filo-putiniano. Anzi: Putin stesso – si legge sempre in
quell'articolo – “aveva disprezzo per Janukovyc” in quanto costui agisse alla costante ricerca di
stringere accordi con chiunque fosse stato in grado di garantire prosperità all'Ucraina. Per costui,
Russia o Europa non erano che interlocutori dai quale ottenere le condizioni migliori, non so se mi
spiego: stava applicando i criteri politici a vantaggio del proprio popolo, esattamente quello che
qualunque premier dovrebbe fare.
D:
Ci aiuti a comprendere più da vicino la natura di questi accordi che l'ex Presidente ucraino fosse
intenzionato a portare a casa e per quali ragioni si è poi giunti al massacro di gente innocente.
R:
L'Europa stava cercando in tutti i modi di applicare una sorta di Troika in territorio ucraino
mediante l'imposizione dell'abbassamento del prezzo del gas di un folle 40% e la svalutazione della
moneta locale del 25%. E pur di far cadere nel tranello l'amministrazione ucraina, aveva fornito
allo stesso Janukovyc grafici e prospetti inattendibili contenenti cifre sballate e relazioni
inattendibili redatte da una società privata tedesca. Ecco perché costui arrivò a parlare di
“suicidio politico” ad un passo dalla fine del proprio terzo mandato. Prova ne è che i medesimi
conteggi fatti dalla Germania sulle perdite che avrebbe avuto l'Ucraina nel chiudere i rapporti con
la Russia risultavano 50 volte inferiori rispetto alla realtà. Un'assurdità! Ed ecco spiegato il motivo
per cui egli divenne dall'oggi al domani un “tremendo putiniano nemico dell'UE”. Il resto è storia,
come preciso nelle oltre 530 pagine della mia opera.
D:
Potrebbe accennare al ruolo svolto dal Fondo Monetario Internazionale nella faccenda dei fondi da
destinare all'Ucraina in quell'anno?
R:
Il ruolo svolto dal FMI fu quello di rispondere a Janukovyc che siccome si era rifiutato di
sottoscrivere gli accordi così come presentati dall'UE e siccome si era rifiutato di attuare le riforme
di cui sopra (riduzione costo del gas e svalutazione monetaria) la sua richiesta era da ritenersi
nulla ed inammissibile. Ergo, all'ex premier non rimase che accettare l'offerta di Mosca ma così
facendo non fece che cadere nell'altra trappola che il progetto “WIN TO WIN” escogitato da EU e
USA prevedeva. In parole povere, egli non avrebbe avuto speranze di essere rieletto o comunque
avrebbe affamato il suo popolo lasciando la Nazione nelle mani del sistema cleptocratico che ben
conosciamo. Altrimenti si sarebbe ritrovato isolato e con un esercito di manifestanti orchestrati da
“fondazioni” riconducibili ai soliti “filantropi” che lo avrebbero costretto alla fuga se non a
rimanere appeso a qualche lampione.
D:
La storia che il FMI abbia rifiutato l'occasione di sfruttare una Nazione ricca come l'Ucraina suona
un po' curiosa. Thomas Sankara, martire per eccellenza, rivelò al mondo come funzionasse il
meccanismo di vampirizzazione delle risorse. Qual è la sua riflessione in merito a questo
inspiegabile diniego?
R:
Credo che sia giunto il momento di far luce sul ruolo svolto da una donna nota a pochi la cui
influenza internazionale è devastante. Sto parlando della statunitense Victoria Nuland, attuale
Sottosegretario di Stato USA. Al tempo impegnatissima sul fronte ucraino sempre con la medesima
carica, l'equipollente del Viceministro degli Esteri italiano per intenderci. Costei fece di tutto per
mandare in fumo le aspirazioni di Janukovyc di ottenere fondi dal FMI poiché intenzionata a
mettere le mani direttamente dentro ai meccanismi del governo ucraino, chiaro? A lei ed agli USA
di Obama già fiaccati dalla pessima performance in Siria in cui proprio l'appoggio russo aveva
messo in crisi Washington, non era sufficiente far rientrare l'Ucraina tra le Nazioni
finanziariamente schiavizzate ma intendevano proprio farne un loro possedimento confinante con
la nemica russa. Lei e non altri ha messo in piedi quella rivolta a Kiev. Tant'è vero che
nell'intercettazione con l'ambasciatore in loco, lei aveva già comunicato la lista dei nomi di chi
avrebbe dovuto assumere formalmente il potere, riferendo il nome del primo ministro da lei stessa
individuato nella persona di Yatsenyuk.
Quello che davvero lascia a bocca aperta è che nessuno del mainstream abbia mai mostrato
o commentato la figura di questa americana in Piazza a Kiev che si faceva riprendere sul palco
assieme ai rivoltosi che avrebbero avuto la loro parte in commedia. Tutti accompagnati dagli
slogan dell'invasato neocons McCain che arringava col microfono in mano: “Voi avete bisogno
dell'Europa e l'Europa ha bisogno di voi”. Una messinscena surreale interpretata da una coppia di
stranieri che stava ordendo piani occulti a danno di un intero popolo sino al momento in cui è
scoppiato l'inferno con ammazzamenti inenarrabili che hanno visto una sola regia.
D:
Qualcuno ha idea di chi fossero i “cecchini” che hanno aperto il fuoco sulla Polizia e sui
manifestanti? Per quale ragione non ne venne catturato ed interrogato nemmeno uno? Da chi erano
pagati e quale sarebbe stata la loro nazionalità?
R:
Rispondo attingendo ancora una volta al Der Spiegel in merito ad una intercettazione telefonica
che ho riportato nel mio lavoro. Vi erano coinvolti da un capo della linea l'allora Ministro degli
Esteri estone Urmas Paet e dall'altro l'Alta Rappresentante per la politica estera e la difesa dell'UE
Catherine Ashton; colei che venne poi sostituita nel ruolo dalla Nogherini. Ebbene, in quella
conversazione l'estone – che era appena rientrato da una visita ufficiale proprio a Kiev – affermò:
“Tanto tra le persone quanto tra i manifestanti ci sono stati morti
ammazzati da cecchini. E quegli stessi cecchini uccidevano persone su
entrambi i fronti. Ho l'impressione che dietro a questi cecchini non vi sia
Janukovyc ma qualcuno della nuova coalizione filo-occidentale”.
D:
Si è fatto un'idea sul come mai proprio in Germania i suoi colleghi giornalisti siano stati i primi ad
aver osato raccontare i fatti per come stessero?
R:
Ritengo opportuno ricordare che nel 2014 la Germania a trazione Merkel non avesse alcun tipo di
evidente frizione con la Federazione Russa. Anzi! L'accordo di fornitura del gas godeva di ottima
salute e garantiva all'industria tedesca tutto l'approvvigionamento necessario a costi pattuiti e
concordati. Nulla a che vedere con i macabri resoconti di oggigiorno. La stampa indipendente
interna stava semplicemente riportando i fatti, niente di così eccezionale. Per giunta i tedeschi
hanno una sorta di handicap nei confronti dell'uso della violenza. Una ferita tutt'ora aperta e mal
digeriscono scene come quelle occorse in Piazza Maidan per giorni e giorni.
D:
Ricapitolando, abbiamo due necons americani intenti a selezionare fisicamente i futuri burattini da
piazzare a capo dell'Ucraina; un Presidente con l'acqua alla gola ed un'intera nazione inondata di
propaganda dem-pro-nato. La domanda è: non manca nessuno all'appello o c'è ancora qualche losco
figuro dietro le quinte?
R:
C'è e risponde al nome di Gyorgy Schwartz, più conosciuto come Geroge Soros, [arcinoto
“filantropoH” con l'H finale come scienzaH, NDR]. Costui, in quel 2014, rilasciò un'intervista alla
CNN, intervista poi ripresa pure da IlSole24Ore in cui si piccava impunemente di “aver contribuito
a rovesciare il governo filo-russo”. Egli, al pari dei succitati McCaine e Nuland, era certo che non
appena gli USA fossero riusciti a sbarazzarsi del Presidente ucraino, Putin si sarebbe vendicato
entrando in guerra giustificando così il loro ingresso nell'agone militare per procedere ad
esautorare anche lui da Mosca come Janukovyc da Kiev.
Errore! Si sbagliavano di grosso. Non soltanto la Russia non ha raccolto la provocazione.
Ma ha accolto e protetto Janukovyc, non si è chiusa in un angolo come erroneamente previsto ma
soprattutto Putin sta ancora dove stava mentre Obama è stato spedito nel dimenticatoio
dall'elezione di Trump il quale per tutto il mandato ha mandato in soffitta tanto la questione
ucraina quanto quella siriana poiché intelligentemente edotto circa le insidie rappresentate dal
rafforzamento dei rapporti russo-cinesi. Addirittura il chiacchierato Biden è giunto ben oltre la
metà del proprio mandato e nulla è cambiato negli assetti interni russi.
I lobbisti americani che si riconoscono sotto la definizione di “realisti” come Henry
Kissinger per capirci, pur mantenendo l'impianto di un'America al centro del Mondo, mettono sul
chi va là i neocons: “Un conto era il 2014, un conto è oggi. La nostra leadership è minacciata
dalla Cina di Xi. Se non utilizzeremo la Russia in funzione anticinese, saremo destinati a cedere lo
scettro del potere” [cosa che è inevitabile, NDR].
Per tutta risposta i guerrafondai dem e neocons cos'hanno scelto di fare? Far combattere
una guerra per procura all'Ucraina contro la Russia e quindi sono tornati al vecchio progetto con
un ritardo di anni. Anni in cui la Russia ha stipulato accordi e rafforzato intese che non lasciano
scampo.
D:
Dunque, riassumendo il tutto, sarebbe corretto sostenere che l'attuale allargamento del conflitto
bellico da un'area ben circoscritta extra-NATO all'intera Europa con annessi e connessi – vedasi
rischio nucleare – sarebbe imputabile alle sole smanie di dominio di quel gruppo statunitense
formatosi dall'unione di parte dei neocons (che sono l'ala estremista del Partito Repubblicano) con i
dem-neorealisti (l'ala radicale del Partito Democratico) di stampo guerrafondaio legati manie piedi
al complesso militare ed industriale americano che sostanzialmente foraggia le campagne elettorali
dei candidati della sinistra USA?
R:
Esattamente così. La forte pressione dell'opinione pubblica ha comportato una naturale quanto
inevitabile spaccatura interna agli apparati statunitensi stessi i quali si sono raggruppati su due
diversi fronti. Da un lato troviamo chi ha la consapevolezza di non potersi spingere oltre quello che
è già stato fatto, dall'altro chi invece soffia sul fuoco per lasciare la patata bollente nelle mani di
un'Europa altrettanto incapace di mantenere una condotta unanime; è la cosiddetta “guerra per
procura” che comunque non potranno mai vincere. Ecco perché ora c'è chi spinge a tutta forza
affinché si riesca ad individuare una “exit strategy” [una via d'uscita NDR].
Il tempo è poco, a Washington sanno benissimo che una forzatura in tal senso, darebbe
fuoco alle polveri e ciò significherebbe catapultare gli Stati Uniti d'America in una guerra civile. E
dico di più: a causa dei rincari, la vita dell'americano medio sta peggiorando. Vedremo a breve
cosa accadrà.
D:
Ma l'Europa Unita che fa? Sta a guardare?
R:
Gli ordini che giungono dal settore d'oltreoceano, sono spesso contraddittori. Lo ripeto: non c'è
una linea comune. Oggi si afferma il contrario di ieri e domani chi lo sa. Basta gettare lo sguardo
ai quotidiani italiani ed europei per rendersene conto. Provate a farlo voi stessi, semplicemente
accedendo agli archivi delle varie testate e andate a contare quante volte, in un arco di soli trenta
giorni, abbiano mutato equilibri.
Voglio essere ancor più incisivo: l'ala dem-neocons che oggigiorno comanda in America ha
una radice del tutto diversa da chi comanda qui in Europa dove da sempre è il settore che fa capo
al Club Bilderberg a dettare legge; sto parlando di quel Bilderberg che vede in certi uomini come
Kissinger i diretti capi cui affidarsi. E Kissinger, difatti, è proprio tra quelli che tenta di frenare
l'escalation.
D:
Come mai un uomo scaltro e dotato di esperienza impareggiabile come Kissinger si spende per una
soluzione pacifica? L'età lo ha fatto rinsavire?
R:
Magari! La verità è che costui sa benissimo che se gli USA dovessero portare ancora avanti questo
conflitto, ne usciranno perdenti a tutto vantaggio del loro vero nemico numero uno, la Cina di Xi
Jimping.
D:
La vecchia volpe emana segnali distensivi per scongiurare un rafforzamento cinese in chiave
antiamericana, l'Europa non sa che pesci prendere, mentre sul Gran Palco della Corona alla Scala
Mattarella, Meloni, Larussa e la von der Leyen assistono alla Prima del “Boris Godunov”
capolavoro ottocentesco del Maestro russo Mussorgskij, Opera drammatica in cui lo Zar di tutte le
Russie muore. Che lettura ne dà?
R:
Costoro non comunicano secondo quelli che sono i canali e le modalità convenzionali. Attenzione!
Emanano segnali specifici all'indirizzo di chi sa decodificarne alla perfezione il contenuto. Non
sono un uno di questi ultimi ma so per certo che quell'istantanea, ripresa in quel luogo in cui è
andato in scena un capolavoro russo quando sino al giorno prima solo ordinare un'insalata russa
avrebbe gettato nel panico le segreterie di mezzo Continente, gli applausi di un quarto d'ora e l'eco
recuperata a mezzo stampa e letteralmente sparata nell'etere ai quattro punti cardinali, significano
qualcosa di ben preciso. Siamo alla vigilia di un cambiamento. E per dare il benvenuto a questo
nuovo ciclo, si è reso necessario ripartire dal Teatro più famoso d'Europa che sorge in una Italia
che da due mesi a questa parte ha la prima donna della storia a Palazzo Chigi.
D'altra parte, anche gli Stati Uniti comunicano a loro modo, ad esempio premiando i
cosiddetti “personaggi dell'anno”. E cosa rappresenterebbero queste premiazioni se non
l'adamantina emanazione di un segnale a tutto il resto del mondo di chi può essere considerato un
loro uomo? La stessa premiazione recentemente toccata a Draghi ha funzionato come
ufficializzazione dell'affidabilità di costui al mondo che conta: garantiamo che è dei nostri. E
questo lo hanno compreso benissimo in Germania come in Francia ed altrove. Gli hanno dato il
bollino blu come si fa coi frutti maturi e garantiti.
D:
Ricordo di aver letto in un suo libro di qualche anno fa intitolato “Il Diego rivoluzionario” che
Maradona ebbe a rifiutare denaro e premi offerti dal solito Kissinger. Vuole aggiungere un
commento?
R:
Molto volentieri. Fu proprio allo scopo di sottrarre Maradona dall'influenza di stampo castrista
che Henry Kissinger decise di rivolgergli un invito ufficiale prontamente rispedito al mittente.
Correva l'anno 1987, El Pibe de Oro lo sportivo più famoso in quel mondo aveva appena vinto i
Mondiali dell'anno precedente in Messico. Teniamo presente che al tempo il Mondo era ancora
ancora spaccato in due dalla Guerra Fredda. Nonostante il rifiuto servito, Kissinger reiterò
l'offerta in occasione dei Mondiali USA '94 (Mondiali di calcio che vedevano proprio Kissinger nel
direttivo). L'offerta fu di ben cento milioni di dollari. Ma non appena Diego Armando Maradona
apprese che le clausole contrattuali prevedessero l'impossibilità di recarsi nuovamente a Cuba e
rinnegare Castro per ottenere la cittadinanza americana, stracciò il contratto e fu così che finì nel
mirino di certi apparati fino alla squalifica. Il resto è storia.
D:
Ritorniamo ai giorni nostri. A suo avviso, esiste davvero una differente manovra propagandistica
nel bacino mediterraneo rispetto a quella che viene attuata al Nord di questa Europa politicamente
segmentata?
R:
Personalmente ritengo che la nostra informazione sia quella più sfacciatamente infiltrata rispetto a
tutte le altre. E lo affermo sulla base degli studi condotti in questi ultimi tempi in cui ho passato in
rassegna le testate di tutta Europa ed ho potuto notare questo elemento incontrovertibile. Volendo
fare un esempio, ricordo che in tempi non sospetti, la nostra stampa qualche anno fa manteneva
tutto sommato un atteggiamento non proprio imparziale ma contenuto, questo sì. Chi al tempo
parlava esplicitamente di neonazisti ucraini erano quelli che ancora oggi scrivono su La Stampa
ma non si azzardano a riproporre le loro analisi del 2014. Anzi questo articolo cui mi riferisco è
stato rimosso dall'archivio. Non so se mi spiego. Altrove, questo genere di censure non avvengono.
Poi, quando un giorno arrivi a vedere in trasmissione una Monica Maggioni ospite di Lilli
Gruber, ti cadono le braccia, per voler rimanere nell'alveo della buona educazione! La prima,
membro della Commissione Trilaterale, lobby anglo-statunitense e l'altra esponente di spicco e
presenza fissa del Club Bilderberg. E cosa arrivano a sintetizzare le due signore? Che Putin è
cattivo e l'altro è buono. Come se non bastasse, quando il giorno dopo, sempre in televisione, trovi
ospiti Enrico Letta, noto lobbista legato sia alla Trilateral sia al Bilderberg e l'ambasciatore
Massolo famoso membro del board della Trilaterale e uomo vicino ai servizi segreti i quali
triangolano con un Gianni Riotta, capisci che siamo al paradosso perché se fai parte di quel
genere di circoli decisamente atlantisti, non puoi essere attendibile nei giudizi sugli USA. Ergo non
puoi venirmi a spiegare le dinamiche geopolitiche e gli assetti del Mondo contemporaneo, perché
sei un player. O meglio, se proprio intendi farlo, almeno abbi l'onestà di inserire una equivalente
partecipazione di membri esterni a quel mondo.
D:
Secondo il suo punto di vista, quanti esperti di geopolitica possono dirsi veramente estranei
all'influenza di questi grumi di potere?
R:
Le rispondo, portando un esempio che mi ha particolarmente deluso. La mente più lucida è quella
di Dario Fabbri, ex prestigiosa firma della rivista Limes. Forbito nel lessico, acuto nelle
interpretazioni, inappuntabile nelle ricostruzioni e preparato come nessun altro. Un vero esperto
della materia che purtroppo è passato al lato oscuro da quando ha abbandonato Caracciolo per
andare a lavorare col gruppo di Stefano Feltri, interno al Club Bilderberg. Sentirlo parlare ora, fa
cadere le braccia!
D:
Prima di giungere alle conclusioni finali, sarei curioso di sapere come crede che verrà accolta dagli
italiani la stangata che si sta per abbattere sull'economia.
R:
Il problema è di ordine matematico: quando ti arriva una bolletta con uno zero in più rispetto
all'anno precedente, non c'è retorica politica che tenga. La storia che ci sia un pazzo che ha invaso
un altro Paese, non regge come spiegazione. La politica può aggrapparsi – come in effetti sta
facendo – alla qualunque, perfino arrivando a strumentalizzare le morti dei bambini pur di
giustificare le sanzioni che si collocherebbero all'origine dei rincari. Ma questa, parliamoci chiaro,
è una narrazione e la realtà è ben altra! Quando le aziende chiudono e la disoccupazione aumenta
e con essa diminuiscono i consumi a fronte di aumenti di ogni genere, il tempo a disposizione è
poco e devi agire dando soluzioni. Nel mio libro riporto un articolo de IlSole24Ore di tempo fa in
cui veniva offerta una onesta ricostruzione sulle politiche energetiche, gas in particolare. E si
sottolineava il fatto che importarne dagli USA con tutte le complicazioni che ciò determina,
sarebbe stata una scelta insensata. Siamo alle ultime battute. In pochissimi sanno misurarsi
davvero con temi come il MES. Ma quasi tutta la popolazione è in grado di afferrare la questione
del gas perché c'è poco da ricamare. Ad esempio, coi vaccini hanno capziosamente scomodato la
scienza-h ben consapevoli che la gente comune, non avendo alcuna competenza in materia,
avrebbe teso – come in realtà è accaduto – istintivamente a dare credito al primo che ne parlasse
in maniera autorevole. Ma qui – ripeto – è la matematica di base che conta.
D:
Chiudiamo dando uno sguardo al nuovo panorama parlamentare. In parecchi, all'inizio del conflitto
russo-ucraino – e mi riferisco a partire dal 2014 ovviamente – hanno, col trascorrere del tempo,
ritrattato le proprie posizioni. Se la sente di fare qualche nome?
R:
Il primo che mi viene in mente è Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera dei Deputati il
quale, nel 2017, si fece latore di una interrogazione parlamentare in sede europea riportando
l'intercettazione telefonica di cui sopra, quella tra Paet e la Ashton. Egli, dopo aver appreso che i
famosi cecchini fossero mercenari al soldo di ambienti occidentali, domandò come fosse possibile
schierarsi a favore della coalizione antirussa arrivando a negare che la Russia fosse stata vittima
di un colpo di Stati nei propri confini.
La stessa Meloni, a mio parere, è stata scelta proprio perché nel momento in cui questa
narrativa verrà a cadere, servirà una testa da offrire sul piatto dei responsabili. Una sorta di capro
espiatorio per intenderci. E se consideriamo che la sporcizia sotto al tappeto non è poca, è
questione di tempo e lo scandalo colpirà. Pensiamo al segreto militare imposto sulla fornitura delle
armi al governo ucraino. Un unicum nel panorama mondiale. Intendo dire che solo qui da noi in
Italia, il Governo si nasconde dietro al segreto militare per non rivelare al proprio popolo se sta
inviando una rivoltella o un carrarmato o cento missili. Ci sono nomi importanti dietro tutto ciò,
vicini ad ambienti in cui si scherza poco. Perfino Lucio Caracciolo ha sollevato la questione sulla
rivista che ha fondato e dirige.
Che ci sia una regia occulta, è palese. Ma prima o poi qualcuno capirà, verrà a conoscenza
dei fatti reali. E lì ci si domanderà, ad esempio, come mai non si siano spesi pochi milioni di euro
per mettere in sicurezza Casamicciola ma dissipati patrimoni immensi per le armi. Perché si tenga
bene a mente un fatto: qui paga pantalone! L'Italia paga le armi che invia e la spesa viene fatta
ricadere direttamente nelle tasche del popolo. Non sono fondi speciali europei o baggianate simili.
Ma anche questo elemento, credo non sia abbastanza diffuso e la casalinga di Vigevano o l'operaio
di Terracina non lo sanno perché il mainstream se ne guarda bene dal dirglielo.
D:
Non mi sorprende che nei salotti in cui viene offerto lo “spezzatino mediatico” di braudeliana
memoria, lei e quelli come lei non trovino spazio.
R:
Se mi invitassero, in mezz'ora, ribalterei il piano della percezione di tutta la popolazione. Sono i
trenta minuti che solitamente utilizzo quando presento il mio libro nei vari luoghi presso cui vengo
invitato. Loro lo sanno benissimo. Mi temono e non corrono il rischio che ciò possa accadere.
D:
Quanto le è costato l'aver intrapreso la carriera di giornalista d'inchiesta?
R:
Confesso che mi è costata parecchio. Ad un figlio lo sconsiglierei. Con ciò non voglio mandare un
messaggio fuorviante. Adoro il mio lavoro e adoro farlo quotidianamente con passione e sacrificio.
Dico solo che le difficoltà incontrate sono state e continuano ad essere moltissime. Se ne
presentano di nuove ogni giorno, solo perché non sono allineato. Solo perché non mi piego. Ad
esempio, di recente, mi è stata cancellata una pagina social che contava oltre mezzo milione di
iscritti. Per non parlare di tutta quella serie di angherie e sotterfugi che sistematicamente incontro
sempre nell'ambiente dei social attraverso cui mi faccio conoscere e pubblicizzo il frutto del mio
lavoro per guadagnarmi onestamente da vivere. Ebbene, il mio nome magari appare ma il link non
funziona; oppure i miei libri vengono presentati in elenco nei siti di maggior diffusione ma al
momento dell'acquisto un messaggio informa i miei clienti che l'opera non è disponibile.
Ormai ho imparato e so come aggirare anche questo genere di bassezze. Giro tutta Italia da
Nord a Sud godendomi l'incontro col mio pubblico. E questa è l'altra faccia della medaglia. È
bellissimo salire a bordo di un treno o di un aereo ed essere riconosciuto da gente che mi manifesta
un'ammirazione che mai avrei potuto immaginare. Quasi mi commuovo quando mi sento
ringraziare per il lavoro che faccio. E mi domando: ma di cosa mi dovrebbero irngraziare? Io
lavoro, faccio il mio. Mica quando vai dal fornaio lo ringrazi perché ha impastato a cotto la farina,
no? O chi ha asfaltato un tratto di strada o il benzinaio che ti fa il pieno. Sono mestieri come
mestiere è il mio. Però poi a ben pensarci comprendo che mi ringraziano perché grazie al mio
lavoro hanno compreso che per anni sono rimasti in ostaggio di una propaganda volgare che ha
impedito loro di aprire lo sguardo sulla realtà. E questo, non ha prezzo.
D:
Chi volesse acquistare i suoi libri od invitarla a presentarli, come può mettersi in contatto con lei?
R:
Semplicemente accedendo ai siti www.matrixedizioni.it o www.francescoamodeo.it od inviando una mail a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Un intrecciarsi di sentimenti, uno scavare profondo nelle tragedie umane, un sondare nell'intimo la nostra sensibilità, un mettere allo specchio la realtà di una delle tante brutte storie che umiliano l'umanità; questo e molto altro suscita la storia di cui ci rende partecipe Eleanor con il suo taccuino, una foto impietosa di cosa sia capace il genere umano. Con il suo scrivere, a presa diretta diremmo, Marzia Carocci, autrice del romanzo, ci fa rivivere il dramma della povera ragazza ostaggio e preda di eventi che soffocano ogni suo disperato tentativo di avere una vita degna di essere vissuta. Se intenzione dell'autrice è quella di rimarcare che l'amore è l'essenza e il fine della nostra esistenza, e quanto la crudeltà umana lo infanghi ogni giorno, c'è riuscita in pieno. Il dramma di Eleanor, preda fin da bambina di una donna senza scrupoli e di un padre incapace di mostrare la dignità che compete al ruolo, non lascia indifferente chi legge. Tutto è buio, tutto è dolore, tutto è sofferenza, ma la ragazza si aggrappa disperatamente all'amore, ad una vita vissuta con dignità e sentimenti puri, alla bellezza, mentre il mondo gli si volge contro. Il romanzo non lascia indifferenti, tanti sono i colpi di scena e tanta è la voglia di condividere con Eleanor il profondo dolore, non c'è altra possibilità che leggerlo tutto d'un fiato, la storia di Eleanor vi resterà nel cuore.
D
Analizzando la copertina del libro Agnelli Coltelli , notiamo tre figure: Lapo Elkann in posizione centrale e frontale affiancato dal fratello John e dal cugino Andrea che si danno le spalle l'un l'altro. Tre sguardi in tre direzioni differenti. Che significato ha questa disposizione iconografica?
R
Come avviene nella realtà, non si guardano. Semplicemente perché non si sopportano nella maniera più assoluta. A dire il vero, non c'è una ragione di tipo storico-familiare. Anche
Gigi Moncalvo |
Gianni Agnelli non sopportava suo fratello Umberto il quale non ha mai ricevuto incarichi di rilievo. Gianni lo aveva sempre tenuto lontano dal core-business del Gruppo, come suggeritogli dal vero padrone occulto di FIAT ovvero Enrico Cuccia. Non a caso fu lo stesso Cuccia a convincere l'Avvocato a scegliere un giovane Cesare Romiti come uomo di fiducia e “uomo delle banche”. Inutile far presente che queste scelte ebbero delle ripercussioni sia sui rapporti tra fratelli sia sui rapporti relativi agli equilibri interni al Gruppo. È fatto noto che Umberto facesse in un certo qual modo spiare l'operato del Romiti attraverso una rete di informatori che settimanalmente gli fornivano rapporti dettagliati comprendenti tabelle, grafici, cifre e commenti che puntualmente egli faceva recacapitare sulla scrivania del fratello maggiore per renderlo edotto circa il grado di inaffidabilità e scarso attaccamento al Gruppo, oltre alla tendenza ad intascare molti quattrini non opportunamente rendicontati. Passano gli anni, cambiano i nomi ma le dinamiche di fondo restano invariate e l'ho voluto riportare in copertina.
D
Agnelli Coltelli. Perché proprio questo titolo?
R
Perché è una storia di coltelli. Di coltellate. E di colpi bassi anche. Coltellate in senso metaforico, ovviamente. Nessuno ha mai usato le lame e... paradossalmente, sarebbe stato meno doloroso se qualcuno le avesse utilizzate. Agnelli Coltelli perché c'è una madre, Donna Marella – vedova dell'Avvocato – che “accoltella” la figlia nel momento in cui c'è da spartire la grande, enorme quantità di denaro accumulata all'estero da Gianni Agnelli. Come anche ci sono le “coltellate” contraccambiate da Margherita alla madre Marella nel momento in cui la chiama in tribunale a risolvere i veri problemi, a dire la verità e mettere sul piatto il vero malloppo! Inoltre ci sono le “coltellate” dei tre figli di Margherita, John, Lapo e Ginevra nati dal primo matrimonio, quello con Alain Elkann; i quali non sono gli unici figli di Margherita in quanto ella, unitasi in seconde nozze a Serge de Pahlen, ha dato alla luce Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana ai quali nonna Marella – stranamente – non ha inteso donare alcunché privilegiando solo ed esclusivamente i primi tre.
E come dimenticare le “coltellate” che riguardano le Società? Prima tra tutte, la Juventus. Ed ecco le “coltellate” di John Elkann ad Andrea Agnelli (figlio di Umberto, 1934-2004) Presidente in prorogatio de La Vecchia Signora la quale, sin dalla fondazione risalente al 1897, ha sempre vantato un Uomo Agnelli al vertice che l'ha portata ad un palmarès da 36 Scudetti, 14 Coppe Italia, 9 Supercoppe Italiane, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe UEFA, 2 Supercoppe UEFA, eccetera eccetera eccetera. Tra poche ore, nulla sarà più come prima: la proprietà cadrà nelle mani di un Elkann! Questo la gente lo deve sapere, soprattutto i tifosi.Come devono sapere che John Philip Jacob Elkann non sopporta sentir parlare di “Gruppo Agnelli”. Perché egli non lo è! Non è e non sarà mai un Agnelli. Che il suo inconfessabile desiderio fosse quello di chiamarsi Agnelli è arcinoto. Io stesso mi sono divertito a coniare “Agnelkann” che è la fusione tra Agnelli ed Elkann per sottolineare il fatto che vi siano delle domande di ordine psicologico e – se vogliamo – di sentimenti e risentimenti che sono quelli prevalenti in tutta questa storia che va ben oltre le mere apparenze da gossip. In parole povere, tutta questa faccenda, è una vera e propria serie televisiva. Gli ingredienti ed i caratteri ci sono tutti: smanie, bramosie ed intemperanze, odi e meschini interessi. Ci troviamo poi quelli simpatici e quelli antipatici, i buoni ei cattivi. E l'immancabile denaro. Montagna di denaro. Oro ed opere d'Arte; sconfinate proprietà e quei profumatissimi conti segreti esteri.
D
Una enorme quantità di denaro. Enorme quanto? È possibile quantificare?
R
In base alle mie ricerche, posso offrire una scansione accurata a partire dal lascito testamentario dell'Avvocato in cui troviamo le briciole del malloppo di cui sopra. Parliamo di qualcosa come 216 milioni di euro; bazzecole. Quale persona assennata potrebbe mai ritenere verosimile che Gianni Agnelli potesse disporre di un patrimonio pari al doppio di quello – con tutto il rispetto – di Alberto Sordi? Che se paragonato a quello di Luciano Pavarotti non sarebbe che un ventesimo! Ma per cortesia, non scherziamo. È inammissibile ritenere che il vero patrimonio dell'Avvocato potesse ammontare a soli 216 milioni. Milioni che sono stati spartiti in somme uguali tra le due eredi immediatamente dopo la sua morte.
Pertanto, a questo punto, sarebbe opportuno far luce su quelli che sono i patrimoni sottratti al fisco italiano che sono stati fatti finire all'estero. Perché è esattamente qui che s'innesca la prima grande guerra tra madre e figlia. Ma non è che il primo atto. Un atto di breve durata compreso tra il 2003 e l'anno successivo che vedrà l'aggiudicazione delle seguenti cifre: alla figlia Margherita 1,1 miliardi di euro; a Donna Marella 550 milioni di euro più una pensione di 700 mila euro al mese (pari a 8,4 milioni di euro l'anno), più tutta la collezione d'Arte Agnelli; e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d' Arte Agnelli;e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d'Arte che non ha mai suscitato alcun interesse concreto da parte dei Ministri dei beni Culturali avvicendatisi nel corso degli ultimi vent'anni.
D
Si ha contezza di quale potrebbe essere il valore complessivo della collezione d'Arte Agnelli? E soprattutto a chi appartiene?
R
Allora, in base agli accordi del 2004, la proprietà è finita nelle mani de Margherita ma l'usufrutto è andato alla madre Marella la quale lo ha esercitato sino al 2019, anno del suo decesso. Il valore complessivo, secondo una stima molto al ribasso, è stato fissato a 400 milioni di euro. Ma ripeto: si tratta tout court di una palese sottovalutazione poiché il patrimonio effettivo sarà almeno dieci volte tanto.
D
E qui cala il sipario sul primo atto. Però sarei curioso di sapere se le dinamiche del secondo atto siano in qualche modo collegabili agli accordi del 2004 o se vi sia dell'altro.
R
In realtà è tutto quanto collegato e non potrebbe essere altrimenti dal momento che Margherita, insospettita da quanto sinora ripercorso, abbia deciso di incaricare i propri uomini di fiducia affinché scandagliassero a fondo la materia. Ed ecco affiorare col passare degli anni alcuni conti correnti bancari riconducibili all'Avvocato, ubicati presso la Morgan Stanley di Zurigo, al cui interno giacevano somme per un totale approssimativo di 1,4 miliardi di euro. Erano ormai già trascorsi dieci anni dalla sua morte ma ciò non impediva a Margherita di comunicare ai Procuratori di Milano Fusco e Rutta i numeri dei succitati conti per spianare loro la strada alle indagini successive.
Ma non è ancora tutto! Deceduta Donna Marella (2019), ecco apparire sulla scena ulteriori conti correnti ed ulteriori somme di denaro ed oro, a conferma che i sospetti nutriti da Margherita nei confronti della madre fossero più che fondati. L'anziana vedeva le aveva sfacciatamente mentito nascondendo somme, conti e patrimoni nel tentativo di tenerla alla larga dalla spartizione dell'eredità reale che – sempre secondo i piani dell'anziana nonna – avrebbe dovuto interessare esclusivamente i tre nipoti John, Lapo e Ginevra. Un'eredità di oltre 8 miliardi di euro cui vanno aggiunti ulteriori 9 miliardi di euro in lingotti d'oro. Lingotti d'oro della cui esistenza Margherita non ne ha mai saputo nulla sino a tempi recenti.
D
Nove miliardi di euro in lingotti d'oro? Un lingotto d'oro standard pesa 12,5 chilogrammi ed ha un valore di 712 mila euro. Quindi stiamo parlando di 12.650 pezzi. Qual è la provenienza?
R
Si tratta molto semplicemente di una enorme quantità di oro depositata presso un caveau di Ginevra sito nei pressi dell'aeroporto di Cointrin. Sono il frutto degli incassi accumulati dal vecchio Giovanni Agnelli (1866-1945). Senatore del Fascismo e creatore della FIAT (che portò via con scaltrezza unica ai suoi soci iniziali) si aggiudicò forniture belliche industriali in entrambi i conflitti mondiali mediante forniture di aerei, treni, mezzi da battaglia, motori per navi e quant'altro, pretendendo di essere pagato dallo Stato italiano non in moneta frusciante bensì in lucenti e pesanti “mattonelle d'oro”. Proprio quelli di cui sopra.E qui ha inizio il terzo atto della tragedia: una madre che si scaglia contro i propri figli di primo letto unici beneficiari di tutto questo bendidìo...sebbene scomodare Dio parlando di lingotti sporchi del sangue dei morti delle due guerre mondiali possa sembrare un po 'fuori luogo.
D
Nel precedente libro intitolato Agnelli Segreti , viene menzionato il nome di una Società dal risibile capitale di alcune migliaia di Lire, pochi euro al cambio d'oggi. È evidente che si tratti di una sorta di facciata eretta allo scopo di occultare ben altro, dunque chiedo cosa celi e quali siano i meccanismi interni.
R
Si tratta della famosa Società Semplice Dicembre . Rappresenta l'acme dell'impero Agnelli e da essa dipartono le grandi Società controllate: la Giovanni Agnelli BV, la cassaforte dell'impero ovvero la EXOR NV (entrambe con sede in Olanda). Inoltre, troviamo tutte le altre Società partecipate come la Juventus, la CNH Industrial NV, la Iveco, la Ferrari eccetera. Quindi, in sostanza, chi controlla e possiede le quote (non sono azioni) della Dicembre SS è a tutti gli effetti il padrone di tutto.
La storia di questa Società Semplice è imbarazzante perché oltre ad essere ai più sconosciuta venne escogitata da un vecchio commerciante genovese il quale l'aveva ideata per i pescatori. Intendo proprio coloro i quali escono in mare per andare a pesca. E dunque, per metterli al riparo dall'obbligo di redigere il bilancio perché non contavano più di un dipendente ciascuno, ideò questo meccanismo che col tempo migrò sino in Piemonte dove attecchì soprattutto tra i grandi proprietari terrieri. Ergo, Gianni Agnelli, su suggerimento di Franzo Grande Stevens, ha deciso di sfruttarne tutti i vantaggi.
Attenzione: la Dicembre , esiste dal 1984 e soltanto grazie al sottoscritto, nel 2011, la Camera di Commercio – che è tenuta per Legge a tenere aggiornato il Registro delle Imprese – si è degnata di aggiornare una parte del libro Soci della Dicembre .
D
Per quale motivo un giornalista per giunta estraneo alle dinamiche societarie del Dicembre dovrebbe sollecitarne l'aggiornamento presso la Camera di Commercio?
R
L'ho dovuto fare in quanto dal 2009 in poi nei miei libri l'ho citata ripetutamente e dentro di me dicevo: “Dal momento che non trovo tracce ufficiali di questa Società, se per caso “questi” intendessero querelarmi, come potrei mai difendermi in sede di giudizio”? Ma non è tutto. Attivatomi con la CCIAA vengo a scoprire che i nomi dei Soci fossero rimasti gli stessi identici del 1984 ed il capitale era ancora trascritto il Lire. Cioè, Gianni ed Umberto erano morti da anni ma i loro nomi non erano stati sostituiti con altri nomi. Una Società di defunti!
A quel punto mi dovetti rivolgere al Tribunale delle Imprese, chiedendo che venisse aggiornato l'elenco dei nomi. Mi venne bellamente risposto che avrei dovuto fornire quantomeno delle prove evidenti circa l'effettiva morte dei Soci. Non mi restò che far loro ricapitolare una dozzina di chilogrammi di ritagli di giornale ed il giudice delle Imprese si vide costretto ad enucleare i due illustri nomi. Da allora, il nuovo elenco ha annoverato nell'ordine: Marella Agnelli di 94 anni con 10 quote da 1.000 Lire ciascuna; Cesare Romiti di 98 con una quota da 1.000 Lire e Gianluigi Gabetti che ne aveva 92 con una quota identica al Romiti. Correva l'anno 2011, ricordiamolo.E sino al mese di Luglio di quest'anno (2022) i loro nomi erano ancora lì com'era accaduto per Umberto e Gianni. Ricapitolando, con un capitale sociale di 12 Mila Lire, i tre controllavano un impero di dimensioni inimmaginabili distribuendo dividendi per milioni e milioni di euro l'anno.
D
Luglio 2022. Meno di cinque mesi fa, cosa è accaduto di preciso?
R
È accaduto che il famoso commercialista Gianluigi Ferrero, neopresidente della Juventus, ha depositato presso la CCIAA tutti i documenti che erano stati mantenuti nascosti: si tenga presente che in Italia non depositare questo tipo di documenti comporterebbe alle brutte una multa di appena 500 euro.. La domanda che dobbiamo porci ora è: perché John Elkann – membro della Dicembre dal 1997 – si è deciso a mettere ordine nelle carte della Società dopo venticinque anni? La risposta è perché mi sono mosso io che non volevo correre il rischio di finire sotto al torchio di questa gente. E per riuscire a smascherare questo loro omertoso silenzio, stavolta, mi sono direttamente rivolto alla Security Excange Commissiondi Washington che regola alla Borsa di New York le attività delle Società quotate. Ed ho inoltrato la missiva per conoscenza a tutti i vari CEO delle più grandi Società automobilistiche mondiali. Il testo recita pressappoco così: “Da anni ci sono due Società del settore Automotive quotate alla Borsa di New York le quali non hanno consegnato tutti i documenti anzi, li hanno occultati commettendo un grave reato nei confronti degli azionisti ma soprattutto nei confronti della Società che deve controllare i titoli della Borsa di NYC ed i nomi di queste due Società sono FCAA e Ferrari.
Ecco spiegato il motivo di tanta fretta: John non teme certo la Legge italiana oi tribunali territoriali, no! Teme però la Legge statunitense e le indagini della SEC
E concludendo riportando quelli che sono gli attuali nomi dei soci della Dicembre: John Elkann col 60%; suo fratello Lapo col 20% e la sorella Ginevra col restante 20%. Posso solo aggiungere che ci sono alcuni contorni che ancora mi sfuggono e mi appello a quanti possono in qualche modo venirmi incontro aiutandomi a sciogliere un ultimo nodo: a seguito delle tragica vicenda occorsa a Lapo Elkann salvato in extremis grazie all'aiuto fornitogli da Donato Brocco in arte Patrizia – nota trans operante a Torino al tempo – costui venne liquidato con una somma di circa 130 milioni di euro. Un nonnulla se confrontato col 20% dell'impero rappresentato dalla Dicembre . Impero di cui egli fa ancora parte a pieno titolo; non so se mi spiego.Se desiderava liquidarlo in toto , sarebbe stato logico attendere che gli venissero confiscate le quote o adeguatamente pagate, giusto? Forse si è trattato di un'operazione di maquillage tesa a ripulire l'immagine del Gruppo? O c'è dell'altro? Ecco, questo, per me, rimane un punto cruciale cui venire a capo mi rimane difficile.
D
Confesso di essere rimasto colpito, oltre che dalle cifre inimmaginabili, dalla quantità di ricerche condotte. Un giornalista per quanto capace e noto come lei, può arrivare a tanto da solo o si è avvalso del valido sostegno di collaboratori e professionisti nei vari settori?
R
Senza rivelare le fonti ed i nomi, rispondendo mantenendo fede allo svolgimento degli eventi. Sin dalla pubblicazione del primo volume dedicato alla Famiglia Agnelli intitolato I Lupi e gli Agnelli (2009) sono stato contattato da una sfilza di personaggi più o meno attendibili. Tutte le persone accomunate dal desiderio di incontrarmi e raccontarmi aneddoti e segreti che ho dovuto valutare, dosare e selezionare con estrema attenzione. Con parecchi ci siamo incontrati de visu ed ho potuto attingere a piene mani, questo è innegabile. C'è stato anche chi ha avanzato l'ipotesi che io ce l'avessi con la famiglia Agnelli.Ma al netto di tutto ciò, rimane un dato di partenza molto significativo: quanta esasperazione, delusione e frustrazione potevano albergare nell'animo di una figlia spinta a rivolgersi ad un tribunale per ottenere il rendiconto dettagliato voce per voce dei possedimenti del defunto padre coinvolgendo nomi di peso come quelli di Gianluigi Gabetti, Franco Grande Stevens e Sigfrid Maron quali persone informate dei fatti? E come mai nessuno si è voluto calare nei panni del mediatore magari proponendo un incontro chiarificatore lontano dai riflettori? Vedete, quando ci si trova davanti alla Corte, non è mica sufficiente produrre ritagli di giornali o pettegolezzi. Per farsi dare ragione, ci vogliono pezze d'appoggio chiare ed incontrovertibili.Ecco che a quel punto mi son detto: se riesco a mettermi dietro a questa storia e riesco ad individuare il canale per cercare di ottenere gli Atti e le copie dei documenti scottanti relativi a questo gigantesco processo, avrò fatto bingo. Una mera questione di natura giornalistica.
D
Che nessun giornalista abbia avuto il fegato di insinuarsi nelle pieghe di questa storia, non mi sorprende minimamente. Mi sorprende inve ce il fatto che un Gigi Moncalvo si sia calato in questa sorta di “noir dinastico”, col passato e l'esperienza di alto giornalismo alle spalle che può vantare. Non è mai stato sfiorato dal timore che le potesse accadere qualcosa di spiacevole? Ad esempio, scoprire che anche per lei l'attraversamento dei caselli autostradali possa rivelarsi fatale?
R
Nel corso della mia carriera, no mi sono certo risparmiato ed ho accettato i rischi del mestiere. Sono stato il primo giornalista italiano ad aver fatto accesso all'interno della centrale di Chernobyl. Ho lavorato in Afghanistan al tempo dell'occupazione sovietica ed ho visto coi miei occhi la devastazione della guerra nella ex Jugoslavia. Ho intervistato Gheddafi e la Thatcher e mille altre cose. Mai e poi mai avrei pensato che un giorno avrei potuto ritrovarmi coinvolto in un simile intrico di elementi arruffati, confusi e poco chiari. Inoltre, confesso di essere rimasto attratto dal fatto che nessuno fosse stato sfiorato dalla fantasia di mettersi sulle tracce degli Agnelli. E da cronista quale sono, ho scelto di farlo io.In parole povere, ho fiutato l'affare inteso come l'opportunità di diventare l'unico esperto in materia. Qualifica che mi riconosco senza falsa modestia! Ma al contempo non mi sono mai fatto illusioni perché ho sempre mantenuto presente a me stesso la realtà: in un Paese come il nostro, nessuno – ad eccezione di un pubblico elitario e selezionato – avrà il coraggio di dare spazio ai miei libri dedicati agli Agnelli . E mai nessuno ne parlerà né bene né male perché i miei colleghi non sono le persone libere che professano di essere.
Vieppiù, proprio in virtù di questa forma di rifiuto ostinato di fornire indicazioni o notizie su fatti di cui si è al corrente, per proteggere la propria sicurezza personale, per timore di venire coinvolti in date situazioni e per un malinteso senso dell'onore, io sono arrivato al punto di offrire la somma di 30 mila euro in contanti al primo giornalista del gruppo controllato da John Elkann (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX) che oserà parlare dei miei libri. Che ne parli anche male, li critiche e ne faccia quello che vuole purché lo faccia ma... so già che non spenderò questi euro.
D
Un noto precetto di pratica utilità dice che chi si loda si sbroda. Ne consegue che chi non perde occasione per sbandierare la propria autonomia di pensiero e libertà di parola non fa altro che denunciare i propri limiti servili. C'è da chiedersi quanto possano essere attaccati alla poltrona.
R
Colui che stacca milioni di euro in stipendi mensili per mantenere le testate che controlla e per gli onorari di chi vi è impiegato a vario titolo e che stacca anche gli assegni delle pubblicità dei vari componenti del Gruppo che domina col 60% mediante la Dicembre per far sì che appaiano sulle pagine delle testate e sulle emittenti televisive che non gestisce direttamente ma foraggia a suon di soldoni, incute timore.
D
Esistono delle eccezioni?
R
Ce ne sono. Poche ma ce ne sono. Un esempio tra tutti è Striscia la Notizia di Antonio Ricci. L'unica testata che abbia avuto il coraggio di denunciare lo scandalo delle macchine costruite coi fondi pubblici addirittura anticipati dal Commissario Arcuri il quale ha donato al Gruppo gli stabilimenti di produzione a titolo gratuito. Attenzione: parliamo di mascherine che non valgono un tubo! Poiché sprovviste dei requisiti minimi richiesti per Legge. Il simpatico inviato Marino Morello si è mosso liberamente, con indipendenza ed autonomia, arrivando a scoprire che molti Prèsidi di scuole elementari e medie si erano visti costretti a rispedire al mittente quei prodotti scadenti confezionati al peggio;notizie che il cosiddetto mainstream si era guardato bene dal divulgare. Per qualche puntata è riuscito a far emergere responsabilità incontrovertibili. Poi ahimè anche Morello ha contratto il virus, si è dovuto mettere a risposo e una volta guarito l'enfasi era scemata.
D
Una sorta di autocensura applicata e tollerata da chi dovrebbe metterla al bando?
R
Ne vorrei riportare una davvero grossa. Ricordate la famosa pellicola del 1991 con Anthony Hopkins e Jodie Foster intitolata Il silenzio degli innocenti ? Ebbene, in tutto il mondo, il libro da cui è stato tratto il film s'intitolava Il silenzio degli agnelli, -The silence of the lambs -. Ed aveva quel titolo perché la Foster nel film cresce col padre adottivo in una fattoria nella quale di notte ella udiva gli strazianti belati degli agnelli che erano macellati dal patrigno e sognava di salvarli per porre fine allo strazio. Ed ecco che Hopkins le dice: “Tu non troverai pace fino a che gli agnelli non smetteranno di urlare”. Ebbene, solo in Italia il sostantivo agnelli è stato sostituito con innocenti .Ora, per fare una battuta, ricordo bene che la Innocenti producesse vetture formidabili ma... qui siamo al patetico. E tenderei ad escludere che l'Avvocato al tempo avesse potuto alzare la cornetta del telefono e richiedere un cambio eclatante al titolo. Qui siamo proprio di fronte ad un raccapricciante esercizio di vile sottomissione punto e basta. Gente che vive con freno a mano tirato in cerca di una pacca sulla spalla da parte di chi conta.
Ecco perché son sicuro che risparmierò i 30mila euro in palio per il primo collega che si dovrebbe assumere il rischio di parlare dei miei libri; perché non c'è, non esiste e non si troverà un impavido. Mi andrebbe bene pure che verghi due righe in cui riporti che Agnelli Coltelli sia una cagata pazzesca. Lo pagherei comunque! Certo, ci sono andato vicino. Ed è accaduto proprio ieri quando sul Corriere della Sera è apparso un articolo a firma di Monica Colombo – giornalista sportiva – dedicato ai “casini” in cui attualmente ristagna la Juventus. Ebbene, ella è arrivata a citare il titolo del libro ma non il mio che ne sono l'autore. Non credo serve aggiungere altro!
D
Edoardo Agnelli dichiarò: “Se il potere della nostra famiglia casca nelle mani sbagliate , è una cosa estremamente pericolosa per questa nazione. Mio padre ha una grossissima responsabilità di fronte alla sua coscienza”. Che lettura ne dà lei?
R
Il ventiduesimo anniversario della morte di Edoardo Agnelli è ricorso appena quindici giorni fa, precisamente il 15 Novembre. Per caso hai colto qualche segnale da parte dei nipoti? Lapo, quello che parla di tutto dalla pastasciutta al miracolo di San Gennaro, ha forse twittato mezza riga in memoria dello zio deceduto in circostanze misteriose? Hai visto una virgola sul sito della Juventus di cui è stato dirigente? Hai visto una virgola per ricordare “l'Agnelli sbagliato”? Perché lui era ed è stato considerato sempre “l'Agnelli sbagliato” così come ora potrebbero “sbagliata” sua sorella Margherita. Ma attenti: coloro che hanno rimosso il ricordo di Edoardo lo hanno fatto in quanto egli è un personaggio ingombrante.Ci avrà senz'altro messo del suo in questo essere ingombrante, è innegabile. Ma era considerato ingombrante perché diceva la verità! Quando morì di cancro Giovannino Agnelli, dopo appena tre giorni Gianni Agnelli nominò al suo posto un ragazzo inesperto di diciannove anni, racconto John Elkann; come a dire “tanto questo posto lo può occupare chiunque”. Fu uno sfregio. Giovannino venne ucciso due volte. Una volta dal cancro ed una volta da suo zio. Non sembrano queste mani sbagliate ?
Pensiamo per un attimo se Edoardo fosse ancora vivente. Oggi sarebbe sulla settantina ed avrebbe partecipato a pieno titolo alla famosa spartizione ereditaria. Ergo le quote non sarebbero più state solamente due, Marella e Margherita ma sarebbero state tre: Marella, Margherita ed Edoardo. Conseguentemente fratello e sorella si sarebbero coalizzati contro la madre e quest'ultima non avrebbe potuto ordinare il pianoforte assieme ai Gabetti, Stevens e Maron a vantaggio dei nipoti Elkann. E non avrebbe certo potuto scavalcare il primogenito maschio con un nipote come John che nell'asse non avrebbe vantato alcun diritto di prelazione.Sono pronto a scommettere che qualcuno gioì a cadavere ancora caldo quella mattina del 15 novembre 2000. Perché era caduto un ostacolo insormontabile posto al centro di quell'immaginario viale alberato che John avrebbe finalmente potuto percorrere trionfalmente verso l'autoproclamazione di capo incontrastato del Gruppo. . E ripeto autoproclamazione in quanto nessuno, nemmeno il nonno Gianni lo ha mai nominato leader supremo. E se qualcuno dovesse domandarsi a chi abbia giovato il tutto, la risposta è Gabetti e Stevens, elementare Watson! Gli unici due che hanno continuato a comandare come sempre in passato, nient'affatto impensieriti dalla presenza di un diciannovenne inesperto, incapace e totalmente all'oscuro di quel mondo pregno di meccanismi e scatole cinesi che essi ben conoscevano.
D
Di Agnelli non ne rimangono molti in circolazione, ad eccezione di Andrea e del figlio Giacomo. Quanto tempo dovrà trascorrere affinché possa giungere la coltellata definitiva al cognome che a quel punto passerà definitivamente alla storia?
R
Questa è materia di apertura del nuovo libro Agnelli Coltelli .
Facciamo un elenco veloce comprendente uomini e donne che ancora ne portano il cognome. Due sorelle dell'Avvocato di oltre 90 anni e Margherita di quasi settant'anni. Con loro tre, si estingue il ramo di Gianni. Poi abbiamo i discendenti di Umberto: Andrea e sua sorella Anna. Poi troviamo bambini, adolescenti ed adulti che sono: la figlia di Giovannino Virginia di circa 25 anni, i quattro figli di Andrea compresi tra i 2 ed i 14 anni ed infine la figlia di Anna Agnelli che si chiama Luna.
Ne deriva dunque che quelli che Margherita definisce les usurpateurs (gli usurpatori) ovvero i suoi figli di primo letto, siedono sul trono degli Agnelli senza né meriti né diritti. E se non dovesse intervenire un giudice degno di tale nome a ristabilire gli equilibri mediante l'imposizione della cancellazione degli accordi del 2004 e la relativa restituzione delle azioni dell'Azienda da sottrarre dalle grinfie degli Elkann, non ci saranno speranze di rivedere il cognome Agnelli nel prossimo futuro.
D
La Juventus sta perdendo il cognome storico. È questione di giorni. Che giudizio ne dà?
R
Chi ci dice che quanto avvenuto recentemente alla Juventus non sia una manovra ordita a tavolino avente lo scopo di infiacchire Andrea Agnelli sul quale far ricadere le responsabilità della malagestione? Non potrebbe essere un escamotage volto ad offrire da un lato la testa del colpevole alla magistratura torinese e dall'altro consentire ad un John di rifarsi una verginità agli occhi degli inquirenti che lo vedranno come il deus ex machina che giunge dall'alto per rimettere ordine nelle casse dissestate?
D
Juventus. Un commento per il tifoso attento, quello che non si fida ciecamente delle notizie riportate dai “giornali di famiglia”.
R
È anche questo uno scontro tra parenti, come quelli sin qui riportati. Ma andiamo per gradi. Nello specifico, tra John ed Andrea, affronterei innanzitutto la questione partendo dal piano umano. E sul piano umano c'è da sottolineare un dato essenziale: se affondi il coltello nella schiena del tuo cugino il quale sta attraversando una delicata fase della vita contrassegnata da una sfilza di difficoltà, stai dicendo urbi et orbi che lui e non altri sia il solo colpevole dei dissesti societari. Su questo non ci piove. Senza contare che la Legge italiana parla chiaro e si è ritenuti innocenti sino al terzo grado di giudizio. E al momento non siamo nemmeno giunti al primo, non so se mi spiego.Quindi John che tra i vari incarichi è anche un editore, sta emanando segnali devastanti di sé e della propria dubbia moralità. Se tratti così un parente in condizioni critiche, non oso immaginare di cosa tu sia capace di fare nei confronti dei dipendenti delle testate di cui sei capo. E a margine di tutto ciò, in secondo luogo dobbiamo considerare un ulteriore fattore di fondamentale importanza: John è il più “amato” dai parenti perché è colui il quale consente loro di svolgere vite da nababbi tra dividendi e rese finanziarie. Ergo nessuno osa contraddirlo per proprio tornaconto. Prova ne è il fatto che nessuno si sia sognato di rinfacciargli il tradimento perpetrato alla memoria del nonno e del bisnonno i quali sono sempre stati ligi al precetto “mai vendere e mai cedere”.Mentre lui si è venduto di tutto pur di far bottino. Basterebbe dare uno sguardo alla composizione del CDA di FIAT al cui interno siedono sei francesi contro cinque italiani. E tra i francesi spicca un membro del governo francese nominato direttamente dal banchiere dei Rothshild Emmanuel Macron attuale Presidente della Repubblica francese dal 2017. E secondo voi, quei sei membri del board di nazionalità francese faranno gli interessi italiani o quelli dei galli? Se ci sarà da chiudere uno stabilimento al Sud od in Francia, quale faranno chiudere? Se saranno necessari tagli al personale, licenzieranno gli italiani o i francesi?
Con ciò non intendo scaricare l'intero fardello delle scelte errate esclusivamente sulle spalle di John Elkann. Perché compirei io stesso un errore imperdonabile: quello di non aver ricordato al popolo italiano – notoriamente orfano di memoria storica – che sono la bellezza di cinquant'anni che viene derubato senza che opporre un briciolo di resistenza. Un popolo di migranti del Sud che andavano a sgobbare al Lingotto tra mille difficoltà, prima tra tutte quella abitativa perché ai terroni nessun torinese voleva affittare casa, mentre gli Agnelli prendevano i contributi per la Cassa del Mezzogiorno, quelli a fondo perduto, le esenzioni fiscali le Leggi ad personam, gl'incentivi per le rottamazioni delle auto usate ed il contingentamento delle importazioni di auto straniere mentre dominavano il settore del trasporto rigorosamente su gomma a danno di quello marittimo, ferroviario ed aereo. Questo fiume di denaro pubblico è sempre provenuto dalle nostre tasche di orfani di memoria storica e la famiglia Agnelli lo ha intascato senza reinvestire in ricerca o produzione per farlo sparire nei conti cifrati all'estero. Pensate che sia cambiato qualcosa in questi ultimi anni? Certo che no! I 6.7 miliardi di euro donati dal governo Conte sotto forma di contributi alla lotta alla pandemia per realizzare le mascherine spazzatura di cui sopra, quel Conte del reddito di cittadinanza, dove li mettiamo?
Di tutto ciò, l'italiano medio ha solo voluto ascoltare quello che più gli piaceva ascoltare, ovvero che la Juventus alterasse a proprio piacimento i risultati delle partite e corrompesse gli arbitri. Un'eccellente macchina di distrazione di massa creata ad hoc per non far capire a quell'italiano medio che lo stavano riducendo sul lastrico a forza di prelievi incessanti, tasse e gabelle. Un'emorragia di denaro finito nelle casse di un Gruppo che ha fatto sparire tutto nella più colossale truffa allo Stato mai vista prima.
Andrea Signini, Dicembre 2022
Come e perché Agnelli Coltelli dovrà essere il libro da piazzare sotto l'albero di Natale 2022
Invece di perdere tempo davanti alla televisione, perché non leggi un bel libro ? Chi non ha ascoltato almeno una volta un'idiozia simile? Idiozia in quanto scegliere un “bel libro” è tutt'altro che semplice. Molto meno impegnativo è pigiare i tasti del telecomando lasciando l'encefalo alla deriva. Però, con l'avvicinarsi di feste natalizie e compleanni, chi vuol vestire i panni del dotto ripulito, dona immancabilmente un libro. È un rito irresistibile che viene ripetuto per due ordini di ragioni. La prima riguarda la spesa contenuta: nel raggio dei quindici euro ci si sente padroni di spaziare dal manuale di cucina al romanzo strappalacrime.La seconda riguarda invece un distorto riconoscimento dei propri meriti: “Il regalo te l'ho fatto, non ho la più pallida idea di cosa trattino queste pagine ma tu penserai che io le conosca quasi a memoria ma la cosa non ha alcun valore poiché già da domani non ne parleremo più”. Ecco spiegato il motivo per cui le mensole delle case che frequentiamo sono vistosamente incurvate dal peso di carta stampata che nessuno ha mai nemmeno sfogliato.
Ma ci sono delle eccezioni. Raro ma esistono. Ed è proprio a queste che l'intervista a Gigi Moncalvo si rivolge. Mi riferisco a coloro che sanno dare ascolto alla vocina che avvertono dentro, che li spinge a ricercare dove i dotti ripuliti non cercano e li spinge a vestirsi per recarsi presenti in libreria ad afferrare e riafferrare tutto ciò che trovano attraente, sbirciando prefazioni, leggendo sinossi e contemplando copertine colorate nel mero tentativo di farsi un'idea del testo adatto alle proprie esigenze. E quello adatto alle proprie esigenze è immancabilmente quello che non vedi l'ora di pagare alla cassa, mettere sottobraccio e portare in fretta a casa. Perché è lì che inizierai a costruire un rapporto con l'autore o l'autrice che sia.
Tanto più la scelta sarà stata azzeccata tanto più sentirai affiorare un senso di rispetto per chi avrà vergato quelle pagine, frutto di mesi ed anni di certosine ricerche che arricchiranno te e quanti ti ascolteranno parlarne. Ciò ti renderà una persona di certo più accorta, capace di leggere la contemporaneità con la sensibilità che chi pigia i tasti del telecomando non si sogna nemmeno.
“La rivolta delle coscienze. Siamo troppi, inutili e dannosi? (Storia, Religione e Moneta)”. Titolo emblematico e contenuti che trattano aspetti della storia umana dalla grande rivoluzione agricola del neolitico alle rivoluzioni industriali degli ultimi Secoli sino ai giorni nostri. Temi trattati con tutt'altro spirito anche nel controverso testo di Klaus Schwab. Quali sono gli obbiettivi che l'hanno spinta a mettere nero su bianco questa lunga serie di analisi?
Ho scritto questo libro con tre obbiettivi chiari in mente: il primo, fare delle previsioni a cinque, dieci e vent'anni soprattutto in funzione della verità sui vaccini e dintorni perché da quello dipenderà il crollo dell'impalcatura del cosiddetto “potere”. E sembra che le cose, ad oggi, stiano prendendo la piega da me descritta in queste pagine. La seconda ragione, è contestare quanto propalato dal mainstream secondo cui noi umani saremmo troppi, inutili e dannosi. Non è vero che siamo troppi, in quanto il pianeta è fortemente sottopopolato, escluse le grandi città. Prendiamo ad esempio la nostra Nazione: l'Italia è un Paese grandemente sviluppato e la popolazione risiede in tante aree di piccole dimensioni. Ma anche volendo ampliare il panorama, noteremmo che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive sulle coste mentre le aree interne sono scarsamente popolate se non addirittura disabitate. Non siamo inutili, perché checché se ne dica, l'industria 4.0, l'intelligenza artificiale e la robotizzazione sostituiranno gli addetti nel manifatturiero ma per quanto riguardi i beni immateriali, servizi di cura delle persone, dell'ambiente e tutte quelle attività creative, l'effetto dell'attività artificiale e della sostituzione degli umani riguarderà una percentuale variabile dal 10 al 15%. Ergo, avremo bisogno di milioni e milioni di addetti nei comparti dell'economia circolare e dell'economia non materiale eccetera.
Terzo aspetto: siamo davvero dannosi? Io ribalto questa vulgata ambientalistica e ne approfondisco gli aspetti per dimostrare dal mio punto di vista di economista e non di scienziato dell'ambiente quelle che sono le effettive cause del surriscaldamento del pianeta.
Dulcis in fundo, ho inteso rendere comprensibile quanto importante sia il recupero dei valori che abbiamo perso di vista: i valori cristiani, quelli socialisti e quelli liberali. A mio personale avviso, è di primaria importanza riacquisire il tesoro culturale smarrito negli ultimi decenni, andare fino in fondo per recuperare il bandolo della matassa. Altrimenti, l'alternativa sarà quella dello sprofondamento totale in quel liberismo mascherato di nazismo come descritto da Harari, braccio destro di Schwab, secondo il quale gli esseri umani si devono estinguere in gran parte per fare spazio a non si capisce bene chi, forse una razza superiore, cibernetica o cos'altro.
Recuperare il bandolo della matassa... mi fa pensare ad un altro bandolo, quello che ogni governo sbandiera appena s'insedia e poi perde di vista: recuperare il sommerso. L'opposizione lamenta scarsa incisività alla lotta all'evasione fiscale e carenza di strumenti per attuarla. Che impressione ne ha ricavata sulla base dei pochi elementi sin qui disponibili?
L'annunciata tregua fiscale e l'innalzamento del limite al contante, contrariamente a quanto si sente ripetere, non sono strumenti per combattere l'evasione fiscale. È semmai il rapporto con le banche il fulcro di tutta la faccenda. Da Direttore Generale del Ministero del Lavoro, l'ho potuto constatare coi miei occhi: un'azienda deve ricevere immancabilmente assistenza totale dalla banca cui è appoggiata per sopperire al lasso di tempo che intercorre tra l'incasso delle somme ed i pagamenti da onorare. Tutta la politica, da destra a sinistra, ha pedissequamente ignorato il tema portando, nel lungo periodo, le aziende medesime a fare i veri salti mortali per far quadrare i conti. Tutto ciò questo è sbagliato ed espone a rischi concreti di evasione fiscale.
Non sarà sfuggito il fatto che sempre più attori si stiano costituendo in quelle che potremmo definire “forme di credito fai da te” in cui la banca e l'azione bancaria vengono sostanzialmente scavalcate. L'azione dell'attuale governo – così come ci appare adesso – è improntata a fare la battaglia a chi guadagna piccole somme e, nello stesso tempo, non riesce a comprendere la dimensione del fenomeno che invece è stato inquadrato alla perfezione dalla Germania la quale, da tempo, ha imposto alle proprie banche attive sul territorio di operare a vantaggio delle aziende per il bene esclusivo della propria economia. Ha visto qualcosa di simile anche qui da noi? Certo che no! Di conseguenza, ecco che chi si vede vessato dallo Stato e dalla banca, deve necessariamente trovare delle vie di fuga più o meno lecite per sopravvivere.
Innalzamento del contante, dice. La decisione di innalzarne il limite minimo ha sollevato un polverone politico. Lei ritiene che questa Legge possa in qualche maniera agevolare la criminalità organizzata o possa agevolare il nero?
Innanzitutto, dobbiamo suddividere la materia in tre contenitori distinti e separati: il limite all’uso del contante; la detenzione del contante e l’eliminazione del contante. E sulla corruzione e sull’economia sommersa non c’entra il tetto all’uso delle banconote, che questo sia chiaro. Perché la corruzione ha già preso le sue contromisure mentre l’economia sommersa avrebbe bisogno di ispettori, di controlli amministrativi mirati. In altri termini, ritenere che i fenomeni corruttivi possano basarsi sul solo scambio di denaro e mazzette, è un concetto da ritenersi del tutto obsoleto. I canali che costoro sfruttano sono di tutt'altra natura: beni mobili come orologi, gioielli, ingenti quantitativi di oro come anche escort e criptovalutele.
Imitare la Germania per fare il bene delle nostre aziende... ma l'impressione che abbiamo ricavata è quella che questo governo intenda piuttosto lasciar fare chi vuole fare. Che lettura ne dà?
La mia opinione personale è che la Meloni, in questo specifico caso, si riferisse al Governo da lei presieduto e non ad altro. Soltanto tra qualche tempo, potrò essere più preciso.
La BCE ha annunciato di voler alzare i tassi. Qual è il suo giudizio in merito?
Se ci trovassimo di fronte alla necessità di neutralizzare un'inflazione da domanda, sarebbe corretto e si darebbe un freno all'economia. Ma stante il fatto che non è questa l'attuale situazione, la scelta si conferma errata: l'inflazione che dobbiamo contrastare è relativa ai costi, mi spiego? E dunque sarebbe opportuno gettare l'occhio alle manovre della FED americana la quale punta su trasporti, investimenti e logistica. Il tutto si riflette in ultima analisi sui costi delle importazioni di quelle Nazioni che dovranno spendere di più per approvvigionarsi di quegli stessi beni e servizi che oggi acquistano a meno, a scapito delle esportazioni europee ovviamente.
In conclusione di questa intervista, qual è il profilo del lettore ideale di questo testo?
Mi piacerebbe che questo testo venisse letto soprattutto dalle nuove generazioni; a loro affido il compito di procedere verso un recupero fattivo di quanto ci è stato sottratto. Il mio ruolo, adesso, è quello di formatore e informatore. Alle giovani leve quello di operare una sana rivolta delle coscienze.
Andrea Signini, Novembre 2022
Tra i libri preziosi usciti in questi ultimi mesi, che possono aiutarci a meglio comprendere gli aspetti più critici, più problematici e più vergognosi degli anni atroci della dichiarata “pandemia”, merita indubbiamente una particolare attenzione il ponderoso volume di Fulvio Di Blasi, Vaccino come atto d’amore? Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia (Phronesis Editore, Palermo 2022). L’autore è avvocato e dottore di ricerca in filosofia del diritto, esperto di etica, con una spiccata passione per il pensiero di Tommaso d’ Aquino. Ha insegnato in diverse università, sia in Italia che all’estero ed ha al suo attivo più di 200 pubblicazioni.
Quest’ultimo suo libro, dedicato ad un attentissimo esame critico di cruciali aspetti e momenti della vicenda pandemica, risulta costruito con gli strumenti logico-linguistici del giurista, del pensatore e del docente, con ferreo rigore argomentativo e, soprattutto, animato da limpidissima esigenza di Verità.
Nell’Introduzione, il Di Blasi ci rivela di aver accolto con rassegnazione, in una prima fase, “come tutti gli altri (…) tutto ciò a cui tutti dovevamo rassegnarci” (lockdown, mascherine, ecc.), subendo tutti i vari frenetici accadimenti, cercando di ignorare il più possibile giornali e tv, e concentrandosi con la massima intensità sul proprio lavoro. Poi, però, arrivarono le celebri parole di papa Francesco con le quali la scelta pro vaccinale veniva elogiata in quanto “atto di amore”. Parole che ebbero la funzione di scuoterlo dal “sonno dogmatico”, sospingendolo ad alimentare dubbi e ad impegnarsi in uno studio serio e approfondito che, mettendo da parte le facili certezze, lo ha condotto, passo dopo passo, a prendere coscienza di una serie di fatti terribili.
“ Le istituzioni politiche avevano infranto il loro dovere fondamentale di rispettare la verità e la libertà dei cittadini. Avevano violato il diritto di ogni persona libera ad una informazione corretta e onesta. Avevano cercato demagogicamente di orientarne e piegarne la volontà, l’intelligenza e la condotta.
I medici, dopo la prima ondata di eroismo, così carico di magnanimità ed esemplarità, si erano lasciati infine mettere le briglie e standardizzare al ribasso da un potere politico che li voleva burocrati e lontani dai pazienti, almeno fino alle ospedalizzazioni. Si erano lasciati sostituire da direttive povere e generiche di impersonali agenzie governative, ridurre ad attacca francobolli, mortificando l’esercizio di una professione che inizia e finisce sempre con la cura e le attenzioni per il paziente.
Gli scienziati avevano fallito anche loro nel lasciare che un riferimento generico, magico e mistico ad un’entità superiore e inesistente chiamata “Scienza” si sostituisse, nel sentire comune e nella demagogia di politici e giornalisti ignoranti e senza scrupoli, alle discussioni serie e reali tra gli studiosi e al pensiero critico.
Il giornalismo era morto, sostituito dalla volontà di potenza di chi ha in mano i mezzi di informazione e decide di utilizzarli solo ed esclusivamente per convincere tutti dei propri pregiudizi e per farli conformare alle decisioni della classe politica.” (pp. 15-6)
Ma, al di sopra e prima di ogni altra cosa, a ferirlo e a scuoterlo è stata la dolorosa constatazione del fallimento della Chiesa intesa come istituzione. Fallimento, cioè, di molti chierici che, invece di dedicarsi al Vangelo, si sono dedicati a parlare (e straparlare) “di vaccini e di gren pass come se ciò appartenesse al depositum fidei”. Fallimento di una chiesa che, stravolgendo le sue vere priorità e gerarchie valoriali, “si allinea e si allea col potere politico o economico, scambiando il proprio ministero soprannaturale per un servizio assistenziale alle politiche dubbie o opinabili dei regnanti di turno”, che rimane muta “di fronte alla demagogia e alla disinformazione”, che resta “indifferente alla persecuzione di tanti giusti” e “che discrimina e genera conflitti tra i propri fedeli a vantaggio di politiche transitorie di governanti utilitaristi”. (p. 18)
Per il cattolico Di Blasi, la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso, inducendolo alla creazione del suo libro, è stato l’ascolto delle parole del papa (“la più grande autorità religiosa del mondo”) che esaltavano l’atto del vaccinarsi come “atto di amore”, mettendo, in tal modo, le autorità politiche nella condizione di dichiarare indiscutibile “dovere civico” il dire sì ai cosiddetti vaccini anticovid.
In questo modo, fedeli cattolici e onesti cittadini, restii a sottoporsi alla inoculazione, si sono venuti a trovare accerchiati e quasi stritolati fra queste due superpotenze: la loro più che legittima esigenza di esercitare e manifestare il dubbio è stata marchiata come atto di egoismo, tentazione del demonio, atto contrario al bene comune. E, “con la benedizione del Papa e dei Presidenti”, si sono ritrovati discriminati e perseguitati “da tutti con la complicità dei media mainstream”, fatti diventare “il cattivo” per antonomasia, il soggetto egoista e socialmente nocivo che, mentre il grosso della collettività (dei buoni), di fronte al pericolo comune, responsabilmente si compattava, seguendo obbediente la guida dei troni e degli altari, osava inutilmente, scioccamente e pericolosamente dissentire, dubitare, discutere, sottraendosi ai propri doveri morali e civili.
All’avvocato, al filosofo e, soprattutto, al cattolico Fulvio Di Blasi tutto questo è finito per apparire come orribile e inaccettabile, inducendolo pertanto “a mettere al servizio di questi giusti perseguitati” le proprie competenze professionali.
Dai suoi studi e dalle sue ricerche, è scaturito il suo Vaccino come atto d’amore?, libro intellettualmente e culturalmente di rilevante spessore, nato non certamente per fazioso desiderio di polemica, bensì per ragionare ed aiutare a liberamente ragionare, per aiutare a meglio comprendere e a poter quindi agire in maniera più libera e giusta.
“ Non bisogna - scrive - mai aver paura del fatto che le persone pensino e si pongano problemi. Uno degli sbagli più grossi di molte autorità politiche mondiali e di troppi giornalisti è stato di impostare la loro azione sull’indottrinare i cittadini piuttosto che sull’informarli con sincerità e fidarsi di loro, sull’usare carote e bastoni più che ragionamenti (…). Non è mai troppo tardi, però, ed è anche questa una delle speranze che mi ha spinto a dedicarmi a questo lavoro. Nel lungo periodo (e, a volte, si spera, anche nel breve e nel medio), il mondo appartiene a chi decide di essere intelligente e di passare all’azione.” (p. 28)
FULVIO DI BLASI
VACCINO COME ATTO D’AMORE?
Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia.
PHRONESIS EDITORE - PALERMO
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Francesco Pugliese è insegnante liceale di Diritto ed Economia, da sempre impegnato sul fronte dei valori della giustizia e dell’uguaglianza. E’ inoltre ricercatore indipendente e autore o coautore di una trentina di libri, fra i quali merita particolare menzione Abbasso la guerra (Futura-Helios, Trento, 2013), con la splendida Mostra omonima itinerante (oltre cento esposizioni effettuate in tutta Italia).
Con il suo ultimo lavoro, Parole di cittadinanza, siamo di fronte ad un densissimo Glossario di Diritto ed economia che non si occupa soltanto di parole specifiche, ma che presenta anche “esempi, persone, pratiche, esperienze, storie (piccole e grandi) di cittadinanza attiva e protagonisti individuali e collettivi”.
Il libro è stato concepito ed è maturato in ambito didattico ed è destinato ad essere utilizzato come prezioso supporto nel campo dell’Educazione civica e dell’Educazione alla Cittadinanza, come pure in campo storico e geografico, sia in classe che a casa, e mira non solo a definire e ad informare, ma anche a generare curiosità e a suscitare indignazione e voglia di partecipazione democratica attiva.
Il libro di Francesco Pugliese è arricchito e completato da alcune locuzioni latine ricorrenti in ambito giuridico, da una bibliografia essenziale e da una sitografia.
Parole di cittadinanza è un testo quantitativamente e qualitativamente di indubbio spessore, che potrà risultare di grandissimo aiuto a tutti i docenti intenzionati ad attuare una didattica intelligente, stimolante e coinvolgente, nonché desiderosi di avvalersi di uno strumento di lavoro puntuale, in grado di fornire, fra l’altro, notizie non sempre rintracciabili anche nei migliori manuali scolastici (vedi, ad esempio, le ottime voci dedicate al Colonialismo italiano e alla Nonviolenza).
Da sottolineare, infine, che è intenzione dell’ Autore di destinare gli eventuali ricavi economici al finanziamento di un pozzo per acqua potabile in Africa.
Francesco Pugliese
PAROLE DI CITTADINANZA.
GLOSSARIO DI DIRITTO ED ECONOMIA E PRATICHE DI CITTADINANZA.
Per i diritti dell’uomo e della Terra.
HELIOS-FUTURA,
Mattarello (TN), maggio 2022.
Linda Maggiori, con stile limpidissimo, e libero da velenosità di sorta, senza toni aggressivi o esacerbatamente iperpolemici, ci ha regalato un libro preziosissimo. Un libro che ripercorre gli ultimi orribili anni che siamo stati costretti a vivere, facendosi guidare da un sereno quanto fermo bisogno di verità, di logica e di apertura solidale verso tutte le vittime.
Il suo è un libro che può fare molto bene sia ai vax e filovax, sia ai novax, freevax e antivax: aiutando i primi a riflettere e a osservare quanto accaduto più in profondità, oltre i veli mediatici delle apparenze e degli inganni, senza pregiudizi, e senza sentirsi obbligati a dolorose abiure o a radicali apostasie; aiutando gli altri ad affrontare il peso umiliante delle vessazioni passate, presenti e future con un animo consapevolmente fiero, con il coraggio di chi desidera non cedere alle minacce e alla prepotente sottrazione di diritti, e con la fiducia incrollabile che, accanto a noi, lontano dagli schermi e dalle ribalte, c’è tanta gente simile a noi, e che siamo in tanti, e che non siamo necessariamente condannati al naufragio.
Il libro di Linda, insomma, è certamente un libro prezioso per capire di più e per capire meglio, ma è soprattutto un libro che, parlandoci con grande ricchezza di tante reali esperienze vissute, ci dimostra, in maniera convintissima e convincente, che è sempre possibile reagire all’oppressione, che è sempre possibile ribellarsi alla rassegnazione, che è sempre possibile trovare in noi e negli altri la luce e la forza necessarie per dire NO alla violenza, per difendere la propria dignità e per salvare dalla rovina i valori che più ci rendono umani: comprensione, dialogo, rispetto, compassione, solidarietà e affratellante empatia.
Linda Maggiori
Semi di pace!
La nonviolenza per curare
un mondo minacciato
da crisi ecologica, pandemia e guerra
Centro Gandhi edizioni