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La sua musica è definita onirica, parla di sogni, visioni, angosce e speranze. E’ un vero e proprio viaggio introspettivo che stimola alla riflessione sull’esistenza. Andrea Pinto è un cantautore nato ad Avellino, da anni vive a Leopoli in Ucraina. Ha pubblicato il suo primo disco ufficiale '' Sospiri e immagini" con la '' Green Production'' per poi passare alla sua attuale etichetta discografica ''Latlandide productions'' che gli ha pubblicato e distribuito il singolo ''Moonlight'' e con la quale ha realizzato il suo ultimo album “Sub rosa”.
Andrea Pinto, come tanti giovani hai scelto di lasciare l’Italia. Perché proprio l’Ucraina?
Ciao Michela, a dire il vero mi divido tra l'Italia e l'Ucraina. Ho trascorso molto tempo in Ucraina, ma non ho mai tagliato i ponti con l'Italia, infatti ci ritorno spesso per concerti, rassegne, promo TV e radio. In Ucraina sto ugualmente promuovendo la mia musica e ho registrato il mio ultimo disco ''Sub Rosa'' nello studio di un mio amico e produttore. Attualmente con i miei promoters ucraini oltre all'organizzazione dei concerti e delle master class alle università e al conservatorio, stiamo puntando ai network . Quindi, per farla breve, seguo due percorsi paralleli, quello italiano e quello ucraino.
A livello artistico e creativo cosa è riuscita a darti questa nuova terra?
Diciamo che ha sicuramente dato il suo contributo alla mia creazione artistica di questi ultimi anni, infatti la mia brama di avventura mi ha fatto conoscere questo paese e soprattutto la bella citta' di Leopoli, per giunta molto vivace ed artistica, dove ho avuto modo di confrontarmi con molti artisti e con diversi stili musicali. Infine, lì in Ucraina, ho visto la rivoluzione, la guerra civile e non è stata esperienza da poco. E' stato un periodo molto buio per il paese, non si sapeva dove si sarebbe andati a finire e cosa sarebbe successo; ho visto la gente soffrire e morire per il proprio paese, la tristezza e la paura negli occhi dei soldati e di quelli che partivano e che partono tutt'oggi per il fronte. Adesso grazie a Dio, la situazione e' molto più calma, anche se purtroppo la guerra continua nell'Est del Paese. Mi auguro che possa davvero finire, perchè credo che ''la pace sia l'unica vittoria da conseguire''.
E' uscito da poco il tuo nuovo album dal titolo “Sub rosa”. Qual è il significato di questo progetto discografico?
Si, proprio da poco, qualche settimana fa. Per quanto riguarda il suo significato, posso dire che: Sub Rosa è un viaggio nichilista e introspettivo nella confusione di un mondo che abbiamo da tempo rinnegato, ma di cui ne siamo purtroppo prigionieri. Sub Rosa è la ricerca di una voce che si è persa nel buio, Sub Rosa è un mistico viaggio dentro le nostre paure, Sub Rosa è l'ultima fermata di un treno notturno...Sub Rosa è l'inesorabilità del tempo, Sub Rosa è il segreto dell'amore, Sub Rosa è intimità racchiusa nel silenzio delle nostre coscienze, Sub Rosa siamo noi, vittime a volte, ma sempre ruggenti e pronti alla riscossa.
In questo disco parli di amore sincero. Secondo te parlare di sentimenti è ancora attuale?
Secondo me parlare di sentimenti è sempre attuale, sono le nostre emozioni più sincere che alla fine ci salveranno dal buio delle coscienze; lo dico spesso con versi e metafore nelle mie canzoni. In esse racconto la mia visione del mondo che spesso non coincide con le frottole che ci raccontano ogni giorno, con quello che vogliono farci credere.
Purtroppo c'è tanta gente sincera e sensibile che non ha ancora trovato la sua dimensione, ovvero il suo spazio in quest'era decadente ed incerta, in questa società fatta d'immagine, raccomandazioni e solitudine ed è proprio a loro che mi rivolgo, pregandoli di tener duro e di andare sempre avanti. I sentimenti puri vincono sempre, non perdono mai. Alla fine, vinceremo noi! Non possiamo salvare il mondo da tutte le ingiustizie e da tutto quello che non va purtroppo, ma possiamo magari recuperare il nostro spazio vitale ed "il nostro gruppo di simili" e infischiarcene di tutto ciò che non ci piace con una sincera e irriverente indifferenza. Il movimento indipendente può aiutare a tale scopo...io ci credo. Il nostro gruppo sta crescendo e andremo avanti per la nostra strada senza combattere i nostri nemici, ma lasciandoli semplicemente indietro, nel loro mondo fasullo...lontano dal nostro.
Quali sono stati gli artisti di riferimento per la tua formazione musicale?
Sicuramente i Beatles, Jimi Hendrix, i Pink Floyd, vari gruppi indie rock e grunge, ma alla fine ascolto un po' di tutto. Adesso credo di aver trovato il mio stile, sono anche mosso da una forte componente ideologica che lo rafforza molto. Dò molta importanza ai testi, per me il testo di una canzone è fondamentale.
Ti senti un musicista al passo con i tempi? Che rapporto hai con i social e con la tecnologia?
Credo di essere abbastanza al passo con i tempi considerando che io sono di quella generazione in cui non avevamo niente, né internet, né telefoni, né social network. Credo che la tecnologia sia molto utile e che dia molte opportunità di farsi conoscere, di promuovere il proprio progetto e di portar avanti le proprie idee, ma bisogna utilizzarla nella maniera giusta, con ponderazione, altrimenti rischia di essere molto nociva.
Dove ti porterà Sub rosa nel nuovo anno?
Sinceramente confido molto in questo disco e credo che mi porterà lontano, per lo meno lo spero. Il singolo ''Moonlight'' contenuto nel disco, mi ha dato già molte soddisfazioni facendomi entrare nella top 50 della classifica Airplay ed ai primi posti di quella Meiweb.
Credo che tutte le canzoni siano molto valide, a cominciare dalle più soft e introspettive ''l'idea'', ''Sospiri e immagini'', fino ad arrivare ai toni più distorti e crudi di Black kiss e Scorci; quindi mi aspetto delle serie proposte da parte di importanti case discografiche.
In quel di Spoleto sarà Il teatro Caio Melisso-spazio Fendi a far da cornice ad un evento acclamato, dove arte e cultura si fondono in un unicum all’interno del programma “Giudicate Voi”, talkshow televisivo in cui si dibatte a gran voce sugli inganni e le difficoltà che il contribuente si trova ad affrontare all’interno delle controversie bancarie e tributarie.
Onere del prof Luca Filipponi, Presidente dello Spoleto art festival, di dare inizio alla trasmissione con l’autorevole guida del conduttore dott. Alfredo Mariani : “ L’arte è un qualcosa di straordinario e va enfatizzata sotto tutti i punti di vista ,così la cultura, pilastri su cui fondare i dettami della società odierna e trasmettere quindi ai giovani la complementarietà tra l’una e l’altra . Lo Spoleto art Festival risponde a questa finalità : elevare l’arte al massimo grado, offrire la possibilità agli artisti di poter emergere, esportare il Made in Italy nel mondo valicando ogni confine “.
All’intervento del Prof. Filipponi si aggancia il Rettore dell’Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei ,prof. Giuseppe Catapano, (AUGE,www.accademiauge.com ): “ L’artista è una figura qualificata all’interno dell’ordinamento,ha una propria identità; studioso e dedito al proprio lavoro ogni giorno come se fosse il primo. Ed allora mi chiedo,perché non è riconosciuto come professionista? Su questo filone, l’ Auge ha generato la figura di consulente del contenzioso. L’Accademia ,insieme ad Assicont(albo europeo assistenti del contenzioso)fornisce al contribuente in difficoltà gli strumenti giusti per farvi fronte: predispone figure qualificate,professionisti formati e agguerriti nella battaglia alle ingiustizie e vessazioni sul contribuente. : “Talvolta-conclude l’intervento- I fondi della comunità europea finiscono per essere destinati al finanziamento edile,alla creazione di nuovi istituti sforniti di docenti formati”. Presente in puntata la dott.ssa Mariarosaria Rusciano (Presidente Assicont) urla “no” ai tuttologi, esorta a diffidare di quei professionisti tuttofare e che si prodigano nel poter risolvere qualsiasi situazione. “Bisogna affidarsi a persone serie e qualificate che abbiano conoscenza certa della specifica materia di cui si tratta; solo in questo modo si può far fronte a situazioni compromettenti dannose per il contribuente. Assicont opera in tal senso, assistere i contribuenti con una figura innovativa all’interno del law system italiano: il consulente del contenzioso.
Una figura professionale specifica, che gestisce in modo consapevole la controversia . “ Insieme alla dott.ssa Rusciano anche l’avv. Alberto Pastore, formatore AUGE e l’avv. Francesco Petrino Toga d’oro AUGE nonché Presidente S.N.A.R.P (Sindacato Nazionale Antiusura Riabilitazione Protestati), il quale critica aspramente il sistema bancario italiano, elogiando il lavoro svolto dal prof. Catapano volto alla creazione e formazione di una figura qualificata del tutto estranea al nostro ordinamento. “Questo incontro tenutosi al Teatro Caio Melisso rappresenta un felice connubio tra arte ed altre attività professionali che consentono al mercato e agli esseri umani di crescere culturalmente e consentire la coagulazione tra le varie categorie professionali. “ Il Dott. Eraldo Vinciguerra (rapporti istituzionali per l’arte) approva a pieno il discorso tenuto dal Rettore Giuseppe Catapano esaltando al contempo il valore dell’arte nel contesto della nostra società. La risposta della politica arriva da Mario Sepe (vice segretario nazionale DC): “il politico volge lo sguardo al futuro: il patrimonio artistico italiano ha un valore inestimabile, fa parte di quella filiera che può produrre reddito. D’accordo con il Prof. Catapano circa lo scopo che si prefigge con la creazione della figura di assistente del contenzioso e si auspica,inoltre,un corso di formazione mirato allo sviluppo e promozione del territorio italiano.”
Il comune di Spoleto è rappresentato da Gianpiero Panfili (presidente consiglio comunale):” L’Italia intera deve forzare la mano sullo sviluppo della formazione. Siamo portati a intendere la formazione come una spesa,a mio avviso è una risorsa e l’imprenditore non può ritrarsi; deve costantemente promuovere e alimentare la formazione”. Conclude il dibattito l’intervento del Preside Tesoriere Auge ,dott. Cesare Cilvini : “l’Auge è onorata nello sponsorizzare questi eventi poiché la cultura è un perfetto connubio con lo studio del professionista , per la sua crescita professionale e culturale.” Il Rettore dell’Accademia, Giuseppe Catapano, è un professionista alla costante ricerca di soluzioni favorevoli al contribuente. Completamente dedito alla causa, pubblica il secondo volume di “Banche e anomalie” un manuale –guida che offre spunti concreti,da poter consultare con estrema facilità in qualsiasi momento ed in ogni occasione per cui si voglia fare chiarezza. Le domande ed i dubbi sono tutte nella nostra testa,le risposte sono contenute nel volume accompagnate da moduli pratici per agevolare chi dall’altra parte necessità di un sostegno e di chiarimenti circa il proprio caso. Il volume è acquistabile sia in formato cartaceo sia in formato e – book. Per maggiori informazioni visitare la pagina Facebook: Banche e anomalie”.
E per fortuna c’è chi ancora si dibatte per i contribuenti vessati, per i padri di famiglia che non arrivano a fine mese ,per tutti coloro che incontrano difficoltà insormontabili e che diventano protagonisti di efferate tragedie. Per fortuna, c’è chi combatte per noi offrendo possibilità concrete di rinascita. La città di Spoleto ,già scenario di una manifestazione di arte esclusiva,quest’anno potrà fregiarsi di aver ospitato dei luminari in tema di controversie bancarie e tributarie,in primis il prof. Giuseppe Catapano che con tenacia ha affermato il suo talkshow “giudicate voi” nelle più prestigiose località italiane.
Così, se in Spagna si sosta al Monastero De Piedra (Saragozza), si viene a sapere che il monaco cistercense frate Jeronimo de Aguilar, che ha accompagnato Hernán Cortés in Messico, ha inviato il primo cacao, insieme con la ricetta del cioccolato all’abate del Monastero, D. Antonio de Alvaro. Furono, si tramanda, i monaci di questo famoso monastero i primi a provare il prelibato nettare. Ciò spiega la grande tradizione del cioccolato dell'ordine cistercense. In alcuni monasteri vi è, infatti, una piccola stanza sopra il chiostro, la cosiddetta chocolatería, dove preparare e gustare il cioccolato.
Dammusu ro ciucculattaru- Foto Giuseppe Leone |
In effetti, per gran parte del XVI secolo il cioccolato, rimase un geloso segreto spagnolo.
Meritamente iberica permane la rielaborazione della ricetta messicana con l’aggiunta dello zucchero, che riuscì a rendere più gradevole gusto e
Museo del cioccolato di Modica - Foto Giuseppe Leone |
consumo. Eppure il segreto spagnolo sul cioccolato fu presto rivelato, sia perché la Spagna nel secolo XVII era il centro della moda e della società europea, sia perché i monaci spagnoli trasmettevano l’uso della cioccolata calda ai confratelli in visita dall’estero, che al ritorno lo diffondevano nei loro monasteri.
Se il gianduiotto torinese ed il bacio perugino intrecciano estro, creatività e messaggi simbolico-immaginali, se Firenze ha divulgato i suoi patrimoni bibliografici ed archivistici sulla cioccolata al gelsomino del goloso Granduca di Toscana, Modica, l’antica Capitale dell’omonima Contea, ha documentato con fonti archivistiche sia la presenza di artigiani cioccolatieri sin dal 1746 sia l’inconfondibile preparazione a freddo del suo cioccolato.
Già a partire dal 1746, i “cicolateri” della città manipolavano aromatiche cotte di cacao di caracca. Sin da allora se ne ricava la certezza anagrafica del rinomato cioccolato di Modica, lo testimonia una mostra permanente, narrante la memoria del gusto e/o il gusto della memoria che già connotava la Modica del settecento. Trattasi di “una cioccolata un po' granulosa e sostanziosa, profumata di vaniglia o di cannella, in tavolette spesse, lunghe circa 15 cm, a quattro panetti, ciascuno bastevole per una tazza di cioccolata sciolta. Ai ragazzi si dà anche solida, da mangiare per merenda col pane”.
. A partire dal Settecento in Italia fu adottato “il tavolo surriscaldato di Buisson” che nel 1732 sostituì la tradizionale lastra di pietra, per fare cioccolato. A Modica, invece, dove probabilmente la mancanza dei capitali necessari impedì il passaggio dalla fase artigianale a quella industriale, non fu abbandonato il sapiente gesto dell’artigiano che, come avveniva sin dall’epoca precolombiana, amalgamava cacao, zucchero ed aromi sulla pietra spianatrice. Lavorazione che, oltre a conferire al cioccolato di Modica quella tipica granulosità che lo contraddistingue, garantisce pure la conservazione e l’integrità degli antiossidanti, corredo salutistico che alla luce della recente ricerca medico-scientifica non può più essere trascurato o sottovalutato. Tale processo artigianale consente di impreziosire vini, piatti e portate vitalizzando le emozioni che si celebrano tutt’oggi nel palato e nel naso per la ricchezza di sapori e di profumi antichi.
Il recupero delle colorate note di spesa, emesse dagli storici Caffè di Modica nel primo decennio del Novecento, conferma la vitalità della tradizione cioccolatiera. Tali caffè, sorti probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento, si qualificavano come “Premiate fabbriche di Cioccolata”, esibendo sui decorati fogli della loro titolarità gli aurei riconoscimenti conseguiti nelle esposizioni internazionali di Londra 1907, di Perugia 1907, di Parigi 1910 e di Roma 1911.
La mostra documentario-bibliografica, titolata Il cioccolato di Modica nelle carte dei Grimaldi 1746-1915 ed esposta nel recente allestimento del Museo del Cioccolato di Modica offre un percorso documentario di notevole impatto, in quanto “orientato alla narrazione” della fascinosa storia dei maestri cioccolatieri di Modica, depositari di una lunga tradizione e perciò seriamente determinati a conseguire l’Indicazione Geografica Protetta per la tutela del granuloso ed aromatico cioccolato, da inserire, certamente, nel Registro delle Eredità Immateriali.
Interprete, autrice, drammaturga e produttrice, Isabel Russinova, testimonial di Amnesty International, da anni ormai è impegnata nel dar voce alle figure femminili e alle donne vittime di violenza. La donna, nelle sue infinite sfaccettature, è per la Russinova oggetto di studio e ricerca, spesso diventando protagonista anche di narrazioni teatrali.
Il suo ultimo libro, “Reinas – Storie di grandi donne”(ed. Curcio), è un saggio che raccoglie sei ritratti di donne che hanno fatto la storia. Una di queste è Tanaquilla, eroina etrusca, moglie di Lucumone il greco, meglio conosciuto come Tarquinio Prisco, che diventò il quinto re di Roma, così come lei aveva voluto e predetto. Tanaquilla, tra le figure femminili più influenti nella storia politica romana, è protagonista dell’opera teatrale in scena in questi giorni, fino al 22 gennaio, al Teatro Arcobaleno di Roma. Incontriamo Isabel Russinova, interprete e autrice di questo interessante spettacolo.
D - Si dice che dietro a un grande uomo ci sia sempre una grande donna. Questo è vero anche nella vicenda di Tanaquilla?
R - Sicuramente, dietro la forza della dinastia dei Tarquini, che ha fatto grande Roma, c’è la volontà, la presenza, la forza, l’energia di Tanaquilla, senza di lei forse il percorso di Roma sarebbe stato diverso. Tanaquilla apparteneva ad una nobile e potente famiglia e il dono del vaticinio le aveva riservato un ruolo importante nella società, ma soprattutto era una donna colta con una grande personalità e una speciale sensibilità, e questo le ha permesso di riconoscere in Lucumone doti da re. Lo ha amato infinitamente, ha voluto che diventasse suo sposo e in seguito, proprio grazie alla sua intuizione, con il nome di Lucio Tarquinio, fu re e governò, portando in alto Roma e dando inizio alla dinastia dei Tarquini. Dopo di lui, come voluto da Tanaquilla, sarebbero stati re il figlio adottivo, Servio Tullio, e il figlio naturale, Tarquinio il Superbo.
D – Le donne etrusche erano molto emancipate rispetto alle greche, partecipavano alla vita pubblica e avevano diritto a ereditare i beni familiari come i maschi. Questo permetteva anche alle femmine di avere voce in capitolo in merito al loro destino?
R - Si, la figura della donna etrusca è quella di una donna aperta, libera, poteva studiare, parlare e anche ereditare ed avere un ruolo importante nella società, questo le dava certamente maggior
La Russinova in Tanaquilla |
sicurezza ed autonomia. Naturalmente non tutte avevano le doti, le capacità, l’intuizione, la volontà, il coraggio, il genio di Tanaquilla e, come in ogni tempo, questi particolari hanno fatto e fanno la differenza tra esseri umani: ognuno di noi è uguale e diverso.
D – Tanaquilla tuttavia ebbe in più il coraggio di sfidare la sua nobile famiglia, imponendo la sua scelta di sposare uno straniero. Che messaggio può rappresentare non solo per il suo tempo, anche per il nostro?
R - La personalità di Tanaquilla, come quella di tante donne di ogni tempo, è quella di una donna capace di scegliere, decidere e rischiare, ma soprattutto di affrontare le proprie responsabilità sempre a testa alta, con rigore, serietà ed umanità. Questo dovrebbe essere un messaggio importante per tutte le generazioni, certamente utile ai nostri giovani che si trovano in un momento storico delicato e incerto.
D – Cosa ha affascinato Isabel Russinova di questo personaggio, perché ha scelto lei, ne ha scritto, e anche interpretato il ruolo?
R - L’incontro con Tanaquilla è avvenuto per caso, per questo dico sempre che è stata lei a scegliere me. Una sera, al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, parlando con la soprintendente con la quale riflettevo su quale personaggio femminile potesse rappresentare la donna etrusca, di cui si sa poco e poco si è scritto, si è nominata Tanaquilla. Ho subito cominciato, con grande curiosità, attenzione, passione e dedizione a studiare il tempo, i costumi e la terra di Tanquilla, fino a sentirla così vicina da poterla quasi sentire, così l’ho raccontata.
D – Quanto è importante la memoria di un passato, per il futuro di un Paese?
R - La memoria e la conoscenza sono basilari, solo conoscendo il nostro passato potremo affrontare il nostro futuro e renderlo migliore.
D – Il teatro può essere un buon veicolo per la memoria, e comunque per avvicinare le nuove generazioni alla storia facendole riflettere?
R - Assolutamente, il teatro ha un grande e importante ruolo per la formazione dei nostri giovani, per veicolare la memoria, la cultura e per sensibilizzare l’opinione pubblica sul nostro tempo. Il teatro stimola alla riflessione e a vedere con più chiarezza ciò che la società nasconde o confonde. Il teatro di narrazione, così come il teatro classico, di tradizione, l’impegno dei drammaturghi contemporanei, hanno un ruolo determinante per la crescita e la salvaguardia intellettuale della società. Lo ha sempre avuto, per questo il teatro è immortale, è nato insieme all’uomo e all’uomo sarà sempre legato.
D – Sono previste tournèe per Tanaquilla?
R - Si, Tanaquilla è un testo del mio repertorio, sarà in tournee non solo in Italia ma in Europa, cominciando dai paesi dell’Est.
Roma 14 Gennaio. Ieri al Maxxi di Roma, come evento collegato alla mostra “The Japanese House” (9 novembre 2016-26 febbraio 2017), si è tenuto un incontro con Toyo Ito durante il quale l’archistar coreano-giapponese ha presentato alcune delle sue più significative opere.
Toyo Ito, nato in Corea 76 anni fa ma cresciuto professionalmente in Giappone, è un protagonista indiscusso dell‘architettura contemporanea. La parola più idonea per definire il suo lavoro è
College of social science Taiwan |
“innovazione”. Le sue opere esprimono un cambiamento, la sua architettura è leggera, immateriale e lo spazio diventa flessibile.
Laureatosi a Tokio nel 1965, oltre ad aver operato come professore associato in numerose prestigiose università nel mondo, ha ricevuto significativi riconoscimenti quali il Good Design Award nel 2001, il Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 2002, il premio annuale dell’Architectural Institute of Japan nel 2003 e la medaglia d’oro dei Royal British Architects nel 2006. Nel 2013 ha ottenuto il Pritzker Architecture Prize.
Significativo è stato il suo contributo al progetto “Home for all”, in cui, dopo il terribile terremoto e maremoto del 2011 in Giappone, un gruppo di importanti architetti, attraverso un dialogo con le vittime di Sendai, ha cercato un modo di aiutarle nella ricostruzione della città e nel miglioramento della vita quotidiana della comunità. Il risultato è stato la Home-for-All (Minna no Ie): un luogo dove la gente potesse sentirsi come a casa propria, incontrarsi, riposarsi e parlare del futuro della città.
All’incontro Toyo Ito si presenta con un paio di occhialini con montatura bianca che gli conferiscono un’ aria arguta, vispa e giovanile.
Sendai Mediatheque |
Il primo sviluppo significativo del suo percorso professionale è la “White U”, abitazione al centro di Tokio realizzata per sua sorella e le figlie dopo la perdita del marito; l’obiettivo dell’opera era proteggerle, avviluppandole come se fossero in una caverna. Riuscì così bene nell’intento che venti anni dopo l’opera fu distrutta per volere delle stesse proprietarie proprio perché si sentivano talmente “iperprotette” da questo edificio al punto di non sentirsi in grado di “ spiccare il volo” nella vita.
Altre opere significative illustrate:
Sendai Mediatheque, centro culturale innovativo per la sua estetica ed ingegneria, che combina una biblioteca con una galleria d’arte; molto amato e frequentato dagli abitanti di Sendai.
Tama Art University Library di Tokio, la cui facciata è costituita da archi di differente ampiezza e le pareti molto sottili costruite con metallo e
Tama Art University Library |
calcestruzzo. Al piano terra il pavimento ha un’ inclinazione di circa un ventesimo con le conseguenti difficoltà nel posizionamento degli archi stessi.
College of Social Sciences - National Taiwan University caratterizzata da una distribuzione delle colonne particolare che gli conferisce l’aspetto di un bosco che si integra col paesaggio.
Taichung National Theatre (Taiwan), inaugurato nel 2016 , gruppo di tre teatri, inserito in zona residenziale costruita durante i dieci anni di realizzazione dell’opera.
L’incontro avuto fa riflettere sull’importanza delle visioni degli architetti eccellenti per promuovere, ideare e costruire luoghi di aggregazione tra le persone.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La riflessione d’inizio anno!
Come volevasi dimostrare
Il 2017 è nato “vecchio”. Archiviata la vendemmia e conclusi i brindisi di fine anno ecco puntuale l’annuncio “a reti unificate”: il vino italiano conquista anche nel 2016 la leadership mondiale nella produzione con circa 50 milioni di ettolitri e aumenta del 3% il valore dell’export che raggiunge il massimo storico di sempre a 5,2 miliardi (stima Coldiretti). Ce ne dobbiamo rallegrare? Poi alcune dichiarazioni dell’Assoenologi e articoli comparsi sui siti più accreditati ci portano ahimè a ridimensionare il fenomeno. “Il primato produttivo davanti alla Francia è dovuto alla crescita in Veneto che si conferma la principale Regione produttrice davanti a Emilia Romagna. In Puglia, da sempre ai primi posti, si registrano perdite in parte limitate da incrementi in particolari produzioni di nicchia”. Vediamo il Veneto ed Emila Romagna. Accanto a prodotti come Prosecco e Lambrusco (i più venduti e bevuti all’estero), portano in alto la produzione generale i cosiddetti Vini in Pec o Brick, fate voi. Quelli dal marketing azzeccato: auguri alla dottoressa…per noi, per voi. Il fenomeno Puglia è dato dalla consapevolezza di avere vitigni importanti e dedicarsi più alla qualità che alla quantità. Infine l’Assoenologi che, per bocca del suo Presidente Dr. Cotarella, ricorda il gap esistente in termini di fatturato tra noi e i cugini francesi. Quest’ultimi con meno produzione incassano di più (che poi è quello che conta!). Infine la deduzione registrata dai pensieri scritti apparsi sui siti maggiormente seguiti e letti. “La maggior parte degli addetti ai lavori ha come unico riferimento vitivinicolo la Francia”. Una sudditanza psicologica che ci rende sudditi.
Frammento n. 1
Opera Wine alla francese.
In occasione del VINEXPO in programma a Bordeaux dal 18 al 21 Giugno 2017, la rivista americana Decanter organizzerà TASTE of SPAIN, seguendo la falsa-riga di quanto avviene da alcuni anni a Verona durante il Vinitaly. Non necessariamente limitata alla promozione dei vini francesi. Infatti, in questa prima edizione, sarà la Spagna la nazione ospite. Lo hanno fatto sapere il Dg di Vinexpo Guillaume Deglise e il direttore di Decanter Thomas Matthews. Un evento dedicato ai vini spagnoli in terra francese. Protagonisti i vini e i sapori iberici. Sede dell’evento il fascinoso Palais de la Bourse, nel centro storico di Bordeaux. 100 etichette per 100 cantine selezionate. Alcuni nomi? Alvaro Palacio, Emilio Moro, Dominio de Pingus, Marquès de Caceres. E se non bastasse ecco due nomi, mostri sacri della gastronomia iberica che, insieme ad altri otto, prepareranno piatti ad accompagnare i cento vini: Ferran Adrià e José Andrés. Da rabbrividire. (fonte: cronache di Gusto)
Frammento n. 2
Un’annata appesa ad una nuvola.
Landschaft Brixen |
“La notte tra il 27 e il 28 Aprile 2016: una data che ha deciso un’annata. Quella notte la temperatura nel territorio della Val d’Isarco, in Alto Adige, subì una caduta verticale avvicinandosi allo 0. Ma il cielo, verso le 4 di mattina, da sereno si coprì con alcune nuvole evitando una gelata che avrebbe compromesso la stagione vitivinicola” racconta Laura Sbalchiero dell’omonimo Ufficio Stampa che segue la Cooperativa EISACKTALWEIN. “I viticoltori e vignaioli della Valle ricorderanno per molto tempo il rischio corso in una fase delicata dello sviluppo vegetativo delle viti, che l’inverno mite e le temperature superiori alla media a Marzo avevano fatto procedere precocemente rispetto al solito, portando i tralci a toccare già i 10 cm”. Un’annata appesa ad una nuvola e una vendemmia 2016 davvero buona per i bianchi della val d’Isarco. (fonte: Laura Sbalchiero)
Frammento n. 3
Lo “sbarco” di Toridoll in Italia.
Il colosso giapponese della ristorazione (più di 1.200 ristoranti sparsi nel mondo) ha aperto anche in Italia, a Milano in via Vigevano Bottega del Ramen. Ma c’è di più nelle intenzioni di Toridoll: aprire quindici insegne entro il 2020, dieci con la formula Ramen e 5 sushi restaurant. Secondo l’autorevole agenzia di stampa Nikkei, il progetto prevede di partire dall’Italia per testare ricette che tengano conto del gusto dei consumatori europei per poi estendere la presenza in tutta l’Europa continentale. E con Toridoll non si scherza. Quando questi partono con un progetto non si fermano se non con l’ottenimento dei traguardi prefissati. Conescete la Holding Toridoll? 100,2 miliardi di yen (813 milioni di euro) di fatturato nel 2016 (gli analisti di Reuters danno la previsione per la prossima chiusura dei bilanci per una quota non inferiore ai 102,8 miliardi di Yen), prodotti con i Marukame Seimen, i pasta restaurant Grill Sanbankan e le friggitorie Makino. Prepariamoci allenandoci con “le bacchette in mano”. (fonte Asian food, Pambianco wine)
Frammento n. 4
Trasparenza e sicurezza alimentare: l’anno della svolta
Il 2017 sarà l’anno della trasparenza e sicurezza alimentare, con l’indicazione obbligatoria dell’origine della materia prima per tutti i cibi. Questo per difendere anche il Made in Italy dai continui atti di pirateria su migliaia di tonnellate di finti prodotti italiani, parmesan e prosecco in testa. Inoltre un’importante novità snellirà l’iter degli adempimenti connessi con la tenuta e vidimazione dei registri cartacei obbligatori per le Aziende vinicole. È di questi giorni l’introduzione dei registri telematici che entro marzo sostituiranno i cartacei. Confidiamo che tutto sia più semplice e meno dispendioso. (fonte: Cronache di Gusto)
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Si è da poco conclusa la 74esima cerimonia di assegnazione dei Golden Globe Awards, il prestigioso riconoscimento che solitamente spiana la strada per la corsa agli Oscar.
Vincitore assoluto è il musical La La Land, che racconta l’intensa e travagliata storia d'amore tra un'aspirante attrice e un musicista jazz appena trasferiti a Los Angeles per realizzare il proprio sogno. La pellicola, diretta da Damien Chazelle, ha sbancato con sette premi, pari ad altrettante candidature, ovvero: miglior commedia brillante, migliore attrice protagonista (Emma Stone), miglior attore protagonista (Ryan Gosling), migliore sceneggiatore e miglior regista, miglior colonna sonora (Justin Hurwitz), miglior canzone originale (City of Stars). La La Land entra così nella storia dei Golden Globe
Meryl Streep |
come il film più premiato, battendo i sei riconoscimenti di Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Non manca qualche colpo di scena.
A Casey Affleck, fratello del noto Ben, è andato il premio migliore attore in un film drammatico, per la sua interpretazione in Manchester by the Sea. Inaspettatamente un altro importante riconoscimento se lo è aggiudicato la piccola opera indipendente Moonlight del cineasta afroamericano Barry Jenkins, premiato come migliore pellicola drammatica. Moonlight racconta la storia del giovane afroamericano Chiron che vive a Miami, in un quartiere segnato da droga e violenza, costretto ad una lotta continua in cerca della sua strada. Infine Elle di Paul Verhoeven, in lingua francese, ha vinto nella categoria miglior film straniero e in quella migliore attrice in un film drammatico a Isabelle Huppert.
Gli altri premi: Viola Davis ha vinto come migliore attrice non protagonista per Fences; miglior attore non protagonista è andato invece ad Aaron Taylor-Johnson per Animali Notturni; Tracee Ellis Ross, l’attrice afroamericana protagonista della serie Black-ish, alla sua prima nomination ha portato a casa il premio come migliore attrice in una serie brillante; migliore attore in una serie comica se lo è aggiudicato Donald Glover per il suo ruolo in Atlanta; Zootropolis è risultato il miglior film animato. La migliore serie tv drammatica è The Crown, con la vittoria della protagonista Claire Foy nei panni della regina Elisabetta II. American Crime Story, People vs OJ Simpson è andata la migliore serie e Sarah Paulson è stata premiata come migliore attrice in una serie tv. Anche Hugh Laurie, l’ex
Dottor House, ha ricevuto il premio come miglior attore non protagonista in una serie tv per The Night Manager.
Degno di nota l’intervento dell’attrice Meryl Streep, che ha ricevuto il premio alla carriera Cecil B. DeMille, assegnato dalla Hollywood Foreign Press Association. Uno dei momenti sicuramente più significativi e toccanti della cerimonia, la Streep ha parlato di politica, diversità e uguaglianza, della libertà di stampa, attaccando, senza mai nominarlo, il neo presidente Donald Trump, in particolare ricordando di quando Trump prese in giro un giornalista disabile, durante la campagna elettorale. In chiusura, visibilmente commossa, ha citato una frase della sua collega e amica Carrie Fisher, da poco scomparsa: “Prendi il tuo cuore spezzato e fallo diventare arte”.
Tuber magnatum: classificazione scientifica Dominio Eukaryota, Regno Fungi, Divisione Ascomycota, sottodivisione pezizomycotina, classe Pezizomycetes, ordine Pezizales, famiglia Tuberaceae, genere Tuber, specie Nomenclatura Binomiale.
E poi, per meglio identificarlo in natura, senza cappello, con imenio liscio, senza lamelle, con sporata gialla, carne immutabile, microrrizico ed infine, per la pace e gioia dei suoi estimatori,
il matrimonio |
commestibile.
Per tutti più semplicemente, volgarmente, Tartufo Bianco.
Dopo la dovuta presentazione andiamo a ricordare i “suoi” habitat italici.
Langhe for ever, Alba in particolare. Senza disdegnare la zona samminiatese (San Miniato provincia di Pisa), alcune zone delle Marche con Acqualagna in testa, Abruzzo e parte dell’Umbria (zona di Gubbio).
In pochi sono a conoscenza che in Toscana, precisamente ad Asciano in provincia di Siena, esistono 15 ettari di “tartufaie” censite che rappresentano “una vera e propria miniera per i gourmet e gourmand di tutto il mondo”. Il Tartufo Bianco delle Crete Senesi.
Non si può parlare di questo diamante bianco se non si ha conoscenza dei luoghi dove abita.
“Un paesaggio che non ha segreti, ma che è difficile da decifrare, perché richiede un’osservazione acuta e una capacità di comprensione profonda. Sono una chiazza che biancheggia quando tutto è verde e verdeggia quando tutto è grigio. Una terra morbida alle apparenze, quasi vellutata, ma screpolata, spaccata, ruvida nella realtà.… Le Crete Senesi sono dunque un territorio singolare. Come un’isola: dirompente, senza compromessi, dove il sole picchia davvero, il vento soffia senza ostacoli, la luce è accecante e lo sguardo può spaziare impietosamente ovunque, inseguendo orizzonti lontani, linee mirabili, guasti imperdonabili. Crete senesi, la tirannia degli orizzonti” (Stefano Tesi, “Crete/Terre di Siena”).
Nel leggere questa descrizione, opera di un ascianese doc, comprendi l’essenza di un territorio, la sua anima e riesci a capire ciò che può nascondere. Quindici ettari di diamanti per la gioia dei tartufai del Garbo.
Altro territorio, più conosciuto e simbolo di una tradizione vitivinicola millenaria, è quello limitrofo del Chianti Classico Gallo Nero ed in particolare del “Classico Berardenga”, le Ali della farfalla del Granducato (così il Granduca Leopoldo di Lorena definì il territorio di Castelnuovo Berardenga).
"il suggello" |
Da sempre voce della propria terra e dei prori vini “preservando e valorizzando l’immenso patrimonio di cultura, storia e tradizioni che contraddistingue questo territorio del Chianti Classico più senese”.
Ed ecco nascere un Sodalizio Regale tra Il Chianti Classico e il Tartufo Bianco delle Crete Senesi.
Suggellato nel corso delle iniziative della Mostra Mercato 2016 organizzata dal Comune di Asciano nei giorni dall’8 all’11 dicembre scorso.
Due sono stati gli appuntamenti clou di questo Sodalizio Regale.
Il primo la cena avvenuta il 10 presso le bellissime Scuderie del Granduca di Asciano, in cui il tartufo è stato l’ingrediente principe
quando tutto è verde |
quando tutto è grigio |
dei piatti realizzati da alcuni dei più celebri chef stellati e premiati d’Italia.
Paolo Gramaglia del Ristorante President di Pompei, Claudio Sadler dell’omonimo Ristorante di Milano, Giancarlo Morelli del Ristorante Pomiroeu di Bergamo, Silvia Baracchi del Relais Chateau Il Falconiere di Cortona, Gianluca Fusco della Pasticceria Fusco di Milano e Emiliano Rossi dell’Osteria del Teatro di Cortona.
In questa occasione l’abbinamento è avvenuto con i Chianti Classico di alcuni produttori del Classico Berardenga.
Il secondo è stata ancora una cena avvenuta il giorno dopo denominata “Il Tartufo Bianco incontra Giorgione”, il celebre chef del Gambero Rosso Channel. I suoi piatti sono stati abbinati a Chianti Classico Gallo Nero.
“Il matrimonio sa da fare”. E così è stato. Icone di qualità del nostro Paese da portare anche al di fuori dai confini nel resto del mondo. Importante sodalizio di territori morfologicamente diversi ma simili nella produzione di eccellenze. Chianti Classico Gallo Nero e Tartufo Bianco delle Terre Cretesi in matrimonio, for ever.
Esistono 4300 specie di mammiferi sulla terra, ogni specie ha il suo latte specifico. Una volta svezzato nessun mammifero consuma latte. Noi umani continuiamo a succhiare le mammelle degli animali per tutta la vita. E’ come prendere una madre umana, strapparle il bambino, rendere il suo latte con la forza e lasciala piangere.
Se gli stessi vitelli non dipendono più dalla loro madre per la loro crescita e per il calcio dopo lo svezzamento, perché l’uomo esige il latte della mucca? Per le lobby casearie l’uomo non deve mai essere svezzato, anche se il latte non è un alimento per adulti, né è un alimento perfetto e la pastorizzazione lo rende ancora peggiore. Cinesi, indiani d’America, tribù africane, asiatiche, polinesiane ecc. non bevono mai latte dopo lo svezzamento. Il fatto che il 90% della popolazione umana sia intollerante al lattosio indica chiaramente che la natura non ha previsto sia un alimento per gli umani.
Il latte non è un cibo per gli uomini, se lo consumi preparati alle seguenti malattie o disturbi: catarro, febbre da fieno, asma, bronchite, raffreddore, rinorrea, vista debole, cataratta, obesità, otite, mal di testa, dispepsia, allergia, dissenteria, palpitazioni, malattie, cardiache, angina, calcoli renali, artrite, spondiliti, tumori e soprattutto cancro, rinorrea, otite, tosse, raffreddore, adenoidi del naso, acne, foruncoli, tonsilliti, febbri occasionali, stitichezza, debolezza, anemia, obesità e molte altre.
Il latte vaccino contiene tre volte più proteine e quasi 4 volte più calcio del latte umano ed è fatto per far crescere rapidamente un animale dalle ossa enormi e 4 stomaci; per alimentare un vitello che da 40 kg alla nascita raggiunge il peso di 900 kg in due anni. Inoltre contiene steroidi ed ormoni per la crescita veloce. Gli animali la cui dieta è ricca di proteine sviluppano prima ma muoiono anche prima.
Il lavoro pesante richiede più carboidrati non proteine. Il latte vaccino ha la metà dei carboidrati del latte umano. Ha 6 volte più fosforo, 3 volte più sodio che creano eccessi di sostanze di rifiuto nel corpo. Il vitello prende tutte le proteine dall’erba. Da dove prende il calcio il vitello i cui bisogni sono molto più alti dell’uomo? L’eccesso di calcio nell’uomo si
deposita nelle articolazioni, nelle arterie o viene espulso sovraccaricando gli organi escretori.
Quando l’organismo è in stato di acidosi il calcio viene utilizzato per neutralizzare gli acidi. Il latte ed i prodotti animali sono cibi altamente acidificanti e sono una delle cause maggiori di osteoporosi. Più proteine si assumono più calcio si perde. Una dieta iperproteica non è solo la causa dell’osteoporosi ma anche delle maggiori cause di cancri, tumori, malattie renali, ecc.
Le parti indigeste delle proteine del latte vanno in putrefazione e generano ammoniaca ed altre tossine che si depositano nel sangue; quando il fegato è sovraccaricato generano il terreno adatto alla crescita cancerosa. L’eccesso di proteine porta via dal corpo minerali importanti come calcio, zinco, fosforo e magnesio. Mangiare più proteine del necessario causa acidità, tossiemia, purine, artriti, arteriosclerosi, malattie del cuore, schizofrenia, cancro.
La necessità proteica di un organismo è direttamente proporzionale alla velocità di crescita. Nel latte umano il contenuto di proteine diminuisce gradualmente dalla nascita adattandosi alla crescita sempre più lenta del corpo del bambino: inizia con 2% di proteine alla nascita per alare all1,2% e fermarsi alla fine dell’8^ settimana; in seguito si stabilizza intorno all’1%. Quindi la media in percentuale proteica del latte umano, in cui la crescita del corpo e del cervello sono più veloci, è del 1,4% di proteine.
Le scimmie, notevolmente più forti degli esseri umani vivono con una percentuale proteica che va da 0,2 a 2%.
Il rapporto calcio/fosforo nel latte umano è circa 2 a 1; nel latte vaccino è 1 a 1. E solo i cibi con un rapporto calcio/fosforo di 2 a 1, o più, possono essere utilizzati come fonte principale di calcio. Nessun latte animale ha questo rapporto, perciò nell’uomo non avviene nessun assimilazione di calcio (dr. Frank Oski, pediatra, New York). A causa dell’eccessiva presenza di calcio e degli ormoni animali, gli alti livelli di calcio del latte vaccino possono sconvolgere i livelli di calcio e fosforo nel corpo umano.
La caseina, la proteina del latte, è la base delle più potenti colle usate per incollare i legni delle navi, coagula nello stomaco, forma dei grumi grandi, duri, densi e difficili da digerire, adatti ai 4 stomaci dell’apparato digerente della mucca.
Il latte vaccino produce più muco di qualsiasi altro cibo, spesso, denso e appiccicoso, irrita l’intero apparato respiratorio, ostacola gli scambi dei fluidi, le capacità eliminative e favorisce malanni; la caseina è il principale fattore che scatena i problemi della tiroide.
Dal momento in cui il bambino mette i denti inizia a consumare cibi solidi.
La caseina, scissa dall’enzima rennina, è assente nello stomaco degli adulti. Dopo lo vezzamento, il corpo del bambino, da 2 a 4, non produce più la lattasi, l’enzima per scindere il lattosio. Il fegato, particolarmente coinvolto nella digestione del latte, nel bambino è tre volte più grosso che nell’adulto. Il bambino ha un ingrossamento marcato del fegato a causa dell’eccessivo carico di grasso e proteine e talvolta c’è un ingrossamento del cuore probabilmente causato da riduzione di sodio nel sangue.
Al latte manca ferro, molte vitamine, minerali e gli Omega 3; il bambino che dipende solo dal latte risulta fortemente anemico. Dice il Dr. Nand Kishore Sharm: “Ho curato e intervistato molti santoni che hanno vissuto esclusivamente con il latte, erano fortemente stitici e di solito sono morti di cancro, artrite o infarto, i denti e le gengive erano assolutamente in cattivo stato e l’apparato digerente era molto debole, la maggiore parte aveva grandi calcoli renali ed ingrossamenti della prostata e la loro vecchiaia era stata terribilmente infelice”.
Con il latte vaccino si assume un gran quantità di fosforo che nel bambino può causare convulsioni. Il latte animale provoca anemia perché privo di ferro. Ci sono doversi vegetali che contengono il doppio in ferro e calcio organico: cavolo, verza rossa, sedano, spinaci, lattuga, ravanello, pomodori, rape, crescione; tutte le noci e la frutta contengono 3 volte più calcio del latte, assimilabile al 100%.
I bambini odiano spontaneamente il latte, ma i genitori non lasciano mai che i loro figli seguano gli istinti naturali. Nei bambini che usano troppo latte si sono notati i seguenti insoliti comportamenti: atteggiamento asociale e aggressivo e spesso violenza, autolesionismo, comportamento distruttivo e vendicativo, urla incessanti, carattere incontrollabile, tosse perenne e naso gocciolante. Il comportamento diventa normale dopo una settimana dalla rimozione dei latticini.
Il latte animale non è fatto per il cervello umano. Il latte umano contiene 3 volte più lecitina e il doppio dello zucchero del latte di mucca. Il cervello umano alla nascita è proporzionalmente più grande di qualsiasi altra specie animale e si sviluppa più velocemente. Il latte fa crescere il corpo rapidamente ma ostacola lo sviluppo delle facoltà mentali. Nei test psichici l’intelligenza dei ragazzi alimentati con latte di mucca è inferiore rispetto a quelli che non ne bevono o ne bevono poco. Gli ormoni della crescita contenuti nei latti animali fanno crescere anche fibromi,
sarcomi, cancri.
Legumi, cereali, tabacco, caffè, bibite industriai, sale, zucchero, antiacidi, mancanza di sole ecc. sono la maggiore causa di osteoporosi.
Il latte pastorizzato è un sudiciume batterico: un cibo morto e come tale non può dare la vita. La pastorizzazione serve a prevenire la fermentazione non ad aumentare il suo valore alimentare. La pastorizzazione distrugge sia i batteri buoni sia quelli cattivi. I batteri iniziano a svilupparsi a dismisura perché i batteri uccisi restano nel latte, si decompongono e producono tossine. I vitelli allevati con latte pastorizzato sono morti prima della maturità in 9 casi su 10. La pastorizzazione non ha alcun effetto sul bacillo della tubercolosi e del tifo, mentre sono presenti i bacilli di Welch e gli streptococchi.
Con la pastorizzazione gli enzimi e le vitamine A e C ed il complesso B sono distrutte; il calcio ed il fosforo sono resi inutilizzabili; la digeribilità rovinata; il valore delle proteine fortemente ridotto; lo zucchero agglutinato; i minerali resi insolubili. I bambini allevati con latte pastorizzato non hanno alcuna resistenza a tutte le malattie infettive. Il latte pastorizzato è la causa principale della perdita di denti e di acidosi.
Il latte non si combina bene con nessun’altro cibo per il suo alto contenuto di grasso che quando raggiunge lo stomaco coagula, per questo la natura ha previsto che nei primi mesi di vita il cucciolo consumi solo il latte.
Perché non si usa riscaldare il latte umano? Perché in questo caso le proprietà nutritive verrebbero distrutte.
Lo yogurt differisce dal latte solo per la digeribilità; provoca maggiore formazione di muco dello stesso latte; ostruisce l’intestino e i vasi sanguigni interrompendo la circolazione del sangue e l’assimilazione dei nutrienti. Favorisce i dolori reumatici, artriti, stipsi, raffreddore, tosse e tutti i catarri e le malattie dell’apparato respiratorio.
Subito dopo la mungitura i batteri nel latte sono circa 900 per cc, dopo 24 ore sono circa 58 milioni. Più si spremono le mammelle e più le ghiandole mammarie saranno stimolate a produrre latte. Vi sono tribù africane in cui le donne possono allattare fino a 10 bambini per volta e il periodo di allattazione continua anche per 10-12 anni.
Il latte può essere considerato un cibo utile alla sopravvivenza, ma con molte malattie. Le persone che fanno abuso di latticini sono molto più predisposti al cancro.
Il latte contiene ormoni secreti dalla tiroide, quando la crescita umana è completata questi ormoni continuano a stimolare la crescita anormale che è la principale causa dello sviluppo del cancro. La maggior parte delle persone che hanno un cancro sono anche affette da stitichezza cronica.
Ippocrate e Galeno consentivano l’uso del latte solo a scopo medicinale. Il medico Pantaleone da Confienza nel 15° secolo dice: “Il latte è consigliabile solo alle persone che godono di perfetta salute e con molte precauzioni: dovrà essere di bestia sana, di buona qualità e appena munto; lo si berrà ad ogni caso, a digiuno, ad almeno tre ore dai pasti e astenendosi poi dall’esercizio di attività fisiche impegnative” “Se sei determinato a continuare ad usare i derivati del latte non potrai mai sfuggire alle sue conseguenze. Durante la mia attività ho salvato migliaia di bambini e ragazzi che erano afflitti da queste malattie eliminando il latte dalla loro dieta”.
(Spunti tratti dal testo del Dr. Nand Kishore Sharm Latte, un omicida silenzioso: in India è la più importante autorità sul cancro nell’ambito della Medicina Naturale; ha trattato e curato parecchie migliaia di casi di cancro e molte altre terribili malattie; ha allevato due figli senza latte animale, senza vaccinazioni e senza malattie infantili).
A grande richiesta del pubblico, è tornata a Roma, a pochi anni di distanza dalla precedente, una mostra dedicata ad Edward Hopper. Sessanta dipinti, che coprono gli anni dal 1902 al 1960, provenienti dal Whitney Museum di New York, sono esposti al Vittoriano fino al 12 febbraio 2017. Nonostante l’altezza di un metro e novanta gli conferisse un’imponenza fisica notevole, Hopper era sfuggente e riservato. Allo stesso modo appaiono gli spazi che raffigura: vuoti, dall’atmosfera sospesa, con una luce tagliente. Non è facile comprendere l’atteggiamento delle figure, che appaiono lontane, chiuse nel loro mondo estraneo e lontano. Grande successo per questo artista sfuggente, morto a soli quarantaquattro anni. Forte la sua influenza sul cinema e l’originalità della mostra è proprio nella sezione dedicata a questo tema.
Dal modo distante di Hopper, si passa all’esistenza vissuta senza pelle di Antonio Ligabue. Qui la realtà ha colori nitidi, primari, lucidi come smalti. Il fascino degli animali esotici è nella violenza di abbracci mortali. Il colore si fa macchia iridescente nella pelle squamosa del serpente, decoro raffinato nel leopardo, pelo irto e solido nel gatto che ha catturato il topo. Nella lotta concitata anche le foglie sono appuntite come lame, come scaglie di vetro tagliente.
Questa presa diretta sulla vita non deve ingannare, l’apparente semplicità è figlia della sapienza tecnica, della composizione perfettamente bilanciata. La sofferenza è autentica e anche l’empatia. Introduzione all’esposizione la biografia e un filmato dove appare l’artista stesso. Indimenticabile è stata l’interpretazione di Flavio Bucci nei panni di Ligabue. La mostra è stata prorogata fino al 29 gennaio 2017.
Per chi il mondo volesse sfuggirlo del tutto, sconfinando nella fantasia o addirittura in un altro mondo o meglio universo, la terza delle mostre in corso al Vittoriano fino al 29 gennaio, è dedicata a Guerre Stellari- Play. La mostra sulla saga che ha sedotto tre generazioni. Gadget, modellini, action figures e stampe d’epoca, ma anche pezzi vintage e merchandising come costumi, caschi e armi, fanno la felicità di collezionisti e adepti.
Per informazioni e prenotazioni sono disponibili il numero telefonico +39 06 8715111 e il sito internet www.ilvittoriano.com. Il biglietto di ingresso ha il costo di 14€ comprensivo di audioguida per la mostra di Edward Hopper e 10€ per le altre due, è disponibile un biglietto congiunto per tutte e tre le mostre di 28€.
Un parametro fondamentale per misurare lo stato di salute di una democrazia è il grado di rappresentatività che le forze politiche sono in grado di realizzare: venuta meno questa capacità cosa resta?
Per il funzionamento e il progresso di una democrazia, e di qualsiasi governo fondato su una qualsivoglia forma di sovranità popolare, è necessario che le forze politiche rappresentino la volontà dei rispettivi elettori, in modo tale che il loro rapporto sia reciproco: rappresentatività in cambio di partecipazione consapevole e responsabile. Tuttavia, l'equilibrio tra queste due componenti essenziali del corpo sovrano può incrinarsi per varie ragioni, non da ultimo l'evoluzione del tessuto sociale verso una maggiore o diversa complessità. Un processo simile a quello che ha interessato le antiche democrazie dirette come Atene, dove esso è emerso chiaramente nel corso della guerra del Peloponneso, combattuta contro Sparta dopo un cinquantennio di guerre “indirette”. Una guerra tra le due massime potenze regionali, rette da due diversi modelli politici e geopolitici: il sistema oligarchico chiuso di Sparta, rimasto sostanzialmente identico a quello che la tradizione attribuisce al leggendario Licurgo (di età arcaica), e l'ordinamento Ateniese, che nel V secolo a.C aveva gradualmente assunto i connotati di una democrazia diretta ma con aspirazioni talassocratiche e imperialistiche. Ad Atene appunto, le fazioni oligarchica e democratica, cui tra i due colpi di stato del 411 e del 404 a.C. se ne aggiunse probabilmente una terza che si potrebbe definire oligarchica “moderata” (guidata da Teramene e annientata dai trenta tiranni), non erano più in grado di rappresentare la complessità delle classi popolari, il cui peso politico ed economico era stato progressivamente accresciuto dai governi democratici: prima con Temistocle, che arruolò i nullatenenti come rematori durante le guerre persiane, poi, soprattutto, con Pericle, che per primo scoprì nella comunicazione pubblica un potente strumento di consenso.
Durante il lungo governo di Pericle, osservava lo storico Tucidide, Atene era una democrazia solo a parole, ma di fatto una forma di principato: dominio indiscusso dei democratici nell'assemblea popolare e mantenimento dell'impero marittimo, a costo di reprimere nel sangue i tentativi di defezione delle città “alleate”. Che sia la vocazione imperiale a essere inconciliabile con le istanze democratiche, visto che lo stesso Pericle, in un discorso riportato da Tucidide, afferma che l'impero è tirannide? I successori di Pericle alla guida della fazione democratica, poi, hanno portato avanti questa linea, ma erano meno abili nella conquista del consenso. La loro rappresentatività è andata scemando, mentre la fazione oligarchica, a lungo in minoranza, portava il dibattito politico nel contesto extra-istituzionale delle eterie, associazioni nobiliari nate in età arcaica e divenute nel tempo gruppi “eversivi”: in età moderna infatti, la parola eteria conserva questo valore, per esempio nel nome della Filikì eterìa, organizzazione che rivendicava l'indipendenza della Grecia dall'impero ottomano. Lo scontro politico non è più risolvibile in termini dialettici, e negli ultimi quindici anni del V secolo a.C. ad Atene si verificano gli scandali della mutilazione delle Erme e della parodia dei misteri eleusini e ben due colpi di stato, il secondo dei quali è noto come il governo dei trenta tiranni, seguito da una guerra civile. La condanna a morte di Socrate, pronunciata ed eseguita nel 399 a.C., quattro anni dopo la restaurazione della democrazia, è legata appunto a questi avvenimenti, poiché il filosofo, al di là delle accuse ufficiali, era considerato il cattivo maestro di Crizia e Alcibiade, protagonisti di quelle stesse trame.
Considerando invece l'evoluzione della res publica romana, a far vacillare le istituzioni politiche tradizionali sono i cambiamenti sociali indotti dalle grandi conquiste e causati principalmente dallo stato di guerre continua, dall'espansione commerciale e dal crescente mercato degli schiavi. Il divieto per i senatori, quindi per l'aristocrazia fondiaria, di praticare il commercio provoca una repentina diffusione del fenomeno dei prestanome, che a sua volta diffonde e radica il meccanismo della clientela come strumento di consenso politico: la nobiltà di sangue non è più criterio sufficiente per la carriera politica, nella quale si affacciano in misura sempre maggiore i cavalieri, che traggono ingenti ricchezze dai commerci, e la plebe, il cui servizio nell'esercito aveva contribuito in modo determinante alle conquiste romane. Un discorso analogo si può fare a proposito delle popolazioni italiche, il cui processo di integrazione era cresciuto proprio durante i secoli dell'espansione. Cavalieri, plebe e popolazioni italiche iniziano quindi a rivendicare il diritto di essere rappresentati dalle istituzioni di Roma, ma in un primo momento, la nobilitas sceglie la linea della repressione: Tiberio e Caio Gracco, tribuni della plebe rispettivamente nel 133 e nel 123 a.C., vengono entrambi uccisi dopo aver proposto il primo una riforma agraria, il secondo (dichiarato “nemico pubblico” dal Senato) una serie di riforme, tra cui una sulla cittadinanza per le popolazioni latine e italiche. Una questione, quest'ultima, che la nobiltà romana sembra inizialmente sottovalutare, fino allo scoppio della guerra sociale nel 90 a.C., che ha significative conseguenze sugli equilibri politici. Alla fine del II secolo a.C., infatti, emergono prima nella fazione popolare, poi in quella degli ottimati (nobili di orientamento oligarchico) comandanti militari che per affermarsi e conquistare potere contano sulla fedeltà delle truppe: si possono citare gli esempi di Caio Mario tra i populares e Lucio Cornelio Silla, che guida la prima marcia su Roma, tra gli optimates.
Lo scontro tra i seguaci di Mario e Silla fa emergere interessanti fenomeni politici, tra i quali il complotto come strumento di potere e la creazione di “stati paralleli”, come quello fondato da Quinto Sertorio, seguace di Mario, in Spagna. Una volta sconfitti i seguaci di Mario, Silla fa compilare liste di proscrizione per eliminare gli avversari politici, modifica il sistema elettorale in favore dell'aristocrazia conservatrice (voto per centurie anziché per tribù) e si fa nominare dittatore a vita. La dictatura, nella Roma repubblicana, era una carica straordinaria, cui si ricorreva solo in caso di estrema emergenza e soltanto per sei mesi. Per questo, notava lo storico greco Appiano, durante la dittatura di Silla, accettata dal Senato per esigenza di stabilità, Roma “ricade nella monarchia”. Quando Silla si ritira spontaneamente a vita privata (che sia stato uno strumento utilizzato temporaneamente dall'aristocrazia per evitare la sconfitta politica?), gli equilibri politici sono ormai stravolti e, tra congiure e complotti, si arriva all'accordo segreto tra Cesare, Pompeo e Crasso (60 a.C., noto impropriamente come primo triumvirato), che, morto Crasso, si deteriora fino a sfociare nella guerra civile tra Cesare e Pompeo.
Cosa succede invece nelle attuali “democrazie liberali” quando una parte della cittadinanza resta esclusa dal principio di rappresentanza? In primo luogo, un simile fallimento dal punto di vista dello sviluppo democratico è un buon incentivo a non partecipare alla vita politica e a disinteressarsi delle questioni di rilevanza collettiva. In secondo luogo, la dialettica politica tende a deteriorarsi, fino a cedere il passo alla demagogia: partiti e movimenti, non più in grado di (o non più disposti a) rappresentare fette sempre più consistenti di società, per mantenersi in vita optano per una comunicazione densa di retorica e populismo, finendo per aumentare in tal modo le distanze dai loro elettori. Ciò avviene sia quando la società diventa più complessa del sistema politico che dovrebbe garantirne l'esistenza dignitosa, sia quando a decidere non sono più governi legittimamente eletti ma centri di potere economico-politico, spesso sovra-nazionali: da questo punto di vista non esiste una differenza sostanziale tra gli effetti del colonialismo e il dissesto sociale causato dalle oligarchie finanziarie. In terzo luogo, nei vuoti che lo Stato lascia si insinua il crimine organizzato, che spesso costituisce forme parallele al sistema statale (o infiltra quest'ultimo) reclutando tra le sue fila quanti si sentono emarginati dalla società. Se non vengono tutelati i diritti fondamentali, a chi mai si potrà rivolgere un individuo per assicurarsi almeno la sopravvivenza? E se la collettività esclude ed emargina, cosa impedisce moralmente agli individui che non se ne sentono parte di voltarle a loro volta le spalle?
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Ultimi frammenti del 2016!
Tempo di bilanci. Un anno “benedetto” per la vendemmia, meno per le vicende vino vinicole e gastronomiche. La “polveriera” Expo che ci ha lasciato e rilascia una visione “disarmante” della nostra gastronomia (del resto più volte denunciata proprio da questi frammenti). Il problema dei mancati investimenti degli Italiani nel mondo delle Aziende vinicole permettendo ad altri, Cinesi in testa, di fare shopping soprattutto in Piemonte, Veneto e Toscana. La crisi del MPS e del micro sistema bancario regionale con la “svendita” di Montalcino, Bolgheri e anche Chianti. I sempre più frequenti show dei nostri “chef” che invece di sfornellare si danno alla politica frequentando “salotti televisivi”, filosofeggiando. Non ultimo lo “scandalo” del vino contraffatto e adulterato di proporzioni devastanti.
Il 2017 riparte da qui. Incertezze, preoccupazioni, timori per quella precarietà intellettuale, fuori dalle regole, che ci riporta indietro, al tempo delle improvvisazioni, come se fosse l’unica nostra capacità. E poi il “solito” proclama di fine anno “urbi et orbi”, divulgare senza discernimento, solo per “far passare” il “o come siamo bravi”: l’Italia batte la Francia nella produzione del Vino a livello mondiale. Finiti i festeggiamenti per il traguardo conseguito, ci accorgiamo che siamo i primi produttori di Vino in “polietilene tereftalato” meglio conosciuto come PET. Poi, se successivamente aggiungiamo l’operazione Bacco, c’è da che vantarsi.
Cin per il 2017 che verrà.
Frammento n. 1
Ci risiamo: Vino adulterato e contraffatto.
Operazione “BACCO”. Non poteva chiamarsi diversamente l’operazione condotta nella provincie di Firenze e Salerno dai Nas dei Carabinieri. Smantellata un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione, immissione nel circuito commerciale di vino adulterato e contraffatto. Ogni tanto:”ci risiamo”. La tentazione di approfittare del buon andamento nel mondo di alcune etichette è sempre in agguato. Dieci soggetti coinvolti che hanno agito all’interno “di un’articolata organizzazione criminale dove ognuno ricopriva un ruolo specifico”. Il solito e collaudato sistema. Vino a bassa gradazione adulterato con aggiunta di alcool facendolo apparire di alta qualità. Apposizione di false etichette di vini pregiati, Sassicaia in testa, fascette falsificate recanti il sigillo di stato attribuenti Doc e Docg e il gioco è fatto. Nel tempo e dalle esperienze precedenti, sfruttando l’attuale crisi economica esistente, ecco affinarsi nuovi metodi maggiormente sofisticati. Acquisizione di società vinicole in crisi per dar vita ad un sistema di truffe più articolato e credibile. (Fonte: Cronache di Gusto).
Frammento n. 2
Super Offerte al Supermarket vinicolo Italia.
Tenuta Il Greppo Biondi Santi |
Nuovi scenari, direi inquietanti, nelle “facili” acquisizioni di Aziende vinicole storiche del mondo del vino italiano. Certo la vicenda Biondi Santi targata Monte dei Paschi passata ai francesi di Epi, è la più eclatante. Non si può dire di NO a 107 milioni di euro quando l’Azienda di Montalcino è debitrice insolvente nei confronti della Banca senese per un mutuo di 7,5 milioni di euro. Vigneti e strutture ovvero un patrimonio culturale dove nel 1865 ebbe vita la Storia fantastica del Brunello di Montalcino che entra, dal 2017, nell’orbita di un gruppo che produce champagne (Piper-Heidsieck) e lo Château La Verrerie della Côte du Rhone. Il problema è ancora più grave là dove alcuni investimenti “italiani” sono di fatto gestiti da Holding cinesi che, con il sistema delle divisioni di competenza (distribuzione,società), hanno acquisito grandi nomi della viticoltura nazionale. Moretti (Bellavista), Sella&Mosca, Teruzzi&Puthod. (Fonte: Il Sole24 Ore)
Frammento n. 3
Accordo Chianti Classico e Comité Champagne: ben venga!
Un sodalizio che ha inizio dalla firma, in questi giorni, di un accordo dove il Consorzio del Chianti Classico (quello del Gallo Nero) e il Comité interprofessionnel du vin de Champagne (vigneron e maison) proveranno iniziative insieme, soprattutto internazionali. Chianti e Champagne “together” per essere più forti sui mercati esteri. Il gemellaggio che supera il mero simbolismo dei due marchi. Un proprio accordo bilaterale per scambiarsi conoscenze e fare “gruppo”. La Champagne unita (Négociant e Vigneron) e i produttori della Docg Chianti Classico, con i rispettivi presidenti a Reims per il primo passo. E che accordo sia! (Fonte: Consorzio del Chianti Classico)
Frammento n. 4
Cannellino Frascati |
Frascati Spumante Doc e Cannellino di Frascati Docg: il ritorno alle tradizioni.
Per le feste di fine anno ritornano i momenti tradizionalmente piacevoli di stappare due vini dimenticati. Grazie alla volontà di un gruppo di produttori laziali, intenzionati ad affermarne la qualità, ritornano in auge due “vini per le feste”. Uno spumante e l’altro “dolce”. Metodo Charmat (Martinotti, grandi recipienti) per il Frascati Spumante Doc e vendemmie tardive e/o appassimenti veri e propri in vigna per il Cannellino Frascati Docg. “Recupero di antiche tradizioni territoriali per prodotti non più casuali”. (Fonte Vinotype)
Frammento n. 5
Doc Friuli Venezia Giulia. Nuova realtà del 2016
Ce n’è voluto del tempo per arrivare a questo traguardo. Le prime bottiglie Doc nel 2017. Quindi vendemmia 2016 come Doc Friuli Venezia Giulia. Un unicum regionale che si
Doc Friuli Venezia Giulia |
sovrappone alle varie altre denominazioni zonali che rimangono. Doc-Fvg questo l’acronimo che vedremo sulle etichette per affrontare al meglio i mercati nazionali e in particolare quelli internazionali, facendo squadra per un brand facilmente individuabile. L’adesione alla Denominazione sarà volontaria ma se la richiesta di partenza dell’iter, circa dieci anni fa, fu controfirmata da 1.700 viticoltori e vinificatori, i progetti, ipotesi e speranze si concretizzeranno.
Frammento n. 6
Pasta Agnesi |
Pasta Agnesi. Chiusura dello storico pastificio.
Vi ricordate “Silenzio parla Pasta Agnesi”?. Adesso non parla più!
“Alle 6,30 di questa mattina (16 dicembre 2016) i macchinari del pastificio Agnesi di Imperia hanno prodotto il loro ultimo chilogrammo di pasta: di Fusilli 102 per la precisione”, L’annuncio che non vorresti mai sentire. Se poi riguarda lo storico e primo marchio di pasta italiano lo sconforto ti assale. Agnesi ha significato per lungo tempo non solo la pasta ligure ma, più in generale, la pasta italiana nel mondo. Pasta e Olio, olio e pasta in simbiosi con la Riviera ligure di ponente. Controllata ultimamente dal Gruppo Colussi era risaputo che “navigava in un mare agitato”. Adesso l’annuncio ufficiale: “Pasta Agnesi, la pasta che fu”.
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
“Forse possono dire che non so cantare, ma nessuno potrà dire che non ho cantato”
Per le feste natalizie arriva nelle sale, dal 22 dicembre 2016, il biopic Florence del regista britannico Stephen Frears (Philomena; The Program) con una straordinaria Meryl Streep. Nel cast anche Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson, Nina Arianda.
La pellicola, ambientata a New York nel 1944, racconta l’ultimo anno di vita dell’artista americana Florence Foster Jenkins, ricca ereditiera, ripercorrendone la vita e la bizzarra carriera. Famosa per essere la peggiore cantante lirica che sia mai esistita, tentò di sfondare come soprano senza avere alcun talento.
Dopo la separazione dal marito, Frank Thornton Jenkins, è costretta a smettere le lezioni di musica per via della sifilide. Con la morte del padre, eredita una cospicua somma di denaro che le permette di diventare una mecenate e frequentare i salotti dell’alta società newyorkese. Determinata nella carriera di soprano e assecondata dal marito e manager, l’attore shakespeariano inglese St. Clair Bayfield, interpretato da Hugh Grant, intrattiene l'élite cittadina con discutibili performance canore. A seguito di una prima esibizione al Verdi Club e l’uscita di alcune recensioni positive e “pilotate” da St. Clair, la sua carriera inizia a decollare, accompagnata dal pianista Cosmé McMoon, tanto da spingere Florence ad esibirsi presso la Carnegie Hall. La serata è un fiasco, con risate degli astanti e recensioni negative coperte dal marito e dagli amici della cantante. Ma la verità non tarderà ad arrivare con conseguenze fatali.
Florence è una donna nelle sue diverse sfaccettature, nei diversi ruoli, a cui non manca coraggio, incoscienza e determinazione. Un ruolo non facile per la due volte premio Oscar Meryl Streep, che riesce a rendere con abile maestria tutte le diverse sfumature del personaggio. In un tempo in cui alle donne non era concesso accedere a certe professioni né coltivare sogni, qui troviamo una donna che coltiva con insolita testardaggine un sogno impossibile. Uno spirito infantile, quella limpidezza, autenticità e ingenuità che porta i bambini a sognare senza domande, senza paure, senza inibizioni.
Un’intensa e commovente commedia dagli accenti velatamente drammatici, che ruota attorno alla forza e debolezza di una figura grottesca e inconsapevolmente ironica.
Florence, presentato durante l’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, è distribuito da Lucky Red.
Si è tenuto a San Gimignano l’evento conclusivo dei festeggiamenti per i primi 50 anni della Denominazione d’Origine Controllata (DOC 1966-2016) del suo vino, autenticamente autoctono, la Vernaccia di San Gimignano.
La distinzione con il nome della Città è dovuta per due ordini d’idee: la prima per distinguerla da altre vernacce esistenti sul territorio nazionale (basta ricordarne due, quella di Oristano e l’altra di Serrapetrona), diverse in tutto tranne nel nome, l’altra per ricordare che questo vitigno a bacca bianca si coltiva solo ed unicamente nel territorio collinare circoscritto al Comune di San Gimignano. Coincide con la natura dei terreni unici, del micro-clima esistente, insomma del terroir particolare, atipico, esclusivo.
Il piccolo Teatro dei Leggieri, nel centro di San Gimignano, ha ospitato venerdì 16 dicembre il convegno conclusivo dei primi cinquant’anni. Ugualmente anche i progetti per i prossimi cinquant’anni.
“Vernaccia di San Gimignano. Vino, Territorio, Memoria.”
Il Libro di Armando Castagno
Elemento di modulazione, variazione, di passaggio dal conclusivo al propositivo è stato la presentazione del libro di Armando Castagno che già dal titolo dice molto:” Vernaccia di San Gimignano. Vino, Territorio, Memoria”.
Modulazione,variazione, passaggio; perché?
Perché la sua pubblicazione rappresenta la conclusione di un progetto vuoi rievocativo, vuoi celebrativo. Ma anche la prospettiva di quel “rapporto indissolubile con il territorio, l’arte e la cultura”. Una reale fotografia della Vernaccia oggi, dove viene coltivata, dove cresce e diviene Vino unico al Mondo.
Un libro che accompagna il lettore anche con le immagini, gli scatti del fotografo senese Bruno Bruchi, nei prossimi cinquant’anni ( ha saputo cogliere l’essenza del territorio di San Gimignano in tutta la sua bellezza).
Non è facile riuscire a seguire interventi per circa due ore senza perdere una battuta. La riuscita è dovuta alla bravura degli oratori che hanno parlato a braccio, che sono riusciti a coinvolgere senza frasi fatte, convinti e partecipativi all’evento. Armando Castagno ci ha condotto per mano all’interno delle pagine del libro facendoci capire, comprendere la complessità e la varietà dei territori e la memoria, punto di partenza per il futuro.
“A 50 anni dal riconoscimento della DOC, il Consorzio per la tutela della Denominazione, ha voluto ripercorrere con questo libro la storia secolare del primo vino DOC d’Italia, che è poi la storia di San Gimignano e della sua comunità. Questo libro apre il sipario sulle nostre radici; non si può parlare di Vernaccia senza parlare di San Gimignano, ma non si può neanche parlare di San Gimignano senza parlare della Vernaccia, di chi l’ha coltivata, amata e la ama ancora. Non si tratta perciò di un libro che cristallizza il presente, che narra di una storia che è stata, ma del seme per la Vernaccia di San Gimignano che verrà”.
Questa l’introduzione della Presidente del Consorzio Letizia Cesari che ha fatto intendere che il convegno non sarebbe stato il solito, ripetitivo incontro di quanto siamo bravi, quanto siamo belli.
Preludio al passaggio propositivo, ai 50 anni che verranno, alla presentazione dei progetti che, a mio avviso, pongono San Gimignano fuori dal mondo chiuso della campanilistica frammentazione tipica di altri territori toscani, aperto alla innovazione se pur nella tradizione.
La prima Cité du Vin italiana
Quest’ultimo pensiero riportato in grassetto, aperto alla innovazione se pur nella tradizione sembra la solita frase fatta, ripetitiva, conclusiva. Non è così.
Nello scrivere innovazione, dopo aver seguito le parole che hanno accompagnato un ben preciso progetto firmato dall’Architetto Piero Guicciardini, ho pensato alla Cité du Vin inaugurata nel Giugno scorso a Bordeaux. La città francese non ha storia millenaria come San Gimignano. Ha dovuto esprimere il concetto del futuro del Vino in una costruzione avveniristica posizionata sul fiume Garonne.
A San Gimignano si è pensato ad un luogo che sia il punto di partenza per la comunicazione internazionale della Vernaccia di San Gimignano, dove chiunque voglia avvicinarsi a questo vino , abbia
ingresso della villa Rocca di Montestaffoli |
l’opportunità di incontrarla, conoscerne la storia, degustarla, discuterne, in un ambiente coinvolgente ed emozionante, multimediale grazie all’utilizzo dei più moderni mezzi tecnologici. Una Cité du Vin di dimensioni più contenute che unisce il passato (il luogo) con il futuro (il percorso, la conoscenza di questo vitigno e del suo vino).
Progetto Rocca di Montestaffoli, ex sede del Museo del Vino, che fa del complesso non solo un luogo contemplativo ma dinamico, partecipativo.
Prestigioso immobile situato all’interno della cerchia urbana posizionato su di un poggio da dove si domina l’intero centro urbano.
Sono già iniziati i lavori di restauro della villa e nell’Aprile 2017 si prevede l’inaugurazione di questo nuovo centro polifunzionale del Vino, anzi della Vernaccia di San Gimignano. Coinvolgimento emozionale, sensoriale, ricordi, conoscenza maggiore. Esperienza unica.
La partenza è quella giusta. I prossimi cinquant’anni della Vernaccia di San Gimignano sono cominciati. Chapeau!
Urano Cupisti