L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1420)

Free Lance International Press

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February 20, 2025

Da un nostro connazionale che risiede in Russia riceviamo la seguente lettera che condividiamo e volentieri pubblichiamo. Per motivi di opportunità tralasciamo nome e cognome del firmatario. 

 

"Egr. Dott. Virgilio Violo, spett. redazione, 

scrivo perché sono anche io basito dalle irresponsabili, oltre che false, dichiarazioni del sig. Mattarella. E tristemente impressionate sono tutte le persone, sia in Italia, che all'estero, con cui ho avuto modo di parlare.  

Sono sposato ormai da venti anni con una signora russa, di S. Pietroburgo, ed abbiamo una figlia di 16 anni. Io sono andato in pensione due anni fa, e ci siamo immediatamente trasferiti dall'Italia in Russia. Le motivazioni sarebbero degne di qualche riflessione, ma non è questo ora il motivo della mia lettera. Voglio solo aggiungere un punto che non ho sentito da nessuno: il sig. Mattarella, che non mi ha mai rappresentato, si rende conto della situazione in cui ha messo migliaia e migliaia di Italiani che vivono all'estero? Impossibile per ovvi motivi rispondere NO. E allora, se si rende conto di questo, con quale coraggio o diritto si permette di raccontare al mondo intero simili offensive bugie/baggianate? Dove pensava di essere mentre parlava ad una platea universitaria, fra "quattro amici al bar"? Noi siamo fortunati, probabilmente, dal momento che il popolo russo è molto, molto intelligente oltre che comprensivo! Sono un popolo serio. Sono un popolo. Gli italiani amano il popolo russo, ed i Russi ADORANO gli italiani e l'Italia! Persone adulte che senza alcuna necessità studiano nel tempo libero la (difficilissima) lingua italiana, frequentano circoli letterari dove si trattano romanzi di scrittori italiani, (in qualche occasione sono stato chiamato anche io a tenere qualche lezione in lingua italiana),  negozi,  locali, strade e piazze con nomi italiani o di italiani, o che richiamano l'Italia, e tanto altro ancora.

Quando giro per le strade di S. Pietroburgo, le persone che mi sentono parlare in lingua italiana, mi fermano continuamente, dicono qualche parola in italiano, mi dicono di essere stati, o di voler venire in visita in Italia! Mi fanno i nomi di luoghi, città... commovente! Non ho MAI percepito un sentimento di amore così forte, diffuso, concreto, vero, condiviso e spontaneo quale quello del popolo russo per gli italiani e l' Italia! Come calpestare tutto questo? Perchè? Per dei "giochi politici/economici di potere" che non  riguardano in alcun modo gli italiani? Come questo signore, che evidentemente non conosce la storia recente dell' Italia, ma messo lì da qualcuno nella carica più alta e rappresentativa del nostro bel paese, si può lasciare andare ad espressioni così triviali, false, volgari, offensive dei vivi e di ventotto milioni di morti? In nome di chi? Non in mio nome! E certamente non in nome di tanti, tanti italiani! Sig. Mattarella, si rende conto in quale situazione ha messo migliaia e migliaia di italiani che vivono all'estero? (a parte naturalmente la sua figura mondiale di palta...) Ci sarebbe qualcosa da dire anche sul "corazziere", e sul premio oscar ricevuto dagli ameri kani, per una falsa bandierina ameri kana messa sopra ad una gip in un suo film, ma sarebbe fuori tema qui. 

Saluti, 

un italiano che risiede in Russia.

 

P.S. La situazione degli italiani all'estero non è delle più felici, anzi... a causa delle insensate ed immotivate restrizioni verso gli italiani, di governo italiano, compagnie aeree, dogane, pensioni indebitamente trattenute dalle banche italiane, ed altro ancora, pertanto, qualora voleste citare pubblicamente questo aspetto che vi ho esposto, vi chiedo di farlo NEL MASSIMO RISPETTO DELLA RISERVATEZZA DEI DATI PERSONALI.

Grazie."

 

"

 

 

 

  Antonella Pagano

Quando il linguaggio poetico sa vestire la magìa del palcoscenico e il palcoscenico sa esaltarne la valenza letteraria e simbolica fino a far sognare il pubblico, è allora che accade quel miracolo che solo il teatro, dalla notte dei tempi, sa fare”, Così riferisce Antonella Pagano, autrice dell’Opera sul Normanno d’Altavilla. Il dono questa volta arriva anche per via degli interessi sociologici della drammaturga e poeta Antonella Pagano che collabora con Kinetès -spin hoff dell’Università del Sannio- per la “Poesia dei Territori fisici e dell’anima che da sempre la Pagano alacremente coltiva” e da cui nascono tutte le sue opere. Con lo sguardo sfaccettato generato dalla sociologia che s’è insinuata nella poesia e dalla poesia che s’è incastonata nella sociologia, la Pagano riesce a cogliere i più vari aspetti e il senso pieno delle azioni umane che traspone sulle sacre tavole, nelle incantate piazzette dei preziosi borghi italiani, sulle vette, solle torri come quella dell’orologio di Orsomarso, nei castelli, negli antichi bagli, nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle magioni, case nobili blasonate e case nobili per l’avvicendarsi di vite e storia. Chi è il Normanno d’Altavilla? Un fagiuolo, niente altro che un fagiuolo. Una storia affascinante quanto incredibile, soprattutto perchè vera. Dopo il sisma dell’ ’80, durante i lavori di restauro della Collegiata dell’Assunta, oggi Santuario Diocesano di Altavilla Irpina, l’archeologa Lucia Portoghesi recuperò e restaurò molti dei brandelli dei costumi e degli oggetti provenienti dai resti mortali di centinaia di defunti sepolti proprio lì. Tutto il materiale recuperato consentì di far nascere il “Museo civico della Gente senza Storia, MUGEsS” sul quale già cinque anni orsono la Pagano aveva scritto una prima sceneggiatura. Una collezione di rilevante valore storico e culturale di abiti, scarpe, bottoni, copricapi e altri accessori di fine Ottocento e inizi del Novecento è il patrimonio del Museo. Poi l’oggi.

E qui il colpo di teatro: nel panciotto di uno di quegli uomini sepolti oltre 200anni orsono, un uomo molto alto, perciò detto normanno, sono stati rinvenuti tre fagioli, forse un modo alternativo all’antichissima tradizione delle tre monete sepolte con il soggetto perché potesse pagare il pedaggio al traghetto per l’aldilà. Ebbene, i tre fagioli finirono ben tutelati dal bibliotecario Raffaele Sarti nel Centro di Documentazione della Media Valle del Sabato della Biblioteca Comunale dove rimase fino al luglio del 2018 quando il Sindaco Mario Vanni decise di farli studiare. Successivamente il Prof Roberto Papa del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche non solo li ha studiati, ma ne ha anche estratto il DNA. Ne seguirà la dettagliata scrittura del disciplinare fino alle sperimentazioni di rito e alla reintroduzione in coltivazione. Il GAL Partenio - grazie al progetto “Strategie di Sviluppo Locale Misura 16 Cooperazione” per il recupero e la valorizzazione del fagiolo tipico “Normanno d’Altavilla”- concretizzerà la nuova cultivar da impiantare nel territorio altavellinese. Un vero e proprio copione di produzione e immissione sul mercato, il palcoscenico della vita, dello storico fiabesco fagiolo. Come non poteva interessare una storia così originale, singolare, una storia che si è andata componendo lungo 200 anni e che si fa significante di tutto un territorio e di azioni umane scientifiche e avventurose da trasporre in trama per la pièce? Un fagiolo non più coltivato, ma riscattatosi con la narrazione di pagine che altrimenti non avremmo mai potuto conoscere, che adesso è coltivato e sul mercato si trova la prima raccolta 2024. “La promozione e valorizzazione del fagiolo normanno d’Altavilla è già di per sé un esempio virtuoso di quanto i patrimoni materiali e immateriali possano diventare volano di sviluppo dei territori” lo è di più quando una drammaturga e poeta lo trasforma in volano teatrale, incantevole ed emozionante racconto.

E la Pagano ha narrato ed ha fatto riflettere finanche a come sfugga pressochè a tutti che i primi ricettari culinari risalgano a donne, pressochè illetterate, che andavano a servizio nelle case nobiliari; popolane che ben sapendo di rischiare d’esser cacciate via, era questa la loro angoscia quotidiana, presero ad appuntarsi modi e tempi di cottura delle pietanze sì da poter apportare modifiche di volta in volta e non rischiare di annoiare i signori; la noia, quella noia, ossia l’assenza di varianti, sarebbe stata la causa della perdita del lavoro. Chi avrebbe mai pensato che proprio quei librettini con grafie approssimative e con ancora un più approssimativo italiano, con disegni sostitutivi di parole che ignoravano, sarebbero stati gli antesignani degli storici e famosi ricettari? Acerbe sceneggiature culinarie! E che la pièce della Pagano avrebbe portato i molti ospiti arrivati ne’ La Casa di Ilde a Morcone a farla -in un sol colpo- elegante Teatro-casa-residenza d’artisti e scrittori, con mura Sette/Ottocentesche, arrampicata nell’erta salita verso la piazza centrale della Morcone-capitale della Terra dell’antico popolo sannita; il popolo che prima di cedere e appartenere alla Provincia romana, seppe per ben due volte sconfiggere il potente esercito romano. Lo stesso esercito che umilio’ con le forche caudine! Come poteva l’indagine di questo universo non rientrare fra gli interessi della Pagano e dei tanti convenuti da tutto il circondario, oltre che da Napoli, Salerno, Benevento, Caserta, ma anche Londra e l’Australia, con i Sindaci della stessa Morcone e di Altavilla Irpina, con il Console del Touring Club Campania, l’Università del Sannio, Kinetès, il Gal Partenio? La curiosità di scoprire quale fosse il comportamento dei grandi della letteratura verso il cibo, quali i grandi nomi che hanno portato in Francia l’invenzione del gelato (fu Messer Ruggieri che in Francia appunto andò con Caterina de’ Medici) sbalordendo l’intera nobiltà parigina…e via di seguito; la considerazione più volte confermata che cibo e storia s’intreccino fra loro ed intrecciano la storia delle varie nazioni e Paesi; che le influenze e le contaminazioni arricchiscono enormemente e che delle celeberrime multietniche tavole imbandite di Federico II di Svevia la Pagano ha narrato nell’altra sua Opera teatrale: ”Eva e la minestra del paradiso”? E che in questo caso, la Prof.ssa Rossella Del Prete dell’Università del Sannio, fondatrice di Kinetès, Arte, Cultura, Ricerca e Impresa, abbia realizzato una vera e propria plaquette per pubblicizzare la serata ma anche per continuare a scrivere la storia del MuGesS, Museo della Gente senza Storia di cui è Direttrice Scientifica; ed abbia fatto nascere il Fagiolo porta fortuna di cui è stato fatto dono a tutti i presenti. “Il tempo non è mai tiranno poiché ciò che prende oggi può riportar fiorito a noi dopo qualche anno, così è arrivato il Fagiuol Normanno” -è il motto estratto dalla pièce della Pagano che accompagna il piccolo scrigno nel quale son custoditi tre piccoli “Fagioli Normanni d’Altavilla che mai si sarebbero pensati così tanto nobilitati”. Per la cronaca va detto che tutti gli ospiti son rimasti senza parole e con l’acquolina in bocca subito soddisfatta, atteso che la pluristellata Chef Annamaria Mastrantuono – “straordinaria interprete contemporanea delle storiche tavole imbandite con i prodotti tipici più prelibati e simbolici”- ha pensato un’intera cena in cui tutte le pietanze hanno avuto a base il Fagiolo, ulteriormente nobilitato dalla Pagano che ha composto la Carta del Menù in latino e che in futuro provvederà a trasporre nell’alfabeto Osco; “anche questa notizia è poco nota: che il popolo sannita si fosse dotato oltre che di un esercito efficientissimo, anche di un alfabeto”.

La storica-teatrale-serata è stata degna dell’Opera che la Pagano, in onore del divin poeta, ha intitolato “Convivium” il cui prologo dice:” …ma è Dante, il divin poeta che c’illuminò riguardo al banchetto di sapienza in cui le vivande son le canzoni… letterarie e il pane son fragranti fette di commenti in prosa. Nobili d’animo siano dunque i convitati, e ben selezionati, siano essi donne che uomini tutti affamati, si, di sapere. Laici tutti che parlino il volgare (fino a quel momento usato solo nella poesia amorosa) or -per la prima volta- Dante l’usò per l’opera dottrinaria, il Convivium per l’appunto. Insomma la Pagano ha posto in essere una Pièce-Banchetto-Sapienziale in cui ha rammentato che il divin poeta chiarì il ruolo dell’intellettuale: ammaestrare, ammaestrare e divulgare conoscenza ed esperienzeinducere li uomini a scienza e vertùsicchè dal Mollis hummus fabae alla pasta cum antiquis granis, alla faba pulventi  e fino alla secunda mensa… il Fagiuol Normanno d’Altavilla s’è fatto gustare anche dalle papille, oltre che dalle orecchie, ed ha insegnato pure che la pazienza premia, saranno occorsi 200 anni, la resilienza di tre fagioli e la passione d’una archeologa, la cooperazione illuminata di tanti attori sociali e il tempo gentiluomo che ha fatto il resto, ha restituito un tesoro che farà crescere economia e turismo mentre il Teatro porgerà la fabula creando la magia …che sol le parole ben composte e una voce ben ammaestrata sapranno porgere al mondo quello di cui ha bisogno, l’incanto di fiabe che si fanno realtà, e la Pagano ha proprio questa qualità. La pièce è stata preceduta dalla Prof.ssa Del Prete che ha architettato l’evento, quindi la dettagliata esposizione delle notizie storiche a cura del giornalista Roberto Vetrone, mentre il Sindaco di Morcone, Luigino Ciarlo e il Sindaco di Altavilla Irpina, Mario Vanni con l’annuncio delle azioni positive di sviluppo dell’entroterra sannitico; l’esponente del Touring Lorenzo Piombo ha enunciato la nuova visione dei Territori alla quale il Touring intende informare tutte le proprie azioni. Sicuramente il Teatro della Pagano fa della “Poesia dei Territori” una formula vincente da tutte le prospettive, anche quella di servizio al territorio. 

 

 

L’innovativo progetto di inclusione promosso dalla Fondazione Monticolo&Foti di Trieste e finanziato dal Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, presentato di recente nella Sala Tessitori della Regione, sarà motivo di promozione della Regione. 

 

Il progetto ha offerto l’opportunità a un gruppo di ragazzi con disabilità cognitive di raccontare e promuovere il Friuli Venezia Giulia attraverso la realizzazione di un video del territorio denominato “FVG con i miei occhi”.  Affiancati dal video maker professionista Hari Bertoja, che ha curato regia e montaggio, i giovani partecipanti hanno esplorato diverse località della Regione, documentandole con i loro occhi e il loro punto di vista unico. Hanno partecipato attivamente sia come registi sia come attori, contribuendo in prima persona alla creazione di un prodotto audiovisivo che valorizza il territorio e ne promuove l’accessibilità. 

"Questo progetto rappresenta per la Fondazione Monticolo&Foti un'opportunità straordinaria per dare voce a chi spesso non ce l'ha, utilizzando strumenti innovativi e creativi per promuovere l'inclusione e creare nuove opportunità di lavoro per le persone con disabilità." ha dichiarato Andrea Monticolo, Presidente della Fondazione. 

L'evento di presentazione ha visto la partecipazione di autorevoli rappresentanti istituzionali e del mondo dell’inclusione. Mauro Bordin, Presidente del Consiglio Regionale del FVG, ha sottolineato: "Il sostegno a progetti come questo è fondamentale per costruire una società più equa, dove ogni individuo ha la possibilità di esprimersi e contribuire attivamente alla crescita della comunità."

Alessia Del Bianco Rizzardo, referente per il turismo accessibile di PromoTurismoFVG, ha evidenziato l'importanza dell'iniziativa nel contesto regionale: "Il turismo accessibile è un tema centrale per la nostra Regione, e raccontarlo attraverso gli occhi di questi ragazzi ci permette di migliorare e ampliare le opportunità per tutti." 

Il regista del progetto, Hari Bertoja ha raccontato l’esperienza con i giovani protagonisti: "Lavorare con questi ragazzi è stato un viaggio straordinario. Hanno dimostrato creatività, entusiasmo e una capacità di narrazione che ha reso il video un'opera autentica e potente." 

Il valore sociale dell'iniziativa è stato ribadito anche da Marco Tortul, Presidente della Consulta Territoriale delle associazioni delle persone con disabilità della provincia di Trieste: "L’inclusione passa attraverso la cultura e la creatività. Questo progetto dimostra come il punto di vista delle persone con disabilità possa ampliare gli orizzonti di tutti, offrendo nuove chiavi di lettura della realtà. Il linguaggio audiovisivo, in questo caso, si rivela uno strumento potente per abbattere barriere e creare nuove opportunità." 

Il video ufficiale che verrà inserito per promuovere la Regione e un appassionante video di backstage che racconta il dietro le quinte del progetto sono stati proiettati durante la presentazione del progetto. Successivamente, a riconoscimento del lavoro svolto dai sei giovani autori del video: Maja Borrometi, Miguel Fonda, Davide Della Valle, Filippo Monticolo, Anderson D’Orlando e Alessandro Perugia, è stato conferito loro un premio che ha esaltato l’impegno, la loro creatività, la determinazione e il talento esternati per l’esito di un video che in un minuto o poco più celebra le doti dei giovani interpreti che presentano con orgoglio la loro Regione. La platea dei presenti ha coperto l’emozione con uno scroscio di applausi. 

www.fondazionemonticolofoti.it     

 

February 16, 2025

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Centosedicesimo notiziario settimanale di lunedì 17 febbraio 2025 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

* Dopo che per mesi i media occidentali mainstream ci hanno deliziati con le loro elucubrazioni circa un presunto incontro di Trump e Putin, che in realtà non è mai avvenuto, se non durante il primo mandato di Trump negli anni ‘10, ora ha avuto luogo una conversazione telefonica tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che gli stessi media definiscono candidamente come “inaspettata”.

* In epoca relativamente recente, circa due secoli fa, la Penisola era suddivisa in diversi Stati. E’ sufficiente ricordare che erano attive Ambasciate e altre rappresentanze diplomatiche russe sia a Roma, allora capitale dello Stato Pontificio, sia a Firenze, centro amministrativo del Granducato di Toscana, così come a Torino, presso la corte sabauda, e anche a Parma; inoltre, fino alla fine del XVIII secolo, le Ambasciate e le rappresentanze diplomatiche russe furono presenti anche nelle Repubbliche di Venezia e di Genova. Ma i suoi legami più stretti, l’Impero di Pietroburgo li intessé proprio con Napoli.

* Si sta diffondendo la sensazione che la leadership dell’UE sia completamente slegata dalla realtà e dal suo popolo. Mi vengono in mente varie saggezze popolari, tipo “raglio d’asino non sale al cielo”.

* Sin dal 2014, subito dopo il golpe incostituzionale di Euromaidan a Kiev, gli ucraini hanno colpito con artiglieria pesante scuole, ospedali, asili, case, edifici civili. Si è mirato di proposito ai servizi sociali essenziali come acquedotti e impianti energetici. Non stiamo parlando di obiettivi militari – per così dire “legittimi” – ma infrastrutture civili. Con un impatto che ricorda vivamente le immagini delle battaglie della Seconda Guerra Mondiale di cui il Donbass ha ancora indelebile memoria viste le atrocità compiute dai nazisti.

* Il Ministro degli Esteri italiano, nel commentare la conversazione telefonica avvenuta tra il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin e il Presidente degli USA Donald Trump, ha espresso il parere secondo cui l’Europa non dovrebbe rivestire un “ruolo di secondo piano” nei negoziati per l’Ucraina.

* Il presidente della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza antifascista, normalmente taciturno e misurato, è andato veramente fuori dalle righe, paragonando la Russia al Terzo Reich. Non sto a riportarvelo, non avete bisogno di questo notiziario per trovarlo. Invece, è importante la reazione della Russia, per bocca della portaparola del ministero degli esteri russo Marija Zacharova.

* E non finisce qui. Chiunque abbia solo scorso i media italiani mainstream avrà notato la canea sollevata, una levata di scudi, del tipo “come si permette?”. Beh, si permette eccome, giustamente. O è lesa maestà?

* Mattarella ha detto che non c’è più stata una guerra in Europa in settant’anni. A parte le guerre scatenate in altri continenti, verrebbe da ricordare la Jugoslavia. Mattarella era il vicepresidente del consiglio dei ministri italiano.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

https://rutube.ru/video/1992edfd50cac871fbe25f77eae195d7/

February 15, 2025

 

Amo Carlo Verdone, ho visto tutti i suoi film. Alcuni sono dei veri e propri cult divertenti, toccanti e a tratti anche drammatici.

Ha ben ventisette film all’attivo, forse non tutti allo stesso livello, ma Carlo rimane un’icona del cinema italiano.

È indubbiamente una scelta rischiosa riproporre un film divenuto parte del nostro bagaglio culturale, con il quale molti di noi sono cresciuti. Non so cosa abbia spinto Giancarlo Fares e Sara Valerio a proporre, e in parte personalizzare, una pellicola ormai storica; se sia stata una scelta affettiva o commerciale, oppure pensata per invogliare il pubblico più pigro e meno propenso a frequentare il teatro. Credo che in questo siano riusciti appieno, vista l’alta affluenza di spettatori.

Lo spettacolo è liberamente tratto dall’omonimo film. Nonostante le battute che il pubblico conosce bene e si aspetta, pronunciate in coro dagli attori, ho avvertito una certa amarezza che pervade questa réunion, per certi aspetti più chiara ed incisiva rispetto a quella del film.

Il tempo, come ricorderete, segna tutti i protagonisti che, attempati, si ritrovano dopo gli anni spensierati della gioventù a una rimpatriata e dietro l’allegria nascondono una certa dose di tristezza.

Tutti portano con sé le cicatrici della vita e l’ombra pesante dei fallimenti, sia professionali che umani. Qualcuno ha mancato tutti gli obiettivi della vita, altri hanno fallito come esseri umani nonostante una brillante carriera. Poveri d’animo e irrisolti, si nascondono pirandellianamente dietro una maschera che presto si sgretola davanti agli altri.

Questo era ciò che spiccava nel film e che ritroviamo in questa proposta: opportunismo, egoismo, superficialità, immaturità… insomma, un gruppo di eccentrici subumani, a parte qualche eccezione.

 

La commedia ricrea la stessa nostalgia aggiungendo una buona dose di ironia pungente che spinge a fare una profonda riflessione su quel che resta dell’amicizia, ma anche sul tempo passato e su come abbia lasciato segni tangibili nei comportamenti e atteggiamenti fastidiosi e stucchevoli.

Sono passati oltre trent’anni dall’uscita del film e “Compagni di scuola” rimane attuale. La sceneggiatura vivace e brillante rimane godibile grazie ad un susseguirsi di scene divertenti e paradossali, dialoghi irriverenti e pungenti con personaggi talmente riusciti da essere divenuti memorabili.

Diverse generazioni di spettatori possono riconoscersi nelle dinamiche, negli atteggiamenti, nelle esternazioni ed essere toccati dai temi trattati legati alla crescita e all’identità, lasciando spazio a riflessioni spesso amare sui protagonisti per i loro discutibili comportamenti anche troppo realistici, che vediamo affogare nei loro sogni irrealizzati.

Si muovono tra amicizie che si rivelano sterili se non tossiche, mostrando una serie di non risolti che questa sera vengono riproposti con la stessa ironia e con battute efficaci che strappano risate ed applausi ma lasciano un forte retrogusto amaro per la storia.

Lo spettacolo teatrale vuole riproporre l’essenza del film attualizzandolo attraverso riferimenti più moderni e riportandolo in vita con attori completamente diversi da quelli che interpretarlo i personaggi di allora.

La regia ha voluto mantenere alcune caratteristiche più spiccate, permettendo però agli artisti una certa libertà nel personalizzare i propri ruoli.

È il caso della bravissima Emy Bergamo, in cui non si possono non riconoscere alcuni aspetti che ricordano fortemente l’interpretazione di Nancy Brilli, la padrona di casa.

Dopo un corposo assaggio, dà una svolta al suo ruolo, si stacca dal fantasma di Nancy rendendo il suo personaggio più genuino e personale.

È sua l’apertura dello spettacolo in cui la vediamo esibirsi in un leggiadro balletto che lascia trasparire tutto il dolore, la rabbia e la cocente sconfitta inflittagli dalla vita.

Forse organizza questa réunion per tirare le somme della sua esistenza, o forse per lenire quel dolore constatando che anche gli altri non hanno incontrato una sorte migliore. Deliziosa e prorompente.

Personaggio riuscitissimo è quello proposto da Stefano Ambrogi, un interprete perfetto per la figura del macellaio spocchioso e vanitoso, ruolo che fu di Angelo Bernabucci venerato nei luoghi di lavoro di mezza Italia, dove le sue sagaci battute ormai divenute storiche vengono scambiate tra colleghi. Stefano ha una grande personalità ed esuberanza molto apprezzata dal pubblico italiano. Un capace attore e una persona in antitesi con il suo personaggio, perché molto solare e simpatico. Un vero ladro della scena.

Il triste personaggio rappresentato da Christian De Sica viene interpretato da un Matteo Cirillo come al solito esplosivo ed esuberante, con una personalità ed indole tempestosa che cancella quella triste e frustrata del suo omonimo, dandogli un taglio molto più comico e simpatico. Matteo dà ancora prova di saper caratterizzare i suoi ruoli.

Marco Blanchi veste i panni che furono di di Alessandro Benvenuti; si tratta del personaggio che finge una paresi presentandosi su una sedia a rotelle. Più che riuscito nel suo antipatico e poi nostalgico ruolo. Movenze ed atteggiamenti sono ben interpretati e in linea con quelli del film, se non anche più fastidiosi ed odiosi.

Annalisa Favetti interpreta la figura che fu di Eleonora Giorgi; si presenta un po' svampita e smemorata, ma a tratti sa come essere pungente per poi nascondersi di nuovo nella sua ingenuità. Con capacità recitative indubbio gioca sui due lati caratteriali, arricchendo il personaggio e rendendolo brillante ed originale.

Leonardo Bocci è nei panni di Piero Natoli, quello che cerca di recuperare il rapporto con l’ex moglie. Di conseguenza in questa pièce si affianca opprimente Annalisa Favetti. Sfuggevole, come un cane bastonato cerca di rientrare nelle grazie della sua amata attraverso una fallimentare insistenza. Leonardo Bocci è un attore di carattere e talento che stimo e apprezzo molto e che avrei sfruttato meglio in questa parte. 

Viene relegato ad un ruolo che a mio avviso ne imprigiona indole ed esuberanza di cui è piuttosto ricco. Chi lo conosce sa di cosa parlo.

Gigi Palla è nel ruolo del logorroico Luigi Petrucci; qui si presenta scapigliato, dolcissimo e simpaticamente chiacchierone, sembra quasi la controfigura di Einstein con il suo aspetto buffo. Molta attenzione è affidata a questo personaggio effervescente.

Sara Valerio è nei panni di Athina Cenci, la psicologa del gruppo. È una delle figure che si discosta di più, a parte alcune battute, dal film. Sara gli dona un taglio molto più personale, abbandonando buona parte di quello che caratterizzava quel soggetto.

Una scelta coraggiosa che ridisegna quel ruolo.

Pietro Romano invece è l’alter ego di Carlo Verdone, ma mostra un approccio completamente differente dal personaggio originale e ci regalerà un monologo finale piuttosto toccante e ben interpretato che chiuderà lo spettacolo. Dolce, timido, insicuro, meno comico ma più umano e profondo.

Stefano Thermes è sicuramente il più odiato; reso ancora più viscido dell'originale da Massimo Ghini, è il politico senza scrupoli dagli atteggiamenti altezzosi, gli stessi riproposti da Stefano, con i quali sarà in grado di infastidirvi quanto basta. Personaggio sicuramente riuscito.

Ultima, ma solo per ordine di apparizione, è la dolcissima Marta Gagliardi nel ruolo di Natasha Howey, la ragazza impacciata e timida che subisce le moleste attenzioni del politico. Dolcissima come lei, si muove timidamente come nel film. È come un pesce fuori d’acqua tra quei miseri esseri, è l’unica che nonostante l’età dimostra di avere moralità. Deliziosa.

Il tutto si svolge in due atti: il primo più lento, preparatorio; il secondo più dinamico e movimentato. La scenografia ben curata nella prima parte ripropone il giardino della grande casa, nella seconda la spiaggia antistante la villa. Questa trasformazione è molto efficace e suggestiva come lo sfondo, che riproduce un cielo terso che cambia di colore a seconda dell'orario.

Le scene si susseguono a ritmo di battute e confessioni, in alcuni momenti la scenografia viene inghiottita dal buio per illuminare solo quella porzione del palco che vuole immortalare gli attori in azione.

Per il resto dello spettacolo rimane sempre affollata, aggiungendo un’altra particolarità: mentre si svolge la vicenda principale che focalizza l’attenzione dello spettatore, gli altri continuano nelle loro facezie come contorno attivo ma in sordina, animando sempre il contesto. Le luci svolgono un ruolo determinante in questo, piacevole la scelta dei brani musicali che fanno da sottofondo.

Nonostante i protagonisti sono della stessa generazione, non tutti gli attori rispondono alla caratteristica di avere la stessa età. Ma devo dire che grazie alle capacità del cast, i più neanche abbiano notato questa forzatura.

Uno spettacolo per chi vuole rivivere il film attraverso un'esperienza diversa.

 

 

Teatro Nuovo Orione

“Compagni di scuola”

Liberamente tratto dall’omonimo film di Carlo Verdone

Diretto da Giancarlo Fares Prodotto da Lea Production, Adattamento di Sara Valerio

Con: Stefano Ambrogi, Emy Bergamo, Sara Valerio, Gigi Palla, Marco Blanchi, Annalisa Favetti, Leonardo Bocci, Matteo Cirillo, Stefano Thermes, Pietro Romano e Marta Gagliardi.

 

 

February 11, 2025

Fabio Visintin, illustratore, autore di strisce a fumetti e graphic novel, porta in scena, come Graphic Theatre Painting, insieme alla Compagnia Bolero, la sua acclamatissima “Odissea narrata allo sguardo”, già alla seconda edizione. Nella veste di Omero, accompagnato da Calliope, sua Musa, interverrà nelle scene salienti, dipingendo dal vivo l’azione, dando anima e respiro profondo ai sentimenti dei protagonisti, e una spiegazione più profonda della poetica e della psicologia dei colori: Apertura del rito e Calipso: turchese; Tempesta di Poseidone: ottanio; Sirene che arrivano dagli abissi: verde smeraldo; Strage dei Proci: rosa carne; Partenza di Odisseo con remo e sale: bianco; Chiusura del rito: giallo paglierino. 

Di che cosa parla l’Odissea lo sappiamo tutti, ma questa è la storia di una traversata a ritroso nel tempo. Un viaggio per mare rivissuto da un Odisseo già avanti negli anni, dall’Ade. Ma è anche un ribaltamento. E’ la storia delle donne del ritorno. Donne che lo hanno avuto, che lo hanno protetto, amato, tentato, posseduto. Donne che continuano a parlarci a 2500 anni di distanza. Chi sono? Tante, tutte. Ieri come oggi; uno ieri che ci appartiene da secoli, più giovane di oggi.  Calliope, Atena, Circe, Calipso, Nausicaa, Arete, Penelope, Euriclea, Aglaia, perfino le Sirene. Nomi di donne che tornano a trovarlo, simili a risacche, impresse nella memoria dell’acqua, nello sciame di voci, di echi, nell’improvviso scintillio di presenze davanti a un Eroe solo, smarrito, provato. Richiami nelle raffiche di vento, orme che il mare ha cancellato, onde lunghe di canti, frammenti di vita, che si accendono come lampare sul mare. Donne che lo hanno vissuto, sofferto e perduto. Perché anche Penelope lo perderà. Dopo averla riabbracciata, ripartirà per andare a scoprire che cosa c’è oltre le Colonne d’Ercole. Per la sua spaventosa voglia di riprendere il mare. E’ il senso di Odisseo il mare, cioè, l’inconoscibile, l’alterità, il viaggio. Lui sa che c’è la fine, lo sa dall’inizio. L’importante della fine è che sia bella, mai banale. Combattere contro i nemici, combattere per amore e finire. Tornare.

Quanto tempo riesce un uomo a stare con le cose che ama? E soprattutto perché accontentarsi e smettere di cercare? La vita di un uomo non si ferma. Odisseo è tutti noi. Un uomo che perde e si rialza, che sbatte contro il dolore e lo supera. Odisseo è la capacità immensa di continuare. Ci sono due modi di concepire il mondo: la terra e il mare. La terra è permanenza: ci stai, ti fermi, non ti muovi. La terra la comanda la donna. Il mare è maschio: insicurezza, incertezza, dubbio. Il mare è la metafora del cuore, come la terra lo è dell'anima. Il mare è Arte, non sai mai dove ti porta. Odisseo non lo sapeva dove finiva il mare, però doveva andarci dentro. Sempre. Non gliene importava nulla della certezza. Aveva la straordinaria capacità che hanno gli uomini veri: non sapere mai se vinci o perdi, mettersi in gioco sempre, e affrontare l’ignoto. Questa è la Bellezza. E quando la Bellezza raggiunge la vastità, suona: potente, poetica, sovrumana.

 

LE MAPPE EMOTIVE DEL VIAGGIO

Quando non si hanno parole per dire la vita, si dice che la vita è un’Odissea. E ognuno aspetta un ritorno.

Fin dalla prima battuta dello spettacolo, lo spettatore resterà in attesa, scegliendo il personaggio che gli è più affine e inevitabilmente verrà messo in atto dal racconto. Proveremo a sentire l’ebbrezza del mare, lo spettacolo del mare. Oseremo il tuffo, ci inabisseremo, affronteremo le grandi domande.

Siamo sul ponte di una nave, le vele sono issate, le reti stanno asciugando sul ponte, e tutto è pronto per partire. Ad accompagnarci nella traversata sarà Omero, accompagnato da Calliope, la Musa che aprirà e chiuderà il rito della scrittura, del racconto e del Nòstos, il ritorno.

L’opera inizia dove finisce l’Odissea. Sono passati molti anni e Odisseo, invecchiato e spinto dalla nostalgia, immagina di riprendere il mare con i suoi vecchi compagni e di rivisitare i luoghi delle sue avventure.

Salire a bordo per questa traversata significa immergere le mani nella vastità, perdere la rotta, disorientarsi, perdersi, sentirsi stranieri in terra straniera, su una zattera di fortuna, storditi dal niente che ci circonda, e poi tentare l’approdo, per poi ritrovarsi.

Ci sono molte analogie con il presente, le guerre, le partenze, gli addii, la tempesta, il silenzio. Ci sono libecci di domande sul qui e l’Altrove. Poi s’affaccia il tema del tramonto dell’immagine paterna che toglie dal piedistallo il mito del padre-padrone. Il suo tempo è esaurito, scaduto. In questo contesto la figura di Telemaco è un punto-luce: mostra l’impossibilità di separare l’ereditare dal riconoscimento d’essere figli. Telemaco cerca il padre come una speranza, come la possibilità di riportare la Legge della parola sulla propria terra. Prega affinché il padre ritorni dal mare con la speranza che vi sia ancora una giustizia giusta per Itaca. La domanda di padre nasconde sempre l’insidia di coltivare un’attesa infinita di qualcuno che non arriverà mai. Nessun Dio-padre ci potrà salvare: la nostalgia per un padre-eroe è sempre in agguato! Dal mare non tornano flotte invincibili, uomini-dei, ma solo frammenti, pezzi staccati, padri fragili, vulnerabili, nuovi signori dal sorriso gentile, poeti, migranti, semplici testimoni di come si possa trasmettere ai propri figli e alle nuove generazioni la fede nell’avvenire, il senso dell’orizzonte, una responsabilità che non rivendica alcuna proprietà.

Questo Nòstos imbarca Nostalgie, la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare, e lascia una scia di memorie e sogni. Gli echi si rincorrono una volta abbassata la soglia della veglia, la mente divaga e gli incontri si mescolano in un impasto che sfugge all’analisi, ma forse non alla meraviglia. Ogni storia, ogni personaggio, affiora dalla narrazione di altri autori, dalle emozioni e dal vissuto di altre menti, rivelazioni di differenti anime, che tessono la memoria del tempo: ogni storia è un viaggio a sé, ma tutte le voci si intrecciano tra loro con rimandi e dissonanze, che confluiscono nello stupore e incantamento del canto finale delle Sirene, che parlano di noi.

Un canto comune che parte dall’epos di Omero, attraversa i secoli e il sentire di molti cantori, per arrivare a noi e coinvolgerci nell’attesa, unico luogo in cui la felicità può esistere, come speranza di un piacere futuro.

Una grande rete che unisce Odisseo alle donne che ne sono travolte in modo fatale, divino, disperato. Totale, come può essere totale l’amore di una donna innamorata, che è insieme fanciulla, maga, madre, sposa, musa, dea, ninfa, nutrice, tessitrice e sirena. Donne che contengono l’Ego e l’Ombra, per le quali Odisseo rimane affascinato da qualcosa di estremo, di straziante e di passionale. Lui, l’Uomo che nessuna vorrebbe perdere, preso nella rete della seduzione, che sa perdere e ricominciare; l’Eroe squisitamente umano, assalito dal dubbio, ha paura, si mette alla prova, indaga, guarda lontano e va oltre il conosciuto. E’ l’Eroe circonfuso di Eros, per questo divino, consapevole del proprio destino, della vita come compito. E’ l’uomo che riannoda i fili strappati della tela, e piange con l’anima lacerata. E attende. Attende come Penelope, che tesse e disfa la sua tela enorme. Tesse la tela e tesse l’inganno. L’intelligenza, la furbizia, il temporeggiare, sono doti e strategie pari a quelle del consorte. La sua tela anticipa, come una profezia, la futura strage dei Proci. La tela ha per sorella la rete. "Trama invisibile di legami afferra tutto e non si lascia afferrare da niente". La rete è fatta di fili magici. Il loro intreccio invisibile permette al pescatore di ingannare i pesci. I buchi nell'intreccio sono migliaia di occhi in agguato alla preda. In questo intreccio è in causa il destino dei mortali. La tela di Penelope si è rovesciata magicamente nella rete di Odisseo.

“L’uomo del lungo viaggio” non insegue la gloria, vuole solo tornare in patria. La domanda principale che pone a se stesso è “Perché sei venuto al mondo?”, e per ogni tappa, ogni porto, una donna gli consegna una risposta. Omero chiede all’uomo Odisseo, al ragazzo Telemaco, al lettore - e noi la domanda la rimandiamo al pubblico - “Perché sei venuto al mondo?”. L’Odissea è cominciata con: “Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto vagò, dopo che distrusse la Rocca sacra di Troia...”. Chi è la Musa? Calliope, figlia di Memoria e di Zeus, padre degli Dei e degli uomini, colui che stabilisce le cose così come sono. E Memoria chi è? I Greci le danno una forma divina: è il principio vitale, perché è ciò che vince la morte. 

     

TITOLO:   FRAMMENTI DI ODISSEA: LE DONNE DEL RITORNO

ACTION THEATRE PAINTING: FABIO VISINTIN

GRAFICA: STUDIO VOX VENEZIA

REGIA:    PATRIZIA MASI

LIGHT DESIGNER &SOUND ENGINEER: SOUNDTHINGS di ANDREA BITTI

DURATA: 1’40’’

PRODUZIONE:  BOLERO

CAST:

OMERO, Fabio Visintin

CALLIOPE, Paola Zoffoli

ODISSEO, Lello Somma

ATENA, Francesca Visintin

CIRCE, Maddalena Fierro

CALIPSO, Brenda Monticone Martini

NAUSICAA, Erica Le Donne

PENELOPE, Patrizia Masi

ALCINOO, Norberto Faleo

ARETE, Elena Konoplyova

SIRENE, Tutte

EURICLEA, nutrice – Annetta Filippetti

 

 

 

 

February 10, 2025

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Centoquindicesimo notiziario settimanale di lunedì 10 febbraio 2025 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

* Il 2 febbraio 2025, in occasione dell’80° anniversario della morte di Fëdor Poletaev, partigiano sovietico che prese parte alla Resistenza italiana, a Cantalupo Ligure, nonché al Cimitero Monumentale di Staglieno di Genova, si è svolta una cerimonia con la deposizione di corone di fiori. Dall’intervento di Aleksej Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russa in Italia.

* Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha detto che “Il partenariato tra Regno Unito e Ucraina risale a migliaia di anni fa”.

* Durante un incontro con il presidente russo Vladimir Putin, il primo ministro Michail Mišustin ha presentato un rapporto sullo sviluppo economico del Paese relativo al 2024.

* La Russia aiuta la fraterna Slovacchia a far fronte alla crisi energetica, causata dalla decisione del regime ucraino di vietare il transito di gas russo attraverso il suo territorio.

* La Groenlandia, da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca, è al centro delle cronache internazionali. Il presidente degli USA non aveva infatti escluso l’uso della forza per prendere il controllo dell’isola che fa parte del Regno di Danimarca (pur con notevoli autonomie) e che ospita basi statunitensi fin dagli anni ‘50 del secolo scorso.

* Vincenzo Lorusso a Makeevka.

* Ogni tanto, vi ripropongo l’inno della Federazione Russa, che si presta bene a innumerevoli interpretazioni.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

RuTube (https://rutube.ru/video/bab2da3cd73cbf94a3233b2cc0971dff)

February 07, 2025

 

Al cinema Nuovo Aquila è stato presentato il film N.E.E.T.  acronimo di Not in Education, Employment or Training. Si tratta di un indicatore che individua la popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.

Per affrontare la situazione divenuta insostenibile il nuovo Governo italiano, attraverso la ministra Ginestra (la piacevole e risoluta Caterina Murino), decide di reintrodurre la leva obbligatoria per impegnare i giovani e spronarli a trovare al più presto un’occupazione.

Così diversi ragazzi vengono immediatamente arruolati e spediti in una caserma in Puglia, la Enrico Bruna. Loro sono Mozart (un riuscitissimo Daniele Locci), a cui piacerebbe fare il direttore di coro dopo un tentativo all’estero miseramente fallito; Barabba (un travolgente Daniele Trombetti), tassista abusivo che ha come padre Stefano Ambrogi che ci regala due gradevoli apparizioni; Flavia (l’intraprendente ed amabile Chiara Vinci), che vorrebbe investire su un terreno avuto in eredità per impiantarci una coltivazione di canapa, che a dispetto  di quello che si potrebbe immaginare, serve per produrre plastica biodegradabile; e Arcari (il delizioso Maurizio Bousso), che finge di frequentare l’università.

La caserma appare come una struttura dall’architettura tipicamente fascista, ma dalle parole che ho scambiato a fine proiezione con il regista Andrea Biglione ho saputo che in realtà si tratta di un ex convento a cui è stata aggiunta, nella fase post produzione, l’intitolazione con i caratteri tipici del Ventennio, semplicemente come tributo ad un suo avo.

In questo luogo austero situato ad Ostuni i ragazzi troveranno un Maggiore (il buffo Fabrizio Biggio), una figura non propriamente marziale, e il Sottoufficiale Ferretti, una versione ironica del sergente Hartman di “Full metal jacket” (lo strepitoso Pietro De Silva).

I giovani hanno un mese di tempo per trovare un escamotage ed evitare il servizio militare trovando un’occupazione. Senza arte né parte, si uniscono per aiutare Flavia ad attuare il suo piano imprenditoriale all’interno dell’azienda ridotta ad un rudere a pochi chilometri dalla caserma.

Durante i lavori preparatori del terreno, i ragazzi rinvengono una borsa sepolta al cui interno c’è un miliardo delle vecchie lire; peccato che questa valuta sia carta straccia, ormai fuori corso da parecchi anni. Allora decidono di avviare un crowdfunding, cioè una raccolta di fondi tramite una piattaforma digitale.

Ma è durante questo primo mese che i nostri protagonisti, costretti ad uscire dalla loro vita ovattata, scoprono realmente se stessi e cominciano a scegliere la loro strada.

Questo è ciò che il film presenta: una gioventù persa, senza punti di riferimento, che vive alla giornata e si ritrova in una condizione di costruzione insieme ad individui in cui si riconosce, si fonde nel gruppo, unisce le forze e trova la spinta per crescere, migliorarsi ed emanciparsi. In questo racconto la Naja, dimenticata da anni dal cinema (è dal 1985 che la leva non è  più obbligatoria), non viene rappresentata in maniera  negativa, almeno per come la ricordano quelli della mia generazione, anzi, rappresenta un punto di svolta, uno strumento di incontro, e stimolo a lasciare il nido e a spiccare il volo.

Barabba si innamorerà dell'attivista Ilaria (un’incantevole ragazza piuttosto ribelle interpretata da Celeste Savino), che protesta contro la leva obbligatoria insieme al suo collettivo in lotta per ottenere un reddito universale. Mozart coronerà in parte il suo sogno è dirigerà un coro di anziani (tra cui c’è  anche la cantante Mietta che nella storia ha una dolce nipote, Giulia Cavallo, che fa girare la testa a Mozart), per fare bella figura con la ministra Ginestra in visita alla caserma. Arcari, ricevendo la fiducia che gli era mancata in famiglia, inizia a trovare la sua dimensione nel mondo militare. Lui è adottato, vista l’origine africana e i genitori interpretati da Paolo De Vita e Nadia Bengala.

Oltre a loro c’è una pletora di ragazzi nelle loro stesse condizioni, tra cui Marta Filippi, Dino Porzio, Dario Bandiera, Alice Luvisoni e altri, che hanno storie di vita non dissimili da quelle dei protagonisti.

Il film è gradevole, non è critico né schierato. Propone semplicemente una storia di fantasia che lascia spunti di riflessione. I personaggi, seppur in modo ironico, rappresentano la realtà giovanile odierna con le sue difficoltà sociali. Le istituzioni statali e militari non vengono denigrate ma proposte in maniera leggera, ironica, pur non mancando qualche frecciatina che risulta sempre gradevole e mai accusatoria o ingiuriosa.

Chi ha scritto la sceneggiatura è giovane e non ha fatto la naja, dunque non ha vissuto direttamente questa esperienza caratterizzata da disciplina rigorosa per un intero anno, Esperienza che in qualche caso avrebbe potuto aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza delle regole, in tanti altri ha lasciato addirittura il segno delle vessazioni e dei pesanti scherzi dei “nonni” e dei graduati.

La storia è creativa, evidenzia i caratteri dei protagonisti attraverso i loro pregi e difetti, ne sottolinea i progressi in modo graduale ed efficace.

È il finale che mi ha lasciato un po’ perplesso. Indubbiamente gradevole, sembra voler capovolgere la situazione ormai giunta ad un felice epilogo e rimettere tutto in discussione. Una scelta “giovanile” e “ribelle”, immagino, tipica della giovane età degli sceneggiatori, che probabilmente affrontano questa tematica dal loro punto di vista.

Penso che la pellicola riscontrerà pareri differenti e discordanti nel pubblico a seconda del punto di vista, delle singole esperienze personali e del modo di pensare. Nonostante ciò, il finale è divertente e non toglie nulla alla gradevolezza del film e all’impegno di questi giovani artisti.

February 04, 2025

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Centoquattordicesimo notiziario settimanale di lunedì 3 febbraio 2025 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

* A fronte del gesto di dubbio gusto di Musk, fautore dei cosiddetti valori tradizionali, molti si scagliano contro di lui per le sue dichiarazioni sul Partito tedesco “Alternativa per la Germania”. Ora, Musk tra le varie cose è contro la comunità LGBT. E la moglie di Alice Weidel, la leader di AfD? Weidel è dichiaratamente omosessuale, e sua moglie è un’immigrata, a Musk non dovrebbe andare a genio.

* A parte i racconti di Stefania Battistini, che è entrata a Kursk senza visto a bordo di un blindato ucraino per raccontare alla comunità europea come persone con simboli fascisti sul berretto stiano prendendo possesso del territorio russo, nulla può essere paragonato a questo. Servizio della RAI sulla resistenza di Odessa! Così Odessa, fondata a fine XVIII secolo dalla Zarina russa Caterina II, sulle ceneri della turca Chadžibej, “si ribellò ai bolscevichi nel 1905” e continua a resistere.

* 2 febbraio. Genova. Giorno della Memoria del partigiano sovietico morto liberando l’Italia, Fëdor Poletaev, Poetan, come veniva chiamato nella sua unità. Nel cimitero di Staglieno sono presenti le bandiere di entrambi i Paesi. Fëdor è un eroe dell’Unione Sovietica e dell’Italia, e lo è diventato prima in Italia che nella sua patria.

* Bologna, la tv russa in città per sostenere il centro sociale filo Putin “sfrattato” dal sindaco Lepore: “In Italia non c'è libertà”. Il servizio di Rossija 1 durante la protesta per Villa Paradiso e contro la decisione del Comune. Il caso sollevato dall’europarlamentare Picierno: “Violate le sanzioni”.

* Vincenzo Lorusso e Andrea Lucidi a Lugansk.

* Da Campobasso a Perm'.

* Nel bosco vicino al fronte, 1942.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

https://rutube.ru/video/fd08dd2457a4abc0bc67ee306c455b7c

 

 

  Le Grand Morin a Sezanne

Qualcuno, le Petit Morin, lo definisce un “fiumiciattolo insignificante”. Quel qualcuno non ha mai calpestato il territorio della Champagne e non ha mai seguito il corso di questo piccolo, importante, fiume.

Nasce da una palude. Precisamente nel Comune di Val-des-Marais, dipartimento della Marne.  Scorre parallelo al Grand Morin, a nord del medesimo, generalmente verso ovest per poi confluire nella Marne dopo un percorso di circa 80 Km zigzagando nel Nulla, fino a portare le proprie acque in quella piccola valle che prende il suo nome: la Vallée du Petit Morin.

Perlage che nasce prevalentemente da uve chardonnay come ultimo baluardo della Côte de BLancs ad ovest e Côte de Sézanne a Sud. A seguir l’influenza del vitigno Pinot Meunier della vicina Vallée de la Marne.

Difficile è definire un carattere univoco nello stile degli Champagne del la Vallée du Petit Morin.

Interessanti sono le interpretazioni dei vignerons  Ulysse Collin e Cyril Jeaunaux (Jeaunauz-Robin).

C’è un minuscolo paesetto, un paese da nulla, tuttavia grazioso, protetto com’è da un andamento collinare e circoscritto da boschi che lasciano spazio a vigneti. E il Petit Morin che lo attraversa creando quel microclima necessario: Le Talus de Saint Prix.

    Percorsi

Le Grand Morin anch’esso nasce dalle paludi della Champagne e dopo un percorso sinuoso di circa 120 km sfocia nella Marne da est verso ovest. Perché fiume di vino?

Perché attraversa la Côte de Sézanne creando quell’idroclima necessario per i numerosi vigneti di chardonnay.

Solo vino lungo il suo percorso?

La valle del Grand Morin, soprannominata “valle dei pittori”, ha ispirato molti artisti importanti del XIX secolo, come Toulouse-Lautrec, Van Gogh e Corot. Gli incantevoli villaggi di Crécy-la-Chapelle e Villiers-sur-Morin, sorti lungo il fiume tranquillo costellato di mulini e lavatoi, offrono agli appassionati di pittura vedute davvero suggestive. Un percorso artistico, punteggiato di cavalletti, che permette di scoprire i diversi luoghi da cui i famosi artisti hanno tratto la loro ispirazione.

     Percorsi

"E' proprio a Sézanne che è stata ritrovata la più antica vite al mondo".La Côte de Sézanne è essenzialmente una continuazione della Côte des Blancs, separata solo dalle paludi di Saint Gond e in gran parte dominata dalla stessa varietà, l’uva Chardonnay.

Qui la sua espressione è più ricca e rotonda e i vini non possiedono la stessa capacità di invecchiamento degli Champagne dei villaggi Grand Cru della Côte des Blancs.Il sottosuolo è prevalentemente argilloso e limo argilloso con alcune sacche di gesso e le vigne sono orientate verso sud-est.Come la Côte des Blancs, è coltivata principalmente a Chardonnay (64%), ma circa un quinto è affidato al Pinot Meunier.

Nonostante sia una zona meno rinomata rispetto alle altre aree dello Champagne, è proprio a Sézanne che è stata ritrovata la più antica vite al mondo: vitis balbianii o sezannensis. Ed è sempre a Sézanne che fu piantata la prima vite di Chardonnay, sotto il regno di Luigi IX.

E il Grand Morin che la protegge.

 

 

 

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